Tesina di Neurofisiologia Cellulare. Arianna Racca, Irene Coppola, Federica Cordella. Autofagia: meccanismo molecolare e ruolo nel morbo di Alzheimer L’autofagia Il corretto equilibrio tra sintesi e degradazione delle biomolecole e degli organelli è essenziale per il differenziamento, la crescita e la sopravvivenza delle cellule. Nelle cellule eucariotiche le due principali vie di degradazione e riciclo dei componenti citoplasmatici sono l’autofagia e il sistema ubiquitina-proteasoma. Quest’ultimo degrada le proteine danneggiate e gli aggregati proteici etichettati dall’ubiquitina. L’autofagia invece è un processo catabolico lisosomiale, ubiquitario ed evolutivamente conservato, deputato non solo alla degradazione di proteine e aggregati proteici ma anche di interi organelli intracellulari (Moreira et al., 2010; Hu et al. 2014). Esistono tre diverse forme di autofagia: la microautofagia, l’autofagia mediata da chaperon (CMA) e la macroautofagia. Durante la microautofagia, il materiale citoplasmatico da rimuovere è incluso nel lisosoma tramite invaginazione o protrusione della membrana di questo organello (Nikoletopoulou et al., 2015). Nell’autofagia mediata da chaperon, le proteine da degradare sono riconosciute dai chaperon grazie ad una specifica sequenza amminoacidica e poi sono traslocate attraverso la membrana lisosomiale. Invece la macroautofagia prevede la formazione di una cisterna a singola membrana detta fagoforo che, mano a mano che include i substrati da eliminare, si ingrandisce fino a sigillarsi alle due estremità formando una vescicola a doppia membrana detta autofagosoma. Quando è maturo l’autofagosoma ha un diametro di circa 0,5-1 µm e si fonde con il lisosoma esponendo alle idrolasi il proprio contenuto costituito da proteine e interi organelli. Gli amminoacidi e i lipidi così ottenuti sono rilasciati nel citoplasma e sono riutilizzati dalla cellula per la biosintesi di nuove macromolecole o per ottenere energia (Feng et al., 2014; Hu et al., 2014; Xilouri & Stefanis, 2015). L’autofagosoma può seguire due strade per arrivare al lisosoma: può direttamente fondersi con tale organulo e formare un autolisosoma, oppure prima di raggiungerlo può unirsi a un endosoma e formare un anfisoma. La macroautofagia può essere un processo selettivo, poiché i substrati possono essere riconosciuti grazie a recettori specifici che mediano il sequestro di organuli danneggiati, degli aggregati proteici e di patogeni (Parzyc & Klionsky, 2014; Feng et al., 2014). La macroautofagia (o più semplicemente autofagia) è espressa in maniera costitutiva in tutte le cellule eucariotiche, dove agisce nel turnover di proteine e organuli contribuendo al mantenimento dell’omeostasi cellulare. Questo processo può anche essere stimolato in risposta a segnali ormonali e fattori di crescita o in situazioni di stress cellulare, come la deprivazione di nutrienti, lo stress ossidativo, l’accumulo di proteine danneggiate o l’irradiazione. In mancanza di nutrienti l’eliminazione di proteine ed organelli non essenziali e il riciclo delle loro componenti rappresenta un’importante possibilità di sopravvivenza per le cellule. Oltre all’adattamento al digiuno, l’autofagia svolge molteplici funzioni: è coinvolta nel rimodellamento durante lo sviluppo embrionale e nel differenziamento cellulare ed è stata proposta come meccanismo anti-invecchiamento, in quanto è coinvolta nell’eliminazione di membrane, proteine e organelli danneggiati dalle specie reattive dell’ossigeno che si accumulano con l’età. Inoltre l’autofagia agisce come meccanismo di immunità innata nel controllo dell’infezione da parte di batteri o virus (Piacentini, 2014). Una deregolazione dell’autofagia porta ad un’insufficiente o eccessiva degradazione dei costituenti citoplasmatici e ciò può intaccare la stabilità e l’integrità cellulare (Ariosa & Klionsky, 