File - ASSOCIAZIONE MERU

annuncio pubblicitario
Ieri sera giovedì 20 dicembre 2012, nella sede dell’Associazione M.E.R.U. di Verona, in Via Da Mosto 37, durante l’incontro settimanale del giovedì, dopo la
pratica collettiva del programma di MT ed MT-Sidhi, abbiamo ascoltato la prima parte della registrazione di una conferenza di Maharishi sul tema: “Gli
Yoga Sutra di Patanjali ”. Ecco un’ampia sintesi di quanto detto.
1. Patanjali considera il campo dello Yoga (unione) come una totalità unificata composta da 8 arti (anga), o membra: Yama, Nyama, Asana, Pranayama,
Pratyahara, Dharana, Dhyana e Samadhi. Questo è l’astanga Yoga, lo Yoga dalle otto membra. (In questo nastro Maharishi considera i primi cinque,
rinviando il commento degli ultimi tre all’analisi del processo del samyama nella pratica delle Sidhi).
2. Gli otto anga riguardano le seguenti aree della vita:
a. Yama – l’amministratore, il valore universale
b. Nyama – la legge
c. Asana – il corpo
d. Pranayama – il respiro
e. Pratyahara – i sensi
f. Dharana – la mente
g. Dhyana – l’intelletto
h. Samadhi – il trascendente
Patanjali li chiama anga (arti, membra) per avere un riferimento alle membra del corpo che crescono simultaneamente e armoniosamente. La crescita di
ognuno comporta la crescita dell'universalità.
3. Yama è il primo e più importante arto e rappresenta l’universalità, il valore universale della vita che amministra la vita individuale.
Yama è l'amministratore del corpo dello Yoga, ha cinque caratteristiche: ahimsa (non-violenza), satya (verità), asteya (onestà, non rubare), brahamacharya
(vivere il Brahaman), aparigraha (non accettare possedimenti altrui).
4. L'universalità può essere considerata lo stato dello yoga, perché nell’universalità abbiamo la visione della totalità della vita. Ma Patanjali vuole
distinguere il valore universale dal valore individuale, vuole evidenziale la relazione tra l'individualità e l'universalità.
Patanjali non afferma che l'universalità è la totalità della vita. Se lo facesse, dovrebbe includere gli otto anga in un singolo elemento. Egli vuole invece
rappresentare le differenze, l'universalità e la relazione dell'universalità con l'individualità.
Quindi Yama amministra, è l'autorità che decide quanta felicità merita chi ha fatto del bene, e quanto sofferenza deve sopportare chi ha fatto del male. È
una specie di giudice, di amministratore. L'amministrazione è automaticamente stabilita dall'amministratore attraverso le leggi dell'amministrazione.
5. Ma cosa realmente amministra la struttura dell'unità, cioè la struttura della vita? Patanjali spiega lo stato dell'unità considerando la vita, perché la vita è
da sempre nell'unità del relativo e dell'assoluto e sempre lo sarà.
6. Ma cosa può unire il relativo con l'assoluto? la linfa deve essere unita alla foglia? No, la foglia è già linfa, la linfa e già unita alla foglia. Questa è soltanto
filosofia, cerchiamo di capire come una cosa è unita all'altra. Il contributo della filosofia è portare alla nostra coscienza il fatto che una cosa sia già unità
all'altra.
7. Patanjali spiega la conoscenza della vita così com'è, come è sempre stata, ovunque. La filosofia dello yoga considera la vita indipendentemente dalle
differenze. La filosofia dello yoga afferma che la natura della vita non cambia, la sua bellezza e utilità è nell’offrire conoscenza, è soltanto a livello del
conoscere.
8. Quando la nostra consapevolezza si apre a questa realtà ne abbiamo conoscenza; ma la realtà esiste già, la vita è già nello stato unificato di otto
differenti aspetti.
9. Gli otto differenti arti già costituiscono il valore della vita, Patanjali li mette solo nella giusta prospettiva. Questa esposizione è chiamata “Astanga Yoga”,
unione di otto arti: l'universalità, la relazione dell’universalità con l'individualità attraverso le leggi, il corpo, il respiro, i sensi, la mente l'intelletto e l'essere.
10. Yama è considerato in termini di universalità. Patanjali divide l'universalità e le leggi (Nyama) in cinque parti, i cinque aspetti di Yama, i cinque aspetti
dell'amministratore, e i cinque aspetti di Nyama, la legge, l'unica legge che integra la vita, che mantiene la vita nello stato integrato, la legge dell'unione, la
legge dello yoga.
11. Consideriamo ora le cinque caratteristiche dell'amministratore nelle cui mani risiede la legge dello Yoga: satya, ahimsa, asteya, brahmacharya,
aparigraha.
12. Satya, la verità. La verità è definita come ciò che non cambia mai. La sua non-mutevolezza, la sua stabilità, infinità, immortalità, è il primo sintomo
dell'amministratore.
Domanda: Cosa amministra la vita individuale? Cosa amministra il cambiamento?
Risposta: Il non cambiamento, la stabilità, l'infinito, l'immortalità, la verità che non cambia mai. Patanjali afferma che satya, la verità è la prima
caratteristica, la prima caratteristica dell'amministratore.
13. In altre parole, l'Essere, la pura intelligenza, il valore assoluto della vita che non conosce alcun cambiamento è l’amministratore della struttura
dell'unità. L'essere assoluto, non mutevole struttura lo stato dell'unità, lo stato dello yoga.
