A lato è raffigurata la semiretta di origine Q=(3,1) diretta come il vettore (4,5). Se interpreto il piano cartesiano come una cartina, la distanza 1 come 1 metro, le direzioni dell'asse x e dell'asse y come l'est e il nord, posso pensare tale semiretta come la traiettoria rettilinea di una barca a motore che ad ogni secondo avanza di 4 metri in direzione est e di 5 metri in direzione nord. (A) Se inizio a misurare il tempo quando la barca è in Q, la posizione P=(x,y) della barca dopo 1 sec è: x = 3+4 = 7, y = 1+5 = 6. Ha infatti eseguito una traslazione di vettore (4,5). Posso descrivere più brevemente il calcolo ora eseguito così: P = (3,1) + (4,5) = (7,6) Dopo 2 sec la barca ha compiuto 2 traslazioni di vettore (4,5): P = (3,1) + 2(4,5) = (3,1) + (8,10) = (11,11) Qual è la posizione raggiunta dalla barca dopo 3 sec? Qual è la posizione raggiunta dalla barca dopo t sec? P=… P=… (B) Disegna sul sistema di riferimento a fianco la traiettoria della barca se la sua posizione P dopo t sec fosse descritta dalla formula P = (4,10) + t (1,–2). [traccia: individua la posizione iniziale e disegna t x y – e poi prolunga – il vettore che descrive dove si è 0 … … spostata la barca in 1 sec; altrimenti aiutati con la 1 … … tabellina a fianco] 2 … … 3 … … Associa alle seguenti descrizioni le figure corrispondenti (se possibile, altrimenti rispondi con "/"). (1) i punti raggiungibili da (3,6) spostandosi nella direzione del vettore (3,1) (2) i punti raggiungibili da (3,6) spostandosi con pendenza 1/3 e avanzando verso est (3) i punti raggiungibili da (4,4) spostandosi nella direzione del vettore (3,1) (4) i punti raggiungibili da (4,4) spostandosi con pendenza 1/3 (5) i punti raggiungibili da (5,1) spostandosi nella direzione del vettore (–2,3) o del vettore (2,–3) (6) i punti raggiungibili da (1,7) spostandosi nella direzione del vettore (–2,3) o del vettore (2,–3) Le figure a e c del quesito precedente (dove con "…" si intende che sono da considerare anche i punti che seguono nella direzione indicata), corrispondono alla nostra idea intuitiva di retta: non c'è una specifica direzione di percorrenza, ma basta muoversi mantenendo la stessa inclinazione. Consideriamo figura 20: Possiamo descrivere la figura r come i punti raggiungibili da P mantenendo l'inclinazione di 18.4°: que-sto è il valore approssimato della direzione del vettore (3,1). In generale, una retta è una figura ottenibile come unione di una semiretta e della semiretta ad essa opposta (semiretta che ha la stessa origine e direzione opposta). Tra le due direzioni, quella che cade in [0°, 180°) viene chiamata inclinazione della retta. In altre parole, possiamo dire che una retta di inclinazione α è una figura che si ottiene mediante una rotazione di ampiezza α dell'asse x. Completa le seguenti descrizioni delle rette (già considerate a p.12) riprodotte a lato: (a) retta per (3,0) con inclinazione … ° (b) retta per (0, … ) con inclinazione … ° (c) retta per (0, … ) con inclinazione … ° [tieni conto che, operando in gradi, 2 dà 63.43…] Il grafico di ogni funzione del tipo x ax+b, cioè l'insieme di punti {(x,y) : y = a x + b}, è una retta: • è la retta che passa per il punto (0,b), infatti 0 a0+b=b, • e ha pendenza a: variando x di 1 y varia di a. Viceversa, ogni retta con inclinazione diversa da 90° è descrivibile come il grafico di una funzione del tipo x ax+b: • come a si prende la pendenza corrispondente all'inclinazione della retta, ovvero la variazione ∆y corrispondente alla variazione ∆x=1 (nel caso della figura a lato, avanzando di 1 nella direzione dell'asse x si avanza di 1.5 nella direzione dell'asse y), • come b si prende l'ordinata del punto che la retta ha in comune con l'asse y, spesso chiamata anche