allegato_con_senso_e_conclusioni_progetto_per_challenge_2015

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Per meglio comprendere l’articolazione e gli esiti del progetto di ricerca e di azione, vengono di
seguito riportate le Conclusioni presenti nel volume che ne sintetizza il percorso.
Tratto da Laura Cerrocchi, Conclusioni (pp.203-209) in Cerrocchi L.; Giliberti E. (a cura di) ( 2014 ) Educare “nella e alla” età senile. Processi e pratiche di alfabetizzazione digitale e di socializzazione intra- e
inter-generazionale (Cerrocchi L. e Giliberti E. (a cura di), con saggi di Cerrocchi L., Gilberti E., Corradini P.,
Cadamuro A., Favilla M.E., Iagulli A., Mazzocchi F., D'Antone A., Benati F. ) (Edizioni Junior – Spaggiari
edizioni Srl Parma ITA ) - pp. da 11 a 232 ISBN: 9788884345608
Come anticipato, il contributo complessivo del presente volume si è collocato tra la pedagogia,
quale sapere teorico e pratico che ha per oggetto di studio e di intervento la formazione, sintesi tra le
determinanti dello sviluppo e i processi e le pratiche di educazione e di istruzione, e la didattica, quale
parte del sapere pedagogico che ha per oggetto di studio e di intervento il trasferimento e la generazione
del sistema simbolico-culturale avvalendosi in questo percorso, sul piano dell’insegnamentoapprendimento, del contributo delle tecnologie educative.
Il lavoro di analisi logico-argomentativa, la ricostruzione della distribuzione e delle condizioni
del digital e del knowledge divide e la rassegna dei progetti a livello internazionale, nazionale e
locale, il riscontro ottenuto con la somministrazione degli strumenti di monitoraggio e/o di verifica
hanno consentito di acquisire informazioni significative al fine sia della revisione del percorso di ricerca
e di azione intrapreso, sia, in senso più ampio, della teoria e della prassi di settore, interessate alla messa
a punto di processi e di pratiche di alfabetizzazione e di socializzazione in una città e/o società che vuole
essere educativa.
L’esperienza maturata nel progetto ha avvalorato la necessità di implementare la ricerca e la
progettualità – a livello di macrosistema, di microsistemi e di sistemi intermedi – nei termini
dell’educare “nella e alla” età senile, ossia dell’educare gli anziani a preparare e a convivere con la
vecchiaia, ma ancor prima dell’educare la società alla senilità come età della vita e dell’educazione.
Se è vero che la senilità, come e più di altre età della vita, si caratterizza per una forte variabilità
individuale, tanto che possiamo affermare che “ognuno invecchia a suo modo” come sintesi del tutto
originale delle proprie variabili bio-psicologiche e socio-culturali, è risultato altrettanto determinante il
ruolo dell’istruzione e dell’educazione – intese, sempre e comunque, quali processi e pratiche
inseparabili – nella possibilità di intervenire sulle stesse variabili bio-psicologiche (in senso cognitivo e
affettivo) e di aprire a prospettive di modificabilità individuale e collettiva contribuendo ad una
formazione multidimensionale. Tale condizione e tale opportunità possono e devono essere pensate e
trattate attraverso sia un approccio interdisciplinare e multi-professionale, avvalendosi dei contributi
teorici e di metodo di saperi scientifici e umanistici, con particolare riferimento alle scienze
dell’educazione, sia un modello di istruzione-educazione-formazione permanente, nonché supportate da
un sistema formativo integrato e/o da una rete dei servizi, rivolti a soggetti singoli e collettivi, capaci di
tenere conto dello specifico che contrassegna l’educazione degli adulti e dei grandi adulti.
A livello conoscitivo e progettuale, è fondamentale curare:
–– l’organizzazione dei contesti culturali e umani (perché, come anticipato, l’handicap è un concetto
dinamico-funzionale che può essere, per quanto possibile, compensato dal supporto dell’ambiente);
–– l’attivazione dell’anziano, a partire dal riconoscimento del bagaglio di esperienze di vita (alla base
delle sue capacità e possibilità), attraverso cui pensa e agisce rispetto ai mutamenti dell’età senile e nella
realtà in modi particolari, e che costituisce un fattore imprescindibile per un atteggiamento aperto al
cambiamento (sventando isolamento e difficoltà relazionali) e a prospettive di modificabilità (Cerrocchi,
2010b).