I valori relativi sono amministrati dal valore immutabile dell'assoluto, l'essere che è intelligenza infinita, amministra i valori finiti, il cambiamento, i limiti.
14. Un altro valore è ahimsa, la nonviolenza. L'unità, lo stato indifferenziato, non ha in ogni caso nulla e nessuno con cui lottare. L'immortalità non conosce
alcun mortale. L'infinito non conosce il finito. La stabilità non conosce il cambiamento. L'unità non conosce le differenze.
In quello stato l’offesa non è possibile, in quello stato non c'è dualità, non c’è niente e nessuno che possa offendere e/o aggredire. Lo stato dell'unità è
separato dalle differenze, lo stato naturale della nonviolenza è nella struttura dell'unità.
Patanjali include la nonviolenza come un aspetto importante dell’amministratore. Quando questa qualità è vissuta dall'uomo, l'uomo vive lo stato dell'unità.
15. Quali sono i sintomi che indicano che si sta vivendo l'unità? In questa prospettiva, quando i propri pensieri, parole e azioni non sono offensivi per
nessuno, cioè quando ogni impulso della vita produce influenze di sostegno alla vita per colui che agisce, e per il mondo, allora la vita è vissuta nell'unità.
16. La nonviolenza, è un sintomo dell'unità. I valori dell’immortalità, dell’infinito, della stabilità, del non cambiamento, dell’equilibrio sono sintomatici
dell'unità, perché sono qualità dell'amministratore.
17. L'amministratore amministra l'unità nella vita individuale, rende reale l'universalità della vita individuale, è incapace di offendere, quindi l'individualità
non è offesa quando l'universalità prende il sopravvento.
18. Comunemente quando il più potente prende il sopravvento, il meno potente viene oppresso, ma l'amministratore dello Yoga, non è così. Lui non
opprime, non offende, è incapace di offendere perché nella sua natura è inoffensivo.
19. L'universalità e l'individualità costituiscono la struttura dell'unità, entrambi sono arti dello Yoga, ma come riescono a rimanere assieme? La loro
coesistenza è possibile perché l’amministratore, un aspetto dell’universalità, non è offensivo, e grazie alla sua natura nonviolenta, quando l'universalità si
congiunge all'individualità, è possibile la coesistenza, alle spese di nessuno, perché è viva la caratteristica della non offesa.
20. Patanjali attribuisce il valore della non offesa all'amministratore, all’universalità, non avrebbe infatti alcun significato attribuire una natura inoffensiva
all’individualità. La povera individualità, limitata, ristretta, non può essere d'offesa in ogni caso, non ne ha il potere, è limitata. Quindi nella struttura
dell'unità, il valore della non offesa è affidata all’universalità che (se volesse) potrebbe realmente divorare qualunque individualità, ma dato che è
inoffensiva... Questo è un aspetto di Yama, l'amministratore, l'essere infinito, universale, stabile, immutabile, eterno.
21. Questa eternità, così enorme a confronto della povera individualità, il corpo... dov'è il corpo? Il corpo è un granello di sabbia rispetto all'enorme
Himalaya, quasi non ha esistenza. Se l’Himalaya è inoffensivo, allora sosterrà, arricchirà ed eleverà il valore del granello di sabbia che prospererà
respirando la dignità di quella enorme montagna.
L'individualità respira vita, dignità infinita, illimitatezza, eternità quando giunge faccia a faccia con l'universalità che è verità e che Patanjali chiama Yama,
l'amministratore. Soltanto qualcuno così grande, onnipotente può avere la dignità e il potere dell'amministratore.
22.Quindi satya, verità e ahimsa, nonviolenza, appartengono all'infinito. È in virtù di questo che l’individualità può respirare l'universalità. Questo è il valore
dell'unità: i limiti respirano l’illimitato, i limiti esistono nell'esistenza dell’illimitato. Questo è yoga, unione di otto membra.
23. Asteya significa non rubare, rubare nel senso di possedere la proprietà di altri. Patanjali definisce un altro aspetto dell'amministratore dell'unità, colui
che sostiene la struttura dell'unità. Questa caratteristica riguarda la qualità che non permette il possesso di qualcosa che non ci appartiene.
24. Per chiarire il punto considereremo lo stato della coscienza cosmica. Nello stato di coscienza cosmica si vive simultaneamente la consapevolezza
illimitata, l'autoconsapevolezza, e lo stato di coscienza di veglia, sonno e sogno. Sono vissuti indipendentemente, ma simultaneamente.
L'autoconsapevolezza è illimitatezza, e lo stato di veglia è vissuto nei limiti degli oggetti che si sperimentano. Sono vissuti due valori distinti: i limiti (il
valore oggettivo), e il Sé (il valore soggettivo).
25. Qual’è la situazione prima della coscienza cosmica? Nel vedere p.e. un fiore, l’osservatore scompare, rimane solo il fiore. Quando si osserva una foglia,
si vede una foglia verde, ma il senso dell'essere sé stessi è perduto, chi osserva è come inesistente. L’oggetto della percezione ha occultato colui che
percepisce. La bellezza del fiore rimane, ma il valore infinito del Sé è come inesistente, come se i limiti dell'oggetto avessero offuscato l’illimitatezza.
26. In questo stato io posseggo il fiore; oppure ugualmente vero, io sono posseduto dal fiore, perché soltanto il fiore rimane, io sono inesistente. Questo
accade nello stato che chiamiamo di “ignoranza”.
