VI Il mal d’orecchie Quando un bambino – anche molto piccolo – si sveglia di notte all’improvviso piangendo di un pianto inconsolabile spesso ha male alle orecchie. Questo dolore può essere causato da un’otite esterna, cioè una semplice infiammazione della membrana del timpano oppure da un otite media catarrale che è un’infiammazione acuta dell’orecchio medio. Nell’otite media catarrale, nei bambini con meno di due anni, sono frequenti segni come irritabilità, pianto, vomito, inappetenza; nei più grandicelli – oltre al dolore, la febbre, lo scolo di muco dall’orecchio, il vomito, l’irritabilità, il pianto, l’inappetenza, l’abbattimento – il bambino si tocca ripetutamente l’orecchio. Il pediatra, per fare la diagnosi di otite media catarrale, dovrebbe osservare attraverso l’otoscopio una membrana timpanica intensamente arrossata, o giallo-grigiastra, estroflessa o retratta o perforata. Si stima che entro i primi tre anni di vita circa l’85% dei bambini abbia almeno un episodio di otite media catarrale, mentre il 46% ne ha almeno tre. L’otite media catarrale è più frequente nei bambini di età compresa fra i 6 mesi e i 6 anni. Uno studio1 su oltre 4.000 visite per dolore alle orecchie in bambini di età compresa fra 6 e 30 mesi dimostrava che solo il 44% dei bambini in cui 1 Karma PH, Penttilä MA, Siplä MM, Kataja MJ, Otoscopic diagnosis of middle ear effusion in acuate and non-acute otitis media. I. The value of different otoscopic findings, “Int J Pediatr Otorhinolaryngol” 1989; 17 :37 –49. 54 Bambini e (troppe) medicine il pediatra aveva avanzato il sospetto diagnostico tramite l’otoscopia, aveva di fatto un’otite media catarrale. Di solito in Italia quando viene fatta questa diagnosi a questi bambini vengono senza indugio prescritti antibiotici, antistaminici, gocce nasali decongestionanti e antidolorifici. Come trattare il mal d’orecchie A partire dall’inizio degli anni ’80 in Olanda, riconoscendo al bambino sano una buona capacità di autoguarigione, si è iniziato a praticare la cosiddetta “strategia di vigile attesa”2, che consiste nel: • non somministrare l’antibiotico per 48-72 ore dal momento della diagnosi; • somministrare solo un antidolorifico (paracetamolo) per il controllo del dolore; • fornire informazioni anche scritte ai genitori o a chi si prende cura del bambino sull’evoluzione e gestione dell’otite media catarrale; • garantire un controllo dopo 48-72 ore; • somministrare l’antibiotico se dopo 48-72 ore i sintomi non si sono risolti o sono peggiorati. Nei bambini con età compresa fra i 6 e i 12 mesi in buone condizioni generali e in tutti i bambini di età superiore all’anno (a meno che non presentino sintomi gravi o scolo dall’orecchio) è consigliabile attendere la reazione del bambino prima di somministrare l’antibiotico, utilizzando la prescrizione solo nel caso in cui i sintomi (dolore e febbre) non migliorino ovvero peggiorino dopo 48-72 ore. Qualora l’antibiotico si renda necessario per la gestione dell’otite media acuta, il farmaco di prima scelta è l’amoxicillina, il più economico e con minor effetti collaterali. Questa strategia3 è stata più volte verificata e si è sempre dimostrata 2 Damoiseaux , Antibiotic treatment for acute otitis media: time to think again, “CMAJ” 2005 March 1; 172(5): 657–658. 3 David M. Spiro, MD, MPH; Khoon-Yen Tay, MD; Donald H. Arnold, MD, MPH; James D. Dziura, PhD; Mark D. Baker, MD; Eugene D. Shapiro, MD, Wait-and-See Prescription for the Treatment of Acute Otitis Media, “JAMA” 2006;296:1235-1241 . 6 - Il mal d’orecchie 55 utile nella gestione dell’otite media catarrale, con tassi di guarigione in assenza di assunzione di antibiotico che variavano dal 62% al 76% in diversi contesti (ambulatorio di pediatria, dipartimento di emergenza, ambulatori universitari). Nei casi trattati con strategia di vigile attesa non si sono riscontrati aumenti di complicanze a breve termine come la mastoidite, né a lungo termine, come la riduzione dell’udito, la difficoltà nello sviluppo del linguaggio e delle relazioni sociali. Esistono poi delle raccomandazioni che i genitori dovrebbero ricevere dal pediatra sin dalla prima visita per