2016). In particolare, le cellule neuronali, a causa della loro peculiare morfologia e della loro natura postmitotica, risultano essere molto sensibili all’accumulo di aggregati proteici o di organelli disfunzionali (Tooze & Schiavo, 2008). Negli ultimi anni sempre più lavori hanno mostrato una connessione tra deregolazioni dell’autofagia e diverse malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer, il Parkinson, la Corea di Huntington e la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) (Hu et al., 2014). Inoltre, 1 nel sistema nervoso l’autofagia svolge un ruolo anche in processi altamente specializzati come la mechanisms of disease plasticità sinaptica e la sazietà (Tang et al., 2002; Hernandez et al., 2012). Initiation Vesicle elongation Maturation Docking and fusion Vesicle breakdown and degradation Lysosome Lysosomal acid hydrolases Isolation membrane (phagophore) Autophagosome Autolysosome Figure 1. Phases of the Autophagic Pathway. The autophagic pathway proceeds through including initiation (formation of a preautophagosomal structure leading to Fig. 1 Gli stadi dell’autofagia (Choiseveral et al.,phases, 2013). an isolation membrane, or phagophore), vesicle elongation, autophagosome maturation and cargo sequestration, and autophagosome– OLOR FIGURE lysosome fusion. In the final stage, autophagosomal contents are Cdegraded by lysosomal acid hydrolases and the contents of the autolysoDraft 1 1/11/2013 some are released for metabolic recycling. Author Choi_ra1205406 Il macchinario molecolare dell’autofagia Il processo della macroautofagia può essere diviso in diversi stadi: induzione e nucleazione del fagoforo, espansione e maturazione dell’autofagosoma, legame e fusione dell’autofagosoma con il During infection, autophagy assists in the imF unc ions of Au t oph lisosoma (Fig. 1).tL’attuazione di agy ciascuno mune di questi stadi è garantita da proteine codificate da un response by degrading intracellular bacteAUTHOR PLEASE NOTE: 7,14,20 Autophagy acts as a survival mechanism under ria (autophagy-related and viruses (i.e., xenophagy). Autophagy gruppo di geni altamente conservati detti ATG genes). conditions stress, maintaining cellular integ- contributes to the suppression of inflammation, Induzione. Nei of mammiferi l’inizio dell’autofagia è mediato dal complesso della chinasi ULK1 che rity by regenerating metabolic precursors and including the down-regulation of both interferon induce la formazione fagoforo reclutando altre proteine ATG.andQuesto complesso è formato da 1-3 This process clearing subcellulardel debris. con- responses to viral infection proinflammatributes to basal cellular homeostasis, tory cytokine responses(con to invading pathogens due protein-chinasi, ULK1andetissue ULK2, dalla proteina RB1CC1 funzione strutturale), da ATG13 as well as developmental regulation in higher orand the inhibition of inflammasome-dependent (con funzione regolatoria) e dalla proteina accessoria ATG101 (Hara et al., 2008; Hosokawa et al., ganisms, and can affect pathogenesis (Fig. 3 and maturation and secretion of proinflammatory 2009 a; Mercer et al., 2009;). Ilhave sensore dei mTORC1 (complesso 1 della chinasi target della Table 2). Recent investigations identified se-nutrienti cytokines (e.g., interleukin-1β and interleukin-18), lectivity the recognitionè of autophagy sub- through the preservation of mitochondrial funcrapamicina deiinmammiferi) uno dei principali attori nella regolazione dell’autofagia. In condizioni strates (previously considered to occur through tion.33-35 Autophagic proteins may also regulate di disponibilità di nutrienti, mTORC1 mantiene l’autofagia ad un livello basale poiché fosforila nonspecific sequestration of cytosol), which is an unconventional pathway for secretion of cyto27 Autoph36 ATG13 orchestrated e ULK1/2, inibendo lafactors. capacità di