intercetta (le due rette raffigurate intersecano l'asse y in (0,2) e in (0,–1). Per questo motivo le funzioni del tipo x ax+b vengono dette funzioni lineari (in inglese, "retta" si dice "line", pronuncia: lain). Sul sistema di riferimento a lato sono parzialmente tracciate le rette r = {(x,y) : y=–x+3} e s = {(x,y) : y=2x–1}. Indica qual è r e qual è s. Quindi traccia (con un tratto più spesso) gli insiemi A = {(x,y) : y=2x–1 AND x ≥ 1.5} e B = {(x,y) : y = –x+3 AND 1 ≤ x ≤ 4}. A è una semiretta contenuta nella retta {(x,y) : y=2x–1}. Di B, sulla base di quanto studiato alla scuola media, diremmo che è un segmento contenuto nella retta {(x,y) : y=–x+3}. Evidenzia, sul sistema di riferimento a fianco, la figura costituita dalla semiretta di origine (–4,3) e direzione 340° e dalle altre semirette ottenibili da essa con rotazioni di ampiezza minore o uguale a 60°. I concetti di segmento e di angolo possono essere definiti in modo simile: • Dati un punto A, una direzione α e un numero L, con L≥0, l'insieme dei punti raggiungibili da A con traslazioni di direzione α e modulo minore o uguale a L viene chiamato segmento; – il numero L viene chiamato lunghezza del segmento; – il punto A e il punto B ottenuto con la traslazione di modulo L sono chiamati estremi del segmento; – tale segmento viene indicato con "segmento AB" o, se non ci sono ambiguità, solo con "AB". fasi della "generazione" del segmento AB • Dati una semiretta a e un numero φ, con 0≤ φ ≤2π=360°, l'unione delle semirette ottenibili da a con rotazioni antiorarie attorno all'origine di a di ampiezza minore o uguale a φ viene chiamata angolo; – il numero φ viene chiamato ampiezza dell'angolo; – la semiretta a e la semiretta b ottenuta con la rotazione di ampiezza φ vengono chiamate lati dell'angolo; – tale angolo è indicato con "angolo ab" o con "∠ ab" o con "". L'analogia tra segmenti e angoli è, però, solo parziale: mentre parlando di segmento AB o di segmento BA si indica la stessa figura, l'angolo ab e l'angolo ba sono figure di-verse: → figura a lato. L'angolo ∠ ab, se a è la semiretta AB e b è la semiretta AC, viene indicato anche ∠ BAC o BC Quanto sono ampi BC e CB nella illustrazione a lato: ampiezza di BC = ampiezza di CB = Nota. A volte si usano le notazioni BC e CB (o le notazioni ∠ab e ∠ba) per indicare indifferentemente l'angolo generato dalla rotazione (antioraria) della semiretta AB verso la semiretta AC o l'angolo generato dalla rotazione della semiretta AC verso la semiretta AB. Ciò può essere ritenuto lecito se il contesto (il ragionamento che si sta svolgendo, l'evidenziazione sul disegno di quale dei due angoli si sta considerando, …) consente di evitare ambiguità. Traccia la retta di equazione y = 4–x/2 sul sistema di riferimento soprastante (tieni conto che l'intercetta sull'asse y è 4 e che la pendenza è –1/2: ad ogni variazione ∆x corrisponde una variazione ∆y di segno op-posto e di valore assoluto dimezzato). Evidenzia, quindi, con un tratteggio la figura: {(x,y) : y ≤ 4–x/2}. Come dovresti sapere, gli angoli che, come l'angolo BC evidenziato nell'illustrazione soprastante, sono ampi 90° vengono detti angoli retti, quelli di ampiezza minore di 90° vengono detti acuti, quelli ampi più di 90° vengono detti ottusi (nel linguaggio comune l'aggettivo "ottuso" viene usato per indicare un oggetto poco appuntito, smussato, o, in senso figurato, per indicare una persona che è poco "acuta", cioè non è in grado di penetrare, andare a fondo, approfondire le questioni). La figura che hai tratteggiato nel quesito 27 è un "semipiano": è una delle due parti in cui il piano viene suddiviso dalla retta di equazione y = 4–x/2, e queste due parti sono "uguali". Infatti, ad esempio, posso sovrapporre