- I.I.S. Prever – Pinerolo

Capitolo 0
0.1. Monomi: definizione e grado
Definizione 0.1.1
Si dice monomio un’espressione algebrica costituita da una parte numerica, detta coefficiente, e da
una parte letterale che si moltiplicano tra loro. In particolare: la parte letterale è data come prodotto
di potenze con base letterale ed esponente naturale.
Esempio 0.1.1
1. L’espressione algebrica 4 x 2 y 3 è un monomio.
3c 2 d 3
 4a 4 b 1c 2 d 3 non è un monomio perché alcune potenze con
4
a b
base letterale hanno esponente negativo. Detto in altri termini: nell’espressione algebrica in
questione compare la divisione, operazione non prevista dalla definizione di monomio. Tale
espressione, come vedremo in seguito, è da annoverarsi nella categoria delle frazioni
algebriche.
2. L’espressione algebrica
3. L’espressione algebrica 2 x 2  7 y non è un monomio, ma una somma di monomi. Una
somma di monomi come vedremo tra breve è un polinomio.
4. Il numero 5  5a 0 è banalmente un monomio perché a 0  a 55  a 5 : a 5  1 e perché 0 è un
numero naturale.
Osservazione 0.1.1
Le lettere che compaiono in un monomio rappresentano dei numeri non specificati. Inoltre la stessa
lettera rappresenta sempre lo stesso numero.
Osservazione 0.1.2
Nel monomio l’unica operazione che lega le lettere tra loro e le lettere alla parte numerica (che può
essere un numero reale qualsiasi) è la moltiplicazione. È quindi implicita l’uguaglianza
4x 2 y 3  4  x 2  y 3 .
Definizione 0.1.2
Si dice grado di un monomio la somma degli esponenti delle lettere che compaiono nella sua parte
letterale.
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
Esempio 0.1.2
1. Il grado del monomio 4 x 2 y 3 è 5.
2. Il grado del monomio 5  5a 0 è 1.
Definizione 0.13
Due o più monomi si dicono simili se hanno la stessa parte letterale. L’uguaglianza della parte
letterale implica che nei monomi siano presenti le stesse lettere e che ogni lettera abbia lo stesso
esponente in ciascun monomio.
Esempio 0.13
1. I monomi 5a 2 y 3 è 7a 2 y 3 sono simili.
2. I monomi 5a 2 y 3 è 7ay 4 non sono simili perché, pur avendo le stesse lettere, ogni lettera non
compare con lo stesso esponente in entrambi i monomi.
3. I monomi 5a 2 y 3 e 7 x 2 z 5 non sono simili perché non hanno lettere in comune.
0.2. Operazioni con i monomi : addizione algebrica, moltiplicazione e divisione
Definizione 1.2.1
La somma di due o più monomi simili è un monomio avente la stessa parte letterale (quella che
condividono) e coefficiente uguale alla somma algebrica dei coefficienti.
Esempio 0.2.1
5a 2 y 3  7a 2 y 3  2a 2 y 3
Osservazione 0.2.1
La definizione relativa all’addizione algebrica di monomi simili è una conseguenza della proprietà
distributiva della moltiplicazione di numeri reali rispetto all’addizione algebrica di numeri reali. La
proprietà distributiva sancisce le seguenti
uguaglianze
e
a  c  b  c  a  b  c
a  c  b  c  a  b  c , dove a, b e c sono numeri reali. A titolo di esempio si consideri il seguente
caso 5  8  7  8  5  7  8 . In ciascuna di esse compare un fattor comune ad entrambi i termini che
può essere raccolto. Si precisa che quella che abbiamo dato prende il nome di proprietà distributiva
a destra, ma vale anche quella a sinistra: c  a  c  b  c  a  b e c  a  c  b  c  a  b . Nel caso
dei monomi simili il fattore comune è la parte letterale che può essere raccolta come previsto dalla
proprietà distributiva. Infatti 5a 2 y 3  7a 2 y 3  5  7a 2 y 3  2a 2 y 3 .
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
Osservazione 0.2.2
La somma di due o più monomi che non sono simili è un polinomio.
Definizione 0.2.2
Il prodotto di due o più monomi è un monomio avente coefficiente uguale al prodotto dei
coefficienti e parte letterale che contiene tutte le lettere comuni ai monomi con esponente pari alla
somma degli esponenti e quelle non comuni con lo stesso esponente.
Esempio 0.2.2
5b 2 w 5  4b 3 w 2 z 3  20b 5 w 7 z 3
Osservazione 0.2.3
La definizione relativa alla moltiplicazione di monomi è una conseguenza della proprietà
commutativa della moltiplicazione e della proprietà relativa alla moltiplicazione di potenze aventi la
stessa base. Infatti



5b 2 w5  4b 3 w 2 z 3  5  4  b 2  b 3 w5  w 2  z 3  20b 23 w52 z 3  20b 5 w7 z 3
Definizione 0.2.3
La divisione di due monomi non dà sempre un monomio. Più precisamente la divisione di due
monomi dà un monomio soltanto se il monomio divisore (quello che viene dopo il simbolo di
divisione) non possiede lettere diverse da quelle del monomio dividendo (quello che viene prima
del simbolo di divisione) e se l’esponente di ciascuna lettera presente nel monomio divisore non
supera quello della corrispondente lettera presente nel monomio dividendo. In ogni caso la
divisione di monomi è un’espressione letterale che ha una parte numerica pari al quoziente dei
coefficienti e una parte letterale nella quale le lettere che compaiono in entrambi i monomi hanno
esponente pari alla differenza degli esponenti (esponente della lettera che compare nel monomio
dividendo meno quello della corrispondente lettera che compare nel monomio divisore), le lettere
che compaiono solo nel monomio dividendo vengono riscritte tali e quali e quelle che compaiono
solo nel monomio divisore vengono scritte al denominatore con esponente cambiato di segno.
Esempio 0.2.2
1. 5a 4 x 7 : 3a 2 x 4 
5 2 3
a x
3
2. 10a 4 x 7 : 2a 7 x 4 
5x 3
 2a  3 x 3
3
a
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
3. 12a 4 x 7 y 5 : 2bz 4 
6a 4 x 7 y 5
 2a 4 b 1 x 7 y 5 z 4
4
bz
Osservazione 0.2.3
La definizione relativa alla divisione di monomi è una conseguenza della proprietà invariantiva
della divisione e della proprietà relativa alla divisione di potenze aventi la stessa base.
0.3. Polinomi : definizione e grado
Definizione 0.3.1
Un polinomio è dato come addizione algebrica di monomi
Esempio 0.3.1
5a 2  7 x 2 y 3 è un polinomio
Definizione 0.3.2
Un polinomio è nella forma normale se non contiene monomi simili.
Esempio 0.3.2
1. 7a 3  2 xz 3 è in forma normale.
2. 7a 3  2 xz 3  5a 3 non è in forma normale.
Definizione 0.3.3
Si dice grado complessivo di un polinomio ( o semplicemente grado di un polinomio) il grado del
monomio col grado massimo.
Esempio 0.3.3
Il grado del polinomio 7a 3  2 xz 3 è 4.
0.4. Operazioni con i polinomi : addizione e sottrazione
Definizione 0.4.1
La somma di due o più polinomi è il polinomio costituito dalla somma dei monomi appartenenti a
tutti i polinomi.
Esempio 0.4.1
5ab
 

 2 xz3  7ab 3  4a  5z  5ab 3  2 xz3  7ab 3  4a  5z  12ab 3  2 xz3  4a  5z
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
3
Definizione 0.4.2
La differenza di due polinomi è il polinomio costituito dalla somma del primo polinomio più il
secondo cambiato di segno.
Esempio 0.4.2
5ab
3
 

 2 xz3  7ab 3  4a  5z  5ab 3  2 xz3  7ab 3  4a  5z  2ab 3  2 xz3  4a  5z
0.5. Operazioni con i polinomi : moltiplicazione di un monomio per un polinomio e
moltiplicazione di due polinomi
Definizione 0.5.1
Il prodotto di un monomio per un polinomio dà luogo ad un polinomio i cui monomi sono ottenuti
moltiplicando il monomio di partenza per ciascuno dei monomi che costituiscono il polinomio.
Esempio 0.5.1


8ab 5 a  3b 3 y  8ab 5  a  8ab 5  3b 3 y  8a 2 b 5  24ab 8 y
Osservazione 0.5.1
Nel prodotto di un monomio di un polinomio si fa uso della proprietà distributiva della
moltiplicazione rispetto all’addizione algebrica.
Definizione 0.5.2
Il prodotto di due polinomi si ottiene moltiplicando ciascun monomio di un polinomio per l’altro
polinomio ed eseguendo le conseguenti moltiplicazioni di un monomio per un polinomio.
Esempio 0.5.2
b






 3a 3 x ab  3b 3 y  b 5 ab  3b 3 y  3a 3 x ab  3b 3 y  b 5  ab  b 5  3b 3 y  3a 3  xab  3a 3 x  3b 3 y
 ab 6  b 8 y  3a 4 bx  9a 3b 3 xy
5
Osservazione 0.5.2
Nel prodotto di due polinomi si fa uso della proprietà distributiva della moltiplicazione rispetto
all’addizione algebrica. Si precisa inoltre che il procedimento indicato per effettuare la
moltiplicazione di due polinomi è equivalente a quello che prevede la moltiplicazione di ciascun
monomio di polinomio per ciascun monomio dell’altro polinomio come indicato in basso:
b
5


 3a 3 x ab  3b 3 y  b 5  ab  b 5  3b 3 y  3a 3  xab  3a 3 x  3b 3 y  ab 6  b 8 y  3a 4 bx  9a 3b 3 xy
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
0.6. Operazioni con i polinomi : moltiplicazione di un monomio per un polinomio e
moltiplicazione di due polinomi
Definizione 0.6.1
Si dicono prodotti notevoli particolari formule che permettono di eseguire alcune moltiplicazioni di
polinomi più rapidamente. Si tratta di formule che contengono lettere maiuscole (che possono
rappresentare numeri, monomi o polinomi) che esprimono prodotti.
Qui di seguito riporto i prodotti notevoli maggiormente in uso:






 A  B A  B  A2  B 2 (Somma per differenza)
 A  B 2  A 2  2 AB  B 2 (Quadrato di un binomio)
 A  B 3  A3  3 A 2 B  3 AB 2  B 3 (Cubo di un binomio)
 A  B  C 2  A 2  B 2  C 2  2 AB  2 AC  2 BC (Quadrato di un trinomio)
 A  B A2  AB  B 2   A3  B 3 (Somma di cubi)
 A  BA2  AB  B 2   A3  B 3 (Differenza di cubi)
Osservazione 0.6.1
Faccio notare che ciascuna delle espressioni a destra dell’uguale è stata ottenuta trattando ciascuna
delle lettere presenti nelle formule come se fosse un monomio. A titolo di esempio mostriamo
come si ottiene la prima delle formule che abbiamo fornito. Eseguiremo il prodotto indicato come
se fosse il prodotto di due polinomi.
 A  B A  B  A2  AB  BA  B 2  A2  B 2
Osservazione 0.6.2
Preciso che i prodotti notevoli sono utili anche per effettuare la scomposizione di polinomi.
Evidenzio il fatto che mentre per effettuare la moltiplicazione di polinomi non sono indispensabili
ai fini della scomposizione sono imprescindibili.
Esempio 0.6.1
1.
2.
3.
3xy  2a 3xy  2a   3xy  2a 
2
2
2
2
 9 x 2 y 2  4a 4
7ab  d 2  7ab 2  2  7ab  d  d 2  49a 2 b 2  14ab  d 2
5 x  63  5 x 3  35 x 2  6  35 x   6 2  6 3  125x 3  450 x 2  540 x  216
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
Scomposizione di polinomi in fattori irriducibili
Scomporre un polinomio significa scriverlo come prodotto di polinomi di grado più basso. In
particolare scomporlo in fattori irriducibili significa scriverlo come prodotto di polinomi irriducibili.
Definizione 0.6.2
Un polinomio si dice riducibile quando può essere scomposto, mentre si dice irriducibile quando
non è possibile scomporlo (o in altri termini quando è divisibile soltanto per se stesso e per 1) .
Osservazione 0.6.3
Esiste quindi un’analogia o similitudine fra il mondo dei numeri naturali e quello dei polinomi. Un
qualunque numero naturale composto (non primo) si può scrivere come prodotto di un numero
finito di numeri primi in modo unico (Teorema di Euclide). Analogamente un qualunque polinomio
riducibile si può scrivere come prodotto di un numero finito di polinomi irriducibili (analoghi dei
numeri primi in ambito polinomiale).
Esistono 5 metodi di scomposizione dei polinomi che elenchiamo qui di seguito:





Raccoglimento totale di fattor comune
Raccoglimento parziale di fattor comune
Scomposizione del trinomio speciale (o particolare) di II grado
Scomposizione mediante l’uso dei prodotti notevoli
Metodo di Ruffini
Nei paragrafi successivi illustreremo ciascun metodo.
Osservazione 0.6.4
Faccio notare che i polinomi che studiamo sono a coefficienti razionali e che è possibile associare
ad ognuno di essi il polinomio a coefficienti interi che si ottiene moltiplicandolo per il m.c.m. dei
denominatori dei suoi coefficienti. Preciso, quindi, che la scomposizione che effettuiamo ha come
fine ultimo quello di scrivere un polinomio come prodotto di polinomi a coefficienti interi.
Raccoglimento totale di fattor comune
Se un polinomio è in forma normale per effettuare il raccoglimento totale di fattor comune si
procede come segue:

si calcola il M.C.D. dei monomi che lo costituiscono. Se il M.C.D. è diverso da 1 si va al
punto successivo, altrimenti ci si ferma e il metodo non è applicabile.
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)

si scrive il M.C.D. fuori dalla parentesi e all’interno della parentesi si scrive ciascuno dei
monomi che costituiscono il polinomio diviso il M.C. D.
Osservazione 0.6.5
Il M.C.D. di due o più monomi è il monomio che ha come coefficiente il M.C.D. dei coefficienti (se
anche uno solo dei coefficienti è una frazione, M.C.D. = 1) e nella cui parte letterale compaiono
soltanto le lettere comuni prese con il minimo esponente. Per esempio il M.C.D. dei monomi
5a 2 y 3 e 10a 3 z 5 è il monomio 5a 2 .
Esempio 0.6.2
Scomponiamo il polinomio 10a 2 z 4  2a 3 y  6a 5 x facendo uso del metodo illustrato. Il M.C.D. dei
monomi che lo costituiscono è 2a 2 per cui seguendo la procedura indicata si ha


10a 2 z 4  2a 3 y  6a 5 x  2a 2 5z 4  ay  3a 3 x .
Se un polinomio è dato come somma di prodotti di polinomi per effettuare il raccoglimento totale di
fattor comune si procede come segue:


si calcola il M.C.D. dei termini che lo costituiscono.
si scrive il M.C.D. fuori dalla parentesi e all’interno della parentesi si scrive ciascuno dei
termini che costituiscono il polinomio diviso il M.C. D.
Esempio 0.6.3
Scomponiamo
il
polinomio
x  3x  5  x 2 x  5  x  5 x  3  x 2   x  5x 2  x  3
facendo uso del metodo illustrato. Il M.C.D. dei termini che lo costituiscono è
seguendo la procedura indicata si ha
x  5 per cui
x  3x  5  x 2 x  5  x  5 x  3  x 2   x  5x 2  x  3 .
Osservazione 0.6.6
Si precisa che i termini sono le espressioni algebriche separate dai simboli + e - . Nel primo
esempio i termini sono dei monomi e nel secondo sono dei polinomi scomposti.
Osservazione 0.6.7
Il M.C.D. di polinomi si determina dopo averli scomposti ed è il polinomio che si ottiene
moltiplicando tra loro i fattori comuni al minimo esponente.
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
Esempio 0.6.4
Il M.C.D. dei polinomi x  4 x  3 e x  7 x  3 è  x  3 .
2
3
2
Osservazione 0.6.8
Si precisa che il M.C.D. è il fattor comune che si raccoglie. È inoltre facile verificare il fatto che il
raccoglimento totale di fattor comune è una conseguenza della proprietà distributiva della
moltiplicazione. Ricordo che la proprietà distributiva della moltiplicazione dice che:
a  b  c  b  a  c  b , dove a, b e c sono numeri reali. Consideriamo il seguente esempio:
3  7  5  7  3  5  7 . Esso potrebbe essere la traduzione aritmetica della seguente situazione
concreta: 7 ragazzi si recano dapprima in panetteria dove ognuno di loro spende 3 € e
successivamente in rosticceria dove ognuno di loro spende 5 €. S’intende calcolare la spesa totale
dei ragazzi. Le possibilità sono due : si può fare la somma della spesa totale in panetteria e di quella
totale in rosticceria e sommarle 3  7  5  7 oppure fare la somma totale di quanto ciascun ragazzo
spende in entrambi i negozi e moltiplicarla per il numero di ragazzi 3  5 7 . Si nota facilmente che
il fattore comune a ciascun termine, il numero 7, può essere raccolto. Analogamente in un
polinomio il M.C.D. dei termini che lo costituiscono, siano essi monomi o polinomi, si comporta
come il fattor comune ai termini di un’addizione. La proprietà distributiva della moltiplicazione
rispetto alla somma algebrica ci autorizza a raccoglierlo.
Raccoglimento parziale di fattor comune
Se tutti i monomi che costituiscono un polinomio non hanno lo stesso fattore comune, ma è
possibile suddividere il polinomio in parti (parola da cui viene parziale) ciascuna avente il suo fattor
comune è possibile effettuare il raccoglimento parziale di fattor comune se a seguito del
raccoglimento di ciascun fattor comune il polinomio risulta essere la somma di polinomi scomposti
aventi un fattore comune. A seguito del raccoglimento di tale fattore si raggiunge l’obiettivo
richiesto.
Esempio 0.6.5
Scomponiamo il polinomio ax  ay  bx  by . I monomi che costituiscono il polinomio presi nel
loro complesso non hanno un fattore comune, ma le parti ax  ay e bx  by hanno ciascuna il loro
ax  ay  bx  by  ax  y   bx  y  . A
questo punto il polinomio di partenza risulta essere dato come somma di polinomi scomposti aventi
come fattore comune il polinomio x  y . Raccogliendolo si ottiene a  bx  y  che è il polinomio
fattore comune che procediamo a raccogliere. Si ha
di partenza scomposto.
Scomposizione del trinomio speciale di II grado
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
Per poter affrontare in modo chiaro e coerente questo paragrafo occorre stabilire fin da subito cosa
s’intende per trinomio speciale di II grado. Un trinomio speciale di II grado è un trinomio nel quale
compare un’unica variabile. In particolare tale trinomio è costituito da tre termini



il termine di II grado che ha coefficiente pari a 1
il termine di primo grado
il termine noto
Inoltre il coefficiente del termine di I grado è dato dalla somma di due numeri interi, mentre il
termine noto è dato dal prodotto degli stessi numeri. Ora, assumendo come variabile la lettera x il
trinomio speciale di II grado si presenta come segue: x 2  Ax  B , dove A  a  b e B  ab e a, b,
A, B sono numeri interi. Per scomporre il polinomio si procede così:
x 2  a  bx  ab  x 2  ax  bx  ab  xx  a   bx  a   x  bx  a  .
È facile notare che si è fatto uso del raccoglimento parziale di fattor comune.
Esempio 0.6.6
Intendiamo scomporre il polinomio x 2  8 x  15 . Per verificare se si tratta di un trinomio speciale
di II grado cerchiamo due numeri interi che sommati danno 8 e moltiplicati danno 15. Per
raggiungere l’obiettivo conviene partire dal termine noto e scriverlo come prodotto di due numeri
interi in tutti i modi possibili. Si ha che:


15  1  15
15   1   15


15  3  5
15   3   5
Delle coppie di numeri interi coinvolti nei prodotti suddetti qual è quella la cui somma è pari a 8?
Certamente la coppia 3,5. Questi sono gli a e b indicati in precedenza per cui è possibile scomporre
il trinomio come segue: x 2  8x  15  x  3x  5 .
Uso dei prodotti notevoli
Elenchiamo qui di seguito i prodotti notevoli

A2  B 2   A  B  A  B  (Somma per differenza)

A2  2 AB  B 2   A  B  (Quadrato di un binomio)

A3  3 A2 B  3 AB 2  B 3   A  B  (Cubo di un binomio)

A2  B 2  C 2  2 AB  2 AC  2 BC   A  B  C  (Quadrato di un trinomio)

A3  B 3   A  B  A2  AB  B 2 (Somma di cubi)
2
3
2


Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)



A3  B3   A  B  A2  AB  B 2 (Differenza di cubi)
sappiamo che si tratta di formule che permettono di eseguire più rapidamente alcuni prodotti di
polinomi, ma come è facile notare servono anche per scomporre alcuni polinomi come vedremo nei
prossimi esempi.
Esempio 0.6.7
Per scomporre il polinomio x 2  25 uso il prodotto notevole A2  B 2   A  B  A  B  . Si ha
x 2  25  x 2  52  x  5x  5 .
Esempio 0.6.8
Per scomporre il polinomio x 2  14 x  49 uso il prodotto notevole A2  2 AB  B 2   A  B  . Si ha
2
x 2  14 x  49  x 2  2  7 x  7 2  x  7  .
2
Esempio 0.6.8
Per scomporre il polinomio x 3  6 x 2  12 x  8 uso il prodotto notevole
A3  3 A2 B  3 AB 2  B 3   A  B  . Si ha x 3  6 x 2  12 x  8  x  2 .
3
3
Esempio 0.6.9
Per scomporre il polinomio a 2  4b 2  16c 2  4ab  8ac  16bc uso il prodotto notevole
A2  B 2  C 2  2 AB  2 AC  2 BC   A  B  C  . Si ha
2
a 2  4b 2  16c 2  4ab  8ac  16bc a  2b  4c  .
2
Esempio 0.6.10


Per scomporre il polinomio 8b 3  27 uso il prodotto notevole A3  B 3   A  B  A2  AB  B 2 . Si


ha che 8b  27  2b  3 4b  6b  9 .
3
2
Esempio 0.6.11


Per scomporre il polinomio 64 x 3  125 y 3 uso il prodotto notevole A3  B3   A  B  A2  AB  B 2 .


