L'angolo di Carlini
Taccuino americano: chi partecipa all’avventura di un nuovo modello di marketing?
24 luglio 2013
Le nuove idee e scoperte come sempre avvengono per caso. Curando gli interessi di una grande impresa manifatturiera italiana, intenzionata ad entrare nel
mercato statunitense, è stato progettato un nuovo modello di marketing.
Prima di descrivere le nuove strategie va fatta una premessa. Il marketing, pensato e realizzato in epoca recente (dai tardi anni sessanta) e concettualizzato
da Philips Kotler (ha scritto 26 libri sull’argomento e una volta all’anno passa per Milano offrendo una conferenza al costo di 1300 euro a testa) si
può definire come collocazione del prodotto sul mercato. Sostanzialmente un’impresa realizza un manufatto, seguendo le richieste della clientela e lo
impone con tecniche pubblicitarie al consumo. Diversa è la sociologia dei consumi che inverte i flussi; anziché dall’azienda al mercato, il perfetto
contrario. Un’impresa dedita alla sociologia dei consumi, lavora sempre “di nicchiaâ€​ ascoltando e realizzando ciò che il mercato richiede.
Chiarite queste due grandi filosofie d’introduzione e relazione con il mercato, l’esperienza già vissuta e il successivo progetto da realizzare con altri
partner ancora da trovare, s’inquadra nella sensibilità della sociologia dei consumi.
Partendo dall’inizio, la grande impresa italiana era nel dubbio se aprire un classico showroom in America per farsi conoscere, o individuare un
produttore locale a cui affidare, in joint venture, la realizzazione di alcuni modelli, accontentandosi delle royalties.
Inviato un consulente negli Usa per sondare il mercato, emerge un quadro completamente diverso e di successo. Sganciandosi dalla logica della
localizzazione (New York vale come il deserto del Mojave in California) il consulente identifica il bisogno di una comunità locale nell’acquistare un
terreno che ne custodisce le radici storiche.
Acquisita la collina, questa viene donata alla municipalità ottenendo due risultati: il rientro dell’integrale cifra spesa, come tasse pagate in meno
sull’attività aperta in nome e conto dell’azienda italiana e il rilievo pubblicitario dei mass media locali e nazionali. Non è finita. I cittadini, spinti
anche dal sindaco, grati per l’iniziativa, considerano “loroâ€​ il marchio italiano che ha permesso tutto ciò, alimentando un flusso d’acquisti
capace d’azzerare tutti i processi d’ammortamento e avviamento dell’iniziativa.
C’è ancora un’altra novità . Sul terreno donato al Comune sorge un’intensa area ricreativa a beneficio dei cittadini, l’impresa italiana apre
una winery (locale a bassa ristorazione per la degustazione di diversi tipi di vino) realizzando il museo della regione.
I consumatori, apprezzando vino italiano (al momento importato) possono visitare il museo e le sue originali formule espositive. Le signore noleggiano per
la sera un abito italiano, che potranno anche acquistare al termine del loro impegno mondano. Il museo e la winery, con il nome dell’impresa italiana,
sono arredati con mobilia, divani, parquet e illuminazione italiani (che si possono ordinare per l’acquisto o ricevere una consulenza per
l’arredamento) consumando prosciutto crudo italiano, parmigiano reggiano e lambrusco (acquistabili anch’essi presso la winery).
Quanto qui narrato è un modello di marketing in ambito di sociologia dei consumi, anzi è un nuovo criterio di relazione con mercati maturi.
Richiede la presenza in loco di un’intera squadra d’italiani e annesse famiglie; sostanzialmente 3 coppie o famiglie, disposte a lasciare l’Italia.
Considerato che questo sistema funziona, ci sono imprese che apprezzino essere rappresentate nel territorio degli Stati Uniti con simili modalità e
famiglie-coppie interessate a trasferirsi? Chi voglia far parte di questo progetto, prenda contatto con la redazione. Buon lavoro.
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Gianfranco Tosini
Gianfranco Tosini