la parte tratteggiata all'altra parte di piano mediante una rotazione di 180° attorno al punto A. La figura può essere pensata anche come angolo DB, frutto della rotazione della semiretta AD di 180°. E` un angolo "piatto": i lati AD e AB hanno la stessa inclinazione. Più in generale, tutti gli angoli ampi 180° vengono detti angoli piatti o semipiani. Gli angoli ampi più di 180° vengono detti concavi; si presentano infatti come figure che hanno un avvallamento, una "conca" (nel linguaggio comune sono chiamati concavi gli oggetti che presentano degli incavi). Gli angoli con ampiezza ≤ 180° vengono detti con-vessi (anche nel linguaggio comune sono chiamate convesse le superfici "tondeggianti" o che, comunque, non presentano incavi). Che tipo di figura sono gli angoli di ampiezza 0? E quelli di ampiezza 360°? Utilizzando i concetti definiti finora, come definireste i concetti di parallelismo e di perpendicolarità tra rette? .................................................................................... .................................................................................... .................................................................................... .................................................................................... Gli assi x e y, intersecandosi perpendicolarmente, dividono il piano in quattro angoli retti, usualmente chiamati quadranti: viene detto 1° quadrante quello che ha per lati le semirette "positive" dell'asse x e dell'asse y; vengono chiamati 2°, 3° e 4° quadrante quelli ottenuti dal primo attraverso successive rotazioni di 90°. Nota. Quando abbiamo parlato di semiretta di origine Q e direzione α (insieme dei punti raggiungibili da Q con traslazioni di direzione α), abbiamo sempre inteso che il punto Q appartenesse alla semiretta: se da Q mi sposto con ∆x=0 e ∆y= 0 arrivo (cioè, rimango) in Q, ossia se a Q applico il vettore di modulo 0 ottengo il punto Q stesso. Si noti, per inciso, che al vettore di modulo 0 può essere attribuita una qualunque direzione. Analogamente, parlando del segmento AB, abbiamo inteso che gli estremi A e B appartenessero al segmento e, parlando di ∠ab, abbiamo considerato i lati a e b contenuti nell'angolo. Così come a volte è utile distinguere l'intervallo di numeri [3.2, 7.5] da (3.2, 7.5) o da [3.2, 7.5), a volte può essere utile considerare una semiretta privata dell'origine o un segmento privato di uno o di entrambi gli estremi, o solo la parte interna di un angolo, privandolo dei lati, … Per indicare il segmento AB privato degli estremi si ricorre a rappresentazioni come quella a fianco; si parla anche di segmento aperto AB, a suggerire il fatto che i punti A e B, che "chiudono" nelle due direzioni il segmento, non appartengono ad esso. Nel caso del segmento HK privato di H si parla di segmento aperto dalla parte di H e chiuso dalla parte di K. Analogamente, se vogliamo escludere i lati di un angolo o, in particolare, la retta che delimita un semipiano, parliamo di angolo o di semipiano aperto. Intersecando il semipiano delimitato dalla retta BC e contenente A , , e quello delimitato dalla retta BA e contenente C , , ottengo un angolo convesso, l'angolo CA (→ figura 21, (2)). Se interseco anche il semipiano delimitato dalla retta AC e contenente B , , ottengo una figura (→ figura 21, (3)) che, come sai già dalla scuola media, viene chiamata triangolo ABC. I punti A, B e C sono chiamati vertici del triangolo, i segmenti AB, BC e CA sono chiamati lati del triangolo, gli angoli convessi BC, CA e AB sono chiamati angoli (o angoli interni) del triangolo. Figura 21 (1) (2) (3) Viene chiamata quadrangolo o quadrilatero ABCD la figura che ottengo unendo a un triangolo ABC un altro triangolo