Il progetto di ricerca e di azione attivato, per le ragioni della sua prima origine, si è posto come
target dapprima i soli anziani e poi anche gli studenti, caratterizzandosi dunque per una doppia valenza
formativa e interessandosi di rilevare elementi significativi per la messa a punto di documenti, processi
e pratiche che possano fornire chiavi interpretative e organizzative valide di contesti educativi per il
sociale, volte ad attenuare la distanza generazionale e socio-culturale (in termini di accesso e di
successo) dovuta al digital divide, ciò compatibilmente sia con le modalità organizzative
dell’Università, sia con il profilo formativo degli studenti del Corso di Laurea in Scienze
dell’Educazione e in funzione di una sua implementazione.
L’analisi della parte di progetto realizzata dal gruppo di ricerca e di azione interno al
Dipartimento di Educazione e Scienze Umane ha consentito, in primo luogo ma non solo, di ottenere
una valutazione generale dei corsi e di monitorare l’eventuale risposta ai bisogni iniziali dei partecipanti
per apportare modifiche e innovazioni tra le diverse versioni del modello formativo e, in generale, di
acquisire conoscenze e competenze e di produrre documentazione e materiale per relativi processi e
pratiche di alfabetizzazione e di socializzazione.
L’emergere di bisogni e di richieste di ulteriore alfabetizzazione e socializzazione nonché di
valorizzazione della propria esperienza da parte degli anziani che progressivamente usufruivano dei
corsi all’interno della parte del progetto seguita dal gruppo di ricerca UniMoRe ha fatto maturare da
parte del supporto al tutor d’aula la progettazione e la realizzazione di un supporto on-line quale prima
risposta a tali bisogni e richieste nonché alla necessità di porsi in continuità con il lavoro formativo
svolto in aula, creando uno spazio per l’apprendimento autonomo e permanente e la condivisione di
esperienze di alfabetizzazione e di socializzazione tra singoli e gruppi.
La revisione alla fine delle tre versioni del corso da parte di progetto UniMoRe ha considerare
come possano essere migliorati alcuni strumenti, ad esempio la scheda socio-anagrafica e il breve
questionario introducendo item per acquisire ulteriori informazioni che meglio consentirebbero di
ricostruire il profilo di anziano sul piano dell’alfabetizzazione e della socializzazione quali quelle
relative a: professioni esercitata, con particolare attenzione al rispettivo rapporto con gli strumenti
tecnologici; eventuali iscrizioni a specifiche formazioni; svolgimento di attività di volontariato; lettura
di libri e riviste; eventuale incidenza, in termini di facilitazione o difficoltà, della propria esperienza
teorica e pratica nel corso; temi o discipline d’interesse.
Gli anziani coinvolti sono risultati una coorte più attiva e socializzata: se resta opportuno
riflettere e agire sull’autenticità di quei legami intra e intergenerazionali costruiti e funzionali al
mantenimento di rapporti di alfabetizzazione e di socializzazione anche in tempi e luoghi ulteriori a
quelli previsti dai corsi, è apparso irrinunciabile comprendere in che modo raggiungere e coinvolgere
quegli anziani che, per specifiche condizioni e disposizioni bio-psicologiche e socio-culturali, restano
marginali a questa così come ad altre occasioni formative.
In termini di eventuali linee di evoluzione del progetto sarebbe particolarmente opportuno:
verificare l’effettiva ricaduta formativa del corso sugli anziani a breve (potenziando l’assegnazione di
esercizi e/o di compiti a casa e in aula) ma anche e soprattutto a lungo termine; comprendere se e in che
modo è possibile garantire un accompagnamento in progress agli anziani per proseguire
ulteriormente e aumentare la loro autonomia in termini di alfabetizzazione e di socializzazione (tra pari
e con le altre generazioni); ripensare i luoghi e le modalità di raccolta dati in città su bisogni formativi
degli anziani riferibili anche ad altri aspetti dell’alfabetizzazione e della socializzazione; ricostruire e
revisionare la distribuzione logistica dell’esperienza nei luoghi della città e della provincia tenendo
conto delle loro caratterizzazioni e potenzialità; individuare le differenti tipologie di corso erogate in
Regione e creare un modello di valutazione (riflettendo sulle caratteristiche quantitative e qualitative
degli strumenti scelti) da somministrare puntualmente nei corsi e capace di raccogliere dati trasversali ai
vari pacchetti formativi e insieme particolari dello specifico formativo proposto; lavorare ad ulteriori
edizioni del corso valorizzando e implementando le conoscenze/competenze degli studenti relative
all’età senile e ai processi e alle pratiche di gestione dei rispettivi setting a carattere pedagogicodidattico (Cerrocchi, 2011, pp. 245-246).