Si ha che 64 x  125 y  4 x  5 y  16 x  20 xy  25 y .
3
3
2
2
Metodo di Ruffini
Il metodo di Ruffini fa uso di un risultato dovuto al matematico e medico italiano Paolo Ruffini
vissuto fra il 1765 ed il 1822 detto teorema di Ruffini e di un metodo semplice per eseguire la
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
divisione tra alcune tipologie di polinomi. Prima di introdurre il metodo di Ruffini occorre stabilirne
l’ambito di applicabilità. Il metodo di Ruffini si applica al caso dei polinomi in un’unica variabile.
Nella fattispecie la variabile sarà indicata con la lettera x. Enunciamo e dimostriamo il
Teorema 0.6.1 (Teorema di Ruffini)
Dato un qualsiasi polinomio P(x) di grado n, nella sola variabile x, se esiste un numero  che
sostituito alla x lo annulla, allora è possibile scrivere il polinomio come prodotto di x   per un
altro polinomio Q(x) di grado n  1 .
Dimostrazione
Se si esegue la divisione tra P(x) e x   si ottiene un polinomio Q(x) per cui
P( x)  x   Q( x)  r , dove r è il resto della suddetta divisione. Ora, se il numero  sostituito alla
x lo annulla si ha che 0     Q( )  r , da cui segue che r  0 e quindi che P( x)  x   Q( x)
come volevasi dimostrare.
Osservazione 0.6.8
Del teorema suddetto vale anche l’implicazione inversa. In altri termini: se P( x)  x   Q( x) ,
allora il numero  sostituito alla x annulla il polinomio. La dimostrazione di quest’ultima
implicazione è immediata. Infatti sostituendo il numero  alla x si ha che P( )     Q( )  0
e che, quindi, P(x) si annulla.
Osservazione 0.6.9
I numeri  che sostituiti alla x annullano i polinomio possono essere cercati fra i divisori del
termine noto, presi col segno + e col segno –.
Esempio 0.6.12
Dato il polinomio P( x)  2 x 3  5x 2  6 x  3 intendiamo illustrare l’enunciato del teorema di
Ruffini. A tal fine cerchiamo il numero che sostituito ad x annulla il polinomio tra i numeri
contenuti nell’insieme  1;3. Si osserva che P(1)  2  13  5  12  6  1  3  2  5  6  3  0 . Dal
teorema di Ruffini segue che P( x)  2 x 3  5x 2  6 x  3  x  1Qx  , dove Q(x) è un polinomio di
grado 2= 3 – 1.
Sorge, però, spontanea la domanda: come fare per determinare il polinomio Q(x) ? A tal fine ci
viene in aiuto la cosiddetta
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
Regola di Ruffini
Dato un polinomio di grado n, P( x)  a n x n  a n 1 x n 1  ...  a1 x  a 0 soddisfacente ai requisiti del
Teorema di Ruffini. Se esiste un numero  che sostituito alla x lo annulla, allora per determinare
il polinomio Q(x) occorre procedere come segue:

Si costruisce uno schema come quello sottostante
an
a n1
a1
a0

,dove, come è facile verificare, il numero  è quello che sostituito a x fa annullare il polinomio gli
a n , a n 1 , …, a1 sono i coefficienti dei termini in x del polinomio e a 0 è il termine noto.

Si abbassa il coefficiente del termine in x con esponente più alto come indicato in basso
an
a n1
a1
a0

an
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)

Si moltiplica a n per  e il risultato si va a scrivere sotto a n 1 , come indicato in basso
an
a n1
a1
a0
an  

an

Si addiziona algebricamente a n 1 a a n   e il risultato si va a scrivere sotto la linea
orizzontale, come indicato in basso
an
a n1
an  
………..
a1
a0
……………

an

an1  a n  
Successivamente si ripetono gli ultimi due passaggi con tutti i numeri che si trovano sotto la
linea orizzontale fino a che, sotto tale linea e nella colonna di a 0 , non compaia 1.
Preciso che la regola di Ruffini non è altro che un metodo particolare per eseguire la divisione tra il
polinomio P( x)  a n x n  a n 1 x n 1  ...  a1 x  a 0 e il polinomio x   . Una divisione produce un
quoziente (il risultato dell’operazione) e un resto (che in tal caso è 0). In tal caso, dal momento che
per il teorema di Ruffini il polinomio P( x)  a n x n  a n 1 x n 1  ...  a1 x  a 0 è dato come prodotto
tra x   e
un altro polinomio Q(x), per trovare Q(x) occorre dividere
n
n 1
P( x)  a n x  a n 1 x  ...  a1 x  a 0 per x   . In definitiva: lo 0 presente nell’ultima colonna
sotto la linea orizzontale è il resto della divisione e i valori che stanno sotto la linea orizzontale e
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
che vengono prima del resto sono i coefficienti del polinomio Q(x) di grado n  1 nell’ordine (dal
coefficiente del termine di grado n  1 al termine noto) .
Osservazione 0.6.10
Preciso che se il polinomio P( x)  a n x n  a n 1 x n 1  ...  a1 x  a 0 è di grado n, allora dovrebbe avere
tutti i termini, da quello di grado n a quello di grado 0 ( il termine noto). L’assenza di qualche
termine (quello di grado n non può mancare, se fosse altrimenti il polinomio non sarebbe di grado
n) è equivalente alla presenza del termine con coefficiente nullo. È importante tenere conto di ciò
quando si applica la regola di Ruffini altrimenti non funziona.
Esempio 0.6.13
Riprendiamo il polinomio P( x)  2 x 3  5x 2  6 x  3 e lo scomponiamo facendo uso del teorema e
della regola di Ruffini. Dall’esempio 0.5.1 sappiamo che P( x)  2 x 3  5x 2  6 x  3  x  1Qx  .
Ora andiamo a determinare Q(x) usando la regola di Ruffini.
Si ha che
2
5
1
2
2
3
6
3
3
3
0


Q( x)  2 x 2  3x  3 . In definitiva: 2 x 3  5x 2  6 x  3  x  1 2 x 2  3x  3 .
Osservazione 0.6.11
Intendo spendere qualche parola circa l’irriducibilità di un polinomio. Anche se esiste un criterio
che stabilisce una condizione sufficiente, ma non necessaria, per l’irriducibilità di un polinomio, il
criterio che adotteremo noi è più “artigianale”. In altri termini: per noi un polinomio è irriducibile se
ogni tentativo di scomporlo con i metodi noti fallisce. Precisiamo che i polinomi di I grado sono
sicuramente irriducibili e che tra i polinomi di II grado esiste una categoria di polinomi che risulta
sicuramente irriducibile. Di questi ci occuperemo quando studieremo le equazioni di II grado.
0.7 Frazioni algebriche
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
P
, dove P e Q sono polinomi e Q  0 .
Q
Ovviamente in tale categoria rientrano anche i polinomi di cui abbiamo parlato nei paragrafi
precedenti. Ricordo che banalmente un monomio è un polinomio ed un numero è un monomio. La
nuova categoria di espressioni algebriche ha, però, ragion d’essere introdotta per gestire i casi in cui
Qè un polinomio di grado almeno pari a 1e P ha grado minore di Q.
Si dice frazione algebrica una qualsiasi espressione del tipo
Esempio 0.7.1
L’espressione
x3
è una frazione algebrica, dove P  x  3 e Q  x 2  7 x  10 .
x  7 x  10
2
Osservazione 0.7.1
Se Q è un polinomio di grado almeno pari a 1 allora contiene delle variabili che teoricamente
potrebbero assumere qualunque valore numerico. Dal momento, però, che Q compare al
denominatore esso non può mai assumere il valore 0, se così fosse la frazione non esisterebbe. Va
da sé che quando si tratta una frazione algebrica occorre determinarne le condizioni di esistenza, il
che equivale, in altri termini, ad escludere dai valori che le variabili potrebbero assumere, i numeri
che sostituiti ad esse fanno annullare il denominatore. Per trovare tali valori basta porre il
denominatore uguale a 0 e risolvere l’equazione che ne risulta. Simmetricamente, per determinare i
valori che sostituiti alle variabili non fanno annullare il denominatore basta porlo diverso da zero e
risolvere l’equazione che ne risulta.
Esempio 0.7.2
x3
basta porre
x  7 x  10
x 2  7 x  10  0 e risolvere. La risoluzione dell’equazione si effettua scomponendo il polinomio
Per determinare le condizioni di esistenza della frazione algebrica
2
x 2  7 x  10 e ponendo ciascun fattore diverso da 1. In effetti, x 2  7 x  10  x  2x  5 , per cui
x  2  0 e x  5  0 , da cui segue che x  2 e contemporaneamente x  5 .
Definizione 0.7.1
L’addizione algebrica di frazioni algebriche aventi lo stesso denominatore è uguale alla frazione
algebrica avente il denominatore che le frazioni condividono e il numeratore uguale alla somma dei
numeratori.
Esempio 0.7.3
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
x
5
x2
. Si ha che


x3 x3 x3
Si consideri la seguente somma di frazioni algebriche
x
5
x2
x  5  x2
.



x 3 x3 x3
x3
Definizione 0.7.2
L’addizione algebrica di frazioni algebriche che non hanno lo stesso denominatore è uguale alla
frazione algebrica avente al denominatore il m.c.m. dei denominatori e al numeratore il prodotto del
precedente numeratore per il quoziente ottenuto dividendo il m.c.m. per il denominatore precedente.
Esempio 0.7.4
Si consideri la seguente somma di frazioni algebriche
x
5
2
. Si ha che

 2
x  5 x  5 x  25
x
5
2
xx  5  5x  5  2 x 2  5 x  5 x  25  2 x 2  10 x  27
.

 2



x  5 x  5 x  25
x 2  25
x 2  25
x 2  25
Osservazione 0.7.2
Ricordo che per determinare il m.c.m. di due o più polinomi occorre scomporli in fattori irriducibili
e successivamente moltiplicare tra loro i fattori comuni e non comuni al massimo esponente. A
titolo di esempio si consideri la seguente situazione. Intendiamo calcolare il m.c.m. dei polinomi
x 2  9 e x 2  5 x  6 . In primo luogo scomponiamo i polinomi in fattori irriducibili. Si ha che
x 2  9  x  3x  3 e x 2  5x  6  x  2x  3 . Segue che il m.c.m. è x  2x  3x  3 .
Definizione 0.7.3
Il prodotto di due frazioni algebriche è uguale alla frazione algebrica avente come numeratore il
prodotto dei numeratori e come denominatore il prodotto dei denominatori.
Osservazione 0.7.3
Al fine di poter effettuare eventuali semplificazioni è opportuno scomporre i polinomi presenti al
numeratore ed al denominatore di ciascuna frazione algebrica presente nella moltiplicazione di
frazioni algebriche.
Esempio 0.7.4
a 2  7a  10 x  3
 2
. In primo
x2  9
a 4
luogo semplifichiamo i polinomi presenti al numeratore ed al denominatore di ciascuna fattore. Si
Si consideri la seguente moltiplicazione di frazioni algebriche:
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
ottiene
a  2a  5  x  3
x  3x  3 a  2a  2
. Da cui si ottiene semplificando ed applicando la definizione :
a 5
.
x  3a  2
Definizione 0.7.4
Il quoziente di due frazioni algebriche è uguale alla frazione algebrica che si ottiene moltiplicando
la prima frazione per l’inversa della seconda.
Esempio 0.7.5
y 2  8 y  15 y  5
. Stando alla
:
b5
b 2  25
Si consideri la seguente divisione di frazioni algebriche:
y 2  8 y  15 b  5
definizione si ha che
.

