54-55 India Forti_Layout 1 13/06/13 00.11 Pagina 54 DOSSIER LE TIGRI D’ORIENTE La guerra dei brevetti: sfida a Big Pharma Scontro tra grandi aziende farmaceutiche e tribunali indiani per i brevetti. L’India si è conformata alla normativa internazionale, e difende la sua industria, produttrice di ottimi generici diffusi in molti paesi in via di sviluppo. di Marina Forti 54 L a Corte Suprema indiana ha respinto in modo definitivo la richiesta della svizzera Novartis AG per il riconoscimento del brevetto sul suo Glivec, un farmaco ampiamente usato nel trattamento della leucemia. Ora le aziende farmaceutiche indiane sono libere di produrre e distribuire legalmente versioni “generiche”, con un impatto immediato sul costo delle cure per i circa 300 mila pazienti leucemici del paese. Un mese di trattamento con il Glivec infatti costa 1.900 dollari per paziente, contro l’equivalente di 175 dollari con il farmaco generico prodotto in India. Non è una differenza da poco, e tanto più in un paese dove due terzi della popolazione vive con meno di 2 dollari al giorno. Si capisce l’entusiasmo della Cancer Patients Aid Association, l’associazione indiana che aveva fatto ricorso contro il brevetto Novartis: “È un giorno felice per i pazienti indiani”, ha commentato il portavoce Kiran Hukku. Ma la sentenza Novartis ha implicazioni che vanno ben oltre il Glivec e i pazienti leucemici, e ben oltre i confini dell’India stessa. Quella sentenza farà giurisprudenza nei futuri casi di richieste di brevetto. Le ricadute sono enormi. È in gioco la possibilità per l’industria farmaceutica indiana di continuare a produrre legalmente farmaci generici, e anche il ruolo dell’India come fornitore di medicinali “low cost” ai paesi in via di sviluppo. Ed è in gioco la capacità della grande industria farmaceutica mondiale di entrare in un mercato emergente come quello indiano. La vicenda del Glivec illustra bene questo conflitto. La vicenda è esplosa nel 2005, quando in India è entrata in vigore una nuova legge sui brevetti. New Delhi, che non aveva mai riconosciuto brevetti sui farmaci (né sui prodotti alimentari), si adeguava così ai trattati mondiali sugli “Aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale” firmati nell’ambito dell’Organizzazione Mondiale per il Commercio, a cui aderisce. Una clausola stabiliva però che non fosse riconosciuto il brevetto per nuove forme di una sostanza già nota, a meno che non avessero caratteristiche sostanzialmente diverse: ad esempio un farmaco con aumentata efficacia. Una norma contro i “sempreverdi”: si dice così quando, per prolungare un brevetto vicino a scadenza, l’azienda produttrice introduce qualche modifica minore (ad esempio nel dosaggio o nella formulazione) e poi ripresenta il vecchio farmaco come una novità. Ed è in base a questa clausola che nel 2006 l’Ufficio dei brevetti (Patent Board) east european crossroads 54-55 India Forti_Layout 1 19/06/13 07.52 Pagina 55 MARTA NASCIMENTO/REA/CONTRASTO INDIA \ Una farmacia che vende medicinali generici a Mumbai. L’India esporta ogni anno farmaci generici per un valore attorno ai 10 miliardi di dollari. a Chennai (Madras) ha respinto la richiesta di Novartis e negato la protezione del brevetto al suo farmaco antileucemia. Al cuore della vicenda Novartis dunque è la definizione di cosa sia “innovazione” in un farmaco. Il Glivec, brevetto già riconosciuto in una quarantina di paesi tra cui Cina e Russia, per l’Ufficio dei brevetti indiano non è una vera innovazione. L’azienda farmaceutica svizzera ha fatto ricorso. La cosa ha fatto notizia sui media indiani, numerose associazioni della società civile si sono espresse contro il brevetto. La controversia è passata da un grado di appello all’altro. Finché la Corte Suprema ha sentenziato che il farmaco non soddisfa “i test dell’invenzione innovativa e della brevettabilità”. Dal punto di vista legale, la questione è chiusa. La sentenza Novartis è un colpo sonoro per l’industria farmaceutica occidentale, un piccolo numero di grandi aziende multinazionali spesso indicate con il nomignolo “Big Pharma”. L’industria farmaceutica indiana ha una tradizione consolidata nella produzione di generici di qua- numero 48 luglio/agosto 2013 DOSSIER lità. Dagli antiretrovirali ai farmaci per cardiopatie, quelli per la cura dei tumori, antibiotici o antimalarici, le aziende farmaceutiche indiane producono ottime versioni generiche di centinaia di medicinali, e un recente articolo di Foreign Policy stima che meno del 10% dei farmaci venduti in India siano coperti da brevetto. Non solo, l’India esporta ogni anno farmaci generici per un valore attorno ai 10 miliardi di dollari. Una delle aziende più antiche, la Cipla con sede a Mumbai, ebbe grande notorietà nel 2001 quando mise sul mercato le versioni generiche dei tre farmaci anti-retrovirali usati per i pazienti positivi al virus Hiv/Aids, combinandole in un’unica pastiglia. Così il costo di un anno di terapia-tipo passava dai 7.000-11mila dollari per paziente con i farmaci sotto brevetto, a 350 dollari con il Triomune Cipla. È chiaro che i sistemi sanitari di paesi in via di sviluppo non potrebbero garantire farmaci ai propri pazienti senza ricorrere ai generici. E l’India non ha intenzione di rinunciare alla sua capacità di fornire medicinali a prezzi accessibili ai propri cittadini, o a decine di milioni di persone in altri paesi in via di sviluppo. Le case farmaceutiche occidentali ribattono che la ricerca per sviluppare nuovi farmaci costa decine di miliardi di dollari per ogni singola formulazione: senza il brevetto che garantisca una remunerazione nessuno più investirà in ricerca. Tuttavia, la sentenza nel caso Novartis non mette in questione il principio, ma la sua applicazione: una azienda non può rivendicare royalties su un farmaco non innovativo. C’è da chiedersi se Novartis darà corso alla sua minaccia di ritirarsi dall’India. In fondo, con o senza la concorrenza dei generici il Subcontinente resta promettente: l’agenzia di analisi finanziaria PricewaterhouseCoopers valuta che il settore farmaceutico indiano, attestato a 19 miliardi di dollari di vendite nel 2009, salirà a 50 miliardi nel 2020. E le grandi compagnie farmaceutiche sperano di occupare quel mercato. 55