prevenire l’insorgenza dell’otite: • allattare al seno per i primi sei mesi in modo esclusivo • non esporre il bambino al fumo di sigaretta • non utilizzare ciucci e/o biberon. Gli interventi preventivi proposti sono attuabili e utili anche per la promozione del benessere generale del bambino e della sua famiglia, ma vengono spesso trascurati dai pediatri che sottovalutano la prevenzione primaria, poco amata anche dalle case produttrici di farmaci e vaccini, le quali preferiscono i trattamenti antibiotici ­– spesso inutili, costosi e/o inappropriati – oppure consigliano a scopo preventivo la vaccinazione antipneumococcica o antinfluenzale, che non risulta apportare alcun sostanziale beneficio nella prevenzione dell’otite media acuta. Nel 40% circa degli episodi di otite media catarrale nell’orecchio medio residua del catarro sterile, che può richiedere anche un mese per riassorbirsi completamente (nel 10% dei casi l’essudato può perdurare fino a tre mesi) e anche in questo caso l’utilizzo di decongestionanti, antistaminici o cortisonici, spesso prescritti singolarmente o in combinazione, ha frequenti effetti collaterali dannosi e nessuna efficacia. Cosa fare Per calmare il mal d’orecchio, riscaldare leggermente qualche goccia d’olio in un cucchiaio o in un pentolino di acciaio e, con l’aiuto di un contagocce lasciar cadere una o due gocce di olio caldo nel condotto uditivo. L’azione antidolorifica è data dal cromo rilasciato dall’acciaio nell’olio sottoposto a riscaldamento. 56 Bambini e (troppe) medicine Tonsille e adenoidi Quando in un bambino le otiti si ripetono più volte nell’anno in assenza di serie complicazioni, invece di tranquillizzare i genitori – facendo loro comprendere che si tratta di patologie che si ridurranno da sole nel tempo – il bambino viene assai spesso inviato allo specialista otorinolaringoiatra che sovente consiglia, visto l’insuccesso delle terapie inutili effettuate, l’intervento di adenotonsillectomia. La tonsillectomia e l’adenoidectomia sono le operazioni chirurgiche più frequentemente eseguite in età pediatrica in Italia. Nel 2000 sono state rilevate dal sistema informativo del Ministero della salute 32.000 adenoidectomie, eseguite in bambini o adolescenti. Ma cosa sono e a che cosa servono le tonsille e le adenoidi? Ed è giusto toglierle con tanta facilità? Anatomicamente, tonsille e adenoidi fanno parte di un unico complesso di grandi organi linfatici situati all’ingresso della gola. Al contrario della milza e dei linfonodi che fanno parte anch’essi del sistema linfatico, tonsille e adenoidi non sono circondate da una capsula connettivale che le separa dall’ambiente esterno, perché contraggono importanti rapporti proprio con quest’ultimo, con la funzione strategica di produrre linfociti, cioè cellule della difesa immunitaria nel punto dove, attraverso il cibo e la respirazione, entrano nel nostro organismo la maggior parte delle sostanze estranee, compresi virus e batteri. Ogni individuo ha all’ingresso della gola 5 di questi organi: il primo impari mediano situato nella volta del rinofaringe detta tonsilla faringea, meglio conosciuta col nome di Adenoidi per il fatto che quando si ingrandisce assume un aspetto definito “vegetazioni adenoidee”, due tonsille palatine conosciute comunemente come Tonsille per la forma a mandorla, e due tonsille linguali posizionate una accanto all’altra, tanto da sembrare una formazione unica, poste alla base della lingua. Collegati tra di loro da vasi linfatici, questi cinque organi rappresentano un’unità funzionale chiamata anello di Waldeyer, che costituisce una barriera contro le infezioni ma non conserva la stessa struttura per tutta la durata della vita, perché le adenoidi vanno spontaneamente in regressione col sopraggiungere dello sviluppo puberale e normalmente non sono più presenti nell’adulto. Un comportamento analogo, cioè una funzione importante fino a una certa età con successiva regressione, lo ritroviamo solo nel timo, sulla cui 6 - Il mal d’orecchie 57 fondamentale importanza nella maturazione del sistema immunitario non esistono dubbi. Cosa accomuna queste due strutture, una – il timo – organo