17 787-796 - Recenti Progressi in Medicina

Vol. 97, N. 12, Dicembre 2006
Pagg. 787-796
Immunologia: il futuro prossimo
Giovanni Rolla, Nicoletta Ferrero, Roberta Bergia, Giuseppe Guida
Riassunto. La conoscenza dei meccanismi immunologici che sono alla base dei fenomeni autoimmuni e del rigetto dei trapianti d’organo è andata aumentando notevolmente negli ultimi anni, affiancata dalla produzione di nuove molecole ad azione immunosoppressiva, come i nuovi inibitori della sintesi delle purine e delle pirimidine, rispettivamente
il micofenolato mofetil e la leflunomide; i nuovi inibitori della calcineurina, come il tacrolimus; e del target della rapamicina, come il sirolimus. Le tecniche di produzione degli anticorpi monoclonali e l’ingegneria genetica delle proteine hanno fatto registrare recentemente un notevole progresso, che ha consentito il confezionamento di numerosi
agenti biologici, molti dei quali sono già entrati nell’uso clinico, rappresentando importanti armi terapeutiche contro le malattie autoimmuni e il rigetto dei trapianti. Ad esempio, anticorpi monoclonali diretti contro il recettore dell’IL-2 (basiliximab e daclizumab)
si sono dimostrati efficaci nel diminuire l’ incidenza del rigetto e anticorpi monoclonali e
proteine di fusione sono disponibili contro citochine infiammatorie, come TNFα e IL-1. Altri anticorpi monoclonali possono causare una deplezione delle cellule immunocompetenti, come ad esempio l’anti CD20 rituximab, oppure interferire con i costimoli attivatori della risposta immunologica, come ad esempio il CTLA4 Ig abatacept, in fase di studio
nell’artrite reumatoide, l’anti CD11 efalizumab e la proteina di fusione LFA-3 alefacpt ,
entrambi impiegati nel trattamento dei pazienti affetti da psoriasi. I nuovi farmaci biologici hanno prodotto importanti effetti dal punto di vista clinico, aumentando le opzioni
terapeutiche per quei pazienti che non rispondono ai trattamenti immunosoppressori
convenzionali. Il futuro dell’immunologia clinica appare oggi assai promettente, in quanto i successi già ottenuti sono di sprone a cercare l’ottimizzazione di impiego dei farmaci
biologici e ad estenderne l’uso.
Parole chiave. Abatacept, basiliximab, daclizumab, farmaci biologici, farmaci immunosoppressori, leflunomide, rituximab, sirolimus, tacrolimus.
Summary. Perspectives in clinical immunology.
Since the last years the better knowledge of immunologic mechanisms underlying autoimmune phenomena and rejection of allotransplants has been accompanied by an impressive production of new drugs: new inhibitors of purine and pyrimidine synthesis, as
mycophenolate mofetil and leflunomide respectively, new inhibitors of calcineurin, such
as tacrolimus, and target of rapamycine, such as sirolimus. Moreover, the tremendous advance in the methodology of producing monoclonal antibodies and the genetic engineering of proteins has led to a wide variety of biological agents, many of them have been approved as important new therapies for autoimmune diseases and against graft rejection.
Monoclonal antibodies targeting IL-2 cytokine receptor have been shown to be useful in
decrease the incidence of rejection. Moreover, monoclonal antibodies are available which
target inflammatory cytokines, such as TNFα and IL-1, while other monoclonal antibodies may cause immune cell depletion, such as anti CD20 rituximab, or cause dysruption
of costimuli, like CTLA4Ig abatacept in the treatment of rheumatoid arthritis and anti
CD11 efalizumab in the treatment of psoriasis. The new biologic agents have induced
salutary clinical effects and extended the therapeutic option of patients not responding
to existing treatments. The future looks brighter than ever as the recorded success fuels
efforts to optimize the use of the biologic agents and extend their use in other diseases.
Key words. Abatacept, basiliximab, biological agents, daclizumab, immunosoppressive
drugs, leflunomide, rituximab, sirolimus.
Allergologia e Immunologia Clinica, Università, Azienda Sanitaria Ospedaliera, Torino.
Pervenuto il 17 luglio 2006.
788
Recenti Progressi in Medicina, 97, 12, 2006
Introduzione
L’immunologia clinica ha segnato importanti
passi avanti negli ultimi 10 anni, che hanno portato ad un cambiamento nell’approccio terapeutico alle malattie immuno-mediate e alla medicina
dei trapianti. La miglior comprensione dei meccanismi immunologici che sono alla base della perdita della tolleranza verso il self e del riconoscimento degli alloantigeni ha aperto la strada al confezionamento di una serie impressionante di
farmaci: dalle piccole molecole inibenti la traduzione del segnale (inibitori della calcineurina e del
target della rapamicina), ai nuovi inibitori della
sintesi delle purine (micofenolato) e delle pirimidine (leflunomide), agli anticorpi che inducono la deplezione di T e B linfociti (alemtuzumab), o dei so-
li B linfociti (rituximab), agli anticorpi monoclonali che colpiscono una specifica frazione di linfociti,
come ad esempio i linfociti T attivati nel caso dei
monoclonali anti CD25 (basiliximab e daclizumab). La tabella 1 fornisce una classificazione delle nuove terapie immunosoppressive e immunoregolatrici. Guardando questa tabella, si può ben dire che il tempo nel quale il medico aveva a
disposizione i soli corticosteroidi per curare le malattie autoimmuni sembra ormai preistoria!
In questa rassegna riassumeremo le nuove terapie immunomodulatrici già in uso clinico, per
concludere disegnando uno scenario terapeutico
possibile nel futuro prossimo.
Tabella 1. - Classificazione degli immunosoppressori.
Farmaci che legano
le immunofiline
PICCOLE
MOLECOLE
Inibitori della sintesi
nucleotidica
Inibitori della calcineurina
sirolimus, everolimus
Inibitori della sintesi
delle purine
micofenolato mofetil
Inibitori della sintesi
delle pirimidine
leflunomide
PROTEINE
Proteine di fusione
e anticorpi inibitori
di molecole di adesione
azatioprina
FK778
metotrexate
Anticorpi policlonali
Anticorpi e proteine
di fusione non inducenti
deplezione cellulare
Farmaci che legano
l’FKBP12: tacrolimus
Inibitori della rapamicina
Antimetaboliti
Anticorpi che inducono
deplezione cellulare
Farmaci che legano la
ciclofilina: ciclosporina
globulina anti-timocita
Anticorpi monoclonali
murini anti-CD3
visulizumab
Anticorpi monoclonali
umanizzati anti-CD-52
alemtuzumab
Deplezione cellule B:
anticorpi monoclonali
anti-CD20
rituximab
Anticorpi monoclonali
murini o umanizzati
anti-CD25
daclizumab
basiliximab
Proteine di fusione
CTLA4-Ig
abatacept
Competizione con
LFA-3 per CD2
alefacept
Anti-subunità α di LFA-1
efalizumab
Anti-recettore α4integrine natalizumab
Anticorpi
anti-citochine
anti-TNFα
anti-IL12
Immunoglobuline ev
infliximab
etanercept
adalimumab
789
G. Rolla, N. Ferrero, R. Bergia, G. Guida: Immunologia: il futuro prossimo
Prospettive della terapia
immunosoppressiva tradizionale
I possibili meccanismi dell’ azione immunomodulatrice delle Ig ad alte dosi che sono stati suggeriti sono molteplici e comprendono il blocco del recettore Fc a livello delle cellule del sistema reticoloendoteliale, la modulazione della sintesi delle
citochine e la loro neutralizzazione mediante anticorpi bloccanti, la neutralizzazione delle esotossine stafilo e streptococciche, l’inibizione della funzione dei B linfociti attraverso l’impegno del recettore a bassa affinità FcγRIIb1, la neutralizzazione
degli autoanticorpi attraverso anticorpi anti-idiotipo ed altri ancora (figura 1)1.
UN NUOVO SCHEMA POSOLOGICO
DEI CORTICOSTEROIDI: LA PULSE DOSE
È ormai prassi consolidata l’impiego di metilprednisolone a dosi elevate (solitamente 1 g, con
una dose minima di 250 mg), per via venosa, solitamente per 3 dosi in giorni consecutivi o alternati. Questa modalità di somministrazione era stata
usata per la prima volta per contrastare il rigetto
del trapianto di rene, ma ben presto l’indicazione
è andata estendendosi a comprendere, tra le numerose indicazioni, la glomerulonefrite lupica, l’emorragia alveolare da vasculite, l’artrite reumatoide.
Neutralizzazione di
tossine/superantigeni
batterici
LE IMMUNOGLOBULINE AD ALTE DOSI
Blocco del
recettore Fc
Modulazione
della produzione
di citochine
Inibizione del deposito
del complemento sui
tessuti target
La somministrazone per via e.v. di immunoglobuline ad alte dosi (da 400mg/kg /die per 5 giorni
a 2 g/kg in un solo giorno) è diventata una modalità di trattamento di numerose patologie autoimmuni. Studi clinici controllati ne hanno dimostrato l’efficacia in alcune patologie, come la porpora
trombocitopenica idiopatica o la vasculite di Kawasaki, e la inefficacia in altre patologie autoimmuni, come il LES o la dermatite atopica. La tabella 2
riporta l’elenco delle malattie nelle quali questa
modalità terapeutica è di provata , probabile o possibile efficacia, unitamente all’elenco di malattie
nelle quali l’efficacia non è stata dimostrata.
Inibizione della
morte cellulare
Fas-mediata
Interazioni
idiotipo/anti-idiotipo
Ig ev
Inibizione dell’attività
citochinica
Riduzione della
Modulazione delle risposte
sintesi di Ig da
immuni attraverso il
parte delle cellule B
recettore Fcγ RIIb1
Immunomodulazione
delle cellule T e di cellule
accessorie
Figura 1. Meccanismo di azione delle immunoglobuline e.v.
Tabella 2. - Efficacia della terapia con immunoglobuline per via e.v. nei disordini autoimmuni ed infiammatori.
Efficacia sicura in studi controllati
•
•
•
•
•
Porpora trombocitopenica idiopatica
Neutropenia autoimmune
Sindrome di Kawasaki
Sindrome di Guillain-Barrè
Poliradicoloneuropatia cronica infiammatoria
demielinizzante
• Neuropatia motoria multifocale
• Miastenia gravis
• Dermatomiosite (negli adulti)
Possibile efficacia
•
•
•
•
•
Anemia emolitica autoimmune
Coagulopatie autoimmuni
Polimiosite
Artrite reumatoide (negli adulti)
Vasculiti sistemiche (ANCA positive o correlate
al Parvovirus B19)
• Patologie postinfettive o correlate a vaccinazione nei bambini (es. la sindrome di West, la sindrome di Lennox-Gastaut)
• Orticaria cronica autoimmune
Probabile efficacia
• Neuropatia demielinizzante periferica con presenza di paraproteine IgM monoclonali
• Sclerosi multipla
• Disordini ossessivo-compulsivi
• Aborti spontanei ricorrenti
• Shock settico
• Necrolisi tossica epidermica
• Asma (nei pazienti che richiedono alte dosi di
steroidi per via orale)
Scarsa o mancata efficacia
•
•
•
•
•
Miosite da corpi inclusi
Sindrome neurologica paraneoplastica
Artrite reumatoide giovanile
Lupus eritematoso sistemico
Dermatite atopica
790
Recenti Progressi in Medicina, 97, 12, 2006
OLTRE LA CICLOSPORINA:
Recettori dei fattori di crescita
INIBITORI DELLA CALCINEURINA
E DEL TARGET DELLA RAPAMICINA
Appartengono a questa classe di immunosoppressori alcune molecole in grado di legare proteine con struttura conservata, presenti ubiquitariamente, denominate immunofiline. La ciclofilina è
l’immunofilina alla quale si lega la ciclosporina,
FKBP12 l’immunofilina alla quale si legano il tacrolimus e il sirolimus (rapamicina).
Il legame della ciclosporina con la ciclofilina e
del tacrolimus con FKBP12 porta alla inibizione
della calcineurina, enzima essenziale per l’attivazione di numerosi fattori di trascrizione (figura 2).
Il complesso sirolimus/FKBP12 ha come target
non la calcineurina, ma una proteina omologa del
target di sirolimus sui funghi, denominata TOR
(target of rapamycin) (figura 3).
La ciclosporina è il farmaco immunosoppressore che ha rivoluzionato la medicina dei trapianti, entrando a far parte da anni degli schemi
farmacologici di prevenzione del rigetto del trapianto di cuore e di rene e di prevenzione della
graft versus host disease nel trapianto di midollo.
La ciclosporina è inoltre impiegata nel trattamento di numerose patologie infiammatorie croniche autoimmuni, come ad esempio l’artrite reumatoide. Il tacrolimus2 è impiegato nella prevenzione del rigetto di trapianto di fegato e, negli
ultimi anni, in forma topica, nel trattamento della dermatite atopica. Il sirolimus può essere impiegato nella prevenzione del rigetto di trapianto
di rene, e può essere somministrato assieme alla ciclosporina o al tacrolimus, avendo un meccanismo
di azione e uno spettro di effetti collaterali diversi
da quelli degli inibitori della calcineurina, consentendo una rapida riduzione del corticosteroide e
della ciclosporina stessa. Ricordiamo che gli effetti
collaterali della ciclosporina e del tacrolimus ri-
JAK/STAT
Chinasi
PI-3K
RAP/FKBP12
mTOR
CDK/CICLINE
NUCLEO
ciclo cellulare
Figura 3. Effetti del sirolimus sui segnali di crescita.
guardano la nefrotossicità, la neurotossicità e l’ipertensione arteriosa, mentre gli effetti collaterali
più comuni del sirolimus sono l’ iperlipemia e la
tossicità ematologia (leuco e piastrinopenia).
È prevedibile che in un prossimo futuro saranno sperimentati farmaci leganti le immunofiline e che mantengano le proprietà
immunosoppressive, senza gli effetti tossici.
I NUOVI INIBITORI DELLA SINTESI DEI NUCLEOTIDI
TCR
CsA/CyP
FK506/FKBP
CALCINEURINA
NFAT
NUCLEO
IKK
MAP
Kinasi
AP-1
NF-kB
mRNA
Figura 2. Effetti degli inibitori delle immunofiline.
All’azatioprina, farmaco immunomodulatore
capostipite della classe degli inibitori della sintesi
dei nucleotidi, nella fattispecie delle purine, sintetizzato nel 1957 e da decenni impiegato , assieme
ad altri farmaci, nella profilassi del rigetto di trapianto e nella terapia di numerose malattie infiammatorie croniche immunomediate (artrite
reumatoide, Crohn, vasculiti ANCA positive etc) si
sono aggiunti più recentemente due nuovi farmaci, il micofenolato mofetil, inibitore della sintesi de novo delle purine , e la leflunomide, inibitore della sintesi de novo delle pirimidine.
Il micofenolato mofetil è un profarmaco, idrolizzato nel fegato a composto attivo, l’acido micofenolico. È un inibitore non competitivo dell’inositolo
monofosfato deidrogenasi, enzima essenziale nella
sintesi de novo del nucleotide guanosinico. Il farmaco è preferenzialmente attivo sui linfociti in proliferazione, in quanto essi possono utilizzare solo la via
de novo per la sintesi delle purine, a differenza della maggior parte delle altre cellule, che può utilizzare vie di salvataggio.
G. Rolla, N. Ferrero, R. Bergia, G. Guida: Immunologia: il futuro prossimo
791
Il farmaco, oltre che esCELLULA T
sere attivo sui T linfociti, è
anche in grado di inibire la
citochine (ex infliximab)
Vaccinazioni T
proliferazione di B linfociti,
in risposta a mitogeni T cellRecettore della
visulizumab
citochina
dipendenti e indipendenti. Il
CD3
(ex
etanercept)
micofenolato è impiegato
TCR CD4
Keliximab,
LFA-1
(abatacept)
nella profilassi del rigetto
clenoliximab,
(anti CD11α
efalizumab)
del trapianto di rene, cuore e
imuclone
CD2 CTLA-4CD28
Recettore solubile
fegato. Il farmaco è stato andella citochina
che impiegato con successo
nell’artrite reumatoide remAb
frattaria e nella nefrite lupianticitochina
ca ha dimostrato efficacia
nei casi già trattati con ciclofosfamide3.
La leflunomide è un
profarmaco il cui metabolita attivo inibisce l’enzima diidro-orotato-deidroCD 80/86
genasi, enzima richiesto
ICAM-1 LFA-3
(B7)
MHC II
(alefacept)
per la sintesi de novo delle
pirimidine, inibendo così
la proliferazione linfocitaria. Numerosi studi hanno
APC
dimostrato l’efficacia della
leflunomide nei pazienti
Figura 4. Interazioni cellula T-Antigen Presenting Cell.
con artrite reumatoide, efficacia non inferiore a
quella del metotrexate e
della ciclosporina. In particolare è emersa l’indiL’interruzione delle interazioni CD28/B7 e
cazione ad impiegare il farmaco nei pazienti non
CTLA 4/B7 condurrebbe, al contrario, ad un’aneradeguatamente controllati dalla terapia con megia delle cellule T antigene-specifiche, offrendo una
totrexate, al quale può essere aggiunta4.
strategia alternativa di trattamento delle malattie
AI. L’abatacept, proteina di fusione ricombinante
costituita da un frammento Fc e dal dominio exNuovi approcci terapeutici
tracellulare di CTLA4 umano, compete con il CD28
per legare il B7 sulle cellule T, modulandone l’attiMODULAZIONE DELLA RISPOSTA IMMUNITARIA
vazione; sono stati recentemente condotti trial cliMEDIATA DAI LINFOCITI T
nici per verificare efficacia e sicurezza di abatacept in pazienti affetti da AR non responsiva ad
Le cellule T sono centrali sia nella fase di induinibitori del TNFα e già in trattamento con
zione che in quella di produzione della risposta auDMARDs, studi che hanno dimostrato come tale
toimmune. Tale risposta dipende dal fatto che i refarmaco induca un significativo miglioramento clicettori dei linfociti T (TCR) riconoscono come non self
nico e funzionale5.
molecole self a loro presentate in forma peptidica dal
L’interazione tra complesso peptide-MHC sulcomplesso maggiore di istocompatibilità (MHC).
la cellule presentante l’antigene (APC) e TCR
La stabilità del complesso TCR/antigene/moleconduce all’up-regolazione di un altro importancola MHC e la traduzione di segnali di attivazione
te recettore di costimolo sulla cellula T: il ligandipendono, oltre che dalla stretta interazione tra le
do per il CD40 (CD40L) che interagisce con il suo
parti, anche dalla presenza di uno stuolo di molecontro-recettore CD40 sul linfocita B e ne detercole accessorie e costimolatorie (figura 4).
mina crescita, differenziazione, switch isotipico
Tutte queste componenti messe insieme dedelle Ig e resistenza all’apoptosi. La terapia con
terminano un risultato funzionale di attivazione
anti-CD40L è stata sperimentata in modelli anie regolazione dei T e rappresentano una schiera
mali, ad esempio nella nefrite lupica murina 6
di possibili bersagli per l’immunoterapia.
(vedi capitolo relativo alla modulazione dei linfociti B).
a) Molecole di costimolazione
A seguito del riconoscimento da parte del TCR
dell’antigene presentato dalle molecole MHC, le
molecole CD28 e CTLA4 agiscono come segnali di
costimolo riconoscendo il ligando B7 e promuovendo l’attivazione del linfocita T autoreattivo.
b) Molecole accessorie
Il complesso CD3 funziona da trasduttore di segnali di attivazione che derivano dall’interazione
TCR-complesso Ag/MHC di classe II.
792
Recenti Progressi in Medicina, 97, 12, 2006
Finora le applicazioni delle ricerche sugli antiCD3 sono state concentrate sulla biologia dei trapianti. OKT3, un anti-CD3 murino approvato per il
trattamento e la prevenzione della graft-versus-host-disease, è un efficace immunosoppressore poiché
il CD3 è espresso sulla superficie di tutti i T. Tuttavia tale farmaco può scatenare gravi sindromi da
rilascio citochinico. Una versione umanizzata dell’OKT3, il visulizumab, risulta indurre minori effetti collaterali.
In modo simile, i co-recettori CD4 esercitano un
ruolo stabilizzante nei confronti dell’interazione
tra cloni T autoreattivi e molecole MHC di classe
II7. Anticorpi monoclonali diretti verso i CD4 hanno lo scopo di rendere instabile il complesso ternario, in modo da interrompere l’attivazione dei T.
Citiamo tre anticorpi monoclonali studiati per essere utilizzati nell’asma, nell’AR, nella psoriasi e
nel diabete insulino-dipendente rispettivamente:
keliximab, clenoliximab e imuclone.
Keliximab si lega all’Fcγ delle cellule CD4+ e dà
luogo a un’apoptosi determinata da una citotossicità
cellulare anticorpo-mediata8. L’eliminazione dei
CD4+ porta tuttavia ad una linfocitopenia grave e
persistente. Invece clenoliximab ed imuclone aboliscono la funzione dei CD4 senza diminuire il pool
cellulare T, verosimilmente tramite un’induzione di
anergia secondaria a incompleta attivazione dei T,
diminuzione dell’espressione CD4 sulla superficie
cellulare e aumentata produzione di citochine TH2.
Studi sull’uomo in merito alla vaccinazione T
sono stati condotti solo in limitate coorti di pazienti con sclerosi multipla, ma senza importanti
risultati10.
IL COMPARTIMENTO B CELLULARE NELL’AUTOIMMUNITÀ:
IMPLICAZIONI TERAPEUTICHE
I linfociti B rappresentano una componente
fondamentale della normale risposta immune di
tipo adattativo, il cui fine ultimo è quello di generare anticorpi contro ogni possibile proteina
patogena. La patogenesi delle malattie autoimmuni è strettamente legata ad una disregolazione delle funzioni dei linfociti B, che spesso producono autoanticorpi, potenzialmente citotossici: o direttamente oppure partecipando alla
costituzione di immunocomplessi. Il risultato
della mancata regolazione B linfocitaria conduce
spesso alla formazione di tessuto linfatico organizzato de novo in alcuni organi bersaglio. Al momento, anche se le relazioni tra linfociti B e le
manifestazioni cliniche delle malattie autoimmuni non sono del tutto chiarite, la deplezione o
la modulazione del compartimento B possono risultare di beneficio nell’approccio terapeutico a
tali patologie.
a) Intervento terapeutico sui meccanismi
di tolleranza centrale, periferica ed anergia
c) Potenziamento delle cellule T regolatorie
A livello periferico viene esercitato un controllo
su cloni di cellule T debolmente autoreattive da
parte delle cellule regolatorie (T reg). Queste agiscono producendo citochine inibitorie (IL10 e
TGFβ) o attraverso contatto diretto cellula-cellula
mediato nuovamente da molecole costimolatorie
(B7-CD28/CTLA4). Una deplezione delle cellule T
reg è stata dimostrata alla base di patologia autoimmune tiroidea, gastrica, diabete nel topo e alla base di modelli autoimmuni nell’uomo (artrite
reumatoide e sindrome autoimmune X-linked).
Un approccio terapeutico mirante a potenziare
la risposta T regolatoria è rappresentato dall’impiego sperimentale di vaccinazioni con cellule T.
L’immunizzazione con componenti delle proteine
del TCR specifiche per le patologie autoimmuni
(es. la mielina nell’encefalite autoimmune murina)
provoca la produzione di anticorpi specifici per il
TCR e induce l’amplificazione di cellule regolatorie
inibenti il clone di linfociti autoreattivi patogeni9.
Uno dei compiti più difficili nel disegnare vaccini efficaci con peptidi TCR è lo stabilire quali siano
le regioni del TCR che conferiscano qualità sia immunogene che protettive al vaccino. Un approccio è
stato quello di impiegare peptidi sintetici che si
estendono sull’intera regione del gene V in animali
affetti da malattie autoimmuni coinvolgenti la reattività dei T. Il metodo di immunizzazione preferito è
la via intradermica che permette lo sviluppo di un’ipersensibilità ritardata nel sito di iniezione.
Più della metà dei linfociti B immaturi generati nel midollo osseo sono polireattivi e capaci di legare autoantigeni; tuttavia, solo una piccola proporzione entra nel pool dei linfociti B maturi circolanti poiché un meccanismo di tolleranza diretta
“centrale” elimina i linfociti B immaturi autoreattivi. Questa delezione avviene quando i linfociti B
incontrano ed internalizzano autoantigeni ad alta
avidità di legame con conseguente deficit del segnale microambientale necessario per la loro sopravvivenza, il BAFF (fattore attivante le cellule
B), noto anche come BLyS (stimolatore dei linfociti B) che agisce attivando il BCR (recettore delle
cellule B).
Molti linfociti B immaturi con bassa avidità
verso auto-antigeni lasciano comunque il midollo osseo ma diventano anergici, cioè funzionalmente incapaci di attivarsi attraverso il BCR e
muoiono in 2-3 giorni negli organi linfatici secondari attraverso un’apoptosi CD40-ligando
FAS dipendente. L’anergia è dovuta, da un lato,
all’attivazione intracellulare di proteine tollerogeniche con azione pro-apoptotica come BIM e,
dall’altro, all’inibizione di pathway di attivazione
del BCR (fattori di sopravvivenza BCL-2 e PIM2). Ancora una volta la molecola BAFF risulta
fondamentale nel promuovere l’attivazione delle
cellule autoreattive, tanto che alti livelli di questa citochina si riscontrano per esempio nel LES,
nell’artrtite reumatoide (AR) e nella sclerosi sistemica.
G. Rolla, N. Ferrero, R. Bergia, G. Guida: Immunologia: il futuro prossimo
Un primo possibile target terapeutico importante nel controllo dell’autoimmunità è quindi la
modulazione della molecola BLyS, verso la quale
sono stati sviluppati sia un anticorpo monoclonale umano, belimumab, sia recettori solubili immunoglobulinici antagonisti in grado di inibirne
l’attività biologica. Belimumab è stato sperimentato nel LES lieve-moderato, dimostrando un soddisfacente profilo di tollerabilità e una capacità di
ridurre i linfociti B fino al 47%11. Tuttavia, uno
studio di fase II su 350 pazienti non ha raggiunto gli end-point primari. Risultati più promettenti sono emersi nell’AR moderata-severa nella
quale l’aggiunta del belimumab ai DMARDs ha
dimostrato un’efficacia clinica a 24 mesi del 35%
(ACR20) rispetto al 16% del placebo12.
b) Regolazione delle cellule autoreattive
nel centro germinativo e nella formazione
di autoanticorpi
I linfociti B diretti contro autoantigeni rari, a
bassa affinità, tessuto-specifici o sequestrati nelle
cellule, sono resi tolleranti attraverso meccanismi
di costimolazione, che intervengono nello spegnere
la risposta immune che li coinvolge nel centro germinativo.
Per esempio, la stimolazione del CD22 , inibisce
l’attivazione del BCR, e topi con deficit di CD22
hanno un fenotipo B iperreattivo e sviluppano anticorpi anti-DNA e LES. Un anticorpo umanizzato
diretto contro il CD22 (epratuzumab), in grado di
bloccare l’interazione del CD22 col suo ligando, è
stato utilizzato in uno studio clinico di fase IIa nel
LES, dimostrando un buon profilo di sicurezza e
segni promettenti di efficacia13. Altre molecole,
considerate possibile target terapeutico, con simile attività del CD22, sono il CD23 e il recettore per
l’FcγRIIB, la stimolazione dei quali può inibire la
risposta autoimmune.
I sistemi di co-stimolazione tra linfociti B e
linfociti T, quali CD40/CD40L, ICOS-ICOS-L e
B7/CD28 sono cruciali nella regolazione dell’attivazione, nella proliferazione e nello switching
dell’isotipo delle immunoglobuline. Il blocco del
sistema CD40/CD40L inibisce l’inizio e la differenziazione delle cellule B del centro germinativo in plasmociti e interferisce nel mantenimento
della produzione anticorpale. Il trattamento del
LES con anticorpi anti CD40L ha portato ad un
miglioramento nello score sintomatologico e ad
una diminuzione degli anticorpi anti-dsDNA, ma
trial clinici sono stati bloccati per inaspettata
tossicità14. Infine, i co-stimoli ambientali, quali i
ligandi per i toll-like receptors (TLR) (flagelline
batteriche, LPS, sequenza GpG di DNA non metilati) e per i recettori intracellulari NOD-like,
sono in grado di stimolare sopravvivenza, proliferazione, differenziazione plasmacellulare e sopravvivenza delle cellule B di memoria. Per
esempio, in assenza del TLR9, in modelli animali, non si generano più autoanticorpi verso antigeni nucleari.
793
Un’opzione terapeutica promettente consiste nell’usare oligonucleotidi inibitori
(ODNs) in grado di impedire l’interazione tra
sequenza CpG-DNA e i TLR9. A questo proposito, gli inibitori di ODNs inibiscono in vitro la
produzione di Ig da parte di cellule B di LES e
impediscono lo sviluppo dell’artrite indotta
dalla somministrazione intra-articolare di
CpG-ODNs nel topo15.
c) Deplezione aspecifica dei linfociti B:
il modello dell’anti CD20
Le molecole di superficie espresse dal linfocita
B rappresentano un target potenziale per il controllo di patologie linfociti B mediate.
Il rituximab (RTX) è un anticorpo monoclonale chimerico umano/murino anti CD20 che elimina selettivamente i linfociti B attraverso un
meccanismo di citotossicità cellulo-mediata anticorpo dipendente (ADCC), citotossicità complemento-dipendente e inducendo apoptosi.
L’anticorpo non agisce sulle cellule staminali,
sui pre-B linfociti e sulle plasmacellule in quanto tutte queste cellule non esprimo il CD20.
Nella pratica clinica, il RTX è ad oggi approvato per il trattamento di linfomi a cellule B. Le
prime osservazioni sul ruolo potenziale dell’anti
CD20 nel trattamento delle malattie autoimmuni sono venute da casi di pazienti con linfoma che,
trattati con RTX, sviluppavano un miglioramento sintomatologico della concomitante artrite reumatoide (AR). Ad oggi 3 trial clinici hanno valutato il ruolo del RTX nell AR: uno studio di fase
IIa in pazienti non responsivi ai DMARDs ha dimostrato una risposta clinica (ACR50) superiore
e più duratura nel gruppo trattato con RTX in 2
somministrazioni bisettimanali associato ad alte
dosi di steroidi (33%) o in combinazione con il
MTX e steroidi (43%), rispetto al gruppo trattato
solo con MTX e steroidi (13%). Un secondo studio
di fase IIb (DANCER) ha dimostrato, in pazienti
con analoghe caratteristiche cliniche, un’efficace
risposta anche con dosi basse di RTX . Infine, uno
studio di fase III, randomizzato, controllato contro placebo e in doppio cieco, ha evidenziato maggior efficacia di risposta e miglioramento della
qualità di vita in pazienti che avevano risposto in
modo inadeguato alla terapia con farmaci antiTNF16.
Nei pazienti affetti da LES, con malattia attiva
e severa, refrattaria alle dosi convenzionali di ciclofosfamide e.v. con o senza l’aggiunta di micofenolato, l’uso di RTX a basse o alte dosi, in combinazione con steroidi e ciclofosfamide, ha determinato un consistente miglioramento, soprattutto
dell’ anemia e della piastrinopenia.
794
Recenti Progressi in Medicina, 97, 12, 2006
In un altro gruppo di pazienti con LES moderatamente attivo, il raggiungimento di una soddisfacente deplezione dei linfociti B (<5/μl) ha reso
possibile interrompere l’uso di immunosoppressori convenzionali (AZA, MTX) e ha consentito di ridurre sensibilmente la dose di steroidi con un miglioramento clinico, soprattutto di rash cutaneo,
artralgie/artrite e mucosite17.
L’efficacia del RTX è stata provata anche nella
crioglobulinemia mista di tipo II in fase attiva,
senza peggiorare l’infezione HCV18, in qualche caso di dermatomiosite, di neuropatia IgM mediata,
nella porpora trombocitopenica idiopatica refrattaria e nella anemia emolitica autoimmune da anticorpi freddi e caldi19.
MODULAZIONE DEI MECCANISMO DI FLOGOSI CRONICA
NELLE MALATTIE AUTOIMMUNI
a) Blocco delle molecole di adesione
– l’odulimomab e l’efalizumab, anticorpi
monoclonali diretti contro LFA-1 (complesso formato dalla catena alfa 4 dell’integrina (CD11) insieme al CD18) impediscono la diapedesi , l’attivazione e la proliferazione delle cellule T periferiche.
L’ odulimomab è stato proposto nella graft-versushost disease e nelle reazioni di rigetto, mentre l’efalizumab è stato approvato per il trattamento della psoriasi , nella quale riduce l’infiltrato T linfocitario della cute .
Per il trattamento della psoriasi a placche da
moderata a grave è stato anche approvato l’alefacept, proteina di fusione LFA3/IgG1, che agisce legandosi al CD2, molecola di adesione-costimolazione presente su tutte le cellule T, in particolare
sulle cellule T memory, competendo con l’LFA3 autologo.
L’efomicina M, anticorpo monoclonale ancora
in fase di studio, attraverso l’ inibizione dell’interazione di E-selectine e di P-selectine con i rispettivi ligandi ha dimostrato efficacia significativa in
modelli animali di psoriasi23.
Selectine ed integrine rappresentano famiglie
di molecole di adesione necessarie per la migrazione leucocitaria nei tessuti, in collaborazione
con chemochine e recettori delle chemochine (GPCR) indispensabili nell’ indirizzare le cellule verso le sedi di infiammazione20. Tali molecole di adesione sono estremamente specifiche sia nel dirigiAttualmente sono in fase sperimentale anre il reclutamento cellulare verso gli organi
tagonisti di SIP1 (sfingosina 1 fosfato),
bersaglio della patologia, quali, ad esempio, le vie
chemochina indispensabile per la fuoriuscita dei
aeree nell’asma, la cute nella psoriasi, l’intestino
linfociti T dagli organi linfatici. Tali farmaci (es.
nel m. di Crohn, il SNC nella sclerosi multipla, sia
FTY720) costituiscono una nuova classe di imnella partecipazione a risposte immunitarie di timunosoppressori potenzialmente utile per la
po Th1 e Th2, utilizzando preferenzialmente i reprevenzione del rigetto del trapianto d’organo
cettori chemotattici CXCR3, CXCR6, CCR5 i linfo(figura5)20.
citi TH1, e i recettori CCR4, CCR8 CTRH12 i
linfociti TH221.
Gli obiettivi delle nuove strategie terapeutiche
mirano proprio a impedire
le varie fasi del reclutamento cellulare: in sintesi
rolling, attivazione, adesione e trasmigrazione; fra
le novità terapeutiche citiamo:
– il natalizumab, anticorpo monoclonale diretto contro la catena alfa 4
dell’integrina: agisce bloccando il legame fra VLA-4
(alfa 4 beta 1), espresso sui
linfociti Th1, e VCAM-1,
espresso sulle cellule endoteliali del SNC, e inibisce
l’interazione fra alfa 4 beta
7 e MADCAM-1, espresso
sulle cellule intestinali,
con il risultato di una dimostrata efficacia terapeutica nella sclerosi multipla
e nel morbo di Crohn ri- Figura 5. Esempi di inibizione delle molecole di adesione.
spettivamente22.
G. Rolla, N. Ferrero, R. Bergia, G. Guida: Immunologia: il futuro prossimo
b) Inibizione delle citochine
proinfiammatorie
Il TNFα è una citochina chiave nell’amplificare
e mantenere la flogosi presente in molte malattie
immuno-mediate e, in particolare, nell’artrite reumatoide.
Questa citochina, presente in elevata concentrazione nel liquido sinoviale dei pazienti con AR,
attiva il macrofago stimolando la produzione di
numerosi mediatori del danno cartilagineo. TNFα
è anche mediatore centrale nella formazione della
flogosi granulomatosa nel morbo di Crohn e in altri modelli di flogosi cronica autoimmune. La strategia terapeutica volta a inattivare questa citochina ha rappresentato un importante passo avanti
nella terapia di queste patologie.