autofosforilazione delle due chinasi. Durante condizioni by cargo-specific kines (e.g., interleukin-1β). agy participates in the turnover of mitochondria Autophagy can also play crucial roles in di scarsità di nutrienti, mTORC1 è rapidamente rimosso dal complesso della chinasi ULK1 e ciò porta (through the selective process of mitophagy) and adaptive immune responses such as antigen alla defosforilazione di entrambe le proteine ULK1/2 e alla loro attivazione. In questo stato attivato other organelles (e.g., endoplasmic reticulum presentation and lymphocyte development.14,20 27,28 ULK1/2andfosforilano RB1CC1 stesse e ciò il proseguimento degli stadi peroxisomes). ATG13, Furthermore, autophagyeis se Autophagosomes can permette fuse with major-histocominvolved in the clearance(Hosokawa of polyubiquitinated pro- 2009 patibility-complex (MHC) class II loading comsuccessivi dell’autofagia et al., b; Jung et al., 2009). tein aggregates (i.e., aggrephagy), which accu- partments.37 In addition, autophagy can faciliNucleazione. L’induzione dell’autofagia comporta innanzitutto la formazione del fagoforo. L’origine mulate during stress, aging, and disease owing tate the generation of a self-tolerant T-cell 29 repertoire. dei lipidito perturbations necessari per assemblare vescicola nonHigh è chiara: potrebbero derivare dai mitocondri, in protein structure ortale folding. constitutive expression of auAutophagy also beendalla implicated as a regula- plasmatica tophagy in thymic epithelial cells endoplasmatico. delivers endall’apparato delhasGolgi, membrana o dal reticolo Dati recenti tor of lipid metabolism (i.e., lipophagy).30 dogenous proteins to MHC class II molecules suggeriscono un contributo principale da parte del RE,toinCD4+ cuiT-cell il fagoforo sembra formarsi da una Autophagy primarily acts as a protective mechand contributes selection.38 These particolare regione questo detta examples omegasoma et al., 2008; Yla-Anttila et al., 2009). anism that maydiprevent cell organello death. Interaction suggest(Axe that autophagy can affect the between regulatory elements of both autophagy regulation of inflammation and immune-system Il processo di nucleazione e assemblaggio del fagoforo è regolato da due componenti principali: il and apoptosis (e.g., the inhibitory interaction function. complesso della fosfatidilinositolo 3 chinasi di classe III (PI3K3) e la chinasi ULK1. Il complesso between BCL-2 and Beclin 1 and the interaction 31,32 between LC3B andil Fas) however, della PI3K3 produce lipide suggests, fosfatidilinositolo (3,4,5) -trifosfato (PIP3), Au t oph agy in Dise a se che è il segnale necessario complex cross-talk between these two processes. al reclutamento di altre proteine ATG. Nei Cancer mammiferi esistono almeno tre tipi di complessi della Although neither excessive autophagy nor imPI3K3: paired i complessi e influence BENC1-PIK3C3-PIK3R4autophagy hasBENC1-PIK3C3-PIK3R4-ATG14-AMBRA1 been proved to be a direct Autophagy may exert a multifactorial cause of cell death, che both may be associated with on agendo the initiation progression cancer, as UVRAG-SH3GLB1 attivano l’autofagia in and diversi stadiofdel processo e il complesso 3 apoptosis in some model systems. well as on the effectiveness of therapeutic interBENC1-PIK3C3-PIK3R4-UVRAG-RUBCN che invece inibisce l’autofagia (Fig. 2) (Kametaka et al., 1998; Kihara et al., 2001; Furuya al.,nejm.org 2005).february La proteina beclina 1 (BECN1) agisce da653 adattatore n engl j medet 368;7 14, 2013 molecolare permettendo l’interazione di diverse proteine ATG con la chinasi PIK3C3 e la sua The New England Journal of Medicine Downloaded from nejm.org at UNIVERSITY OF TENNESSEE - KNOXVILLE on February 18, 2013. For personal use only. No other uses without permission. proteina regolatoria PIK3R4, in modo che si possa formare uno dei due complessi attivatori