27. Quando sperimentiamo gli oggetti negli stati di veglia, sonno e sogno, quello che rimane nella consapevolezza sono gli oggetti di percezione, l’essenza
della persona è come eclissata, nascosta alla vista. Questo tipo di vita si chiama vita materiale perché rimane soltanto la materia. Il soggetto di esperienza
è annichilito dall'impressione dell'oggetto.
Come se fosse il fiore a possedermi, come se io fossi eclissato, offuscato dalla percezione del fiore, oppure potrebbe essere che possegga il fiore con una
tale intensità ed intimità che rimane soltanto il fiore, il fiore ha annichilito il sé. Quando ho permesso la mia annichilazione, allora la vita è annichilita.
Quando la vita è annichilita, l’unità non ha senso perché l'unità è infinita, ma qui non c'è traccia di vita, cosa possiamo dire del valore infinito della vita?
28. Per questo la qualità che protegge la vita si chiama non possedere l'altro. Fintantoché il fiore è separato dal Sé, e se io sono in grado di non possedere
il fiore, allora sono in grado di rimanere me stesso, altrimenti quando incomincio a possedere il fiore, io sono perso, non esisto, la vita non esiste, e non c'è
possibilità del valore infinito della vita quando la vita non esiste.
29. Cosa accade nello stato della coscienza cosmica? Il sé rimane intatto e l'intimità tra il sé e il fiore è sciolta. L’essere si è separato dal fiore, ora il sé non
possiede più il fiore, il sé è soltanto un testimone del fiore da lontano.
Quando il sé è in grado di mantenere la propria illimitatezza e i limiti della percezione, l'oggetto della percezione è come separato, ora il sé non possiede
più l'oggetto come prima.
30. Asteya è la qualità di non possedere quello che non appartiene al Sé, non possedere qualcosa che non appartiene a sé stessi. Il non possesso
mantiene l'unità, la continuità dell'essere.
31. Cosa accade in unità? Il fiore incomincia ad essere apprezzato in termini dell'essere, e in questo stato, il possesso del fiore non è il possesso di
qualcosa che non ci appartiene. Il fiore è in termini del sé, quindi il sé appartiene al fiore e il fiore appartiene al sé. Ora il fiore non è diverso dal sé, quindi
il sé possiede il fiore completamente.
In questo stato, possedere il fiore è la qualità che equivale al non possedere ciò che non appartiene a sé stessi, vale a dire possedere soltanto di quello che
ci appartiene.
32. Possedere ciò che ci appartiene struttura l'unità. Il fiore e il mio sé sono uniti, questo struttura l'unità soltanto quando il fiore è diventato tanto infinito
quanto il mio sé. Nello stato dell'unità, ogni cosa appartiene al sé in modo perfetto e naturale. Il non possesso di quello che non ci appartiene è reale in
due stati di coscienza: nella coscienza cosmica e nell'unità.
33. Nella coscienza cosmica si sperimenta che il mondo è diverso dal sé, e non si possiede ciò che appartiene a altri.
In coscienza cosmica il mondo appartiene ai tre guna, appartiene all'attività, quindi rimane separato perché il sé appartiene all'infinito, al valore
trascendentale. Né il mondo occupa il sé, né il sé occupa il mondo. In questo stato, il non possesso di ciò che non ci appartiene è una realtà.
34. Se in coscienza cosmica il mondo appartiene ai tre guna e tu cerchi di possederlo, allora stai rubando le proprietà di qualcun altro e rubare la proprietà
di altri è sulla base della dualità tra il sé e il non-sé. Ma la struttura dell'unità non ha elementi distinti, per questo il rubare non aiuta a strutturare l'unità.
L'unità è strutturata dalla qualità del non rubare, per questo Patanjali include asteya, il non rubare come un aspetto dell'amministratore dell'unità.
35. Il non-rubare struttura l'unità, viceversa il furto struttura la dualità. Tutto è l'espressione dei tre guna, i tre guna posseggono il mondo relativo, ma il
mio sé, che si trova all'esterno dei tre guna, non è strutturato dai tre, è strutturato dall'infinito, io sono strutturato dall'uno, quindi il rubare struttura la
dualità. Invece il non rubare struttura l'unità.
36. E’ quindi necessario che l'amministratore dell'unità sia dotato della qualità del non-rubare. Questa qualità diventa una realtà di vita soltanto in
coscienza cosmica e continua ad esserlo in coscienza di Dio e in unità.
37. Patanjali descrive la qualità del non rubare, ma il non rubare non è una qualità che si possa praticare... Com’è possibile praticare il non rubare? Il furto
può essere praticato, ma come praticare il non rubare?
Maharishi afferma che la pratica del non rubare consiste nel raggiungere direttamente l'unità, trascendendo, raggiungendo lo stato trascendentale. Questa
è la pratica che sviluppa la qualità del non rubare, altrimenti potremo predicare il non rubare, ma invano.
Ci sono molti modi di praticare il furto... ma solo un modo ci permette di praticare il non rubare.
38. Oltre alle qualità, verità - satya, nonviolenza - ahimsa, non avidità - asteya, abbiamo bramacharya.
La parola brahmacharya è composta da “charya” che significa vivere, e Brahman, quindi brahmacharya significa vivere il Brahman. Vivere il Brahman
significa vivere uno stato supremamente elevato di coscienza, semplice: vivere l'unità.