y 5
b 2  25
Definizione 0.7.5
La potenza di una frazione algebrica è uguale alla frazione algebrica che si ottiene elevando
numeratore e denominatore all’esponente della potenza.
Esempio 0.7.6
ab
Si consideri la seguente potenza di frazioni algebriche: 
 . Stando alla definizione si ha che
 x 2
3
a  b 3 .
x  23
0.8 Equazioni di I grado intere in un’incognita
Definizione 0.8.1
In generale, si dice equazione una qualsiasi uguaglianza contenente una o più incognite.
Definizione 0.8.2
In generale, si dice equazione intera di I grado in un’incognita un’equazione che ridotta alla forma
canonica contiene una sola incognita al grado 0.
Definizione 0.8.3
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
Un’equazione è in forma canonica quando sono state eseguite tutte le operazioni richieste dal testo
(perlopiù moltiplicazioni) e quando dopo aver portato tutti i termini al I membro sono state
effettuate tutte le semplificazioni del caso. In particolare un’equazione di I grado in un’incognita
nella forma canonica si presenta come segue: ax  b  0 , dove a e b sono numeri reali.
Esempio 0.8.1
La seguente espressione è un’equazione di I grado in un’incognita: 3x  5  11  x .
Esempio 0.8.2
La seguente espressione è un’equazione di I grado in un’incognita in forma canonica: 3x  5  0 .
Per poter risolvere un’equazione di I grado intera in un’incognita è necessario conoscere le seguenti
regole:
I principio di equivalenza (prima formulazione)
Se si addiziona o si sottrae ad ambo i membri di un’uguaglianza lo stesso numero si ottiene ancora
un’uguaglianza. In simboli: se a  b  a  c  b  c , per ogni c.
I principio di equivalenza (seconda formulazione)
Se si addiziona o si sottrae ad ambo i membri di un’equazione la stessa espressione algebrica si
ottiene un’equazione equivalente a quella data.
Definizione 0.8.3
Due equazioni si dicono equivalenti se hanno le stesse soluzioni.
II principio di equivalenza (prima formulazione)
Se si moltiplicano o si dividono ad ambo i membri di un’uguaglianza per lo stesso numero diverso
da 0 si ottiene ancora un’uguaglianza. In simboli: se a  b  a  c  b  c , e a  b  a : c  b : c per
ogni c  0 .
II principio di equivalenza (seconda formulazione)
Se si moltiplicano o si dividono ambo i membri di un’equazione per la stessa espressione algebrica
diversa da 0 si ottiene un’equazione equivalente a quella data.
Osservazione 0.8.1
I suddetti principi sono una diretta conseguenza del fatto che può essere assunto come paradigma
dell’uguaglianza la bilancia. È evidente che se i due piatti di una bilancia sono in equilibrio, tale
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
condizione permane se ad entrambi si aggiunge o toglie la stessa quantità o se ciascuna quantità
presente nello stesso piatto viene sostituita dallo stesso multiplo o sottomultiplo.
Legge del trasporto (prima formulazione)
Data un’uguaglianza, se si sposta un termine da un membro all’altro cambiandolo di segno si
ottiene ancora un’uguaglianza.
Legge del trasporto (prima formulazione)
Data un’equazione, se si sposta un termine da un membro all’altro cambiandolo di segno si ottiene
un’equazione equivalente a quella data.
Esempio 0.8.3
Si consideri la seguente equazione: 3x  5  7 x  4 . Se si sposta, per esempio, il termine 7 x al I
membro, cambiandolo di segno, si ottiene l’equazione 3x  5  7 x  4 equivalente a quella data.
Osservazione 0.8.2
La legge del trasporto è una conseguenza diretta del I principio di equivalenza. Infatti spostare un
termine da un membro all’altro cambiandolo di segno è equivalente ad addizionare il suo opposto
ad ambo i membri (o, che è lo stesso, a sottrarre tale quantità ad ambo i membri). Per esempio,
quando sposto 7 x al I membro cambiandolo di segno e come se effettuassi la seguente operazione:
3x  5  7 x  7 x  7 x  4 .
Procedura di risoluzione di una equazione di I grado
Per poter risolvere un’equazione di I grado occorre procedere come segue:





si eseguono tutte le operazioni richieste dal testo dell’esercizio (normalmente
moltiplicazioni)
si portano tutti i termini contenenti l’incognita da una parte dell’uguale cambiandoli,
eventualmente, di segno (o al I o al II membro)
si portano tutti i numeri dall’altra parte dell’uguale cambiandoli, eventualmente, di segno
si semplificano le espressioni presenti al I e al II membro
se il coefficiente della x è diverso da 0 e da 1, si dividono ambo i membri dell’uguaglianza
per tale numero.
Esempio 0.8.4
Si consideri la seguente equazione: 3x  2  6x  5 . Intendiamo risolverla. A tal fine procediamo
come segue: 3x  6  6x  5 . Da cui si ottiene, portando i termini in x al I membro e i numeri al II
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
membro: 3x  6x  6  5 . Semplificando si ha  3x  1 da cui dividendo ambo i membri per il
1
coefficiente della x,  3 si ottiene x  .
3
Osservazione 0.8.3
Faccio notare che l’ultimo punto della procedura di risoluzione di una equazione di I grado si fonda
sul II principio di equivalenza.
Osservazione 0.8.4
Preciso che risolvere un’equazione significa trovare il numero che sostituito all’incognita rende vera
l’uguaglianza.
Osservazione 0.8.5
La procedura di risoluzione dell’equazione di I grado lascia una questione aperta: che fare se dopo
avere eseguito tutti i punti del procedimento indicato il coefficiente della x è 1 o 0? Se il
coefficiente è 1 la soluzione è data. Se, invece, il coefficiente della x è 0 si presentano due casi:
1. L’equazione è del tipo 0 x  b , dove b  0 . In tal caso l’equazione è impossibile. Perché
propone di trovare il numero che moltiplicato per 0 dia un numero diverso da 0. Questa
ricerca non può dare esito positivo perché tutti i numeri moltiplicati per 0 danno 1.
2. L’equazione è del tipo 0 x  0 . In tal caso l’equazione ha come soluzione infiniti numeri,
in particolare, tutti i numeri perché tutti i numeri moltiplicati per 0 danno 1.
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
0.9 Equazioni di II grado intere in un’incognita
Definizione 0.9.1
Un’equazione di II grado in una sola incognita nella forma canonica si presenta come segue:
ax 2  bx  c  0 , dove a, b e c sono dei numeri reali e a  0 .
Esempio 0.9.1
L’equazione 3x 2  2 x  8  0 . In tal caso: a  3 , a  2 e a  8 .
Definizione 0.9.2
Si dice che un’equazione di II grado è pura se ridotta alla forma canonica si presenta come segue:
ax 2  c  0 , con c  0
Esempio 0.9.2
L’equazione 2 x 2  8  0 è un’equazione pura.
Osservazione 0.9.1
In un’equazione pura il termine in x è assente, ciò che equivale a dire che il suo coefficiente b vale
1.
Risoluzione di un’equazione pura
Per risolvere un’equazione di II grado pura si procede come segue:



si porta il termine noto cambiato di segno al II membro
si dividono ambo i membri per il coefficiente del termine di II grado
se il II membro è un numero positivo le soluzioni sono uguali ed opposte ed il loro valore
assoluto è costituito dalla radice quadrata aritmetica del II membro. Se invece il II membro
è un numero negativo l’equazione è impossibile.
In simboli:


ax 2  c
c
x2  
a
c
c
0x 
a
a
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)

se 

se 
c
 0  impossibile
a
Esempio 0.8.3
a. Risolviamo l’equazione 2 x 2  8  0 . Si ha 2 x 2  8  x 2  4  x  2
b. Risolviamo l’equazione x 2  6  0 . Si ha x 2  6  x   6
c. Risolviamo l’equazione x 2  16  0 . Si ha x 2  16 . Impossibile.
Osservazione 0.9.2
c
c
è impossibile se   0 perché non esistono
a
a
numeri reali che elevati alla seconda diano un numero negativo. Infatti, anche i numeri negativi
c
2
elevati alla seconda danno un numero positivo. Inoltre, l’equazione del tipo x   ha come
a
2
Facciamo notare che l’equazione del tipo x  
soluzione x   
c
c
perché elevando alla seconda sia   , sia
a
a

c
c
si ottiene  .
a
a
Definizione 0.9.3
Si dice che un’equazione di II grado è spuria se ridotta alla forma canonica si presenta come segue:
ax 2  bx  0 , con b  0
Esempio 0.9.4
L’equazione 5 x 2  8 x  0 è un’equazione spuria.
Osservazione 0.9.5
In un’equazione pura il termine noto è assente, ciò che equivale a dire che c vale 1.
Risoluzione di un’equazione spuria
Per risolvere un’equazione di II grado spuria si procede come segue:



si effettua il raccoglimento totale della x o della x moltiplicata per i M.C.D. dei coefficienti
dei termini presenti al I membro.
si pone ciascun fattore presente al I membro uguale a 0 ottenendo due equazioni di I grado.
si risolve ciascuna equazione.
Si osserva che le soluzioni di una tale equazione sono sempre 2 e che una delle soluzioni è 1.
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
In simboli:

xax  b  0

x0

ax  b  0  ax  b  x  
b
a
Osservazione 0.9.3
Facciamo notare che 0 sostituito a x nell’espressione xax  b presente al I membro dà
0  a  0  b  0  b  0 ne consegue che 0 è una soluzione dell’equazione. Infine 
x nell’espressione xax  b presente al I membro dà
b
sostituito alla
a
b
 b   b   b
 b
    a    b       b  b      0  0 .Ne consegue che anche  è una soluzione
a
 a   a   a
 a
dell’equazione spuria.
Esempio 0.9.5
Risolviamo l’equazione 5 x 2  8 x  0 . Raccogliendo la x si ha che
x5x  8  0  x  0 e
8
5 x  8  0  5x  8  x  .
5
Definizione 0.9.4
Si dice che un’equazione di II grado è completa se ridotta alla forma canonica si presenta come
segue: ax 2  bx  c  0 , con b  0 e c  0 .
Risoluzione di un’equazione completa
Per risolvere un’equazione di II grado completa occorre una formula risolutiva che si ottiene
procedendo come segue:



Moltiplico ambo i membri dell’equazione per 4a : 4a ax 2  bx  c  4a  0 . Si ottiene :
4a 2 x 2  4abx  4ac  0

Aggiungo ad ambo i membri la quantità b 2 : 4a 2 x 2  4abx  b 2  4ac  b 2



Porto il termine 4ac al II membro : 4a 2 x 2  4abx  b 2  b 2  4ac
Osservo che al I membro è presente il quadrato del polinomio 2ax  b
Riscrivo l’espressione al I membro tenendo conto dell’osservazione precedente:
2ax  b2  b 2  4ac
 b  b 2  4ac
2a
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)

Si ha che 2ax  b   b 2  4ac  2ax  b  b 2  4ac  x 
In definitiva abbiamo ottenuto la formula risolutiva dell’equazione di II grado.
Osservazione 0.9.4
Si precisa che la formula risolutiva può essere utilizzata anche per risolvere l’equazione pura e
l’equazione spuria. Nel caso dell’equazione pura occorre tener conto che b  0 e nel caso
dell’equazione spuria occorre tener conto che c  0 .
Osservazione 0.9.5
L’espressione b 2  4ac spesso viene indicata con il simbolo  leggi: “delta”. Per cui è facile
trovare la formula risolutiva come segue: x 
b 
.
2a
Osservazione 0.9.6
L’espressione b 2  4ac spesso viene indicata con il simbolo  , leggi: “delta”. Per cui è facile
trovare la formula risolutiva come segue: x 
b 
.
2a
Osservazione 0.9.7
Preciso che dal  , che prende il nome di discriminante, dipende il numero delle soluzioni
dell’equazione. Dal momento che  compare sotto la radice quadrata si ha che:



se   0 l’equazione ha 2 soluzioni
se   0 l’equazione ha 1 soluzione
  0 l’equazione non ha soluzioni.
Esempio 0.9.6
Risolviamo l’equazione 2 x 2  16 x  30  0 . Calcoliamo in primo luogo il  . Si ha che
  b 2  4ac   16  4  2  30  256  240  16 . In tal caso   0 per cui si prevedono 2
2
soluzioni. Applicando la formula risolutiva si ottiene x 
 b     16  16 16  4


da cui
2a
22
4
si ottengono le soluzioni x1  5 e x2  3 .
Scomposizione del trinomio di II grado
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
Dato il generico trinomio di II grado ax 2  bx  c se   0 è possibile scomporlo nel prodotto di
polinomi irriducibili di grado più basso. Nel caso in cui   0 l’equazione associata (quella che si
ottiene ponendo il trinomio suddetto uguale a 0) ha 2 soluzioni che indichiamo con le scritture x1 e
x 2 . Nel caso in cui   0 si può pensare che l’equazione associata abbia 2 soluzioni coincidenti
x1  x2  . Al fine di ottenere la scomposizione del trinomio procediamo come segue:
b 
b 
e x2 
le soluzioni dell’equazione associata
2a
2a

indichiamo con x1 

osserviamo che x1  x 2 

osserviamo che
x1  x 2 
 b    b    2b
b



2a
2a
2a
a
b  b 


2a
2a



 b  b
  b2
b 2  4ac  b 2  4ac c






a
4a 2
4a 2
4a 2
4a 2
Si ha che :