CDA che abbia in comune con ABC solo i punti del segmento AC e sia tale che D non stia né sulla retta BA né sulla retta BC (altrimenti – vedi caso (3) della figura 22 – riotterrei un triangolo). I lati delle due figure unite, escluso il lato AC che hanno in comune, vengono detti lati del quadrilatero. Analogamente, unendo a un quadrilatero ABCD un triangolo DEA che abbia in comune con ABCD solo i punti del lato AD e sia tale che E non stia né sulla retta BA né sulla retta CD, ottengo una figura chiamata pentagono ABCDE. I lati delle due figure unite, escluso il lato AD che avevano in comune, vengono detti lati del pentagono. In modo simile si definiscono esagoni, ettagoni, ottagoni, … e, più in generale, gli n–agoni o poligoni di n lati. L'unione dei lati di un poligono viene chiamata contorno del poligono. La somma delle lunghezze dei lati viene chiamata perimetro del poligono o lunghezza del contorno del poligono. Il perimetro non è altro che la lunghezza del percorso a tratti rettilinei costituito dai vertici del poligono. Più precisamente, nel caso, ad esempio, del triangolo ABC, se considero il percorso a tratti rettilinei costituito dalla successione di punti A, B, C, A che a partire da A ritorna in A, ho che la lunghezza di tale percorso (→ p.5) è d(A,B)+d(B,C)+d(C,A), cioè la somma dei lati del triangolo. I punti di un poligono non appartenenti al contorno sono detti punti interni del poligono. Nota. A volte viene chiamato poligono ciò che qui abbiamo chiamato contorno del poligono. 7. Simmetrie, isometrie e similitudini A questo punto, definite le rotazioni, possiamo completare il discorso lasciato in sospeso alla fine di §2. Abbiamo visto che le traslazioni conservano la distanza (se traslo un segmento la sua lunghezza non cambia) e non modificano l'orientamento delle figure (se traslo una semiretta la sua direzione non cambia). Le rotazioni possono modificare l'orientamento di una figura, ma, anch'esse, conservano la distanza. Ciò è facilmente verificabile per alcune rotazioni, ad es. quelle attorno a (0,0) ampie 90° e 180°. Ma la cosa può essere dimostrata in generale. La rotazione di 180° cambia i segni di entrambe le coordinate (il pesce, ruotando dal 1° al 3° quadrante, inverte la rotta e si capovolge): la punta del-la pinna evidenziata passa da (12, 6) in (–12, –6). Quindi la differenza tra le ascisse (∆x) e quella tra le ordinate (∆y) dei due punti evidenziati sul pesce cambiano segno ma mantengono gli stessi valori assoluti (|∆x| = q, | ∆y| = p). La distanza tra i due punti () resta perciò invariata. La rotazione di 90° scambia ascisse con ordinate (il pesce passa da una rotta orizzontale a una verti-cale) e poi cambia il segno delle ascisse: (12, 6) (–6, 12). Quindi dopo la rotazione |∆x| e |∆y| si scambiano. La distanza tra i due punti evidenziati (poiché =) resta perciò invariata. Se definisco movimento piano ogni trasformazione ottenibile componendo traslazioni e rotazioni, sono dunque certo che i movimenti piani conservano la distanza e, quindi, sono una buona rappresentazione matematica di come può essere spostato un oggetto rigido appoggiato su una superficie piana. Abbiamo visto che vi sono trasformazioni che, pur conservando le distanze, non sono movimenti piani: per essere realizzate "fisicamente" necessitano di un ribaltamento, di un movimento che esce dal piano. Di questo genere è, ad esempio, la trasformazione F: (x,y) (–x,y), interpretabile come un ribaltamento attorno all'asse y, usualmente chiamata simmetria rispetto all'asse y. F trasforma il segmento a nel segmento b, i cui estremi hanno ordinate uguali e ascisse opposte a quelle degli estremi di a. Riapplicando F, b viene ritrasformato in a. Si dice che le figure a e b