linfoide separato dall’ambiente da una capsula connettivale, l’altro – le adenoidi – aggregato linfatico totalmente aperto al contatto con l’ambiente aereo esterno? È necessario ricordare ancora un altro aspetto delle adenoidi, poco studiato e valorizzato, ed è il loro rapporto con l’ipofisi faringea, struttura endocrina alloggiata immediatamente davanti alle adenoidi con le quali contrae rapporti. L’ipofisi faringea, con la sua struttura e la sua caratteristica funzionale diversa nell’uomo e nella donna, è semplicemente ignorata dall’immunologia che tuttavia riconosce ai linfociti la capacità di leggere e interagire anche con sostanze di tipo ormonale. Non dare sufficiente importanza a questi aspetti contribuisce alla facilità con cui si decide l’intervento chirurgico, che oltre a eliminare le adenoidi distrugge questo tessuto ipofisario. Se le adenoidi si aprono al diretto contatto con quanto arriva tramite la respirazione, le tonsille, che occupano spazio comune alle vie aeree e digestive, entrano in diretto contatto con quanto viene assunto per via orale, quindi con tutte le sostanze che poi verranno processate nel tubo digerente a diversi livelli, e con diverso impegno, da altre strutture linfatiche presenti nell’intestino (placche del Peyer, appendice). Non è un caso quindi che dopo interventi di tonsillectomia siano frequenti attacchi di appendicite di ben più importante impatto chirurgico. Come dire che il preliminare incontro delle sostanze con il tessuto linfatico di prima linea della gola “prepara” le strutture linfatiche di seconda e terza linea all’incontro con sostanze a loro altrimenti sconosciute. È evidente che le strutture linfatiche della bocca e della gola non servono solo a processare antigeni scoprendoli e identificandoli per maturare un sistema di difesa importante come è quello dell’immunità umorale (anticorpi); il loro aspetto morfologico, il loro comportamento funzionale, i rapporti che esse contraggono con strutture di altra natura, ormonale o sensoriale (olfatto per le adenoidi, udito per la tonsilla tubarica, gusto per la tonsilla linguale) alludono a rapporti più sottili che “legano” comunque l’uomo all’ambiente. La rimozione ingiustificata o troppo precoce delle strutture linfatiche nel bambino, come anche gli effetti di stimolazioni improprie o eccessive 58 Bambini e (troppe) medicine del sistema immunitario in via di maturazione (antigeni alimentari, troppi vaccini) possono provocare danni allo sviluppo globale dell’individuo sfuggendo per la loro sottigliezza all’osservazione immediata, ma causando in ultima analisi un indebolimento della vitalità e delle capacità di difesa. Inoltre non sembra certo che l’asportazione delle adenoidi, associato spesso a quello delle tonsille, sia in grado di ridurre disturbi respiratori. Secondo uno studio pubblicato su una delle più importanti riviste americane di pediatria4, sembra che solo un quarto circa dei bambini sottoposti ad adenotonsillectomia per apnea ostruttiva nel sonno vadano incontro a remissione completa. Non bisogna dunque presumere che questo intervento sia sempre curativo, dato che lo è solo in una piccola percentuale dei casi. I tassi di ospedalizzazione per tonsillectomia sono pari a 94,3 per 10.000 nella fascia d’età 4-9 anni. In Italia e in Scozia il rischio per un bambino di subire la rimozione delle tonsille e delle adenoidi aumenta con l’abbassamento delle condizioni socio economiche dei genitori. Le disparità potrebbero dipendere da una maggiore prevalenza delle infezioni tonsillari tra i soggetti più disagiati, ma anche da un maggior rischio di interventi inappropriati a carico dei gruppi sociali più vulnerabili perché meno capaci di svolgere quel controllo sulla propria salute che dovrebbe essere promosso dagli stessi medici curanti. A conferma di ciò, in Svizzera è stato osservato che i figli dei medici hanno un rischio minore di essere sottoposti a tonsillectomia nel corso della vita rispetto alla popolazione generale. 4 Tauman R., Gulliver T.E., Krishna J. et al., Persistence of obstructive sleep apnea sindrome in children after adenotonsillectomy, “J Pediatr” 2006;149:803-8.