 

b
c

ax 2  bx  c  a x 2  x    a x 2  x1  x 2 x  x1 x 2  a x 2  x1 x  x 2 x  x1 x 2 
a
a

 axx  x1   x2 x  x1   ax  x1 x  x2  .
Esempio 0.9.7
Scomponiamo il trinomio
3x 2  21x  30 . Calcoliamo in primo luogo il  . Si ha che
  b 2  4ac   21  4  3  30  441  360  81 . In tal caso   0 per cui si prevedono 2
2
soluzioni. Applicando la formula risolutiva si ottiene x 
 b     21  81 21  9


da cui
2a
23
6
si ottengono le soluzioni x1  5 e x2  2 . In definitiva 3x 2  21x  30  3x  2x  5 .
Esempio 0.9.8
Scomponiamo il trinomio
3x 2  12 x  12 . Calcoliamo in primo luogo il  . Si ha che
  b 2  4ac   12  4  3  12  144  144  0 . In tal caso   0 per cui si prevede 1 soluzione.
2
Applicando la formula risolutiva si ottiene x 
 b    12  0 12


da cui si ottengono le
2a
23
6
soluzioni x1  x2  2 . In definitiva 3x 2  12 x  12  3x  2 .
2
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
0.10 Equazioni di grado superiore al II
Definizione 0.10.1
Un’equazione di grado superiore al II si dice binomia se ha una sola incognita e nella forma
canonica si presenta come segue: ax n  c  0 , dove a e c sono numeri reali ( a  0 ) e n  2 .
Esempio 0.10.1
L’equazione 27 x 3  8  0 è un’equazione binomia. In tal caso: a  27 e c  8 .
Risoluzione di un’equazione binomia
Per risolvere un’equazione binomia si procede come segue:




si porta il temine noto al II membro cambiato di segno: ax n  c
c
n
si dividono ambo i membri per il coefficiente della x n : x  
a
c
se n è pari e   0 le due soluzioni dell’equazione si ottengono estraendo la radice di
a
c
c
indice n di  . Se n è pari e   0 l’equazione non ha soluzioni perché non esiste la
a
a
radice con indice pari di un numero negativo.
c
se n è dispari indipendentemente dal segno di  la soluzione è unica.
a
In definitiva se la soluzione c’è, è x   n 
c
c
se n è pari e x  n  se n è dispari.
a
a
Esempio 0.10.2
Risolviamo l’equazione 2 x 3  250  0 . Si ha che:
2 x 3  250  x 3 
250
 x 3  125  x  3 125  x  5
2
Esempio 0.10.3
Risolviamo l’equazione 4 x 4  64  0 . Si ha che:
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
4 x4  64  x4 
64
 x4  16  x   4 16  x  2
4
Esempio 0.10.4
Risolviamo l’equazione x 3  8  0 . Si ha che:
x 3  8  x  3  8  x 3  2
Esempio 0.10.5
Risolviamo l’equazione x 6  64  0 . Si ha che:
x6  64 . Impossibile.
Definizione 0.10.2
Un’equazione di grado superiore al II si dice trinomia se ha una sola incognita e nella forma
canonica si presenta come segue: ax 2 n  bx n  c  0 , dove a ,b e c sono numeri reali ( a  0 ) e
n  2.
Esempio 0.10.6
L’equazione x 6  7 x 3  10  0 è un’equazione trinomia. In tal caso: a  1 , b  7 e c  10 .
Risoluzione di un’equazione trinomia
Per risolvere un’equazione trinomia si procede come segue:
 
2

si pone: x n  t  x 2n  x n
 t2


l’equazione di partenza diventa: at 2  bt  c  0
si risolve l’equazione di II grado in t

si risolvono le equazioni binomie che si ottengono ponendo x n uguale a ciascuna delle
soluzioni dell’equazione di II grado secondo le modalità indicate in precedenza.
Esempio 0.11.7
Risolviamo l’equazione x 8  97 x 4  1296  0 . Si ha che: x 4  t e che l’equazione suddetta diventa
t 2  97t  1296  0 . Per tale equazione si ha che
  b 2  4ac   97   4  1  1296  9409  5184  4225  65 2 . Segue che
2
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
97  65
 b   97  65
 81 e

. Le soluzioni di quest’ultima equazione sono quindi t1 
2
2a
2
97  65
t2 
 16 . In definitiva le soluzioni dell’equazione di partenza sono le soluzioni delle
2
equazioni binomie seguenti: x 4  16 e x 4  81 .
t
Risoluzione di un’equazioni di grado superiore al II con l’uso della scomposizione.
Si precisa che non è possibile risolvere tutte le equazioni di grado superiore al II. In particolare, si
possiede la formula risolutiva per la risoluzione delle equazioni di III e IV grado, ma non per le
equazioni di grado superiore al IV. Quest’ultima affermazione costituisce l’enunciato di un celebre
teorema che va sotto il nome di Abel-Ruffini. Alcune di queste ultime, però, possono essere risolte
soltanto se si presentano in forme particolari. Alcune di queste forme le abbiamo esaminate
all’inizio del paragrafo, mentre l’altra grande tipologia la esamineremo qui di seguito. Si tratta delle
equazioni di grado superiore al II che si presentano nella forma di un polinomio di grado superiore
al II uguagliato a 0 e come risolvibili grazie alla scomposizione del polinomio presente al I
membro. Riportiamo i passi da compiere per trovarne le soluzioni:


si scompone il polinomio presente al I membro in polinomi di I e II grado.
si pone ciascun fattore uguale a 0 e si risolvono le equazioni così ottenute.
Tutte le soluzioni di queste equazioni prese nel loro complesso costituiscono le soluzioni
dell’equazione di partenza.
Esempio 0.11.8
Risolviamo l’equazione 3x 3  2 x 2  4 x  5  0 . Intendiamo scomporre il polinomio di III grado
presente al I membro. Lo facciamo con il metodo di Ruffini. Si vede facilmente che il numero 1
sostituito alla x annulla il polinomio. Il polinomio presente al I membro può, quindi, essere scritto
come segue: 3x 3  2 x 2  4 x  5  x  1Q( x) dove il polinomio Q (x) si ottiene usando la regola di
Ruffini. Si ha che
3
5
2
4
5
1
3
5
1
3
1
5
0
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)


Q( x)  3x 2  x  5 . In definitiva: 3x 3  2 x 2  4 x  5  x  1 3x 2  x  5 . Segue che l’equazione


3x  2 x  4 x  5  0 è equivalente all’equazione x  1 3x  x  5  0 che si risolve ponendo
3
2
2
ciascun fattore presente al I membro uguale a 1. Quindi x  1  0 e 3x 2  x  5  0 . La prima ha
come soluzione 1 e la seconda non ha soluzioni perché   0 .
0.11 Equazioni frazionarie in una sola incognita
Definizione 0.10.1
In generale, si dice equazione frazionaria in una sola incognita un’equazione che ridotta alla
forma canonica contiene una sola incognita almeno al denominatore.
Osservazione 0.11.1
In altri termini un’equazione frazionaria in una sola incognita consiste in una frazione algebrica al
cui denominatore è presente un polinomio in un’unica indeterminata (lettera) avente almeno grado
A( x)
 0 , dove A(x ) e B (x ) sono
1. In simboli: un’equazione frazionaria è un’espressione del tipo
B( x)
dei polinomi e A(x ) ha almeno grado 1.
Esempio 0.11.1
L’espressione
x3
 0 è un’equazione frazionaria.
x2  4
Osservazione 0.11.1
Risolvere un’equazione frazionaria equivale a trovare i numeri che sostituiti all’incognita rendono
vera l’uguaglianza. Va da sé che se il numero che sostituito all’incognita fa annullare il
denominatore la frazione algebrica presente al I membro non esiste. Diventa perciò importante
determinare i valori che sostituiti all’incognita fanno annullare il denominatore. Per determinare tali
valori basta porre il denominatore uguale a 0 e risolvere l’equazione che si ottiene. L’equazione ha
senso soltanto per valori diversi dalle soluzioni dell’equazione ottenuta. Il procedimento suddetto
prende il nome di determinazione delle condizioni di esistenza dell’equazione. La determinazione
delle condizioni di esistenza è fondamentale perché permette di stabilire se le soluzioni
dell’equazione ausiliaria(di cui parleremo tra breve) sono accettabili e meno.
Esempio 0.11.2
x5
 0 basta risolvere l’equazione
x2  9
x 2  9  0 . La suddetta equazione esiste per valori di x diversi dalle soluzioni dell’equazione
x2  9  0.
Per determinare le condizioni di esistenza dell’equazione
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
Risoluzione di un’equazione frazionaria
Per risolvere un’equazione frazionaria basta porre il numeratore della frazione algebrica presente al I
membro uguale a 1. L’equazione così ottenuta prende il nome di equazione ausiliaria. Le soluzioni
dell’equazione ausiliaria sono accettabili soltanto se rispettano le condizioni di esistenza.
Esempio 0.11.3
x5
 0 . A tal fine basta risolvere l’equazione x  5  0 . La soluzione
x2  9
di tale equazione è il numero 5 che è compatibile con le condizioni di esistenza dell’equazione.
Risolviamo l’equazione
Osservazione 0.11.2
La giustificazione del procedimento seguito per la risoluzione di un’equazione frazionaria risiede
nel fatto che una frazione si annulla se si annulla il numeratore. L’annullamento del denominatore
non solo non fa annullare la frazione algebrica al I membro, ma le fa perdere il significato.
0.12 Disequazioni di I grado in una sola incognita
Definizione 0.12.1
In generale, si dice disequazione una qualsiasi disuguaglianza contenente una o più incognite.
Definizione 0.12.2
In generale, si dice disequazione intera di I grado in un’incognita una disequazione che ridotta
alla forma canonica contiene una sola incognita al grado 1.
Definizione 0.12.2
Una disequazione è in forma canonica quando sono state eseguite tutte le operazioni richieste dal
testo (perlopiù moltiplicazioni) e quando dopo aver portato tutti i termini al I membro sono state
effettuate tutte le semplificazioni del caso. In particolare una disequazione di I grado in
un’incognita nella forma canonica si presenta come segue: ax  b  0 , ax  b  0 , ax  b  0 ,
ax  b  0 , dove a e b sono numeri reali.
Esempio 0.12.1
La seguente espressione è una disequazione di I grado in un’incognita: 5x  3  13  2x .
Esempio 0.12.2
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
La seguente espressione è una disequazione di I grado in un’incognita in forma canonica:
5x  7  0 .
Per poter risolvere una equazione di I grado intera in un’incognita è necessario conoscere le
seguenti regole:
Prima regola (prima formulazione)
Se si addiziona o si sottrae ad ambo i membri di una disuguaglianza lo stesso numero si ottiene
ancora una disuguaglianza nella quale il simbolo di maggiore, minore, maggiore o uguale e minore
o uguale non cambia . In simboli: se a  b  a  c  b  c , per ogni c.
Prima regola (seconda formulazione)
Se si addiziona o si sottrae ad ambo i membri di una disequazione la stessa espressione algebrica si
ottiene una disequazione equivalente a quella data.
Definizione 0.12.3
Due disequazioni si dicono equivalenti se hanno le stesse soluzioni.
Seconda regola (prima formulazione)
Se si moltiplicano o si dividono ad ambo i membri di una diseguaglianza per lo stesso numero
positivo si ottiene ancora una disuguaglianza nella quale il simbolo di maggiore, minore, maggiore
o uguale e minore o uguale non cambia . In simboli: se a  b  a  c  b  c , e a  b  a : c  b : c
per c  0 . Se si moltiplicano o si dividono ad ambo i membri di una diseguaglianza per lo stesso
numero negativo si ottiene ancora una disuguaglianza nella quale il simbolo di maggiore, minore,
maggiore o uguale e minore o uguale cambia . In simboli: se a  b  a  c  b  c , e
a  b  a : c  b : c per c  0 .
Seconda regola (seconda formulazione)
Se si moltiplicano o si dividono ambo i membri di una disequazione per la stessa espressione
algebrica diversa da 0 si ottiene una disequazione equivalente a quella data.
Osservazione 0.12.2
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
La seconda regola discende dal fatto che i numeri negativi aventi valore assoluto maggiore sono
minori di quelli aventi valore assoluto minore e dal fatto che un qualsiasi numero positivo e lo zero
sono maggiori di un qualsiasi numero negativo.
Legge del trasporto (prima formulazione)
Data una disuguaglianza, se si sposta un termine da un membro all’altro cambiandolo di segno si
ottiene ancora una disuguaglianza nella quale il simbolo di maggiore, minore, maggiore o uguale e
minore o uguale non cambia.
Legge del trasporto (prima formulazione)
Data una disequazione, se si sposta un termine da un membro all’altro cambiandolo di segno si
ottiene una disequazione equivalente a quella data.
Esempio 0.12.3
Si consideri la seguente disequazione: 2x  7  11x  24 . Se si sposta, per esempio, il termine 11x al
I membro, cambiandolo di segno, si ottiene la disequazione 2x  7  11x  24 equivalente a quella
data.
Osservazione 0.12.3
La legge del trasporto è una conseguenza diretta della prima regola. Infatti spostare un termine da
un membro all’altro cambiandolo di segno è equivalente ad addizionare il suo opposto ad ambo i
membri (o, che è lo stesso, a sottrarre tale quantità ad ambo i membri). Per esempio, quando sposto
11x al I membro cambiandolo di segno e come se effettuassi la seguente operazione:
2x  7  11x  11x  11x  24 .
Procedura di risoluzione di una disequazione di I grado
Per poter risolvere una disequazione di I grado occorre procedere come segue:





si eseguono tutte le operazioni richieste dal testo dell’esercizio (normalmente
moltiplicazioni)
si portano tutti i termini contenenti l’incognita da una parte dell’uguale cambiandoli,
eventualmente, di segno (o al I o al II membro)
si portano tutti i numeri dall’altra parte dell’uguale cambiandoli, eventualmente, di segno
si semplificano le espressioni presenti al I e al II membro
se il coefficiente della x è diverso da 0 e da 1 ed è positivo, si dividono ambo i membri della
disuguaglianza per tale numero. Se invece se il coefficiente della x è diverso da 0 e da 1 ed è
negativo, prima di procedere alla divisione di ambo i membri della disuguaglianza per tale
numero si cambia il segno di ciascun termine ed il verso della disuguaglianza.
Esempio 0.12.4
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
Si consideri la seguente equazione: 3x  2  6x  5 . Intendiamo risolverla. A tal fine procediamo
come segue: 3x  6  6x  5 . Da cui si ottiene, portando i termini in x al I membro e i numeri al II
membro: 3x  6x  6  5 . Semplificando si ha  3x  1 . Segue che 3x  1 da cui dividendo
1
ambo i membri per il coefficiente della x, 3 si ottiene x  .
3
Osservazione 0.12.4
Faccio notare che l’ultimo punto della procedura di risoluzione di una disequazione di I grado si
fonda sulla seconda regola.
Osservazione 0.12.5
Preciso che risolvere una disequazione significa trovare i numeri che sostituiti all’incognita rendono
vera la disuguaglianza.
Osservazione 0.12.6
La procedura di risoluzione della disequazione di I grado lascia una questione aperta: che fare se
dopo avere eseguito tutti i punti del procedimento indicato il coefficiente della x è 1 o 0? Se il
coefficiente è 1 la soluzione è data. Se, invece, il coefficiente della x è 0 si presentano i seguenti
casi:
1. L’equazione è del tipo 0 x  b , dove b  0 . In tal caso la disequazione è impossibile
perché propone di trovare i numeri che moltiplicati per 0 danno un numero maggiore di un
numero positivo. Questa ricerca non può dare esito positivo perché tutti i numeri
moltiplicati per 0 danno 0 che è minore di un qualsiasi numero positivo.
2. L’equazione è del tipo 0 x  b , dove b  0 . In tal caso l la disequazione ha come soluzione
tutti i numeri perché propone di trovare i numeri che moltiplicati per 0 danno un numero
maggiore di un numero negativo. Questa ricerca dà esito positivo perché tutti i numeri
moltiplicati per 0 danno 0 che è maggiore di un qualsiasi numero negativo.
3. L’equazione è del tipo 0 x  b , dove b  0 . In tal caso la disequazione ha come soluzione
tutti i numeri perché propone di trovare i numeri che moltiplicati per 0 danno un numero
minore di un numero positivo. Questa ricerca dà esito positivo perché tutti i numeri
moltiplicati per 0 danno 0 che è minore di un qualsiasi numero positivo.
4. L’equazione è del tipo 0 x  b , dove b  0 . In tal caso la disequazione è impossibile
perché propone di trovare i numeri che moltiplicati per 0 danno un numero minore di un
numero negativo. Questa ricerca non può dare esito positivo perché tutti i numeri
moltiplicati per 0 danno 0 che è maggiore di un qualsiasi numero negativo.
5. L’equazione è del tipo 0 x  b , dove b  0 . In tal caso la disequazione è impossibile
perché propone di trovare i numeri che moltiplicati per 0 danno un numero maggiore di un
numero positivo. Questa ricerca non può dare esito positivo perché tutti i numeri
moltiplicati per 0 danno 0 che è minore di un qualsiasi numero positivo.
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
6. L’equazione è del tipo 0 x  b , dove b  0 . In tal caso la disequazione ha come soluzione
tutti i numeri perché propone di trovare i numeri che moltiplicati per 0 danno un numero
maggiore di un numero negativo. Questa ricerca dà esito positivo perché tutti i numeri
moltiplicati per 0 danno 0 che è maggiore di un qualsiasi numero negativo.
7. L’equazione è del tipo 0 x  b , dove b  0 . In tal caso la disequazione ha come soluzione
tutti i numeri perché propone di trovare i numeri che moltiplicati per 0 danno un numero
minore di un numero positivo. Questa ricerca dà esito positivo perché tutti i numeri
moltiplicati per 0 danno 0 che è minore di un qualsiasi numero positivo.
8. L’equazione è del tipo 0 x  b , dove b  0 . In tal caso la disequazione è impossibile
perché propone di trovare i numeri che moltiplicati per 0 danno un numero minore di un
numero negativo. Questa ricerca non può dare esito positivo perché tutti i numeri
moltiplicati per 0 danno 0 che è maggiore di un qualsiasi numero negativo.
9. L’equazione è del tipo 0 x  0 . In tal caso la disequazione è impossibile perché propone di
trovare i numeri che moltiplicati per 0 danno un numero maggiore di 1. Questa ricerca non
può dare esito positivo perché tutti i numeri moltiplicati per 0 danno 0 che è non è
maggiore di se stesso.
10. L’equazione è del tipo 0 x  0 . In tal caso la disequazione ha come soluzione tutti i numeri
perché propone di trovare i numeri che moltiplicati per 0 danno un numero maggiore o
uguale a 1. Questa ricerca dà esito positivo perché tutti i numeri moltiplicati per 0 danno 0
che è uguale a se stesso.
11. L’equazione è del tipo 0 x  0 . In tal caso la disequazione è impossibile perché propone di
trovare i numeri che moltiplicati per 0 danno un numero maggiore di 1. Questa ricerca non
può dare esito positivo perché tutti i numeri moltiplicati per 0 danno 0 che è non è minore
di se stesso.
12. L’equazione è del tipo 0 x  0 . In tal caso la disequazione ha come soluzione tutti i numeri
perché propone di trovare i numeri che moltiplicati per 0 danno un numero minore o
uguale a 1. Questa ricerca dà esito positivo perché tutti i numeri moltiplicati per 0 danno 0
che è uguale a se stesso.
0.13 Disequazioni di II grado in una sola incognita
Definizione 0.13.1
In generale, si dice disequazione intera di II grado in un’incognita una disequazione che ridotta
alla forma canonica contiene una sola incognita al grado 2. Una disequazione di II grado in forma
canonica
si
presenta
come
segue:
ax 2  bx  c  0 , ax 2  bx  c  0 ,
ax 2  bx  c  0 ,
ax 2  bx  c  0 , dove a, b e c sono numeri reali ( a  0) .
Esempio 0.13.1
La seguente espressione è una disequazione di II grado in un’incognita nella forma canonica :
2 x 2  10 x  12  0 . In tal caso a  2 , b  10 e c  12 .
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
Ora vediamo come si risolve una disequazione di II grado con il metodo grafico. Tale metodo fa uso
della parabola, un luogo geometrico appartenente alla categoria delle coniche. Prima, però, di
risolvere una disequazione di II grado introduciamo la parabola e mostriamo i legami tra la parabola
e l’equazione e la disequazione di II grado.
Definizione 0.13.2
Si dice parabola il luogo geometrico dei punti del piano equidistanti da un punto noto detto fuoco e
da una retta nota detta direttrice.
Osservazione 0.13.1
La parabola è una conica, cioè una curva ottenuta intersecando un piano opportunamente inclinato
con il cono a due falde. La figura sottostante mostra le tre coniche che è possibile ottenere
intersecando il cono a due falde con un piano opportunamente inclinato. Tra queste compare la
parabola.
Osservazione 0.13.2
La parabola è una conica simmetrica, relativamente ad una retta particolare detta asse di simmetria.
Tale retta divide la parabola in due rami perfettamente simmetrici, cioè tali che siano perfettamente
sovrapponibili a seguito della rotazione di 180 gradi di uno dei due rispetto all’asse di simmetria. Si
veda a tal proposito la figura sottostante.
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
Facciamo notare che una parabola può avere asse di simmetria parallelo all’asse x o all’asse y o a
nessuno dei due. Nella fattispecie ci occuperemo soltanto delle parabole con asse di simmetria
parallelo all’asse y.
Definizione 0.13.3
Si dice vertice di una parabola il suo punto d’intersezione con l’asse di simmetria.
Una parabola con asse di simmetria parallelo all’asse y ha equazione del tipo y  ax 2  bx  c , dove
a, b e c sono numeri reali ( a  0) . Tale equazione si ricava applicando la definizione di parabola.
Osservazione 0.13.3
Il vertice di una parabola di equazione y  ax 2  bx  c ha le coordinate espresse dalle seguenti
b

 b
formule: V   ;  mentre il suo asse di simmetria ha equazione x  
.
2a
 2a 4a 
Legame tra parabola ed equazione di II grado
Per determinare i punti d’intersezione tra una parabola di equazione y  ax 2  bx  c e l’asse x
occorre risolvere il seguente sistema di equazioni:
 y  ax 2  bx  c

y  0
, dove l’equazione y  0 è l’equazione dell’asse x. Si vede immediatamente che la risoluzione del
sistema conduce alla risoluzione dell’equazione ax 2  bx  c  0 che è l’equazione di II grado e la
cui risoluzione conduce alla determinazione delle ascisse dei punti in cui la parabola incontra l’asse
x. In definitiva: risolvere un’equazione di II grado equivale a determinare le ascisse dei punti in cui
la parabola incontra l’asse x.
Legame tra parabola e disequazione di II grado
Per determinare i punti della parabola di equazione y  ax 2  bx  c situati al di sopra dell’asse x
occorre risolvere il seguente sistema:
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
 y  ax 2  bx  c

y  0
, dove la disequazione y  0 rappresenta l’insieme dei punti del piano che stanno sopra l’asse x. Si
vede immediatamente che la risoluzione del sistema conduce alla risoluzione della disequazione
ax 2  bx  c  0 che è la disequazione di II grado e la cui risoluzione conduce alla determinazione
delle ascisse dei punti della parabola che stanno al di sopra dell’asse x. In definitiva: risolvere la
disequazione ax 2  bx  c  0 equivale a determinare le ascisse dei punti della parabola che sono
situati al di sopra dell’asse x.
Analogamente: risolvere la disequazione ax 2  bx  c  0 equivale a determinare le ascisse dei
punti della parabola che sono situati al di sotto dell’asse x.
Ancora: l’insieme soluzione della disequazione ax 2  bx  c  0 contiene, oltre alle soluzioni della
disequazione ax 2  bx  c  0 , anche le ascisse dei punti in cui la parola incontra l’asse x.
Infine: l’insieme soluzione della disequazione ax 2  bx  c  0 contiene, oltre alle soluzioni della
disequazione ax 2  bx  c  0 , anche le ascisse dei punti in cui la parola incontra l’asse x.
Procedimento finalizzato alla risoluzione di una disequazione di II grado
Le riflessioni espresse nei paragrafi precedenti permettono di concludere che è possibile risolvere
una disequazione di II grado attraverso la rappresentazione di una parabola. Tale metodo di
risoluzione prende il nome di metodo grafico. Indichiamo qui di seguito il procedimento che porta
alla risoluzione di una disequazione attraverso il metodo grafico:
0. Si abbozza il grafico della parabola tenendo conto dei seguenti punti
 Prendo in considerazione il segno di a. Se a  0 , la parabola ha la concavità rivolta verso
l’alto. Se a  0 , la parabola ha la concavità rivolta verso il basso.
 Prendo in considerazione il  . Se   0 , la parabola incontra l’asse x in 2 punti, se   0
la parabola incontra l’asse x in 1 punto. Se   0 , la parabola non incontra l’asse x e giace o
tutta sopra o tutta sotto l’asse x a seconda che a sia maggiore o minore di 1.
2. Si proiettano sull’asse x i punti della parabola che stanno sopra o sotto l’asse x a seconda
che il simbolo di disuguaglianza sia maggiore o minore.
Esempio 0.13.1
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
Intendiamo risolvere la disequazione di II grado 2 x 2  10 x  12  0 . In tal caso a  2 , b  10 e
c  12 . Osserviamo che: a  2  0 , per cui la concavità della parabola è rivolta verso l’alto.
Inoltre,   b 2  4ac   10  4  2  12  100  96  4  0 , per cui la parabola incontra l’asse x in
2
due punti. Per conoscere le ascisse di tali punti occorre risolvere l’equazione: 2 x 2  10 x  12  0 . A
 b   10  4 10  2


