Centro Studi Siderweb Il 2013, anno cruciale per la siderurgia italiana 11 gennaio 2013 Il 2013 si prospetta come un anno cruciale per l’industria siderurgica italiana, alle prese con importanti piani di ristrutturazione riguardanti i principali gruppi che operano nel nostro Paese, ma non solo. ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni Spa deve essere ceduta dal Gruppo finlandese Outokumpu per soddisfare le richieste (Antitrust) della Commissione Europea. Il Gruppo Ilva Spa e il Gruppo Lucchini Spa, per motivi diversi, si trovano in una situazione molto delicata che potrebbe comprometterne la continuità produttiva. Il futuro dell’Ilva è strettamente legato alla capacità , per niente scontata, di adempiere alle prescrizioni contenute nell’Autorizzazione Integrata Ambientale (Aia) che richiede investimenti per 3,5-4 miliardi di euro nei prossimi quattro anni. Vale a dire un impegno finanziario corrispondente all’80% di tutti gli investimenti effettuati in 17 anni dalla Società rilevata dalla famiglia Riva nel 1995. I nuovi investimenti dovranno essere portati a termine secondo scadenze prestabilite che comporteranno anche delle interruzioni dell’attività produttiva per consentire di realizzare gli interventi necessari a ridurre le emissioni nocive nei limiti stabiliti dall’Aia. La diminuzione o il rallentamento temporaneo dei ritmi produttivi potrebbe avere riflessi negativi sulla redditività della gestione industriale su cui graveranno anche gli oneri aggiuntivi dell’ammortamento dei nuovi investimenti e degli interessi passivi da corrispondere alle banche per i capitali presi a prestito per finanziare parte degli investimenti. La capacità di autofinanziamento sarà fortemente condizionata dalla redditività della gestione industriale, per cui risulta fondamentale l’apporto di capitali freschi da parte degli attuali soci e di altri che potrebbero entrare nella compagine azionaria. D’altra parte, le banche saranno piuttosto restie a finanziare una quota consistente di investimenti di un’impresa costretta a lavorare a ritmi ridotti per almeno un triennio e in un contesto di incertezza dal punto di vista normativo e giudiziario. L’obiettivo di rendere compatibile l’attività dello stabilimento dell’Ilva con la città di Taranto rischia quindi di travalicare la capacità della Società di poterlo conseguire, provocandone il collasso finanziario. La situazione del Gruppo Lucchini è ancora più delicata, perché connessa ad una grave e irreversibile crisi finanziaria causata dai risultati negativi della gestione industriale. Il Piano industriale e finanziario, approvato nel 2011 con l’Accordo di Ristrutturazione del debito nei confronti delle banche creditrici, per complessivi 733 milioni di euro, non ha dato i risultati attesi. Da qui la richiesta di amministrazione straordinaria della Società ai sensi della legge Marzano e la nomina di un commissario per garantire la continuità produttiva e per accelerare i tempi della cessione ad un partner strategico. Non sarà però facile trovare un partner disposto a sostenere gli investimenti necessari a rilanciare il Gruppo (circa 300 milioni di euro entro il biennio 20132014). Oltre il 90% degli investimenti è concentrato nello stabilimento di Piombino e riguarda il rifacimento dell’altoforno, gli interventi sul laminatoio rotaie e la revisione della colata continua. La parte più onerosa riguarda certamente il rifacimento dell’altoforno che rappresenta la realtà industriale di maggior rilievo ambientale ed occupazionale, sulla quale ci sono le maggiori perplessità sull’economicità dell’investimento. La cessazione dell’attività dell’altoforno, oltre ad avere pesanti ripercussioni sugli occupati, potrebbe compromettere la continuazione della produzione dei prodotti a più alto valore aggiunto ottenuti utilizzando la ghisa dell’altoforno. Il problema potrebbe essere superato con la produzione a forno elettrico di billette e blumi e l’acquisto di bramme che verrebbero lavorate nei tre laminatoi di Piombino per la produzione di rotaie, barre e vergella. In tal caso gli investimenti verrebbero ridotti e concentrati sulla revisione della colata continua e sull’attuale laminatoio rotaie per aumentarne la capacità produttiva e migliorare il processo produttivo. In questo scenario di ridimensionamento e specializzazione, l’impianto di Piombino diventerebbe più appetibile anche da parte di gruppi siderurgici italiani di minori dimensioni. Tra questi sicuramente alcuni bresciani, interessati a diversificare la propria offerta con prodotti a più alto valore aggiunto. La Lucchini è uno dei leader europei per i prodotti lunghi di alta qualità , con un ottimo posizionamento nel mercato europeo delle rotaie così come della vergella di alta qualità . Prodotti complementari a quelli della siderurgia bresciana, ancora troppo concentrata su prodotti a basso valore aggiunto e destinati prevalentemente ad un mercato oggi in crisi come quello delle costruzioni. L’integrazione del tondo per cemento armato e delle travi con vergella di qualità , barre per applicazioni meccaniche e rotaie permetterebbe di ampliare l’offerta ai settori della meccanica strumentale, dell’automotive e degli altri mezzi di trasporto che sono in crescita e meno soggetti a volatilità . L’offerta di prodotti a maggior valore permetterebbe anche di allargare il raggio delle esportazioni, possibile soltanto con prodotti ad elevata marginalità in grado di assorbire i maggiori costi di trasporto e della logistica. La ricerca di nuovi mercati per ridurre l’attuale forte concentrazione dell’export nel Nord Africa, in particolare in Algeria, è di fondamentale importanza perché in quell’area la concorrenza è destinata ad aumentare e si prevede che alcuni gruppi siderurgici arabi prima o poi apriranno delle acciaierie. Poiché la diversificazione e l’ampliamento dei mercati di sbocco, sia dal punto di vista geografico che degli utilizzatori di acciaio, non può prescindere dall’innalzamento del livello qualitativo dei prodotti, l’acquisizione della Lucchini Spa, nei termini sopra specificati, potrebbe risultare un’opportunità per ridurre i tempi e probabilmente anche i costi rispetto ad un investimento ex novo.  La possibilità di un coinvolgimento di gruppi italiani nell’Ilva appare invece molto più difficile in considerazione degli investimenti in gioco, delle competenze produttive e delle capacità manageriali necessarie, che non sono alla portata delle nostre piccole e medie imprese siderurgiche. L’unico che potrebbe essere interessato, o meglio che potrebbe approfittare di un ridimensionamento dell’attività dello stabilimento di Taranto, è il Gruppo Arvedi che ha sviluppato una propria tecnologia per produrre i coils da forno elettrico con colata continua. Un maggiore interesse per l’Ilva potrebbero averlo i grandi produttori di acciaio asiatici, interessati a creare una testa di ponte in Italia per servire l’Europa e l’area mediterranea, oppure grandi gruppi minerari interessati ad un processo di verticalizzazione produttiva.  Gianfranco Tosini Gianfranco Tosini