Brahmacharya, significa inserire il Brahman nel comportamento, attivare l'unità, vivere lo stato dell'unità. Il brahmacharya è vivere la coscienza del
Brahman, vivere l’unità, raggiungere l'unità, mettere in pratica il Brahman, portare l'assoluto nei valori concreti positivi del comportamento, vivere da soli...
il vivere soli spiega parecchio del brahmacharya.
39. Essenzialmente significa raggiungere l'unità, raggiungere l'indipendenza, la libertà, la libertà eterna. Vivere realizzati, vivere da soli nello stato della
realizzazione. È possibile vivere da soli soltanto nello stato della realizzazione. Il brahmacharya è inteso in termini di una vita di contentezza, di libertà,
d’indipendenza.
40. Aparigraha significa non-accumulazione, è la qualità del non accumulare, del non ammassare. Il non-accumulare implica non-raccogliere, mancanza di
diversità, quindi unità. Aparigraha significa non raccogliere molte cose, non raccogliere il molto, non vivere nel campo dei molti, possedendo questo e
questo e questo.
41. È possibile soltanto nello stato dell'unità, perché quando ogni cosa è in termini del mio sé, quando ogni cosa è in termini dell'infinito, allora ogni cosa è
tanto buona quanto il mio sé. Soltanto allora si sviluppa naturalmente con lo stato in cui non si accumulano molte cose perché se ci fosse accumulazione
sarebbe accumulazione del sé attraverso il sé, per il sé, nel sé, quindi non c'è nulla di separato. Nello stato dell'unità la qualità della non accumulazione del
molto è spontanea.
42. Patanjali afferma che la qualità della non accumulazione struttura l'unità. Egli considera la qualità del non accumulare come un aspetto di Yama che
struttura l'unità.
Questi sono i cinque aspetti di Yama che sostengono l'unità. Questa è una descrizione della trama, del tessuto dell'unità. Questi cinque elementi
strutturano l'unità, e Patanjali li enumera come i cinque aspetti di Yama, colui che sostiene l'unità, il governatore dell'unità, ecc.
43. Ma in che modo questi cinque aspetti strutturano l'unità? attraverso che cosa? attraverso quale legge? Il secondo arto dello yoga è il Nyama che
significa legge, regola.
Patanjali enumera anche cinque aspetti delle regole dello Nyama: sauch (purificazione), samtos (accontentarsi), tapas (austerità), swadhyaya (studio),
Iswara pranidhan (devozione a Dio).
44. Sauch, purezza. La purezza è una legge che struttura lo stato dello Yoga. L’astanga yoga nasce, si sviluppa e viene portato a realizzazione attraverso la
prima legge, la purezza - sauch.
45. Samtos, la soddisfazione. Tapa, l'astensione dagli oggetti dei sensi. Swadhyaya. Secondo la nostra traduzione Swadhyaya ignifica “il capitolo del sé”.
Comunemente per Swadhyaya s’intende lo studio delle scritture, Maharishi lo interpreta come lo studio del sé, il capitolo del sé che si apre a noi.
Swadhyaya è la realizzazione del Sè. La quarta legge del Nyama è lo studio del sé, oppure l’aprirsi al sé, realizzare il sé.
46. Iswara pranidhan. Iswara è il governatore, colui che governa la vita. Pranidhan significa, portare alla coscienza, portare nella propria vita, vale a dire
portare Iswara, colui che mantiene la creazione, il governatore della creazione, nel senso comune portare Dio alla consapevolezza. In altre parole significa
arrendersi. È la qualità della resa, la qualità dell'aprire la nostra consapevolezza a colui che mantiene la creazione, sia che noi lo chiamiamo intelligenza
creativa cosmica, oppure lo chiamiamo Essere, oppure Dio, non importa il termine che usiamo. Aprire la consapevolezza a Quello è la quinta regola
utilizzata nello strutturare lo stato dello Yoga, l'unità.
(Fine prima parte)
Continuazione:
Ieri sera giovedì 27 dicembre 2012, nella sede dell’Associazione M.E.R.U. di Verona, in Via Da Mosto 37, durante l’incontro settimanale del giovedì, dopo la
pratica collettiva del programma di MT ed MT-Sidhi, abbiamo ascoltato la seconda parte di un audio di Maharishi sul tema: “Gli Yoga Sutra di Patanjali ”.
Di seguito una sintesi che continua e conclude il discorso della settimana scorsa.
“Gli Yoga Sutra di Patanjali” Parte 2
1. Com'è strutturato lo stato dello Yoga? Certamente dalla qualità della purezza. Durante la Meditazione Trascendentale il corpo e la mente sono purificati
attraverso la rimozione di stress. Con la purezza del corpo e della mente la purezza aumenta nel comportamento, nei sentimenti, nella comprensione,
nell'ambiente, ogni cosa diventa più luminosa, e risponde in modo più positivo.
2. Non c'è nulla di più grande e neppure paragonabile alla Meditazione Trascendentale nel produrre purezza per strutturare lo stato dell'unità. La
Meditazione Trascendentale è il modo di vivere la vita secondo la legge della purezza.
3. I buoni propositi di arrendersi a Dio, il pensiero di Dio sono inutili se non sono sostenuti dalla purezza. Non c'è altro modo di ottenere la purezza se non
rimuovendo gli stress, trasformando la biochimica della fisiologia. Lo stato d'animo non ha il minimo potere di trasformare il corpo e la mente.
4. È inutile parlare della gloria di Dio o del pensiero di Dio se non si offre allo stesso tempo una procedura pratica di purificazione. La purezza si raggiunge
rimuovendo gli stress e le tensioni, l'unico modo è il riposo, un riposo molto più profondo di quello del sonno profondo. Ogni altra cosa è una vana e falsa
chiacchiera.