da cui si ottengono le
2a
4
4
soluzioni x1  2 e x2  3 . Ora abbozzo il grafico della parabola tenendo conto di quanto detto.
tal fine si utilizza la formula risolutiva x 
Dal momento che il simbolo di disuguaglianza presente nella disequazione è quello di maggiore
consideriamo le ascisse dei punti della parabola che stanno al di sopra dell’asse x. Quindi l’insieme
soluzione è costituito dai numeri minori di 2 e da quelli maggiori di 3. In simboli: x  2  x  3 .
0.14 Disequazioni di grado superiore al II
Definizione 0.14.1
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
In generale, si dice disequazione intera di grado superiore al II in un’incognita una disequazione
che ridotta alla forma canonica contiene una sola incognita ad un grado superiore al 2.
Osservazione 0.14.1
Faccio notare che non è possibile risolvere tutte le disequazioni di grado superiore al II, ma soltanto
quelle per le quali è possibile scomporre il polinomio al I membro nel prodotto di polinomi di grado
minore o uguale a 2.
Ora vediamo come si risolve una disequazione di grado superiore al II.
Procedimento finalizzato alla risoluzione di una disequazione di grado superiore al II
Per la risoluzione di una disequazione di grado superiore al II si procede come segue:




si scompone il polinomio presente al I membro nel prodotto di polinomi di grado minore o
uguale a 2
si pone ciascun fattore maggiore di 0 in modo tale da sapere come conseguenza per quali
valori di x è positivo e per quali valori di x è negativo.
si costruisce uno schema nel quale compare in primis la retta che rappresenta i numeri reali e
successivamente le rette che rappresentano il segno di ciascun fattore. La zona positiva si
rappresenta con una linea continua e quella negativa con una linea tratteggiata.
Infine si esegue la moltiplicazione dei segni dei fattori tenendo conto della regola dei segni.
Esempio 0.14.1
Risolviamo la disequazione
x 3  x 2  4 x  4  0 . Utilizzando il metodo di Ruffini è possibile


scomporre il polinomio al I membro come segue: x 3  x 2  4 x  4  x  1 x 2  4 . Ora come
indicato in precedenza, risolviamo le seguenti disequazioni: x  1  0 e x  4  0 . La prima
disequazione ha come soluzione x  1 , la seconda ha come insieme soluzione x  2  x  2 .
Rappresentiamo il tutto nello schema grafico sottostante:
2
-2
1
2
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
I fattore
II fattore
_
+
_
+
Ne consegue che l’insieme soluzione della disequazione è  2  x  1  x  2 dove è presente il + .
0.15 Disequazioni frazionarie in una sola incognita
Definizione 0.15.1
In generale, si dice disequazione frazionaria una sola incognita una disequazione che ridotta alla
A( x)
A( x)
A( x)
 0,
 0,
 0o
forma canonica si presenta nella seguente forma: del tipo
B( x)
B( x)
B( x)
A( x)
 0 , dove A(x ) e B (x ) sono dei polinomi e A(x ) ha almeno grado 1.
B( x)
Procedimento finalizzato alla risoluzione di una disequazione di grado superiore al II
Per la risoluzione di una disequazione frazionaria si procede come segue:



si pongono il numeratore e denominatore maggiori di 0 in modo tale da sapere come
conseguenza per quali valori di x ciascuno di essi è positivo e per quali valori di x è
negativo.
si costruisce uno schema nel quale compare in primis la retta che rappresenta i numeri reali e
successivamente la retta che rappresenta il segno del numerato e quella che rappresenta il
segno del denominatore.
si precisa che occorre tenere conto dei valori di x che annullano il denominatore
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
Esempio 0.15.1
x3
 0 . Si ha che N  x  3  0 per x  3 . Risolviamo inoltre la
x2
disequazione D  x 2  0 . Dobbiamo risolvere una disequazione di II grado per cui è necessario
abbozzare il grafico di una parabola come visto nel capitolo 1. A tal fine occorre sapere se ha la
concavità è rivolta verso l’alto o verso il basso, se interseca l’asse x, in quanti punti lo interseca e
quali sono gli eventuali punti d’intersezione. Si osserva che:
Risolviamo la disequazione



a  1  0 (concavità rivolta verso l’alto)
  b 2  4ac  0 2  4 1 0  0 (la parabola interseca l’asse x in un punto)
x 2  0  x  0 (la parabola interseca l’asse x nel punto di ascissa 0)
La parabola che permette di risolvere la disequazione è:
Quindi D  x 2  0 per x  0 . In definitiva:
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
0
3
N
D
_
_
+
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
0.16
Sistemi lineari
Cos’è un sistema lineare
Definizione 0.16.1
Un sistema lineare di due equazioni in due incognite è un’espressione algebrica del tipo:
a1 x  b1 y  c1

a2 x  b2 y  c2
, dove a1 , a2 , b1 , b2 , c1 , c2 sono numeri reali e x e y sono le incognite.
Esempio 0.16.1.
L’espressione algebrica seguente:
2 x  3 y  12

5 x  7 y  29
è un sistema lineare. In tal caso a1  2, a2  5, b1  3, b2  7, c1  12, c2  29 .
Osservazione 0.16.1.
Preciso che ciascuna delle equazioni presenti in un sistema lineare può avere infinite soluzioni. Una
soluzione di un’equazione in due incognite è costituita da una coppia di numeri. Precisamente: il
numero che sostituito a x e quello che sostituito ad y permettono di ottenere il numero che viene
dopo l’uguale. A tal proposito si consideri l’equazione 2 x  3 y  12 presente nel sistema lineare
contenuto nell’esempio precedente. Tale equazione ha come soluzione la coppia 3;2 . Infatti se si
sostituisce 3 ad x , 2 ad y e si eseguono i calcoli del caso si ottiene il numero 12. Si vede facilmente
che si possono trovare infinite coppie come quella indicata procedendo come segue:
3 y  12  2 x (porto il termine in x al II membro)
y
12  2 x
(divido ambo i membri per il numero 3 che moltiplica y)
3
Ora se si attribuisce alla x un valore a caso, per esempio 0, si ottiene y  4 . In tal modo si è trovata
un’altra coppia che costituisce una soluzione dell’equazione. Attribuendo altri valori a x si
ottengono altri valori per y, e quindi ulteriori coppie di numeri costituenti una soluzione
dell’equazione data. Si vede facilmente che le soluzioni dell’equazione sono infinite.
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
Osservazione 0.16.2.
Come vedremo meglio in seguito ognuna delle equazioni presenti nel sistema lineare rappresenta
una retta o linea retta, da ciò segue il fatto che il sistema si dice lineare.
Cosa significa risolvere un sistema lineare
Risolvere il sistema lineare
a1 x  b1 y  c1

a2 x  b2 y  c2
significa trovare la soluzione (o coppia di numeri) comune ad entrambe le equazioni del sistema.
La richiesta secondo cui la soluzione deve essere comune alle due equazioni è implicita nella
presenza della parentesi graffa. In definitiva: anche se ciascuna equazione ha infinite soluzioni, le
due equazioni potrebbero avere anche una sola o nessuna soluzione in comune. Il sistema riportato
nell’esempio 0.16.1. ha una sola soluzione comune: la coppia 3;2 . È evidente perciò che in un
sistema la x (così come la y) in entrambe le equazioni rappresenta sempre e solo lo stesso numero.
Come si risolve un sistema lineare
Esistono più metodi per la risoluzione di un sistema lineare. Per la precisione i metodi sono 4:
metodo di sostituzione, metodo del confronto, metodo di riduzione e metodo di Cramer. Inoltre un
sistema lineare può essere indeterminato, nel senso che ha infinite soluzioni, determinato (ha
un’unica soluzione) o impossibile (non ha soluzioni). In seguito vedremo un criterio che ci permette
di prevedere a quale delle suddette tipologie un sistema appartiene vedendo semplicemente i
coefficienti delle equazioni date.
Metodo di sostituzione
La risoluzione di un sistema col metodo di sostituzione prevede che in una qualunque delle due
equazioni si ricavi una qualunque delle due incognite. Successivamente alla suddetta operazione si
procede sostituendo(da qui l’espressione “metodo di sostituzione”)
nell’altra equazione
l’espressione equivalente all’incognita ricavata. Infine si risolve l’equazione in un’unica incognita
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
ottenuta e si sostituisce la soluzione ottenuta nell’altra equazione. Mostriamo qui di seguito quanto
detto attraverso alcuni passaggi algebrici:
a1 x  b1 y  c1

a2 x  b2 y  c2
b1 y  c1  a1 x1

a2 x  b2 y  c2
c1  a1 x

y 
b1
(ricavo l’incognita y nella prima equazione)

a x  b y  c
2
2
 2
c1  a1 x

y  b
1

(sostituisco l’espressione equivalente alla y nella seconda equazione)



c

a
x
a x  b  1 1   c
2
2
 2

 b1 

Esempio 0.16.1.
Risolviamo col metodo di sostituzione il sistema introdotto nell’esempio 0.16.1.:
2 x  3 y  12

5 x  7 y  29
2 x  12  3 y

5 x  7 y  29
12  3 y

x 
2


5
x

7
y
 29

12  3 y

x

2


5 12  3 y   7 y  29

  2 
12  3 y

 x 
2

60

15
y

 7 y  29
2

Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
12  3 y

 x 
2

 60  15 y  14 y  58

2
2
12  3 y

x 
2


60  15 y  14 y  58
12  3 y

x 
2


 15 y  14 y  58  60
12  3 y

x 
2


 y  2
12  3 y

x 
2


y

2

12  3  2

x 
2


y  2
x  3

y  2
Metodo del confronto
La risoluzione di un sistema col metodo di sostituzione prevede che in entrambe le equazioni si
ricavi la stessa incognita (la scelta è arbitraria). Successivamente alla suddetta operazione si procede
uguagliando o mettendo a confronto (da qui l’espressione “metodo del confronto”) le espressioni
che in entrambe le equazioni risultano equivalenti all’incognita ricavata. Quest’ultima equazione
risulta essere in un’unica incognita per cui è possibile procedere alla determinazione della sua
soluzione che viene a sua volta sostituita in una delle due equazioni ottenute ricavando l’incognita
scelta. Mostriamo qui di seguito quanto detto attraverso alcuni passaggi algebrici:
a1 x  b1 y  c1

a2 x  b2 y  c2
b1 y  c1  a1 x1

b2 y  c2  a2 x
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
c1  a1 x

y  b

1
(ricavo l’incognita y in entrambe le equazioni)

 y  c2  a2 x

b2

c1  a1 x

y  b

1
(uguaglio le equazioni ottenute ricavando l’incognita y)

c

a
x
c

a
x
1
1
2
2



b
b2
1

Esempio 0.16.1.
Risolviamo col metodo del confronto il sistema introdotto nell’esempio 0.16.1.:
2 x  3 y  12

