Acalasia esofagea
U.O. Gastroenterologia 2 - (Referente: Prof. R. Penagini)
L’acalasia esofagea è una patologia rara, che si manifesta con disfagia (cioè sensazione di impatto
del bolo in esofago), rigurgito di materiale alimentare, dolore dietro al petto e perdita di peso. E'
caratterizzata da un'alterazione dell'attività motoria dell'esofago la cui causa principale sembra
essere una degenerazione delle cellule neuronali inibitorie del sistema nervoso enterico.
come si diagnostica?
I pazienti presentano disfagia quale sintomo dominante; spesso concomitano dolore retrosternale
durante o dopo il pasto e/o rigurgito alimentare, soprattutto in posizione supina. Il periodo
intercorrente tra la comparsa dei sintomi e la diagnosi di acalasia è estremamente variabile, così
come la progressione dei sintomi nel tempo.
L’iter diagnostico in caso di disfagia dovrebbe iniziare con l’esofagogastroduodenoscopia, per
escludere con certezza la neoplasia dell’esofago e altre cause di stenosi organiche benigne.
Un’ulteriore indagine indicata è l’Rx digerente con bario, anche se l’esame diagnostico è la
manometria esofagea, che evidenzia le alterazione motorie specifiche dell’acalasia esofagea. Tale
indagine strumentale consiste nella registrazione delle pressioni all’interno dell’esofago tramite un
piccolo sondino sterile, flessibile, del diametro di 4 mm, che viene inserito attraverso una narice. Il
fastidio legato al passaggio del sondino nel naso ed in gola è alleviato dall’utilizzo di uno spray
anestetico locale. Durante la registrazione, della durata di circa 20 minuti, il paziente assume la
posizione sdraiata sul fianco destro, e gli viene richiesto dall’operatore di effettuare alcune
deglutizioni con acqua.
qual’è la terapia?
Il trattamento endoscopico e quello chirurgico, che rappresentano le due principali opzioni
terapeutiche di questa patologia, si propongono di agire a livello dello sfintere esofageo inferiore
(SEI), nel tentativo di diminuire la resistenza al passaggio del bolo verso lo stomaco. Il trattamento
endoscopico (dilatazione pneumatica) consiste nello “sfiancamento” delle fibre muscolari dello
sfintere utilizzando un palloncino posizionato a cavallo del cardias e gonfiato con aria sotto
pressione; la terapia chirurgica consiste invece nel sezionare le fibre muscolari del SEI (miotomia
secondo Heller) e nel confezionare una plastica antireflusso per ridurre il rischio di malattia da
reflusso secondaria alla completa eliminazione della funzione contenitiva dello sfintere. Queste due
opzioni terapeutiche hanno un’efficacia sovrapponibile a lungo termine, tuttavia al momento vi è
consenso tra gli esperti in Gastroenterologia a livello internazionale a considerare la dilatazione
pneumatica come prima scelta terapeutica, in quanto il trattamento chirurgico è gravato da un
maggior numero e frequenza di complicanze.
Recentemente in pazienti anziani con elevato rischio operatorio è stata proposta l’iniezione di una
piccola quantità di tossina botulinica, potente agente che paralizza e rilascia la muscolatura liscia,
nel contesto della muscolatura del SEI; tuttavia per mantenere un effetto duraturo è necessario
ripetere la procedura annualmente, anche se l’efficacia del trattamento si riduce con il passare del
tempo.
dopo il trattamento si guarisce?
L’acalasia esofagea è una malattia cronica. Il trattamento (dilatazione pneumatica del cardias o
intervento chirurgico di miotomia) è mirato a ridurre il tono dello sfintere esofageo inferiore, e
quindi a diminuire la resistenza al passaggio del bolo verso lo stomaco, ma non ripristina l’attività
motoria nel corpo dell’esofago. Sia la dilatazione pneumatica che la miotomia si dimostrano efficaci
nella maggior parte dei pazienti, tuttavia in una ridotta minoranza dei casi il trattamento fallisce. Se
questo accade, i pazienti sottoposti a dilatazione devono essere inviati all’intervento chirurgico e
viceversa.