Il progetto, oltre alle finalità che ha esplicitamente perseguito, è stato soprattutto inteso anche
come occasione, da un lato, per riflettere/rilevare in senso più ampio e approfondito bisogni (quali fini e
mezzi) dell’età senile, di alfabetizzazione/istruzione e di socializzazione/educazione lungo, largo e in
profondità nella vita e, dall’altro lato, per monitorare le idee e i bisogni formativi dei giovani tutor futuri
educatori sociali tanto per supportarli culturalmente durante il progetto, quanto per contribuire a un
miglioramento del loro curricolo anche in funzione di eventuali opportunità professionali nell’ambito
proprio dei processi e delle pratiche di alfabetizzazione e di socializzazione “nella e alla” età senile.
Infatti, tramite un percorso formativo appositamente strutturato e con il tutoraggio e la supervisione dei
docenti di riferimento, il progetto ha individuato nello “studente” (educatore sociale in formazione) una
figura potenzialmente capace e/o da formare per imparare a coniugare alfabetizzazione tecnologica e
organizzazione/gestione di gruppi educativi.
A livello macro si è compreso come la riflessione sul curricolo degli educatori sociali non possa
che richiamarsi alla necessità di (Demetrio, Alberici, 2002, pp. 155-158; Frabboni, Pinto Minerva, 1994;
Cerrocchi, 2007b, pp. 47-65) di mettere a punto percorsi formativi capaci di ripensare i paradigmi
epistemologici e operativi della formazione, tenuto conto delle età dell’apprendimento nella learning
society; ricollegare la ricerca e la pratica educativa nella prospettiva dell’educazione nel corso di vita
(che interpreta lo sviluppo come cambiamento continuo) e dell’apprendimento durante l’intera esistenza
(che si colloca sui presupposti dell’educazione permanente) quale risposta all’allungamento dei cicli di
vita favorito dal progresso scientifico e sociale e dando un nuovo significato al fare ed essere in
educazione interessato anche al ripensamento di modelli esistenziali; riconoscere la funzione di scambio
dell’educazione fra società e singoli soggetti, in particolare attraverso forme di esperienza storica,
sociale e duplicata; corrispondere alla pervasività e al ruolo dei saperi e delle competenze, attraverso la
costruzione (meglio se preventiva) di nuove opportunità e la rimozione di quelle nuove forme di
esclusione che si traducono per alcuni in analfabetismo di base e per altri in analfabetismo di ritorno;
emanciparsi da una logica di politiche di pura gestione del capitale materiale e umano promuovendo
migliori livelli di società che ridisegnino le politiche dei servizi e includano anche risposte significative
all’allungamento del corso/ciclo di vita; favorire un’economia che consenta una rilevanza sempre
maggiore del capitale intellettuale e della dimensione immateriale del capitale stesso e del lavoro e che
riequilibri ecologicamente il rapporto uomo-tecnica; tenere conto della pluralità dei contesti spazio
temporali di un’istruzione-educazione-formazione qualitativamente valida che integri positivamente i
saperi formali, trasmessi dalle istituzioni educative, con i saperi informali, prodotti dalla diffusione di
contenuti e di informazioni tipici di talune altre agenzie, partecipando alla sviluppo del patrimonio biopsicologico facendo cultura, come all’arricchimento cognitivo e affettivo, alla moltiplicazione dei
linguaggi, delle intelligenze e delle culture.
