Caso clinico Titolo articolo anche lungo Scuola di Specializzazione di Pediatria – Università di Ferrara, Azienda Ospedaliero-Universitaria S. Anna di Cona, Ferrara 2 Pediatria – Ospedale Maggiore, Bologna 1 AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 2 | aprile–giugno 2015 88 Doriana Lacorte1 Cristiana Retetangos2 Andrea Lambertini2 Patrizia Alvisi2 [ C ASO Doriana Lacorte1 Cristiana Retetangos2 Andrea Lambertini2 Patrizia Alvisi2 1 Scuola di Specializzazione di Pediatria – Università di Ferrara, Azienda OspedalieroUniversitaria S. Anna di Cona, Ferrara 2 Pediatria – Ospedale Maggiore, Bologna clinico ] La storia di Nicolas: un caso di acalasia È la clinica che, adeguatamente interpretata, deve guidare la scelta delle indagini da eseguire e delle terapie a cui sottoporre il paziente. Caso clinico La storia di Nicolas: un caso di acalasia IL CASO associata a tosse notturna. Il sintomo caratterizza tutti i pasti della giornata ed è presente sia per i solidi che per i liquidi. Mentre mangia o beve – ci racconta la mamma – il bambino si ferma, tossisce, si “incupisce” per qualche secondo, poi quasi sempre deglutisce, tira un sospiro di sollievo e ricomincia a mangiare, ma talvolta finisce per vomitare. Di notte, inoltre, presenta una tosse stizzosa che spesso tiene sveglia l’intera famiglia. Tutto questo dura da ben 7 anni, ma è peggiorato negli ultimi 2 e si è accompagnato ad una crescita ponderale rallentata. Continuando l’anamnesi, emergono frequenti infezioni respiratorie e diversi ricoveri per focolai broncopneumonici interessanti il lato destro. Analizzando la folta cartella di referti medici che la mamma ha raccolto nel tempo, abbiamo avuto la sensazione che fosse stata data molta importanza al quadro respiratorio che era stato indagato da diversi specialisti (pneumologo, sindromologo, allergologo, gastroenterologo ed immunologo); erano stati ipotizzati fibrosi cistica, deficit immunologici, malattie allergiche, ma le indagini erano risultate nella norma. Il sintomo disfagia era stato attribuito ad una malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE), “suffragata” solo dall’esecuzione, 2 anni prima, di una radiografia (Rx) del tratto digerente (l’unica eseguita) che aveva documentato “alcuni episodi di reflusso gastroesofageo Epidemiologia e fisiopatologia L’ a pieno canale”. Nel corso degli anni erano stati eseguiti numerosi cicli di antiacidi ed inibitori di pompa che sembravano aver portato solo lievi e transitori benefici sulla tosse; per quanto riguarda la disfagia, invece, non era cambiato nulla. Il bambino continuava ad impiegare molto tempo per terminare il pasto, nonostante fosse di ottimo appetito e avrebbe mangiato voracemente. Tra la documentazione che ci viene portata in visione, ci colpisce il referto dell’Rx con pasto baritato eseguito 2 anni prima che metteva in evidenza una “rallentata clearance esofagea e aspetti di incoordinazione faringo-esofagea”. Alla luce della clinica (la mamma, durante il colloquio, sottolinea più volte l’importanza della disfagia) e del referto radiologico, sospettando una patologia esofagea, riteniamo utile l’esecuzione di una esofagogastroduodenoscopia (EGDS) e di una rivalutazione radiologica. L’indagine endoscopica mostra un esofago con peristalsi torpida, una mucosa iperemica ed edematosa a livello della linea Z e un passaggio “a scatto” dello strumento a livello del cardias. acalasia rappresenta un disturbo della motilità esofagea, raro nella popolazione pediatrica. L’incidenza è di 0,11/100.000 bambini all’anno, con un trend in aumento negli ultime 2 decadi. La condizione è molto rara sotto i 5 anni, meno del 5% dei bambini presenta sintomi sotto i 15 anni. Non sembra ci sia una prevalenza di sesso sebbene alcune casistiche riconoscano una predominanza nei maschi.1,2 Alla base della All’Rx si riscontra un esofago dilatato, con aspetto “a coda di topo” a livello del terzo distale dove si apprezza un filiforme, discontinuo e rallentato passaggio del mezzo di contrasto nello stomaco (Figura 1). La diagnosi a questo punto risultava chiara: si trattava di un caso di acalasia. La manometria ci confermava il quadro mostrando un tono basale dello sfintere esofageo inferiore (SEI) superiore alla norma, rilasciamenti post deglutitivi presenti ma incompleti, peristalsi assente nel 100% delle deglutizioni umide. N. è in attesa di eFigura 1. seguire una valutaEsofago dilatato, zione chirurgica