o quello Copyright © 2013 Massachusetts Medical Society. All rights reserved. inibitorio. In condizioni di disponibilità di nutrienti l’autofagia è inibita, perché la proteina antiapoptotica BCL2 interagisce con BECN1, impedendogli di associarsi al complesso della PI3K3. Al contrario, in condizioni di carenza di nutrienti BCL2 si dissocia da BECN1, permettendo a quest’ultimo di svolgere la sua funzione nella formazione del complesso PI3K3. La chinasi ULK1 partecipa alla regolazione del processo di nucleazione poiché rende disponibile la proteina AMBRA1, Fig # Title 1 Autophagy in Human Health and Disease DE ME Artist Pub Date Longo Forti Williams 2/14/2013 Figure has been redrawn and type has been reset Please check carefully 2 permettendo la formazione del complesso attivatore BENC1-PIK3C3-PIK3R4-ATG14-AMBRA1 (Ariosa & Klionsky, 2016). Espansione. L’espansione del fagoforo dipende da due reazioni di coniugazione simili all’ubitiquitinazione. La prima reazione coniuga ATG12 a ATG5 attraverso l’azione di ATG7 e di ATG10 (rispettivamente, enzimi simili a E1 ed E2), dopo di che il complesso ATG12-ATG5 si associa a ATG16L e funge da ligasi (enzima simile a E3) nella seconda reazione di coniugazione (Tanida et al., 2001; Mizushima et al., 2003; Ariosa & Klionsky, 2016). Quest’ultima prevede la coniugazione della proteina LC3 con il lipide di membrana fosftatidiletanolammina (PE). Prima di essere coniugata al PE il residuo di arginina al C-terminale di LC3 deve essere rimosso, in modo che venga esposto il1220residuo di glicina necessario per il legame con J ilMol Med fosfolipide. La proteina così (2016) 94:1217–1227 modificata vieneFig. 2riconosciuta e processata dall’enzima di attivazione simile a E1 (ATG7) e The yeast Atg1 induction a Nutrient-rich machinery. a Under nutrient-rich Atg1 dall’enzima simile a E2 (ATG3). Il legame di PE e LC3 è catalizzato dal complesso simile a E3 P conditions, TORC1 actively P Autophagy TORC1 phosphorylates Atg13, thereby Atg13di coniugazione. (ATG12-ATG5-ATG16) prodotto in seguito alla prima reazione Sebbene la inhibiting Atg1 activity. b During P P nitrogen starvation, TORC1’s presenza di questi sistemi di coniugazione sia essenziale per l’autofagia, la loro azione nel processo kinase function is suppressed, Atg17 allowing for Atg13 to become Atg29 di maturazione del fagoforo 2016). La proteina ATG9 partially dephosphorylatednon è ancora stata chiarita (Ariosa & Klionsky, Atg31 resulting in the Atg1. In sembra svolgere autophosphorylation un ruolo ofchiave nell’ulteriore espansione del fagoforo, infatti è stato ipotizzato che b Starvation this induced form, Atg1 serves as P a master regulator and cues in questa proteina sia responsabile del trasporto dei lipidi verso il fagoforo (Young et al., 2006; Webber Atg1 other Atg proteins to localize to P the growing phagophore. et al., 2007). Autophagy TORC1 Atg13 Inhibitory and stimulatory P are shown in P P Fusione. Anche phosphorylations se il meccanismo attraverso il quale l’autofagosoma si fonde con il lisosoma non è Atg17 pink and green, respectively Atg29 Atg31 ben conosciuto, lo sono le proteine che accompagnano tale stadio. Queste includono le proteine P SNARE, il complesso HOPS e membri della famiglia ESCRT e sono coinvolte anche in altri meccanismi di trasporto che terminano nel lisosoma. Degradazione ed efflusso. Una voltaBCL2che PIK3C3 la PIK3R4 fusione è avvenuta, la membrana interna a BECN1 BECN1 dell’autofagosoma e il suo contenuto sono degradati da varie idrolasi. I metaboliti prodotti da questo PIK3C3 PIK3R4 BCL2 Starvation BECN1 MAPK8, DAPK processo includono amminoacidi e lipidi che sono attivamente pompati nel citoplasma e riutilizzati BCL2 dalla cellula. P P P P b P BECN1 PIK3C3 PIK3R4 c P ATG14 AMBRA1 AMBRA1 BECN1 PIK3C3 ATG14 PIK3R4 P Autophagy SH3GLB1 UVRAG BECN1 PIK3C3 PIK3R4 P BECN1 PIK3C3 