L’infliximab è un anticorpo chimerico monoclonale IgG1 formato da una regione costante umana e
una regione variabile murina: agisce legandosi al
TNFα e determina la lisi delle cellule che producono
questa citochina neutralizzandone l’attività. In pazienti affetti da morbo di Crohn l’uso dell’infliximab
è indicato nella malattia severa attiva e nei pazienti refrattari agli steroidi o agli immunosoppressori24.
Nell’AR, infliximab è risultato efficace, sia in monoterapia, sia in combinazione con MTX, non solo nel
controllo sintomatologico, ma anche nel prevenire la
progressione delle erosioni ossee25.
La medesima efficacia si è dimostrata con un secondo agente biologico con azione anti TNFα: l’etanercept, una proteina di fusione fra il frammento
Fc della IgG1 umana e il recettore ad alta affinità di
tipo 2 (p75) del TNFα. Tale anticorpo monoclonale
agisce legandosi alle molecole di TNFα e di TNFβ, interferendo così con il legame di entrambe le citochine ai rispettivi recettori di superficie. Il suo utilizzo
sembra dare soddisfacenti risultati anche nell’artrite psoriasica e nella psoriasi.
Infine l’adalimumab, anticorpo monoclonale interamente umanizzato, è stato approvato per il trattamento dell’artrite reumatoide: la sua azione consisterebbe nel legare fortemente il TNF α sia circolante che di membrana. Gli effetti avversi degli
antagonisti del TNFα, pur se limitati (reazioni infusionali o nel sito di iniezione, complicanze infettive in
particolare tubercolosi e aumentato rischio di linfoma), impongono un attento monitoraggio, specie in
pazienti a rischio. Inoltre, l’ infiammazione sinoviale mediata da TNFα nell’AR è modulata anche da altre citochine quali per esempio IL1. L’utilizzo dell’antagonista ricombinante del recettore dell’IL1,
anakinra, ha portato a un significativo miglioramento dell’ infiammazione sinoviale26.
Altre citochine contribuiscono a generare la
risposta infiammatoria in diverse malattie autoimmuni. Nei pazienti con Crohn IL12 sembra responsabile della risposta granulomatosa a livello
della parete intestinale; l’Ab mo anti-IL12 è in grado di indurre riduzione dei livelli di TNFα e IFNγ
e conseguente remissione di malattia di durata fino a18 mesi27. Altri possibili target sono l’IL6, verso il cui recettore è stato elaborato un anticorpo
795
monoclonale umanizzato (atlizumab), l’ICE (interleukin-converting enzyme, attivatore dei precursori di IL1 e 18) il cui inibitore specifico (Pralnacasan) ha dimostrato una riduzione statisticamente significativa dei prodotti di fase acuta
nell’AR, a discapito, però, di una tossicità epatica e
l’IL15, che ha capacità chemiotattiche e di stimolazione dei linfociti T, inducendo la produzione di
TNFα e IL17, verso la quale è stata elaborato AMG
714, un anticorpo monoclonale umanizzato28.
c) Modulazione delle citochine
immunoregolatorie
Per la profilassi del rigetto acuto di trapianto renale sono state sviluppate due molecole innovative:
si tratta di Ab mo anti-subunità α del recettore per
l’IL2, il basiliximab (chimerico) e il daclizumab
(umanizzato). L’innovazione rispetto alla terapia
con gli immunosoppressori tradizionali sta nel fatto che questi farmaci non inducono lisi delle cellule
T, ma bloccano selettivamente il recettore dell’IL2.
Daclizumab ha assunto indicazioni anche per il
trattamento di psoriasi29 e di malattie autoimmuni
come la m. di Behcet, in particolare con uveite30.
Queste strategie richiedono rigorosi screening e
test clinici volti a monitorare eventuali effetti avversi gravi (come infezioni o neoplasie) secondari
all’immunodepressione, malattia da siero, sindrome da rilascio di citochine dipendente dal recettore Fc. D’altra parte, mentre le nostre conoscenze
concernenti le molecole accessorie si stanno espandendo, molte lacune limitano le capacità nel prevedere le conseguenze dell’interazione di anticorpi
monoclonali ingegnerizzati con i loro target, così
come le possibili risposte immunitarie in vivo verso gli stessi anticorpi monoclonali.
CELLULE DENDRITICHE: POSSIBILE NUOVO TARGET
Le cellule dendritiche costituiscono in periferia
un tassello di fondamentale importanza sia nella
regolazione delle risposte immunitarie, in quanto
Antigen Presenting Cells, sia nel mantenimento
della tolleranza al self. Questo secondo ruolo viene
esercitato dalle cellule dendritiche in stato di immaturità, grazie alla loro capacità di indurre delezione e anergia dei T riconosciuti come esageratamente autoreattivi31.
Viceversa le cellule dendritiche attivate a seguito
di stimolazione di Toll like receptors, CD40 o del recettore TNFα, acquisiscono la capacità di indurre risposte immuni upregolando l’espressione di molecole di costimolo e producendo citochine infiammatorie.
Uno stato intermedio di attivazione cellulare sembra, invece, in grado di indurre cellule T regolatorie.
Alcune strategie sono state ipotizzate al fine di
esercitare una modulazione sulle cellule dendritiche mature e cioè “immunogene”: l’ingegnerizzazione genetica tale da far loro esprimere IL4 e indurre, così, riduzione della flogosi sinoviale32; in alternativa la manipolazione ex vivo tramite coltura
in presenza di vitamina D3, desametasone o IL1033.
796
Recenti Progressi in Medicina, 97, 12, 2006
Un’altra possibile strategia consisterebbe nella
stimolazione ripetitiva sui Toll Like Receptors con
l’esito di abbattere le capacità proinfiammatorie
delle cellule dendritiche34.
Bibliografia
1. Kazatchkine MD, Kaveri SV. Immunomodulation of autoimmune and inflammatory diseases with intravenous
immune globulin. N Engl J Med 2001; 345: 747-55.
2. Curran MP, Perry CM. Tacrolimus in patients with
rheumatoid arthritis. Drugs 2005; 65: 993-1001.
3. Appel GB, Radhakrishnan J, Ginzler EM. Use of mycophenolate mofetil in autoimmune and renal diseases. Transplantation 2005; 80: S265-71.
4. Kaltwasser JP, Behrens F. Leflunomide: long term
clinical experience and new uses. Expert Opin Pharmacother 2005; 6: 787-801.
5. Genovese M.C., et al. Abatacept for Rheumatoid
Arthritis Refractory to Tumor Necrosis Factor α
Inhibition. N Engl J Med 2005; 353: 1114-23.
6. Quezada SA. Distinct mechanisms of action of antiCD154 in early versus late treatment of murine lupus nephritis. Arthritis Rheum 2003; 48: 2541-54.
7. Bourneaud C, et al. Impact of negative selection on
the T cell repertoire reactive to a self-peptide: a large fraction of T cell clones escapes clonal deletion.
Immunity 2000; 13: 829-840.
8. Sharma A, et al. Comparative pharmacodynamics of
keliximab and clenoliximab in transgenic mice bearing
human CD4. J Pharmacol Exp Ther 2000; 293: 33-41.
9. Kuhrober A, et al. Vaccination with T cell receptor
peptides primes anti-receptor cytotoxic T lymphocytes (CTL) and anergizes T cell specifically recognized
by these CTL. Eur J Immunol 1994; 24: 1172-80.
10. Bourdette DN, et al. Immunity to TCR peptides in
multiple sclerosis. Successful immunization of patients with syntethic V beta 5.2 and V beta 6.1 CDR2
peptides. J Immunol 1994; 152: 2510-19.
11. Furie R, et al. Safety, pharmacokynetic and pharmacodynamic results of a phase 1 single and doubleexcalation study of LYNPHOSTAT-B (human monoclonal antibody to BLyS) in SLE patients. Arthritis
Rheum 2003; 48 Suppl: S377[abstract].
12. McKay J, et al. Belimumab (BmAb) a fully human
monoclonal antibody to B-lynphocitic, stimulator
(BLyS), combined with standard of care teraphy reduced the signs and symptoms of RA in a heterogeneous subjects populations. Arthritis Rheum 2005;
52 Suppl: S710-S711 [abstract].
13. Dorner T, et al. Initial clinical trial of epratuzumab
(humanized anti-CD22 antibody) for immunotherapy of systemic lupus erythematosus. Arthritis Res
Ther 2006; 8: R74.
14. Davis JC, et al. Phase I clinical trial of a monoclonal
antibody against CD40-ligand (IDEC-131) in patients with systemic lupus erythematosus.J Rheumatol 2001; 28: 95-101.
15. Lenert P, et al. Inhibitory oligodeoxynucleotides therapeutic promise for systemic autoimmune diseases? Clin Exp Immunol 2005; 140: 1-10.
Indirizzo per la corrispondenza:
Prof. Giovanni Rolla
Università
ASO Ordine Mauriziano
Allergologia e Immunologia Clinica
Largo Turati, 62
10128 Torino
E-mail : [email protected]
16. Edwards JC, et al. B-cell targeting in rheumatoid
arthritis and other autoimmune diseases. Nat Rev
Immunol 2006; 6: 394-403.
17. Looney RJ, et al. New therapies for systemic lupus
erythematosus: cellular targets. Rheum Dis Clin
North Am 2006; 32: 201-15.
18. Zaja F, et al. Efficacy and safety of rituximab in type II mixed cryoglobulinemia. Blood 2003; 101: 382734. Epub 2003 Jan 30.
19. Looney RJ. B cells as a therapeutic target in autoimmune diseases other than rheumatoid arthritis.
Rheumatology (Oxford). 2005; 44 suppl 2: ii13-ii17.
20. Luster AD, et al. Immune cell migration in inflammation: present and future therapeutics targets. Nat
Immunol 2005; 6: 1182-1189.
21. Charo IF, et al. The many roles of chemokines and
chemokine receptors in inflammation. N Engl J Med
2006; 354: 610-21.
22. Utrich HVA, et al. α4 integrins as therapeutic targets in autoimmune disease. N Engl J Med 2003;
348: 68-72.
23. Schon MP, et al. Psoriasis. NEJM 2005; 352: 1899.
24. Targan SR. A short-term study of chimeric monoclonal antibody cA2 to tumor necrosis factor alpha for
Crohn’s disease. Crohn’s Disease cA2 Study Group.
N Engl J Med 1997; 337: 1029-35.
25. Maini RN. Sustained improvement over two years in
physical function, structural damage, and signs and
symptoms among patients with rheumatoid arthritis treated with infliximab and methotrexate. Arthritis Rheum 2004; 50: 1051-65.
26. Arend WP, Dayer JM. Cytokines and cytokine inhibitors or antagonists in rheumatoid arthritis. Arthritis Rheum 1990; 33: 305-15.
27. Kolls JK. Anti-interleukin-12 antibody for active
Crohn’s disease. NEJM 2005; 352: 627-8.
28. Genovese MC. Biologic therapies in clinical development for the treatment of rheumatoid arthritis.J
Clin Rheumatol 2005; 11(3 suppl): S45-54.
29. Krueger, JG, et al. Successful in vivo blockade of
CD25 (high-infinity interleukin 2 receptor) on T cells by administration of humanized anti-Tac antibody
to patients with psoriasis. J Am Acad Dermatol
2000; 43: 448-58.
30. Nussenblatt RB. Bench to bedside: new approaches
to the immunotherapy of uveitic disease. Int Rev Immunol 2002; 21: 273-89.
31. Liu K et al. Immune tolerance after delivery of dying
cells to dendritic cells in situ. J Exp Med 2002; 196:
1627-38.
32. Morita Y, et al. Dendritic cells genetically engineered
to express IL-4 inhibit murine collagen-induced
arthritis. J Clin Invest 2001; 107: 1275-84.
33. Gauzzi MC, et al. Suppressive effect of 1α25-dihydroxyvitamin D3 on type I IFN-mediated monocyte
differentiation into dendritic cells: impairment of
functional activities and chemotaxis. J Immunol
2005; 174: 270-6.
34. Napolitani G, et al. Selected Toll-like receptor agonist combinations synergistically trigger a T helper
type1-polarizing program in dendritic cells. Nat Immunol 2005; 6: 769-76.