per con aspetto il trattamento. “a coda di topo”. condizione è presente una degenerazione del plesso mioenterico inibitorio che innerva il SEI e il corpo dell’esofago. Questo comporta uno squilibrio tra neuroni eccitatori ed inibitori favorendo il controllo sulla sola azione delle fibre colinergiche non più contrastate da stimoli inibitori. Ne conseguono un mancato rilasciamento del SEI in seguito alla deglutizione, assenza di peristalsi del corpo esofageo e aumento della pressione del SEI a riposo. Sebbene sia da considerare un disturbo idiopatico, sono state ipotizzate 89 enterologia pediatrica perché da circa 7 anni presenta un’importante disfagia AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 2 | aprile–giugno 2015 N. P., 11 anni, italiano, affetto da trisomia 21, giunge nell’ambulatorio di gastro- Caso clinico La storia di Nicolas: un caso di acalasia La non tipicità dei sintomi è alla base del ritardo diagnostico che, secondo alcune casistiche, va dai 6 ai 10 anni. cause autoimmuni (autoanticorpi diretti contro il plesso di Auerbach), infettive (virus, malattia di Chagas), degenerative o ereditarie.1,2,3 È stata notata un’associazione con trisomia 21, insufficienza surrenalica, sindrome di Alport, sindrome da ipoventilazione centrale congenita, esofagite eosinofila, disautonomia familiare, malattia di Chagas, sindrome di Allgrove (acalasia, alacrimia insensibilità ad ACTH), sindrome di Pierre Robin e di Rozychi (sordità, vitiligine, atrofia muscolare-acalasia).4,5 Presentazione clinica L AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 2 | aprile–giugno 2015 90 a sintomatologia caratteristica è rappresentata da disfagia progressiva, prima per i solidi e poi anche per i liquidi, vomito, rigurgito, dolore o pirosi retro sternale e perdita di peso. Tuttavia, in età pediatrica, la presentazione è spesso atipica prevalendo i sintomi respiratori come polmoniti ricorrenti, tosse notturna, raucedine, dispnea da compressione tracheale, difficoltà nell’alimentazione. La non tipicità dei sintomi è alla base del ritardo diagnostico che, secondo alcune casistiche, va dai 6 ai 10 anni.6 Diagnosi L’ Rx con pasto baritato è il primo esame da effettuare nel sospetto poiché, eseguita con una sufficiente dose di bario, in genere non manca la diagnosi; è possibile apprezzare una dilatazione dell’esofago con persistenza di cibo e mezzo di contrasto nella porzione distale con lento svuotamento e l’immagine a coda di topo o a becco di uccello a livello cardiale. La manometria è l’esame con maggiore sensibilità; permette di confermare la diagnosi e di stadiare la malattia. È possibile apprezzare un’elevata pressione del SEI a riposo, l’assenza o la riduzione della peristalsi, il mancato rilasciamento del SEI in seguito al- le deglutizioni. Tuttavia, l’assenza di questi riscontri non permette di escludere la diagnosi a causa di una funzione eterogenea del SEI in età pediatrica; la pressione può, raramente, non essere aumentata.3,7 L’EGDS deve essere considerata un’indagine complementare alle precedenti. Da sola ha una bassa sensibilità. Può evidenziare una dilatazione dell’esofago con un ristagno di cibo e di saliva e la presenza di esofagite, ma risulta normale nel 40% dei casi. La sua negatività, quindi, non permette di escludere la diagnosi; rimane tuttavia un esame utile perché permette di eseguire un prelievo bioptico e di escludere la presenza di cause di pseudoacalasia.1,2,3 Diagnosi differenziale Esofagite eosinofila (EoE) È la prima patologia a cui il pediatra deve pensare di fronte ad un bambino che presenta calo ponderale o arresto della crescita, vomito, rigurgito e disfagia. Essa presenta una maggiore incidenza rispetto all’acalasia (0.9/10.000 vs 0.1/10.000 rispettivamente). Se ad arricchire il corredo sintomatologico ci sono una storia di atopia o episodi di impatto del bolo alimentare, la probabilità che si tratti di EoE aumenta vertiginosamente. Già l’Rx del tubo digerente permette di differenziare le due condizioni; nell’acalasia l’esofago è dilatato, nella EoE al contrario è ristretto. L’indagine endoscopica e successivamente l’istologia con il riscontro di un infiltrato di eosinofili (> 15/campo ad alto ingrandimento) consentiranno la diagnosi di certezza. MRGE Tutt’altro che infrequente è che sintomi come dolore retro sternale, pirosi, broncospasmo ricorrente, infezioni respiratorie nel bambino vengano imputati erroneamente Caso clinico