sono l'una la simmetrica dell'altra rispetto all'asse y. ∆y degli estremi di b è uguale a ∆y degli estremi di a, mentre ∆x cambia solo nel segno. La distanza tra gli estremi resta perciò invariata. Se applico lo stesso movimento piano sia all'asse y che ad a e b otten-go una retta e due nuovi segmenti, che vengono detti simmetrici rispetto a questa nuova retta. A lato sono raffigurati due esempi: • (A): il movimento è la traslazione ∆x=1, ∆y=0; il nuovo asse di simmetria è la retta x=1; • (B): il movimento è una rotazione di 30°. Sotto è raffigurata una figura A e la figura B ad essa simmetrica rispetto alla retta r. Data A, come può essere tracciata B? Basta considerare r come nuovo asse y e, come se si fosse tracciato un nuovo asse x, usando una squadra, associare a ogni punto P di A il punto P’ che rispetto al nuovo sistema di riferimento abbia: • uguale ordinata (cioè stia sulla perpendicolare a r pasante per P) e • ascissa opposta (cioè stia nel semipiano delimitato da r opposto a quello di P e – vedi figura – sia tale che d(H,P) = d(H,P’). Nota. Si usa dire, anche, che una figura è simmetrica se è dotata di un asse di simmetria, cioè se esiste una retta che divide la figura in due parti simmetriche rispetto ad essa. Le figure seguenti sono simmetriche: una ha un solo asse di simmetria, una ne ha 4, l'altra ne ha infiniti. I quattro sistemi di riferimento a fianco sono monometrici; il lato di un quadretto della griglia vale 5. (A) Nel sistema a sinistra, la trasformazione F che trasforma il pesce in alto in quello in basso è una traslazione, una rotazione o una simmetria? Sai descrivere F(x,y)? (B) Nel sistema al centro, la trasformazione che trasforma il pesce in alto in quello in basso è una simmetria. Trovate come individuare e tracciare (con squadra e riga millimetrata) l'asse di simmetria. (C) Nel sistema a destra, lo stesso pesce del caso (A) è stato trasformato in due diverse figure: un pesce più piccolo ottenuto moltiplicando le coordinate dei punti del pesce originale per un numero h minore di 1 (i punti del pesce rimpicciolito distano dall'origine meno dei corrispondenti punti del pesce originale), e un pesce più grande ottenuto moltiplicando le coordinate dei punti del pesce originale per un numero k maggiore di 1. Quanto valgono h e k? (D) Nel sistema in basso, lo stesso pesce è sottoposto a un altro tipo di trasformazione. Provate a descriverla a parole e mediante una opportuna funzione a 2 input e 2 output (F(x,y) = …). Le trasformazioni piane ottenibili componendo movimenti e ribaltamenti, cioè componendo traslazioni, rotazioni e simmetrie, conservano la distanza. Si può dimostrare che non vi sono altre trasformazioni piane che conservano la distanza. Queste trasformazioni vengono anche chiamate isometrie piane (in greco ìsos vuol dire "uguale" e métron vuol dire "misura"). Nota. Vi sono molte applicazioni per il disegno al calcolatore che consentono di trasformare figure mediante isometrie: sono dotate di comandi che permettono di selezionare una figura rappresentata sullo schermo e di traslarla, ribaltarla o ruotarla. Le rotazioni vengono, però, in genere, effettuate attorno a un punto scelto automaticamente dalla applicazione e i ribaltamenti possono essere effettuati solo rispetto ad assi verticali od orizzontali, scelti automaticamente dalla applicazione. Come è possibile realizzare una qualunque isometria? La cosa è semplice: per realizzare una qualunque isometria non è necessario disporre di tutti i tipi di rotazione e di simmetria: basta disporre delle rotazioni attorno a un particolare punto e delle simmetrie rispetto a una particolare retta; le altre rotazioni e le altre simmetrie possono essere ottenute componendo traslazioni e