5. E’ insensato continuare ad accumulare stress e tensioni e fare voli nell'immaginazione di Dio, pensando che solo Dio è, e che noi dobbiamo soffrire... In
questo modo certamente la sofferenza continuerà. Se ci si prefigge di soffrire, non sarà possibile uscire dalla sofferenza, paradossalmente la sofferenza
potrebbe diventare la gioia della nostra vita... “Se vuoi continua a soffrire, ma quella non è la via della purificazione.”
6. Secondo Patanjali la purezza è la prima legge per strutturare l'unità. In assenza di purezza né l'unità sarà strutturata, né quella struttura potrà respirare
vita per un solo istante.
7. La vita evolve spontaneamente verso crescenti valori di purezza. Vivendo la legge della purezza si cresce verso l’unità e quando la purezza diventa una
realtà quotidiana, lo stato dell'unità è stabilizzato.
8. Ponendo la purezza al primo posto Patanjali afferma che senza purezza non è possibile strutturare l'unità. Per l'unità il requisito è la purezza, il mezzo è
la Meditazione Trascendentale.
9. Segue samtos, la contentezza, la qualità dell'essere contenti, vivere spontaneamente la contentezza. L'unico livello di vita che può vivere la contentezza
è lo stato dell'abbondanza, lo stato della realizzazione, della forza, della gloria, della grazia. L'unico modo di vivere la contentezza, l'unico modo che la
seconda legge di strutturare l'unità sia una realtà quotidiana è raggiungere l'abbondanza.
10. Si incomincia realmente a vivere l'abbondanza dal livello della coscienza trascendentale. In coscienza cosmica il valore soggettivo dell'abbondanza è
permanente. Il valore oggettivo raggiunge il livello supremo nella coscienza di Dio. La completa contentezza, la realizzazione, e' conseguita solo nello stato
dell'unità. Per questo Patanjali dice che samtos, la contentezza è una qualità che struttura l'unità; vivendo la legge della contentezza è possibile
raggiungere l'unità, lo stato di ogni abbondanza.
11. Se manca contentezza, allora si cerca, si continua a cercare, ma la ricerca è nella sfera della dualità, nella molteplicità; quindi cercare non è il modo di
strutturare l'unità. Vivere la contentezza é il modo di stabilizzare l'unità.
12. La ricerca è nel campo della dualità. Il raggiungimento è nell'accontentarsi con quello che si è raggiunto, ma ci si può accontentare solo
nell'abbondanza, una volta raggiunta la meta del processo evolutivo dove non ci sono altre cime da raggiungere. Se la contentezza manca, non possiamo
dire di avere raggiunto la meta. Secondo Patanjali la legge è la contentezza perché mantiene la struttura dell'unità.
13. Il comune livello di contentezza è dannoso. È naturale accontentarsi nella realizzazione; accontentarsi sulla base di qualunque altra cosa, del pensiero
di Dio, o dello stato d'animo di resa a Dio o in base al principio della sofferenza... non è semplicemente possibile.
14. L’accontentarsi è a livello dell'abbondanza, nel valore infinito della vita, nello stato della realizzazione il Sé è stabilizzato permanentemente, l'infinito
valore della coscienza non è mai perso. Solo questo dà contentezza all'uomo.
15. p.e. in termini di ricchezza materiale, soltanto un ricco uomo d'affari può accontentarsi nella propria ricchezza. La contentezza è a livello del
raggiungere un valore infinito oltre il quale non ci sono altri raggiungimenti. Fintantoché c’è qualche altra cosa da raggiungere, la ricerca continuerà e la
dualità prevarrà.
16. La contentezza e la purezza sono qualità che si vivono in gradi differenti in differenti stati di coscienza. C'è sempre un certo livello di contentezza e di
purezza che aumentano. Patanjali considera la purezza e la contentezza alla stregua di leggi, Nyama: la legge della purezza, la legge della contentezza.
Vivere valori crescenti di queste qualità significa vivere una vita secondo la legge dello Yoga.
17. Dopo sauch, samtos, purezza e contentezza, la terza legge è tapas. Tapas significa un crescente valore di temperatura, un calore crescente. Tapas è la
qualità del riscaldare. Quando un oggetto si riscalda aumenta la propria radiazione e splendore.
18. La parola tapas prende in considerazione tutti gli aspetti della vita: ego, intelletto, mente, sensi, gli oggetti dei sensi, il loro collegamento, il valore del
comportamento, l'universo. Ogni cosa viene esposta alla legge del tapas-riscaldamento, alla legge dell'acquisire luminosità, dello sviluppare un'emanazione
di vita.
19. Comunemente tapas è tradotto come austerità, ma è una pessima traduzione. L’austerità è descritta in termini dell’astinenza dalle gioie della vita, ma
anche questa è una cattiva definizione di austerità. Astinenza dalle gioie della vita significa che i sensi dovrebbero astenersi dal muoversi nella direzione
esteriore, astenersi dallo sperimentare i propri oggetti, cioè dalle gioie di natura sensoriale, i sensi non dovrebbero godere gli oggetti esterni, dovrebbero
rivolgersi verso l'interno per raggiungere la beatitudine dell'essere.
20. Se questo è il significato finora attribuito all’austerità, non ci si deve sorprendere che quando si parla di austerità, molti pensino: non è per me! Ma
tapas significa “riscaldare”, aumentare l'irradiazione, l'emanazione della vita.
21. La vita è infinita, immortalità, illimitatezza, e accrescere il valore dell'emanazione della vita significa accrescere il valore dell'infinito, dell'immortalità,
dell'illimitatezza, dell'assoluto Essere. In questo modo cresce il reale significato della vita in ogni aspetto dell'esistenza: ego, intelletto, mente, sensi,
oggetti, comportamento, ecc..
22. L'irradiazione, l'emanazione del valore della vita è possibile soltanto quando la purezza e la contentezza crescono attraverso la Meditazione
Trascendentale, quando la consapevolezza si apre all’illimitatezza e diventa sempre più contenta in sé, per sé, e attraverso sé stessa. Quando cresce la
purezza, cresce anche la contentezza, il tapas aumenta spontaneamente.
23. Il tapas è l'emanazione della vita, la vita si irradia dall'interno. Sarebbe sbagliato interpretare il tapas in termini di austerità, oppure astinenza dalle
gioie della vita, astinenza dalle gioie del mondo, astensione dei sensi dallo sperimentare gli oggetti: tutto questo non ha nulla a che fare con lo Yoga o con
niente del genere.
24. Siamo liberi di sperimentare quello che vogliamo, non sperimentiamo quello che non ci piace, ma se lo Yoga deve essere strutturato, la legge del tapas
sottolinea la necessità per una crescente emanazione del valore della vita, questo è direttamente realizzato attraverso la MT.
25. Dopo sauch, samtos, tapas, secondo Patanjali, la quarta legge dello Yoga è swadhyaya. ‘swa’ significa il Sé, ‘dhyaya’ significa aprire un capitolo, quindi
swadhyaya significa aprire il capitolo del Sé, la consapevolezza si apre al Sé. Perché capitolo? perché è stata usata questa parola particolare che indica l'uso
di un capitolo? La legge di aprire la consapevolezza al Sé è sperimentata come aprire un nuovo capitolo: il capitolo del Sé che prima era chiuso, ora si
apre.
26. Da una parte si chiude, dall'altra si apre, ecco perché quando Patanjali descrive una legge che struttura l'unità parla della legge dell'apertura del
capitolo del sé. In questo modo si portano alla luce almeno due capitoli del libro della vita; il capitolo del relativo e il capitolo dell'assoluto. Il capitolo dello
stato dell'ignoranza, e il capitolo dello stato dell'illuminazione; la situazione si capovolge.
27. Il mondo che prima era ‘questo’, diventa ‘quello’, il sé che prima era ‘questo’, diventa ‘Quello’. Quando si ha maggiore familiarità con il sé illimitato, il
mondo che prima dell'illuminazione era ‘questo’, diventa ‘quello’. Ecco il motivo di due parole completamente opposte: ignoranza e conoscenza; questo
diventa Quello.
28. Ciò che nello stato dell'ignoranza è familiare, nello stato dell'autoconsapevolezza diventa completamente estraneo al Sé. Prima il mondo era ‘questo’ e
il sé era ‘quello’ del quale si diceva "il valore trascendentale della vita", mentre invece di ‘questo’ (del mondo) si diceva "oh, è il valore famigliare della
vita".
29. Non ci si immaginava neppure che quando ‘Quello’ sarebbe emerso, sarebbe diventato questo e questo sarebbe diventato quello. Nello stato
dell'illuminazione questo mondo e quel Sé trascendentale si scambiano di valore.
30. Questo spiega la differenza tra lo stato dell'ignoranza e lo stato dell'illuminazione. Il tapas è responsabile del cambiamento. Quello che non splendeva
nel valore della vita, che non emanava il valore della stabilità, dell'infinito, dell'illimitatezza, ora splende nel valore dell'infinito, dell'illimitatezza.
31. Questo succede nello stato dell'unità, quando il mondo è il Sé e ogni cosa è in termini del sé. Si verifica grazie al tapas che produce lo stato dell’unità,
per questa ragione Patanjali considera il tapas come una delle leggi dell’unità.
32. In swadhyaya, il tapas è il valore che emana la vita e apre la consapevolezza al Sé. Quando, durante la Meditazione Trascendentale, colui che emana
la vita si muove verso il valore infinito, lo sperimentatore, la mente, si muove verso l'infinito e raggiunge il Sé, allora si apre al valore del Sé. Quando chiudi
un capitolo, inizi un altro capitolo, quando apri il capitolo del Sé, il capitolo del mondo si chiude.
33. Patanjali considera l'apertura del capitolo del Sé, il raggiungere la coscienza trascendentale, una legge per strutturare l'unità. Swadhyaya, il capitolo di
swa, il capitolo del Sé, la qualità dell'aprire il capitolo del Sé è una delle leggi dell'Astanga Yoga, fa parte di Nyama, le leggi che sviluppano le membra
dell'unità, gli otto aspetti della vita, le leggi che sostengono l'unità.
34. Dopo avere aperto la consapevolezza al Sé in modo permanente, avendo cioè stabilizzato la legge dello swadhyaya, la legge dell'aprire il capitolo del
Sé, segue Iswara Pranidhan, la legge dell'essere devoti al Creatore, ed eccoci al arrivati al dunque.
35. Avendo raggiunto la coscienza cosmica, incomincia la crescita verso la coscienza di Dio. La legge per raggiungere la coscienza di Dio si chiama Iswara
pranidhan. Iswara è il governatore, il mantenitore dell'universo. Il più sottile valore dell'esistenza relativa è alla base del valore relativo di natura sottile e
grossolano, la legge è Iswar pranidhan.