La storia di Nicolas: un caso di acalasia Adenocarcinoma, leiomioma, morbo di Crohn Sono alla base della cosiddetta pseudoacalasia perché in grado di simulare l’acalasia stessa sia da un punto di vista sintomatologico che anatomico/strumentale; quando vi è il sospetto, l’EGDS e l’esame istologico permettono di escludere queste condizioni. Disfagia psicogena Si presenta tipicamente in età adolescenziale-pre adolescenziale, il rifiuto a deglutire è sia per i solidi che per i liquidi (anche la saliva) ed è forte la paura di soffocare. La caratteristica principale è che l’insorgenza è improvvisa e conseguente ad un condizionamento (soffocamento, corpo estraneo, vomito). In genere è presente una comorbilità neuropsichiatrica. Terapia L’ obiettivo del trattamento è quello di risolvere l’ostruzione funzionale del SEI consentendo lo svuotamento del bolo nello stomaco per gravità. Non esistono dei protocolli di comportamento, né delle linee guida, essendo l’acalasia una patologia rara. Nessuna delle opzioni terapeutiche correntemente in uso e descritte di seguito è in grado di portare alla guarigione dalla patologia che tende, inevitabilmente, a recidivare nel tempo.8 Miotomia laparoscopica e plastica antireflusso La miotomia laparoscopica secondo Heller è considerata il trattamento di scelta in età pediatrica essendo il più efficace ed essendo gravato da un minor rischio di recidive a lungo termine. Tuttavia, la miotomia può essere causa di reflusso del contenuto gastrico nell’esofago aperistaltico (alcune casistiche riportano un’incidenza di tale disturbo del 60%). Per tale ragione l’intervento deve essere seguito dall’esecuzione di una fundoplicatio. Quest’ultima deve inoltre essere parziale; una fundoplicatio totale infatti potrebbe causare una resistenza troppo elevata a livello Terapia farmacologica I calcio antagonisti e i nitrati a lunga durata d’azione sono le due classi di farmaci che vengono più comunemente utilizzati; rilasciano la muscolatura liscia che porta ad un livello più basso la pressione del SEI ma non incrementano la peristalsi esofagea. Il sollievo dai sintomi è solo parziale e di breve durata. Tra i comuni effetti collaterali ricordiamo cefalea, edema declive ed ipotensione. Per queste ragioni la terapia farmacologica è da considerarsi quasi sempre senza successo e deve essere riservata a quei casi in cui la terapia chirurgica non è eseguibile per caratteristiche legate al paziente.2,8 Iniezione di tossina botulinica La tossina botulinica impedisce il rilascio di acetilcolina dalle terminazioni presinaptiche. La sua iniezione intrasfinterica diretta può essere di qualche utilità nel ridurre la pressione del SEI. Inizialmente allevia i sintomi in circa il 50% dei pazienti . La risposta è però breve e circa la metà dei pazienti ripresenta i sintomi dopo 6 mesi. Il costo, la bassa percentuale di efficacia e il rischio elevato di recidiva non rende questa opzione terapeutica raccomandata in età pediatrica.2,8 Dilatazione endoscopica Un palloncino viene posto in corrispondenza del SEI sotto visione endoscopica diretta. Il suo utilizzo in età pediatrica non è standardizzato (pressione e grandezza del palloncino, numero di dilatazioni ripetute). Il tasso di successo di questa procedura varia dal 55 al 72%; un maggior numero di dilatazioni lo aumentano. Possibili complicanze della manovra sono sanguinamento, ematoma intramurale e perforazione. L’incidenza di quest’ultima varia dallo 0 al 15% ed è operatore dipendente.2,8 Peroral endoscopic miotomy (POEM) È un nuovo approccio di chirurgia mini invasiva per via endoscopica. Viene sezionata la muscolatura circolare del SEI attraverso un’incisione della mucosa e della sottomu- 91 Asma, tracheomalacia La sintomatologia respiratoria caratterizzata da tosse, raucedine, dispnea, che può dominare la scena soprattutto nei bambini più piccoli e che può precedere la comparsa della disfagia, spesso porta alla diagnosi di asma o tracheomalacia. della giunzione gastroesofagea, impedendo lo svuotamento dell’esofago e il passaggio di cibo nello stomaco (ricordiamo che nei pazienti con acalasia manca l’azione peristaltica e l’azione di pompa del corpo è completamente persa). Non esistono dati in letteratura che dimostrino la superiorità assoluta del tipo di fundoplicatio parziale; sia la Dor (fundoplicatio posteriore) che la Toupet (fundoplicatio anteriore) possono essere eseguite in base alle preferenze individuali