Capitolo 6 ELEMENTI DI FLUIDODINAMICA Il comportamento della materia in astrofisica può essere solo in pochi casi ridotto a processi a particella singola. La materia stellare, le corone e i venti stellari, il mezzo interstellare, le galassie, i nuclei galattici attivi (getti e dischi di accrescimento), il mezzo intergalattico, la distribuzione a grande scala delle galassie, la radiazione fossile del big-bang primordiale sono descritte tramite teorie fluidodinamiche, in quanto le interazioni tra i vari elementi (ioni, atomi, molecole, ma anche stelle e galassie quando ci si riferisca alla dinamica di aggregazioni astrofisiche dominate dalla gravitazione) garantiscono in generale un comportamento collettivo. A seconda dei casi occorre utilizzare la teoria dei fluidi classici o relativistici. In alcune applicazioni i fluidi sono composti di elementi elettricamente neutri per cui contano solo le collisioni a corto raggio; in altri casi gli elementi sono elettricamente carichi e occorre utilizzare la teoria dei plasmi, basata su interazioni elettromagnetiche collettive a lungo raggio. Nel caso dell’interazione fra galassie nella struttura a grande scala si deve infine tener conto dell’interazione gravitazionale a lungo raggio. In questo Capitolo considereremo anzitutto il caso dei fluidi neutri, dando una descrizione introduttiva della cosiddetta fluidodinamica. Due principali classi di trattazioni fluidodinamiche sono disponibili: 1. tramite le equazioni cinetiche (microscopiche), che permettono lo studio dettagliato del plasma, includendo fenomeni fuori dall’equilibrio termodinamico 2. tramite le equazioni fluide (macroscopiche), che consentono di trattare la maggior parte dei fenomeni, ma esclude lo studio dell’evoluzione della funzione spettrale delle particelle. 173 174 6.1 CAPITOLO 6. ELEMENTI DI FLUIDODINAMICA Densità di particelle nello spazio delle fasi f (q, p,t) e momenti sulle velocità La trattazione cinetica descrive l’evoluzione temporale di un sistema a grande numero di elementi attraverso la funzione distribuzione f (q, p,t) nelle variabili canoniche q e p e nel tempo t, tramite la quale si definisce la densità di particelle nello spazio delle fasi: numero di particelle in d3 q d3 p = = f (q, p,t) d3 q d3 p . (6.1) Tale descrizione non segue dunque le singole componenti (particelle) del sistema, ma rappresenta la dinamica localmente utilizzando il concetto di funzione di campo nello spazio delle fasi. In tal senso le variabili canoniche sono variabili indipendenti, una rappresenta la posizione e l’altra il momento coniugato corrispondente, cioè la quantità di moto. La f (q, p,t) non è direttamente misurabile. Le misure sperimentali macroscopiche permettono invece di misurare i suoi momenti sulle velocità v, cioè i suoi integrali sulle velocità, che corrispondono a quantità ben note. Nel caso non-relativistico e normalizzando alla densità numerica nello spazio delle r: Z f d3 v = n(r,t) , (6.2) i momenti misurabili sono: R ρ(r,t) = mfRd3 v V(r,t) = n−1 vf d3 v u(r,t) = vR− V pijR(r,t) = mvi vj f d3 v = mui uj d3 u + ρVi Vj = Πij + ρVi Vj press. termica + cinetica R densità di energia termica −→ ε(r,t) = R 12 mu2 f d3 v flusso termico −→ q(r,t) = 12 mu2 uf d3 v densità di massa spaziale velocità di flusso velocità termica tensore di pressione 6.2 −→ −→ −→ −→ (6.3) Equazione di Liouville L’equazione fondamentale per la descrizione cinetica di insiemi di particelle con comportamento coerente (fluido) è l’equazione di continuità della densità di particelle nello spazio delle fasi f (r, v, t), che deriva dall’imporre la conservazione del numero totale di particelle in un qualunque volume dello spazio delle fasi quando non siano presenti interazioni che modifichino la quantità di moto in maniera discontinua. Ciò è rappresentato in Fig. 6.1 per una rappresentazione in una sola coordinata spaziale e una sola della velocità. Un’evoluzione continua richiede che le particelle nel volume A si portino in un volume B senza perdite o aggiunte. 