questi tipi particolari di rotazioni e di simmetrie. Ad esempio, per realizzare la rotazione di 45° gradi attorno al punto (30,10), illustrata a lato, disponendo solo delle rotazioni attorno all'origine, posso: (1) effettuare una traslazione di vettore v che porti il punto (30,10) nell'origine, (2) ruotare di 45° attorno all'origine il pesce così spostato, (3) effettuare la traslazione opposta, di vettore –v, che riporti il punto nella posizione iniziale. Analogamente, disponendo solo delle simmetrie rispetto ad assi verticali posso realizzare simmetrie rispetto a qualunque asse. Ad es. per trasformare il triangolo A di fig. 23 nel triangolo B, simmetrico rispetto alla retta r, posso prima effettuare una rotazione di ampiezza α che porti r in posizione verticale, poi effettuare un ribaltamento rispetto a un asse verticale e, infine, effettuare una rotazione di ampiezza –α che riporti r nell'inclinazione originale. Le isometrie, oltre a conservare la distanza, conservano: • l'allineamento tra punti: se B e C sono punti raggiungibili da A muovendosi nella stessa direzione α, – effettuata una traslazione, tra i traslati A', B' e C' vale la stessa relazione (B' e C' sono raggiungibili da A' muovendosi sempre nella direzione α); – effettuata una rotazione di ampiezza β, tra i nuovi punti A", B" e C" vale ancora la stessa relazione (B" e C" sono raggiungibili da A" muovendosi sempre in una stessa direzione, la direzione α+β [o α+β –360° : → p.9] ); • l'ampiezza degli angoli: se ∠ ab è ampio α, cioè ruotando a di α si ottiene b, – effettuata una traslazione, le semirette traslate a' e b' hanno le stesse direzioni di a e b, per cui ∠ a'b' è ampio quanto ∠ ab; – effettuata anche una rotazione di ampiezza β, le nuove semirette a" e b", essendo il frutto della stessa rotazione, saranno ancora tali che per ottenere b" da a" occorre ruotare di α. Anche le trasformazioni illustrate nel punto (C) del quesito 30: • (x,y) → (x/2,y/2) che ha rimpicciolito il pesce in scala 1/2, • (x,y) → 2 (x,y) = (2x,2y) che ha ingrandito il pesce in scala 2, conservano l'allineamento e l'ampiezza degli angoli. Sono casi particolari di similitudini, cioè di funzioni che trasformano le figure in figure ad esse simili. Più in generale, si chiama similitudine ogni trasformazione che moltiplica la distanza tra una qualunque coppia di punti per un fissato numero positivo k (se k>1 è un ingrandimento, se k<1 è un rimpicciolimento, se k=1 è una isometria). Le similitudini del tipo (x,y) → k (x,y) non modificano l'orientamento delle figure (il pesce del punto (C) del quesito 30 rimane orizzontale, le pinne mantengono la stessa inclinazione, …). Componendo queste similitudini con rotazioni e traslazioni si possono ottenere le altre similitudini. Consideriamo ad esempio il pesce B (→ figura a lato), che è simile al pesce A: ne è una riproduzione in scala 1/2. Può essere ottenuto prima trasformando A in X mediante la funzione (x,y) , poi ruotando X di 90° attorno al punto evidenziato. Le trasformazioni del tipo (x,y) → k (x,y) vengono chiamate anche trasformazioni di scala monometriche in quanto possono essere pensate come il frutto di uno stesso cambiamento delle due scale del sistema di riferimento: se sull'asse x e sull'asse y tracciassi le tacche più vicine tra loro, a distanza dimezzata, otterrei una rappresentazione del pesce A più piccola, uguale a quella che, col sistema attuale, si è ottenuta per il pesce X. La trasformazione del punto (D) del quesito 30, (x,y) → (2x,y), dilata orizzontalmente il pesce. Una deformazione analoga sarebbe stata ottenuta cambiando la scala sull'asse x, tracciando le tacche su di esso a distanza doppia. Anche questa trasformazione viene chiamata trasformazione di scala.