A livello micro l’esperienza svolta “con gli e dagli” studenti-tutor costituisce un bagaglio
funzionale a ripensare i rispettivi curricoli degli educatori sociali in formazione per migliorare la
competenza e la messa a punto di setting (sistema d’ipotesi e cornici organizzative) con valenza
pedagogico-didattica (di educazione e di istruzione, di socializzazione e di alfabetizzazione), nei quali è
necessario porre attenzione alle scelte che riguardano l’interazione fra artefatti (contenuti, linguaggi,
materiali, strumenti, metodi, strategie, tecniche, procedure, discipline, prospettive interdisciplinari) e
soggetti (con le loro variabili biologiche, psicologiche, sociali e culturali) attraverso i fattori
organizzativi di contesto (tempi, spazi e relazioni simmetriche e asimmetriche) (Cerrocchi, 2011,
pp. 253-254).
Si tratta di ripensare a un curricolo creando anche un migliore nesso ricerca-azione che, nella
messa a punto e nella trasposizione operativa del setting, intenda irrinunciabile (Dozza, 1993) saper:
a. procedere a una chiara definizione/condivisione del contratto pedagogico-didattico tra chi
insegna e chi apprende per i relativi risvolti sul piano cognitivo e affettivo-motivazionale;
b. riflettere su come meglio garantire coerenza e congruenza tra occupazione (che corrisponde
allo scopo/attività in cui è impegnato il grande-gruppo e/o i piccoli gruppi ma anche, eventualmente, le
coppie); organizzazione (che corrisponde ai fattori di costituzione libera o pilotata; dimensione;
selezione secondo criteri di omogeneità o eterogeneità psico-fisica e socio-culturale; tempo in termini di
gruppi di base, formali o informali; spazio; distribuzione dei ruoli; attribuzione delle consegne;
scansione delle fasi); dinamica (che corrisponde ai processi di attivazione, comunicazione,
socializzazione che si instaurano e ai meccanismi e ai contenuti di gruppo che si realizzano, recuperando
dunque anche eventuali possibili fenomeni antigruppo);
c. rendere ciascuno e tutti i soggetti attivi e consapevoli, rispondendo contemporaneamente ai
bisogni del singolo e del gruppo e senza incorrere in deviazioni economicistiche e fusionali.
Un tale ripensamento del curricolo muove da un costante monitoraggio del target e rimanda alla
necessità di supportare la ricerca e la progettazione sull’integrazione fra saperi scientifici e umanistici,
insegnamenti e tirocinio, dunque teoria e prassi, linguaggio e lavoro, avvalendosi peraltro e
costantemente della funzione formativo-revisionale della supervisione dei processi e delle pratiche. Si
tratta cioè di ripensare la formazione secondo un’autentica misura di emancipazione dei soggetti singoli
e collettivi attraverso il superamento curricolare e/o educativo della divisione tra lavoro intellettuale e
manuale, ossia secondo una loro reciproca integrazione volta alla ricomposizione della frattura fra teoria
e prassi e, di conseguenza, alla riappropriazione cosciente della prospettiva dell’onnilateralità umana
quale passaggio pedagogico irrinunciabile per una reale formazione dell’uomo che si connetta a una più
ampia prospettiva di trasformazione sociale.
In questa cornice deve essere ripensato anche il concetto di competenza degli educatori, sul
piano dell’osservazione, dell’analisi, della progettazione, della organizzazione, della gestione, della
verifica e della documentazione, nonché delle competenze personali, socio-relazionali, comunicative, di
interazione con i differenti sistemi sociali, pubblici e privati ecc..
Soprattutto il concetto di competenza deve essere ripensato tanto da riconoscervi quali tratti
decisivi l’essenzialità del contesto e la relazione riflessiva che vi si intrattiene. L’attività pratica, infatti,
resta una fonte primaria delle funzioni psichiche degli esseri umani, che con il loro intervento
trasformano la realtà restandone, a propria volta, trasformati e/o plasmati nelle loro caratteristiche
psichiche. La competenza professionale dunque non può che essere intesa come un insieme di azioni
complesse e stratificate in operazioni differenti che vengono svolte in diversi ambiti di attività, ponendo
quindi in ricorsività e/o in un rapporto co-evolutivo o dialettico l’azione soggettiva e il contesto
oggettivo sul piano della costruzione sociale delle conoscenze (Leont’ev, 1977).
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