6.2. EQUAZIONE DI LIOUVILLE 175 Fig. 6.1: Teorema di Liouville Per particelle di massa m, le variabili canoniche nello spazio delle fasi (in condizioni non-relativistiche) sono: qi = xi , pi = mvi e la condizione di continuità può essere scritta: ∙ ¸ µ ¶ Z Z F f 0 r0 + v0 dt, v0 + dt, t + dt dr0 dv0 = f (r, v, t) drdv m (6.4) (6.5) dove la funzione f è una funzione di campo euleriana. Sviluppando in serie al prim’ordine l’integrando a sinistra, ricordando che r e v sono variabili indipendenti e assumendo che le F siano indipendenti dalle velocità, l’eguaglianza può essere scritta in forma locale: ∂f F + v · ∇r f + · ∇v f = 0 ∂t m (6.6) Ricordando che v = dr/dt e F/m = a = dv/dt, e definendo la velocità di flusso nello spazio delle fasi: µ ¶ µ ¶ dri dvi Fi U= , = vi , , i = 1, 2, 3 (6.7) dt dt m si ricava la seguente forma sintetica con l’operatore differenziale a sei dimensioni ∇r,v ≡ (∂/∂ri , ∂/∂rj ): ∂f (6.8) + U·∇r,v f = 0 ∂t 176 CAPITOLO 6. ELEMENTI DI FLUIDODINAMICA oppure: ∂f + ∇r,v · (f U) = 0 ∂t dove si è utilizzato il fatto che ∇r,v · U = ∇r · v+∇v · (6.9) F = 0. m Il primo termine a destra è nullo perché, come già ricordato più sopra, r e v sono variabili indipendenti, mentre il secondo è nullo per le tipiche forze naturali, posizionali (gravitazionali, elettrostatiche, ecc.) e forze di Lorentz (∇v · (v × B) = 0). Un’altra forma utile, che prende il nome di equazione di Liouville è pertanto: Df =0 (6.10) Dt dove si utilizza l’operatore D/Dt ≡ (∂/∂t + U · ∇r,v ). Quando intervengano effetti di collisioni a corto raggio che comportano evoluzioni discontinue nello spazio delle fasi, l’equazione di continuità si modifica formalmente: µ ¶ F ∂f ∂f dr , (6.11) + · ∇r f + · ∇v f = ∂t dt m ∂t coll e il termine a destra dipende dalla microfisica delle collisioni. 6.3 Equazioni di Vlasov e di Boltzmann In assenza di collisioni l’equazione di Liouville prende il nome di equazione di Vlasov : ∂f Fi ∂f ∂f + =0. + vi ∂t ∂xi m ∂vi (6.12) In presenza di collisioni l’equazione di Vlasov diventa l’equazione di Boltzmann: µ ¶ Fi ∂f ∂f ∂f ∂f + = . (6.13) + vi ∂t ∂xi m ∂vi ∂t coll La descrizione cinetica richiede la soluzione di queste equazioni che in genere risultano complesse, in quanto le forze vengono a loro volta definite tramite la posizione e la velocità di tutte le particelle. Solo in alcuni casi è possibile ottenere soluzioni generali. 6.4 Equazioni macroscopiche Le equazioni macroscopiche derivano dall’equazione di Boltzmann tramite il calcolo dei momenti sulle velocità, cioè passando a grandezze mediate. In tal modo si ottengono relazioni tra quantità macroscopiche misurabili. 6.4. EQUAZIONI MACROSCOPICHE Si definisce il momento della forza: densità di forza → F = 177 Z Ff d3 v . (6.14) Qualora la forza non dipenda da v, F = nF. Si considerano i primi tre momenti dell’equazione di Boltzmann utilizzando le funzioni macroscopiche: 1 (6.15) mv2 . 2 Si moltiplica l’equazione di Boltzmann per una delle tre funzioni e si integra sull’intero spazio delle velocità, utilizzando il principio che nelle integrazioni le variabili q, p,t siano indipendenti, che le ψ i (v) siano funzioni di v soltanto e che la f (q, p,t) sia isotropa e si annulli per v → ∞: Z Z ∂f 3 ∂ ψ(v) d v = (6.16) ψf d3 v ∂t ∂t Z Z ∂f 3 ∂ d v = (6.17) ψf vi d3 v ψ(v)vi ∂xi ∂xi Z Z Z ∂ψ 3 Fi Fi Fi ∂f 3 ∂f 3 d v = d v=− fd v . (6.18) ψ(v) ψ m ∂vi m ∂vi m ∂vi ψ 0 (v) = mv0 , ψ 1 (v) = mv1 , ψ 2 (v) = Quest’ultima relazione vale per forze indipendenti da v, o per la forza di Lorentz ∝ v × B, ed è ottenuta tramite integrazione per parti in cui il fattore integrato si annulla all’infinito. Per quanto riguarda il termine di collisione, nel caso di urti binari elastici con piccola energia potenziale di interazione, i momenti sono trascurabili: µ ¶ µ ¶ Z Z ∂f ∂f m d3 v ' mv d3 v ∂t coll ∂t coll µ ¶ Z 1 ∂f ' d3 v ' 0 . (6.19) mv 2 2 ∂t coll Il momento di ordine zero (ψ 0 ) corrisponde all’equazione di continuità (nello spazio delle coordinate spaziali): ∂ρ + ∇ · (ρV) = 0 (6.20) ∂t Il momento del prim’ordine (ψ 1 ) corrisponde all’equazione di conservazione della quantità di moto: DV ρ + ∇ · Π̃ = nF (6.21) Dt dove Π̃ è il tensore di pressione; per plasmi omogenei e isotropi ∇ · Π̃ → ∇p. Infine il momento del second’ordine (ψ 2 ) corrisponde all’equazione di conservazione dell’energia; dopo alcune trasformazioni algebriche, e utilizzando le due equazioni precedenti, si ottiene: Dε + ε∇ · V + ∇ · q + Π̃ : ∇V = nF· hui , Dt (6.22) 178 CAPITOLO 6. ELEMENTI DI FLUIDODINAMICA dove ε = (1/2) Tr Π̃ e il simbolo ”:” indica un prodotto scalare fra tensori. Il sistema (6.20), (6.21), (6.22) non è chiuso in forma consistente, in quanto il numero dei momenti di f incogniti, ρ, V, Π̃, ε, t è superiore al numero di equazioni. La sua chiusura richiede opportune assunzioni fisiche; le possibilità più comuni in idrodinamica sono: 1. definizione di un’equazione di stato p = p(ρ); 2. condizione di adiabaticità q = 0, corrispondente a: D(pρ−γ )/Dt = 0, dove γ è l’indice adiabatico (5/3 nel caso di gas perfetti monoatomici). 6.5 Equazioni di Eulero Quando si considera un gas perfetto in equilibrio maxwelliano: 2 f = n (2πmkT )−3/2 e−mu /2kT (6.23) consegue che: ