Cronologia Guerra Fredda 1948 - Conferenza di Potsdam Stati Uniti, Unione Sovietica e Regno Unito gettano le basi per il nuovo equilibrio mondiale. I partecipanti alla conferenza erano: gli USA, rappresentati dal Presidente Harry S. Truman e dal suo segretario di Stato James F. Byrnes L'Unione Sovietica, rappresentata da Josif Stalin e dal ministro degli esteri Molotov Il Regno Unito, rappresentato inizialmente dal Primo ministro Winston Churchill e dal ministro degli esteri Anthony Eden; dopo la sconfitta elettorale alla camera dei comuni, dal 3 luglio fu rappresentato da Clement Attlee e dal ministro degli esteri Ernest Bevin. Le decisioni prese nel corso della conferenza di Potsdam dettero luogo alla Dichiarazione di Potsdam. Furono stabiliti i confini tra Polonia e Germania sulla linea Oder-Neisse, e fu deciso che tutta la popolazione tedesca presente nel territorio divenuto polacco, cecoslovacco e ungherese dovesse essere espulsa e assorbita in Germania. La Germania fu suddivisa in quattro zone di occupazione, amministrate dalle tre potenze vincitrici a cui si sarebbe aggiunta la Francia. Non vi fu accordo sull'ammontare dei risarcimenti: mentre le potenze occidentali perseguivano una linea più morbida, Stalin insistette per dei risarcimenti molto elevati. Per questo motivo fu deciso che all'interno della propria zona di occupazione ogni potenza avrebbe gestito entità e tipologia di risarcimento in modo autonomo. Harry S. Truman lanciò un ultimatum al Giappone, che se non si fosse arreso non avrebbe evitato una "immediata e completa distruzione". 1948 – Il Blocco di Berlino Ovest Stalin blocca gli accessi Berlino Ovest interrompendo ogni via di comunicazione stradale, fluviale e ferroviaria. Blocco revocato dopo 11 mesi per permettere il rifornimento dei Berlinesi. 1949 – NATO A Washington viene firmato il Patto Atlantico (NATO) inizialmente tra i seguenti 12 Paesi : Stati Uniti d'America Gran Bretagna Canada Francia Italia Portogallo Paesi Bassi Belgio Lussemburgo Danimarca Islanda Norvegia La nascita dell'accordo trova origine dal timore, molto radicato in quel periodo, di un possibile attacco dell'Unione Sovietica a una delle nazioni dell'Europa occidentale. La Germania Occidentale entrerà nella NATO nel 55 dotandosi di un proprio esercito. Honey Tapleras 1956 – L’Ungheria si ribella all’Unione Sovietica La Rivoluzione ungherese del 1956, nota anche come insurrezione ungherese o semplicemente rivolta ungherese, fu una sollevazione armata di spirito antisovietico scaturita nell'allora Ungheria socialista che durò dal 23 ottobre al 10 11 novembre 1956. Inizialmente contrastata dall'ÁVH, venne alla fine duramente repressa dall'intervento armato delle truppe sovietiche. Morirono circa 2652 Ungheresi (di entrambe le parti, ovvero pro e contro la rivoluzione) e 720 soldati sovietici. I feriti furono molte migliaia e circa 250.000 (circa il 3% della popolazione dell'Ungheria) furono gli Ungheresi che lasciarono il proprio Paese rifugiandosi in Occidente. La rivoluzione portò a una significativa caduta del sostegno alle idee del comunismo nelle nazioni occidentali. L’allora capo di governo ungherese si chiamava Nagy , anche oggi gli ungheresi ricordano Nagy con particolare stima. 1961 – Costruzione del Muro del Berlino 1962 – Crisi missilistica di Cuba La crisi dei missili di Cuba fu un confronto tra USA e URSS conseguente al tentativo di invasione di Cuba, nell'aprile del 1961 e al relativo spiegamento difensivo nell'Isola di Cuba di missili nucleari sovietici. La crisi iniziò il 15 ottobre 1962 e durò tredici giorni, in seguito alla loro scoperta il 14 ottobre, da parte di un aereo americano U2, in volo da ricognizione sopra il territorio cubano. È considerato uno dei momenti più critici della Guerra Fredda, assieme al Blocco di Berlino e all'esercitazione Able Archer 83. Dopo giorni di tensione, Chruščëv, vista la fermezza di Washington e di John Fitzgerald Kennedy, ordinò il ritiro dei missili in cambio della promessa di non invasione dell'isola e del ritiro dei missili Jupiter installati nelle basi di Turchia e Italia, avvenuto sei mesi più tardi. 1964 – Guerra del Vietnam Conflitto combattuto tra il 1960 e il 1975 in Vietnam, che oppose il regime sudvietnamita al Fronte nazionale di liberazione sostenuto dal Vietnam del Nord e che vide l'intervento diretto degli Stati Uniti. Iniziato dal tentativo messo in atto dalla guerriglia comunista (Vietcong) di rovesciare il governo sudvietnamita, degenerò prima in una guerra civile tra il Vietnam del Sud e il Vietnam del Nord, e poi in un conflitto internazionale quando i sudvietnamiti ottennero l'appoggio degli Stati Uniti e di altre nazioni loro alleate, mentre i nordvietnamiti venivano riforniti di armi dall'Unione Sovietica e dalla Repubblica Popolare Cinese. La guerra si estese anche al Laos (dove i comunisti del Pathet Lao combatterono contro le forze governative dal 1965 fino all'avvenuta abolizione della monarchia nel 1975) e alla Cambogia (dove il governo fu rovesciato nel 1973 dal movimento rivoluzionario dei Khmer Rossi, fondato da Pol Pot). La guerra del Vietnam fu il conflitto combattuto tra il 1960 (data di costituzione del Fronte di Liberazione Nazionale filo-comunista) e il 30 aprile 1975 (caduta di Saigon), prevalentemente nel territorio del Vietnam del Sud, tra le forze insurrezionali filo-comuniste, sorte in opposizione al governo autoritario filo-americano costituito nel Vietnam del Sud, e le forze governative di questo stato, creato nel 1954 dopo la Conferenza di Ginevra, successiva alla cosiddetta guerra d'Indocina contro l'occupazione coloniale francese (1945-1954). Honey Tapleras 1968 – La Primavera di Praga La Primavera di Praga, è stato un periodo storico di liberalizzazione politica avvenuto in Cecoslovacchia durante il periodo in cui era sottoposta al dominio dell'Unione Sovietica, dopo gli eventi della seconda guerra mondiale. Essa è iniziata il 5 gennaio 1968, quando il riformista slovacco Alexander Dubček salì al potere, e continuò fino al 20 agosto dello stesso anno, quando un corpo di spedizione dell'Unione Sovietica e dei suoi alleati del Patto di Varsavia (ad eccezione della Romania) invase il paese. 1979 – L’Invasione Sovietica dell’Afghanistan La guerra in Afghanistan del 1979-1989, talvolta indicata anche come guerra russo-afghana, invasione sovietica dell'Afghanistan o intervento sovietico in Afghanistan, fu un conflitto intercorso tra il 24 dicembre 1979 ed il 15 febbraio 1989 nel territorio dell'Afghanistan, e che vide contrapposte le forze armate della Repubblica Democratica dell'Afghanistan (RDA), supportate da un massiccio contingente di truppe terrestri ed aeree dell'Unione Sovietica, e vari raggruppamenti di guerriglieri afghani collettivamente noti come mujaheddin, appoggiati materialmente e finanziariamente da un gran numero di nazioni estere; il conflitto viene considerato parte della guerra fredda nonché prima fase della più ampia guerra civile afghana. Il conflitto ebbe inizio con l'invasione del paese ad opera delle forze dell'Armata Rossa sovietica, intenzionate a deporre il presidente della RDA Hafizullah Amin per rimpiazzarlo con Babrak Karmal; l'intervento militare dell'URSS provocò una recrudescenza della guerriglia afghana contro il regime della RDA, già da tempo molto estesa nel paese: i combattenti mujaheddin, divisi in più schieramenti e partiti che mai nel corso del conflitto ebbero una guida unitaria, intrapresero quindi una lunga campagna di guerriglia a danno delle forze sovieticoafghane, spalleggiati in questo senso dagli armamenti, dai rifornimenti e dall'appoggio logistico fornito loro (in modo non ufficiale) da nazioni come gli Stati Uniti, il Pakistan, l'Iran, l'Arabia Saudita, la Cina ed il Regno Unito. Mujaheddin Alla fine del XX secolo, il termine "mujaheddin" è divenuto popolare sui mass-media per descrivere diversi guerriglieri armati che si ispiravano più o meno appropriatamente alla cultura religiosa islamica. La parola non implica alcun significato legato ai concetti di "santo" o di "guerriero", dal momento che il vocabolo ha il solo significato di "combattere" per qualcosa di giusto e nobile, non solo per l'Islam quindi ma anche per la propria patria, ad esempio, ed è quindi per questo che il vocabolo significa anche "patriota", nel senso più laico e nazionalista del termine (al-Mujāhid al-Akbar, "il Combattente Supremo" era l'espressione usualmente adoperata per il "laico" presidente tunisino Habib Bourguiba, mentre l'organo più importante del laico FLN algerino era il quotidiano al-Mujāhid). 1986 – Politiche di Riforme in Unione Sovietica Mihail Sergeevič Gorbačëv scrittura fonetica comune usata in italiano Mikhail Gorbaciov, è un politico sovietico, ora russo. È stato l'ultimo segretario generale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica (PCUS) dal 1985 al 1991, propugnatore dei processi di riforma legati alla perestrojka e alla glasnost', e protagonista nella catena di eventi che hanno portato alla dissoluzione dell'URSS e dello stesso PCUS ed alla riunificazione della Germania. È stato sposato con Raisa Maksimovna Gorbačëva. La sua politica ha portato alla fine della guerra fredda. È stato insignito nel 1989 della Medaglia Otto Hahn per la Pace e nel 1990 del premio Nobel per la pace. Con l'elezione di Michail Gorbačëv nel 1985 quale segretario generale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica (PCUS) era iniziata una nuova fase nella storia dell'U.R.S.S., infatti Gorbaciov fu sostenitore di una innovativa politica per l'Unione Sovietica fondata sui concetti chiave di perestrojka (ristrutturazione del sistema economico nazionale) e alla glasnost' (trasparenza) volta al superamento dei problemi socio-economici della superpotenza sovietica. Questa politica di riforme, se da un lato portò alla fine della Guerra fredda e alla fine dell'isolamento internazionale dell'U.R.S.S., dall'altro lato portò all'emersione dei problemi economici dello Stato che fino ad allora erano stati Honey Tapleras caparbiamente nascosti. La fine della rigida politica di repressione interna, la recessione economica e l'ammissione della fragilità del sistema politico fecero emergere ben presto i contrasti, gli odi razziali e le spinte indipendentistiche dei numerosi popoli che erano stanziati nello sterminato territorio dell'impero sovietico e che fino a quel momento erano state tenute sotto controllo dall'apparato centrale. La grave situazione economica e i crescenti disordini nelle varie Repubbliche sovietiche portarono alle prime elezioni multipartitiche nella storia dell'U.R.S.S. Glasnost è una parola russa che significa letteralmente "pubblicità" nel senso di "dominio pubblico"; tradotta più spesso con "trasparenza" È stata utilizzata da Michail Gorbačëv, a partire dal 1986, per identificare una nuova attitudine a non celare le difficoltà, a discuterne liberamente "in modo trasparente" e criticamente. L'insieme delle riforme poste in essere nel modo di selezionare i quadri del Pcus, al fine di combattere la corruzione e i privilegi dell'apparato politico prese invece il nome di perestrojka ("ristrutturazione"). Glasnost' indica dunque un'attitudine, mentre perestrojka una politica. In senso più ampio, glasnost' è stata poi utilizzata, sempre in associazione a perestrojka, anche per indicare tutte quelle politiche volte ad attuare una più ampia e più limpida circolazione dell'informazione nell'Unione Sovietica. Si procedette all'ampliamento delle maglie della censura concedendo una graduale libertà di stampa; si procedette quindi alla graduale liberazione dei dissidenti. La politica di glasnost' subì quasi subito una battuta d'arresto quando nell'aprile del 1986 nella cittadina ucraina di Černobyl', si verificò una gravissima catastrofe nucleare e la notizia venne tenuta nascosta per diversi giorni. In seguito questa politica venne ripresa con vigore. 1989 – La Caduta del Muro di Berlino Il 23 agosto 1989, l'Ungheria rimosse le sue restrizioni al confine con l'Austria e a partire dall'11 settembre 1989 più di 13.000 tedeschi dell'Est scapparono verso l'Ungheria; all'annuncio che non sarebbe stato consentito di attraversare la Cortina di ferro ai cittadini non ungheresi, i profughi inondarono le ambasciate tedescooccidentali a Budapest e Praga. Dopo giorni di sconcerto e l'arrivo del ministro degli esteri di Bonn Hans-Dietrich Genscher, con la mediazione di questi si ottenne che i profughi arrivassero in Occidente, ma con l'obbligo di riattraversare la frontiera tedesco-orientale imposto dallo Stato di loro cittadinanza. La scelta si rivelò un boomerang fatale per l'immagine stessa della Germania comunista: i treni contenenti i rimpatriati attraversarono senza fermarsi le stazioni tedescoorientali, tra lo sconcerto dei concittadini. 1991 – Decaduta il Patto di Varsavia I presidenti di Russia, Ucraina e Bielorussia firmano a Belavezha la dissoluzione dello Stato Sovietico. Il 25 dicembre Gorbačëv rassegna le sue dimissioni da Capo dello Stato, e il giorno successivo l'Unione Sovietica viene dichiarata ufficialmente sciolta dal suo stesso parlamento, il Soviet Supremo . Quando nel 1991 è caduta l’Unione Sovietica si è di fatto sciolto il Patto di Varsavia (dichiarato ufficialmente decaduto il 1° luglio di quell’anno) con il quale i paesi del blocco sovietico si garantivano “amicizia, cooperazione e mutua assistenza”. Esso era però un trattato imposto dall’Urss con il quale Mosca da un lato controllava i suoi stati satelliti, mentre dall’altro si poneva in antagonismo alla Nato. Alla caduta dell’Urss nasce la Comunità degli Stati indipendenti (Csi) una confederazione composta da undici repubbliche che facevano parte dell’Urss (Armenia, Azerbaijan, Bielorussia, Ucraina, Kazakistan, Kirghizistan, Turkmenistan, Tagikistan, Uzbekistan, Moldavia e Russia). Solo i paesi baltici e la Georgia* non adeririono. Lo scopo era la mutua difesa militare (che avrebbe visto ancora una volta Mosca come primus inter pares) e la costruzione di uno spazio di libero scambio. Nel 2005 il Turkmenistan si è ritirato mentre l’Ucraina partecipa alla Csi senza esserne membro non avendo mai ratificato il trattato. Honey Tapleras