36. Iswara è colui che mantiene, ma chi è il mantenitore? Abbiamo due mantenitori. Il primo mantiene la relatività e l'altro mantiene l'assoluto. Pranidhan
significa assorbire in noi stessi, aprirsi completamente al valore più sottile del relativo e dell'assoluto, Iswara pranidham, significa ‘arrendersi’.
37. Il supremo valore della resa è l'unità della consapevolezza con il valore più sottile, celestiale della vita, oltre a quello abbiamo il valore infinito, l'unità.
Ci si arrende al valore supremo del relativo e al valore assoluto. Anche questa legge struttura l'unità, rende l'unità una realtà viva, quotidiana, è una legge
dello Yoga, la legge dell'unione.
38. Aprire o sviluppare il valore celestiale e il valore infinito, trascendentale, si chiama Iswar pranidhan, in termini devozionali si chiama ‘resa’. Secondo
Patanjali la legge dell'arrendersi svolge un nuovo ruolo vitale nello strutturare l'unità.
39. Arrendersi a Dio, arrendersi all'amministratore, al mantenitore, ma chi mantiene la vita nel relativo? Risposta: il valore relativo supremo, celestiale, ma
la base del celestiale è l'Essere. Quindi l'Essere è il mantenitore della vita, e arrendersi all'Essere, assorbire il pieno valore dell'Essere nella consapevolezza
individuale significa arrendersi a Dio.
40. Secondo Patanjali assorbire il valore dell'Essere nella nostra consapevolezza è una legge necessaria per sviluppare la coscienza dell'unità, lo stato dello
Yoga. L'unità è strutturata in cinque leggi, lo Yoga è realizzato in cinque aspetti di Yama, il governatore che mantiene l'unità. Quando gli otto aspetti della
vita sono vissuti nell'unità della consapevolezza, lo Yoga, l'unità è strutturato.
41. Il valore universale della vita, Yama e la sua relazione con l'individuo avviene attraverso cinque leggi, Nyama. Patanjali descrive cinque valori di
Nyama, cinque valori della legge che collegano la vita universale alla vita individuale.
42. Asanas lo stabilizzarsi, o postura, affinché l'individualità sia stabile. I valori mutevoli appartengono all'individualità, ma l’individualità non deve
sottoporsi ai valori mutevoli, deve invece fondarsi sulla stabilità, sull'inamovibilità.
43. Prana. Il campo del prana è il campo della forza basilare della vita responsabile di ogni movimento degli esseri viventi, ovunque sia la vita. Il prana è il
valore armonizzante della vita. Pratyahara, il campo dei sensi; dharana il campo della mente.
44. L’armonia tra la mente, l'intelletto, l'essere… gli otto arti pienamente sviluppati e funzionanti, in piena coordinazione l’uno con l'altro costituiscono lo
Yoga, lo stato dell'unità. La filosofia dello Yoga espone in dettaglio otto aspetti della vita e descrive l'infinita armonia in base al loro funzionamento.
45. Non basta vivere soltanto il valore del corpo, perché vivremo soltanto uno degli otto arti dello Yoga. Non basta essere soltanto sul piano dell’intelletto,
o sul piano delle emozioni, e nemmeno soltanto essere sempre consapevoli del corpo, del valore materiale, fisico; non è sufficiente neppure essere soltanto
spirituali, l'essere non può rimanere sempre da solo. Può essere il grande Essere, ma l’essere (individuale) deve includere gli otto aspetti della vita, il corpo,
i sensi, la mente, l'intelletto, l'ego.
46. Yoga è uno stato integrato di vita dove gli otto aspetti fanno parte dell'esistenza individuale. A meno che questi otto non siano come otto membra, la
vita non è vissuta nel suo pieno valore. A meno che gli otto aspetti non diventino un’esistenza individuale coordinata, lo Yoga non è realizzato, le otto
membra dello Yoga non sono pienamente sviluppate.
47. Patanjali porta alla luce la necessità di permettere agli otto arti del corpo dello Yoga di svilupparsi pienamente, funzionando in intima coordinazione,
solo allora la vita sarà vissuta nello Yoga. Questa è la filosofia dello Yoga, la comprensione intellettuale di quali valori rendono la vita completa.
48. Patanjali non propone alcuna pratica, la sua è una filosofia, una comprensione della vita completa, la descrizione della meta. Le sue espressioni
descrivono il sentiero, la meta è descritta nel suo valore principale, ma la perfezione delle espressioni della filosofia di Patanjali può essere presa come
l’espressione del sentiero.
49. C'è soltanto un sentiero, una tecnica per lo sviluppo di tutte le membra dello stato integrato della vita. La Meditazione Trascendentale è l'aspetto
pratico dell'insegnamento di Patanjali attraverso cui gli otto arti trovano sviluppo, arricchimento e realizzazione.
50. Praticare singolarmente asanas, pranajama, pratyahara, dharana, dhyana, samadhi, praticare vari approcci è una perdita di tempo. È sempre stato così
in ogni epoca fino a quando non abbiamo incominciato a dire Jai Guru Dev! Fino a quando la Meditazione Trascendentale non è venuta alla luce, l'aspetto
pratico dell'insegnamento di Patanjali era perduto.