5 x  7 y  29
2 x  12  3 y

5 x  29  7 y
12  3 y

 x 
2

 x  29  7 y
5

12  3 y

 x 
2

12  3 y  29  7 y
 2
5
12  3 y

x


2

 512  3 y   229  7 y 

10
10

12  3 y

 x 
2

 60  15 y  58  14 y
10
 10
12  3 y

x 
2


60  15 y  58  14 y
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
12  3 y

x 
2


 15 y  14 y  58  60
12  3 y

x 
2



y


2

12  3 y

x 
2


y

2

12  3  2

x 
2


y  2
x  3

y  2
Metodo di riduzione
La risoluzione di un sistema col metodo di riduzione prevede che si scelga arbitrariamente la stessa
incognita in entrambe le equazioni e si proceda al calcolo del m.c.m. dei coefficienti relativi alla
stessa incognita. Successivamente si divide il m.c.m. per ciascun coefficiente dell’incognita scelta e
si moltiplica il risultato della divisione per ambo i membri dell’equazione corrispondente. Infine si
procede alla sottrazione membro a membro delle equazioni ottenute. Si ottiene un’equazione in
un’unica incognita facilmente risolvibile la cui soluzione va sostituita in una delle due equazioni di
partenza per trovare la soluzione dell’altra incognita.
Mostriamo qui di seguito quanto detto attraverso la risoluzione del sistema riportato nell’esempio
0.16.1.:
2 x  3 y  12

5 x  7 y  29
52 x  3 y   5  12

25 x  7 y   2  29
10 x  15 y  60

10 x  14 y  58
10 x  15 y  60

y  2
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
10 x  15  2  60

y  2
10 x  60  30

y  2
10 x  30

y  2
x  3

y  2
Metodo di Cramer
Per indicare in cosa consiste il metodo di Cramer procediamo in generale a partire dal generico
sistema di due equazioni in due incognite.
Mostriamo qui di seguito quanto detto attraverso la risoluzione del sistema riportato nell’esempio
0.16.1.:
a1 x  b1 y  c1

a 2 x  b2 y  c 2
Procediamo alla risoluzione del suddetto sistema con il metodo del confronto o con il metodo di
sostituzione:
b1 y  c1  a1 x1

b2 y  c2  a2 x
c1  a1 x

y  b

1

c

 y  2 a2 x

b2

Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
c1  a1 x

y  b

1

 c1  a1 x  c2  a2 x

b2
 b1
c1  a1 x

y  b

1

 b2 c1  a1 x   b1 c2  a2 x 

b1b2
b1b2

c1  a1 x

y  b

1

b
c

b
bc ba x
2 a1 x
 2 1
 1 2 1 2

b1b2
b1b2

c1  a1 x

y 
b1

b c  b a x  b c  b a x
1 2
1 2
 2 1 2 1
c1  a1 x

y 
b1

b a x  b a x  b c  b c
2 1
1 2
2 1
1 2
c1  a1 x

y 
b1

b a  b a x  b c  b c
1 2
2 1
 1 2 2 1
c1  a1 x

y  b

1

 x  b1c2  b2 c1

b1a2  b2 a1


 b c  b2 c1 

c1  a1  1 2

b
a

b
a
1
2
2
1



y 
b1


 x  b1c2  b2 c1

b1a2  b2 a1

Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
c1 b1a2  b2 a1   a1 b1c2  b2 c1 


b1a2  b2 a1

y 
b1


b c  b2 c1
x  1 2

b1a2  b2 a1

c1b1a2  c1b2 a1  a1b1c2  a1b2 c1


b1a2  b2 a1

y 
b1


b c  b2 c1
x  1 2

b1a2  b2 a1

c1b1a2  a1b1c2

 y  b b a  b a 

1 1 2
2 1

 x  b1c2  b2 c1

b1a2  b2 a1

b1 c1a2  a1c2 

 y  b b a  b a 

1 1 2
2 1

 x  b1c2  b2 c1

b1a2  b2 a1

c1a2  a1c2

y  b a  b a

1 2
2 1

b
c

b
2 c1
x  1 2

b1a2  b2 a1

In definitiva abbiamo ottenuto le soluzioni del sistema in funzione dei coefficienti delle incognite e
dei termini noti. Facciamo notare che per ricordare le suddette soluzioni si può ricorrere al seguente
metodo. Si considerino le matrici
a1 , b1 
a , b 
 2 2
a1 , c1 
a , c 
 2 2
c1 , b1 
c , b  .
 2 2
Tali matrici si ottengono come segue: la prima prendendo i coefficienti delle incognite del sistema
nell’ordine indicato, la seconda si ottiene sostituendo nella colonna dei coefficienti della y i termini
noti e la terza si ottiene sostituendo nella colonna dei coefficienti della x i termini noti.
Calcoliamo i rispettivi determinanti:
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
a1 , b1
a2 , b2
a1 , c1
a2 , c2
c1 , b1
c2 , b2
 a1b2  b1a2  
 a1c2  c1a2   y
 c1b2  b1c2   x
Si vede subito che le soluzioni del sistema si possono ottenere come segue:

c1a2  a1c2  y
y  b a  b a  

1 2
2 1

 x  b1c2  b2 c1   x

b1a2  b2 a1


Criterio per stabilire se un sistema lineare è determinato, indeterminato o impossibile
Partiamo dalla seguente espressione ottenuta operando sul sistema lineare generico.
c1  a1 x

y 
b1

b a  b a x  b c  b c
2 1
1 2
2 1
 1 2
Si vede facilmente che la seconda equazione è determinata se

b1a2  b2 a1  0  b1a2  b2 a1
b1 a1
 . In tal caso anche il sistema è determinato.
b2 a2
Inoltre la seconda equazione è indeterminata se b1a2  b2 a1  b1c2  b2c1  0 
b1 a1 c1

 . In tal
b2 a2 c2
caso anche il sistema è indeterminato. Infine la seconda equazione è impossibile se
a
b
c
b1a2  b2 a1  0  b1c2  b2 c1  0  1  1  1 . In tal caso anche il sistema è impossibile.
a2 b2 c2
I sistemi lineari e la retta
Una retta passante per l’origine degli assi è il luogo geometrico piano costituito dai punti per cui il
rapporto tra l’ordinata e l’ascissa è costante. In altri termini: data una qualsiasi retta passante per
y
l’origine e preso uno qualunque dei suoi punti (diversi dall’origine) P1 x1; y1  , il rapporto 1 fra la
x1
sua ordinata e la sua ascissa dà sempre lo stesso numero m. In generale possiamo affermare che una
y
 m  costante.
retta passante per l’origine è il luogo dei punti del piano per cui il rapporto
x
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
Segue che l’equazione di una retta passante per l’origine è del tipo: y  mx . Si precisa che il
numero m prende il nome di pendenza o coefficiente angolare della retta di equazione data ed è una
grandezza legata all’angolo che la retta forma con l’asse x.
Esempio 0.16.1.
L’espressione y  3 x è l’equazione di una retta passante per l’origine.
Se volessimo determinare l’equazione di una retta che non passa per l’origine dovremmo procedere,
tenendo conto dell’equazione suddetta, alla traslazione degli assi cartesiani. Come mostrano le
immagini sottostanti se un punto P ha coordinate xP ; yP  nel sistema di riferimento xOy avrà
coordinate  X P ; YP  nel sistema di riferimento XO’Y . In particolare, tra le coordinate dell’uno e
dell’altro sistema esiste il legame indicato dalle seguenti equazioni:
 xP  x0  X P

 y P  y0  YP
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
 X P  xP  x0

YP  y P  y0
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
Qui di seguito mostriamo come l’uso delle trasformazioni di cui sopra ci permette di scrivere
l’equazione di una retta che non passa per l’origine. Osserviamo in primis che una retta che non
passa per l’origine incontra l’asse y in un punto di coordinate 0; q  . q è precisamente l’ordinata
del punto in cui la retta incontra l’asse y e prende il nome di intercetta.
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
Si consideri il sistema di riferimento XO’Y il cui asse X coincide con la retta parallela all’asse x
passante per il punto di coordinate 0; q  in cui la retta incontra l’asse y e il cui asse Y coincide con
l’asse y la retta in questione ha equazione Y  mX . Utilizzando le trasformazioni
 X P  xP  x0

YP  y P  y0
nel caso in cui x0  0 e y0  q si ottiene l’equazione
y  q  mx da cui si ottiene l’equazione
y  mx  q che è l’equazione della generica retta che non passa per l’origine. In particolare
l’equazione della retta passante per l’origine coincide con l’equazione data nel caso in cui q  0 .
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
L’equazione ottenuta si dice anche equazione della retta nella forma esplicita. Esiste anche la forma
implicita dell’equazione della retta. Si tratta dell’equazione ax  by  c , dove a, b e c sono numeri
reali che non si annullano tutti contemporaneamente, che prende il nome di equazione della retta
nella forma implicita. L’equazione appena riportata è dello stesso tipo di quelle riportate in un
sistema lineare. Ciò giustifica quanto detto in precedenza. In altri termini: ognuna delle equazioni
presenti nel sistema rappresenta una retta del piano. Si vede facilmente che è possibile passare da
una forma all’altra. Infatti, data y  mx  q , spostando mx al I membro si ottiene y  mx  q che è il
caso in cui a  m , b  1 e c  q . Similmente data ax  by  c trasportando by al II membro e
a
c
x  . Ora sorge spontanea la domanda: cosa
b
b
rappresenta un sistema lineare dal punto di vista geometrico? Rappresenta i punti del piano che le
rette le cui equazioni sono presenti nel sistema hanno in comune. Va da sé che se il sistema è
determinato le rette in questione hanno un solo punto in comune, se è indeterminato hanno tutti i
punti (che sono infiniti) in comune e se è impossibile non hanno alcun punto in comune. Preciso
che se si vuole rappresentare graficamente una retta sul piano cartesiano basta trovare due punti
della stessa e congiungerli. In particolare data l’equazione di una retta nella forma esplicita, per
ottenere le coordinate di un punto qualunque della retta basta dare un valore a piacere alla x e
calcolare il valore che si ottiene per y.
dividendo ambo i membri per a si ottiene y  
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
Problemi che si risolvono con l’uso dei sistemi lineari
Si consideri il seguente problema: nell’aia del mio vicino ci sono 48 animali, tra polli e conigli,
quanti sono i polli e quanti sono i conigli se in tutto si contano 112 zampe? Vediamo come
possiamo trasformare il problema in un sistema lineare. In primo luogo occorre prendere in
considerazione le incognite del problema. Si tratta del numero dei polli e del numero dei conigli. Se
indico con x il numero dei polli e con y il numero dei conigli posso riscrivere il problema in termini
di x e y. Il testo del problema oltre alle domande finali contiene esattamente due affermazioni che
tradotte diventano le equazioni del sistema. Nel caso in questione il fatto che gli animali siano in
tutto 48 si traduce in termini di x e y come segue: x  y  48 . Inoltre, il fatto che il totale delle
zampe sia 112 si esprime così: 2 x  4 y  112 . Faccio notare che se i polli fossero 5 e i conigli
fossero 10 il totale delle loro zampe sarebbe dato dalla somma del numero delle zampe dei polli
2  5  10 e del numero delle zampe dei conigli 4 10  40 . Ora nella fattispecie non ci è noto né il
numero dei polli, né il numero dei conigli, ma sappiamo che i polli sono x e i conigli y, per cui invece di
usare 5 e 10 per determinare il numero delle zampe possiamo usare x e y. In altri termini le zampe dei polli
sono 2x e quelle dei conigli sono 4 y , ma la loro somma è pari a 112. Le suddette affermazioni
valgono contemporaneamente per cui siamo autorizzati a porre le equazioni trovate in parentesi
graffa. Abbiamo ottenuto il seguente sistema:
 x  y  48

2 x  5 y  112
che risolto con uno dei metodi indicati dà x = 40 e y = 8.
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)