e all’esperienza del chirurgo.8,9 AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 2 | aprile–giugno 2015 ad una MRGE. Fino al 50% dei pazienti vengono trattati con antiacidi prima della corretta diagnosi. Caso clinico La storia di Nicolas: un caso di acalasia cosa. Sono stati descritti solo pochi casi in età pediatrica, esiste il rischio di pneumotorace e pneumomediastino.10 Conclusioni I l caso di N., oltre ad aver rappresentato l’occasione per approfondire la conoscenza di una patologia rara in età pediatrica, ci ha portato a riflettere ancora una volta, sull’estrema importanza della clinica, che, adeguatamente interpretata, deve guidare la scelta delle indagini da eseguire e delle terapie a cui sottoporre il paziente. Come spesso avviene nei pazienti affetti da acalasia, la sintomatologia di N. era caratterizzata ‒ oltre che dalla disfagia ‒ da un quadro respiratorio importante (tosse, episodi infettivi delle basse vie respiratorie); quest’ultimo aveva preso il dominio della scena, ponendo la sintomatologia disfagica in secondo piano. A posteriori, il dato della monolateralità delle polmoniti (sempre a destra) associato alla disfagia importante e duratura, poteva suggerire l’ipotesi che questi episodi fossero su base inalatoria piuttosto che da deficit immunitario. Inoltre, la diagnosi di MRGE, disturbo per il quale il paziente era in terapia AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 2 | aprile–giugno 2015 92 Bibliografia 1. Franklin AL, Petrosyan M, Kane TD. Childhood achalasia: a comprensive review of disease, diagnosis and therapeutic management. World J of Gastrointesinal Endoscopy 2014;6(4):105-11. 2. Rizzello E, Pellegrin MC, Dal Bo S, Starc M, Cozzi G, A Ventura. 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Kiudelis M, Mechonosina K, Mickevicius A et al. The influence of operation technique on long term results of achalasia treatment. Medicina (Kaunas) 2013;49:56-60. 10.Familiari P, Marchese M, Gigante G et al. Peroral endoscopic myotomy for the treatment of achalasia in children: report of 3 cases. J Pediatr Gatsroenterol Nutr 2013;57(6):794-7. da anni, non poteva giustificare né la disfagia (che si può associare alla MRGE solo in rarissimi casi di malattia severa e complicata da stenosi del lume esofageo) né era sufficiente a spiegare un corredo sintomatologico respiratorio così ostinatamente persistente. Infine, gli aspetti radiologici di “ridotta clearance” e di “incoordinazione faringo-esofagea” emersi ad una radiografia eseguita due anni prima, associati ai dati clinici, suggerivano una patologia esofagea diversa dalla MRGE. L’insieme di questi aspetti ha condotto, purtroppo, nel caso di N., a diagnosticare la patologia dopo diversi anni dalla comparsa dei sintomi e di terapie inutili. In letteratura, il ritardo diagnostico per l’acalasia rappresenta la regola piuttosto che l’eccezione. Alcune casistiche riportano un ritardo medio di 4–6 anni, in altre il ritardo arriva a 10 anni. Questo avviene a causa delle caratteristiche epidemiologiche della malattia che porta un pediatra spesso a non incontrare mai nella sua carriera un paziente che ne è affetto, ma anche per l’estrema eterogeneità e aspecificità dei sintomi. La consapevolezza dell’associazione con altre condizioni però (sindrome di Down, di Allgrove, insufficienza surrenalica, ecc) dovrebbe aiutarci nella formulazione dell’ ipotesi diagnostica. Per concludere ricordiamo pochi punti: focalizziamo la nostra attenzione sul paziente, sui suoi sintomi, sull’anamnesi: l’approccio multidisciplinare talvolta rischia di impedire o quantomeno di non facilitare una visione d’insieme, clinica, del paziente che risulta “frammentato” nelle diverse “sottospecialità”; la disfagia che persiste va sempre indagata: l’EGDS deve sempre essere eseguita. La diagnosi di esofagite eosinofila, meno infrequente dell’acalasia, deve essere esclusa in prima battuta e questo è possibile solo con l’esame istologico; una radiografia del primo tratto è il primo esame da eseguire nel caso si sospettino patologie malformative ma, eseguita con una generosa dose di bario, permette di fare la diagnosi di acalasia. La disfagia ai liquidi può essere un valido suggerimento ad eseguire tale indagine; ridimensioniamo la diagnosi di MRGE, o quantomeno, mettiamola in discussione se non c’è risposta alla terapia specifica. · · · · Gli autori dichiarano di non avere nessun conflitto di interesse.