51. Oltre alla filosofia di Patanjali possiamo consideriamo altre prospettive nel campo dello Yoga. La Bhagavad Gita è indicata come l’esposizione completa
della tesi dello Yoga in ogni suo aspetto, teoretico, pratico ecc. Non che Patanjali sia incompleto, ma qualunque cosa sia, gli scritti di Patanjali non sono
chiamati “le scritture dello Yoga”, mentre la Bhagavad Gita è spesso definita come il libro di testo (le scritture) dello Yoga.
52. Oltre a questi abbiamo a portata di mano un altro testo... sono incerto se parlarne perché le novità sembrano più interessanti, ma non importa, al fine
della conoscenza diciamo che nel nome dello Yoga abbiamo anche gli Shiva Sutra. Come abbiamo gli Yoga Sutra di Patanjali, abbiamo anche i Sutra del
Signore Shiva.
53. Anche gli Shiva Sutra sono stati chiamati “Yoga Sutra”, ma dato che i Sutra di Patanjali sono diventati popolari come il nome di Yoga Sutra, i Sutra di
Shiva non sono generalmente conosciuti dal grande pubblico come Yoga Sutra. Al fine di evitare confusioni li chiameremo semplicemente Shiva Sutra,
ricordando che questo è un testo di Yoga, filosofia-pratica dello Yoga. Il Signore Shiva li trasmise alla madre divina, Parvati. Gli Shiva Sutra sono spesso
citati nella letteratura vedica, è qualcosa che dovremmo conoscere anche solo brevemente, senza andare nei dettagli.
54. Tuttavia l'insegnamento centrale delle scritture Yoga, è nel 45° versetto del secondo capitolo (della Bhagavad Gita): “nistraiguniobhava”, ‘sii senza i 3
guna’ e su questa base, il versetto prosegue: “yoghastha kurukarmani”, compi l’azione stabilizzato nell'essere.
55. L’insegnamento del signore Krishna è: sii! Questo è tutto l'insegnamento dello Yoga. Dice, sii! è una bellissima esortazione alla verità dell'unione, sii! È
come dire a qualcuno: vieni! che significa: alzati, metti avanti il piede sinistro, poi metti avanti il piede destro, ripeti questa procedura, destra-sinistra per
raggiungere la meta. Quando il signore Krishna dice “sii”, vuole dire che ovunque tu sia incomincia a muoverti nella direzione dell'essere, passo dopo passo
e raggiungi l'essere.
56. Normalmente dove sei? Sei nello stato di coscienza di veglia. Come puoi “Essere”? Incomincia a portare la consapevolezza verso l'essere, verso i livelli
più sottili, sperimentando livelli più sottili, sempre più sottili, trascendendo il livello più sottile e... sii! In quest'unica parola è incluso il processo di iniziare a
muoversi nella direzione dell'Essere. Incomincia nella direzione dell'essere e sii! la procedura della Meditazione Trascendentale è inclusa nella frase “sii
senza i tre guna!”
57. Anche se in pratica, nel divenire è coinvolta una procedura che chiamiamo Meditazione Trascendentale, per quanto riguarda la verità dell'Essere,
l'Essere semplicemente E’, anzi più di questo, l’esistenza permea il valore dell'Essere. Dato che l'Essere è onnipresente, per raggiungerlo non c'è un
sentiero, allora sii semplicemente dove sei. Non c'è un sentiero da attraversare, non c'è uno sforzo da compiere, non c'è un percorso da calcare passo per
passo, c'è soltanto l'Essere: qui sii! Questa è la realtà dell'Essere onnipresente che tu sei; incomincia allora ad essere infinito. Sii quello che sei, infinito,
illimitato, assoluto. Incomincia ad essere! questo è l'insegnamento del signore Krishna.
58. Al fine di rendere questo insegnamento un po' più comprensibile, il Signore Shiva, espone per gli uomini attivi qualcosa da fare, e nel fare, essere.
L'uomo è abituato a lavorare, a sperimentare (attraverso i sensi); l'individualità sopravvive nell'attività, quindi perché l'individualità sia al di fuori
dell'attività, in questo stato di universalità, il Signore Shiva dice, va bene ti dirò cosa fare: fai questo, fai quello... porta alla luce un numero infinito di modi
di trascendere.
59. E’ però un fare a livello differente, a livello della mente, a livello dei cinque sensi, dell'intelletto, dell'ego, del comportamento, del mondo, tanti tipi di
comportamenti che conducono all'essere. Questo è quello che il Signore Shiva porta la luce nel nome dello Yoga.
60. Abbiamo qualcosa da fare per raggiungere lo stato dello Yoga, anzi molto da fare con il corpo, molto da fare con la mente, con i sensi, l'intelletto,
l'ego, molto da fare nel comportamento: fare, fare, qualunque cosa da fare, molte cose da fare predicate dal Signore Shiva nei suoi Shiva Sutra allo scopo
di raggiungere lo Yoga.
61. Patanjali presenta queste attività nel suo insegnamento dell’Astanga Yoga. Il signore Krishna dice sii libero dell’attività, e stabilizza istantaneamente
l'individualità nel valore universale della vita, senza fare nulla.
62. La Meditazione Trascendentale è l'essenza di questi tre insegnamenti perché implica qualcosa da fare, ma questo fare diminuisce, sino al non fare: è
l'insegnamento di Krishna; ogni necessaria attività è inclusa nell'insegnamento di Shiva e la filosofia ottuplice, l’insegnamento di Patanjali, è collegato allo
stato integrato della vita. La Meditazione Trascendentale è il punto centrale del triangolo degli insegnamenti dello Yoga!
JGD
Scarica