DOTTORATO DI RICERCA IN MEDICINA SPERIMENTALE XXIX CICLO Dottoranda: Monica Nanni La Dott.ssa Monica Nanni ha svolto le sue attività di ricerca sotto la direzione della Prof.ssa Maria Rosaria Torrisi e con la supervisione della Dott.ssa Francesca Belleudi presso il laboratorio di Diagnostica Cellulare dell’Azienda Ospedaliera Sant’Andrea, Dipartimento di Medicina Clinica e Molecolare, Sapienza Università di Roma. Nel corso del 1° anno di Dottorato il progetto di ricerca è stato rivolto allo studio degli effetti dell’espressione della proteina E5 del virus HPV16 (16E5) sul processo autofagico in cheratinociti umani. L’autofagia è un processo di auto-digestione finemente regolato (Rubinsztein et al., 2011) che può essere innescato a seguito di stress cellulare come la deprivazione di nutrienti o l’ipossia (Yang et al., 2010). Recentemente è stato osservato un forte interplay fra autofagia e infezione da virus oncogeni. Infatti, mentre la cellula ospite infettata utilizza l’autofagia per eliminare i virus, molti di questi hanno evoluto varie strategie per evadere il processo autofagico o per sfruttarlo allo scopo di favorire la loro stessa replicazione (Mack et al., 2012; Silva and Jung, 2013). Recenti studi hanno mostrato che l’infezione da papillomavirus umano di tipo 16 (HPV16) induce autofagia nei cheratinociti infettati (Griffin et al., 2013) ed evidenze ottenute mediante esperimenti di deplezione suggeriscono che le proteine precoci del virus potrebbero svolgere un importante ruolo di interferenza con questo processo (Hanning et al., 2013). La proteina oncogenica 16E5 coopera con le proteine 16E6 e 16E7 per promuovere la cancerogenesi tumorale indotta da HPV16 (Moody and Laimnins, 2010; Venuti et al., 2011; DiMaio and Petti, 2013), ed è stato osservato che la sua espressione è in grado di down-modulare sia a livello trascrizionale che traduzionale il Keratinocyte Growth Factor Receptor (KGFR) (Belleudi et al., 2011; Purpura et al., 2013), l’isoforma epiteliale dell’FGFR2 in grado di indurre autofagia nei cheratinociti umani (Belleudi et al., 2014). Sulla base di queste premesse, la Dott.ssa Nanni si è proposta di definire gli effetti dell’espressione di 16E5 sull’autofagia nei cheratinociti umani. Inizialmente sono stati valutati gli effetti dell’espressione della proteina virale 16E5 sull’autofagia indotta dall’attivazione ligando specifica del KGFR utilizzando la linea di cheratinociti umani HaCaT trasfettata transientemente con un costrutto pCI-neo contenente la proteina virale 16E5 (HaCaT E5) o con il solo vettore vuoto (HaCaT pCI-neo). Per valutare i livelli di autofagia, le cellule sono state trattate con il KGF per 24h a 37°C, condizione già testata come ottimale per ottenere un’efficiente induzione del processo (Belleudi et al., 2014). I livelli di autofagia sono stati valutati mediante western blot analizzando l’espressione proteica di LC3-II, un marker specifico della formazione di autofagosomi, e quella di SQSTM1, un substrato selettivamente degradato mediante il processo autofagico. I risultati hanno dimostrato che l’espressione della proteina E5 è in grado di contrastare l’aumento dei livelli di LC3-II e la degradazione di SQSTM1 indotta dal KGF. Il ruolo inibitorio di 16E5 sull’autofagia indotta da KGF è stato confermato successivamente mediante approcci di immunofluorescenza. Le cellule HaCaT sono state cotrasfettate transientemente con il costrutto pEGFP-C2-LC3 e con pCI-neo E5-HA (HaCaT EGFP-LC3/E5) o con pCI-neo vuoto (HaCaT EGFP-LC3), come controllo, e l’anticorpo anti-HA è stato utilizzato per visualizzare le cellule esprimenti 16E5. I risultati hanno dimostrato che, dopo trattamento con KGF, la presenza della proteina virale riduce il numero di dots LC3-positivi corrispondenti agli autofagosomi. In seguito, per verificare se la capacità inibitoria della proteina E5 sull’autofagia indotta da KGF fosse correlata alla sua capacità di down-regolare il KGFR, sono stati studiati gli effetti della forzata modulazione di questo recettore. L’analisi biochimica dei livelli proteici di LC3-II e SQSTM1 hanno dimostrato che la deplezione del recettore, indotta mediante specifico siRNA, e l’espressione forzata di 16E5 inducono un confrontabile effetto inibitorio sull’autofagia. Al contrario, la forzata over-espressione del KGFRwt, ma non quella del suo mutante KGFRkin-, in cellule esprimenti 16E5 è risultata in grado di contrastare l’effetto inibitorio della proteina virale sull’autofagia. Infine, per verificare se la proteina 16E5 potesse ricoprire un più generico ruolo sull’inibizione dell’autofagia, sono stati studiati i possibili effetti della sua espressione su cellule HaCaT soggette alla privazione di siero, stimolo autofagico nel quale il contributo del signaling del KGFR è escluso. L’analisi biochimica dei marker dell’autofagia e approcci d’immunofluorescenza quantitativa hanno evidenziato che l’espressione della proteina E5 è in grado di contrastare anche l’autofagia indotta dalla privazione di siero. Nell’insieme i dati ottenuti durante il 1° anno di dottorato indicano che: i) 16E5 inibisce l’autofagia indotta dal KGF; ii) l’impatto negativo di 16E5 sull’autofagia KGF-dipendente è dovuto, almeno in parte, alla sua capacita di down-regolare il KGFR; iii) indipendentemente dal tipo di stimolo che lo innesca, 16E5 gioca un ruolo generale di interferenza sul processo autofagico. Roma 24/09/2014 Dottoranda Dott.ssa Monica Nanni Docente responsabile della ricerca Dott.ssa Francesca Belleudi