PIK3R4 UVRAG SH3GLB1 UVRAG UVRAG P BECN1 PIK3C3 PIK3R4 RUBCN Fig. 3 The class III PtdIns3K complex and the regulation of autophagosome nucleation. PtdIns3P is an important signaling molecule that allows for the nucleation and expansion of the phagophore. In mammals, BECN1 is a key regulatory player in the activation of PtdIns3P synthesis carried out by PIK3C3 and its regulatory partner protein, PIK3R4. a Under non-inducing conditions, BECN1 is associated with BCL2 preventing its localization to the PAS. Upon nitrogen P RUBCN Autophagy BECN1 PIK3C3 PIK3R4 starvation, BECN1 and BCL2 become phosphorylated by DAPK and MAPK8/JNK1, respectively, allowing them to dissociate. b, c When autophagy is induced, BECN1 is released from BCL2 and is then free to bind to a wide array of proteins that can suppress or stimulate autophagy. BECN1 bound to ATG14, AMBRA1, and UVRAG–SH3GLB1 results in autophagy activation whereas when bound to UVRAG-RUBCN, autophagy is inhibited Fig. 2 Formazione dei tre complessi della PI3K3 (Ariosa & Klionsky, 2016) L’autofagia nei neuroni e nel sistema nervoso I neuroni presentano una peculiare architettura cellulare in cui si identifica un corpo cellulare o soma, dal quale si estroflettono corti prolungamenti detti dendriti e un lungo prolungamento detto assone. La funzionalità dei neuroni si basa principalmente sull’efficienza del trasporto attivo delle macromolecole dal corpo cellulare agli assoni e ai dendriti, perciò queste cellule sono molto sensibili all’accumulo di organelli danneggiati e aggregati citoplasmatici che può anche portare all’insorgenza di numerose malattie neurodegenerative (Tooze & Schiavo, 2008). In risposta alla loro complessità morfologica i neuroni hanno dovuto escogitare alcuni meccanismi peculiari per poter eseguire l’autofagia in maniera efficiente ed efficace. Innanzitutto gli autofagosomi si possono formare nelle terminazioni assonali per poi essere trasportati verso il corpo 3 cellulare lungo i microtubuli (trasporto retrogrado a lunga distanza). Durante questo movimento processivo e unidirezionale gli autofagosomi si fondono con i lisosomi che incontrano lungo la strada. In caso sia necessario eliminare il surplus di proteine e organelli in maniera molto più rapida, l’autofagia può anche avvenire interamente alla periferia dei neuroni. Inoltre, la mito-autofagia (autofagia di mitocondri disfunzionali) può avvenire anche in maniera transcellulare; infatti questi organuli possono essere accumulati a livello degli assoni, dove formano delle protrusioni sempre più pronunciate che alla fine vengono inglobate e degradate dagli astrociti vicini. Infine meccanismi di regolazione ancora poco chiari fanno si che l’autofagia nei neuroni sia un processo spazialmente compartimentalizzato, poiché impediscono agli autofagosomi che hanno raggiunto il soma o che si sono formati nel soma di dirigersi nell’assone. E¢ da sottolineare che questi processi possono non avvenire contemporaneamente e che possono essere impiegati dal neurone in risposta a diversi stimoli di sviluppo o di stress (malattie o danni cellulari) (Ariosa & Klionsky, 2016). Studi recenti hanno dimostrato che l’autofagia nei neuroni è attiva a livello basale e partecipa al mantenimento dell’omeostasi cellulare e che, quando invece è stimolata in risposta a stress cellulari, oltre ad avere effetti citoprotettivi, può determinare la morte cellulare. Infatti in presenza di gravi danni neuronali l’eccessiva induzione dell’autofagia porta alla morte cellulare, detta morte cellulare programmata di tipo II (PCD II) o morte cellulare autofagica (ACD). La dicotomia del ruolo svolto dall’autofagia è il risultato della complessa interazione tra il pathway autofagico e quello apoptotico (Hu et al., 2014). Autofagia e malattie del sistema nervoso I neuroni presentano una spiccata sensibilità all’accumulo di strutture cellulari danneggiate e di aggregati proteici che, se non sono prontamente rimossi, possono indurre citotossicità e necrosi (Komatsu et al., 2006; Frake et al., 2015; Kiriyama et al., 2015). Quindi l’autofagia è essenziale per il mantenimento dell’omeostasi funzionale dei neuroni in generale e degli assoni in particolare, infatti una sua deregolazione può portare a degenerazione e distrofia assonale (Komatsu et al., 2007). L’aumento della concentrazione di aggregati proteici è principalmente causato da alterazioni del processo autofagico oltre ad essere dovuto a una risposta cellulare, in cui le proteine mutate vengono tagliate e i peptidi risultanti si associano fra loro (Martinez-Vicente & Cuervo, 2007). L’accumulo di aggregati proteici e di strutture cellulari è alla base di molte patologie neurodegenerative, come il morbo di Parkinson, la Corea di Huntington e il morbo di Alzheimer. Gli aggregati proteici presentano una diversa composizione in base al tipo di malattia e la loro presenza è correlata anche a disfunzioni del processo autofagico, ad esempio nell’Alzheimer si ha la perdita dell’attività del lisosoma, mentre il morbo di Parkinson è legato a difetti della mitofaga e nella SLA si hanno difetti nel traffico vescicolare. Autofagia e Alzheimer Il morbo di Alzheimer è la causa più comune di demenza senile. Questa patologia neurodegenativa è caratterizzata da un’iniziale perdita di memoria che progredisce con il totale deterioramento delle capacità cognitive. Una delle caratteristiche neuropatologiche associate a questa malattia è la perdita diffusa di neuroni causata dall’accumulo a livello extracellulare di placche amiloidi, che derivano dal clivaggio della proteina precursore dell’amiloide (APP) e dalla presenza di aggregati neurofibrillari intracellulari composti da isoforme iperfosforilate di tau, una proteina associata ai microtubuli che normalmente è solubile. Inoltre la malattia è accompagnata anche da una forte diminuzione della produzione e rilascio di acetilcolina, che conduce i neuroni alla morte e che nel complesso porta ad una progressiva atrofia del cervello (Moreira et al., 2010). Il precursore dell’amiloide (APP) è una proteina trans-membrana a funzione ignota. La maggior parte dell’APP prodotto viene degradato durante il suo trasporto verso la superficie cellulare ad opera di tre enzimi: l’α-secretasi, la β-secretasi e la ϒ-secretasi. Quando la ϒ-secretasi taglia l’APP insieme all’α-secretasi genera un peptide innocuo, chiamato p3. Invece, quando la ϒ-secretasi agisce insieme alla β-secretasi porta alla formazione di due peptidi neurotossici di 42 e 40 amminoacidi, 4 rispettivamente Aβ40 e Aβ42. Quest’ultimo è considerato il più tossico tra i due poiché tende ad aggregarsi più velocemente a livello extracellulare, formando il componente chiave delle cosiddette placche amiloidi. Diversi studi hanno rivelato che in soggetti sani la degradazione dell’APP è a carico principalmente dell’α-secretasi, mentre in pazienti affetti da MA la proteasi maggiormente attiva è proprio la β-secretasi. Se il peptide Aβ42 non viene prontamente rimosso, si accumula nel neurone e ne induce l’apoptosi. Alla morte del neurone, questi peptidi vengono rilasciati nell’ambiente extracellulare dove tendono ad accumularsi in aggregati neurofibrillari insolubili che via via divengono più grandi fino ad essere definiti placche amiloidi (Moreira et al., 2010). Nella genesi del morbo di Alzheimer ha un ruolo chiave anche l’autofagia poiché è convolta nel metabolismo di tau e Aβ. Studi recenti mostrano che nei cervelli di pazienti affetti da MA sono presenti accumuli di vescicole autofagiche (Nixon et al., 2005; Boland et al., 2008). All’inizio si pensava che questo accumulo fosse dovuto ad un’intensa attività autofagica dei neuroni, ma studi recenti hanno evidenziato che invece è il risultato di un’alterazione nella clearance degli autofagosomi. Questa alterazione è il risultato di una disfunzione nel processo di maturazione lisosomiale che genera lisosomi non acidificati e perciò incapaci di fondersi con gli autofagosomi. La presinilina1 (PS1) è un’aspartato-proteasi molto importante nel pathway autofagico poiché è indirettamente implicata nella maturazione dei lisosomi. Infatti questa proteina regola l’attività della ϒ-secretasi che, oltre a produrre i peptidi Aβ, facilita la glicosilazione della subunità V0a1 della pompa H+-ATPasi del lisosoma che è necessaria all’acidificazione dell’ambiente intra-vescicolare. Nei pazienti affetti da MA familiare sono state riscontrate mutazioni del gene codificante per la PS1, che quindi promuovono la deposizione delle placche amiloidi sulla superficie cerebrale sia perché causano un aumento dell’attività della ϒ-secretasi, sia perché portano ad una mancata acidificazione del lisosoma inducendo l’accumulo degli autofagosomi a livello neuronale. Diversi studi eseguiti sul tessuto cerebrale di pazienti affetti dal MA hanno riportato una diminuzione dei livelli della beclina1 (BECN1), una proteina importante per la formazione dell’autofagosoma (Small et al., 2005; Pickford et al., 2008). Inoltre è stato osservato che nei topi transgenici la mancanza di questa proteina causa la deposizione dei peptidi Aβ, mentre una sua over-espressione riduce l’accumulo di tali peptidi (Spencer et al., 2009). Altri studi invece riportano che l’autofagia modula anche i livelli della proteina tau. Da questi risultati emerge la possibilità che una stimolazione dell’autofagia potrebbe avere effetti positivi sul MA andando a diminuire i livelli dei peptidi Aβ e della proteina tau che caratterizzano questa patologia (Hu et al., 2014). Quindi il morbo di Alzheimer è una malattia multifattoriale che sembra essere associata anche alla diminuzione dell’attività autofagica dovuta al rallentamento della clearance degli autofagosomi. Questo rallentamento è il risultato di una disfunzione del processo di maturazione dei lisosomi e anche di una minor formazione delle vescicole autofagosomiche causata da una carenza della proteina beclina1. Il punto di collegamento tra morbo di Alzheimer e autofagia è il ruolo svolto da questo processo nel metabolismo dei peptidi Aβ e anche in quello della proteina tau. Conclusioni L’autofagia è un processo catabolico lisosomiale, ubiquitario nelle cellule eucariotiche, che agisce nel mantenimento dell’omeostasi cellulare sia in condizioni fisiologiche, sia in condizioni di stress cellulare. L’autofagia svolge una funzione anche nei processi di differenziamento cellulare e sviluppo embrionale, nel sistema immunitario e nella plasticità neurale. Nel 2016 gli studi sui meccanismi molecolari dell’autofagia hanno valso il Premio Nobel per la Medicina al biologo cellulare giapponese Yoshinori Ohsumi. Infatti diverse patologie, come cardiomiopatie, alcuni tipi di tumore e malattie neurodegenerative risultano essere connesse a deregolazioni dell’autofagia. In particolare sempre più evidenze sottolineano il legame tra una disfunzione del processo autofagico nei neuroni e il morbo di Alzheimer. L’importanza dell’autofagia va di pari passo con la sua complessità molecolare, che deve essere ancora chiarita nel dettaglio e che nei neuroni raggiunge il suo massimo grado. Nel complesso la ricerca sui meccanismi molecolari dell’autofagia potrebbe fornire un nuovo approccio nella prevenzione e nella cura di molte malattie. 5 Bibliografia Ariosa, A. R., & Klionsky, D. J. (2016). Autophagy core machinery: overcoming spatial barriers in neurons. Journal of Molecular Medicine, 94(11), 1217-1227. Axe, E. L., Walker, S. A., Manifava, M., Chandra, P., Roderick, H. L., Habermann, A., ... & Ktistakis, N. T. (2008). 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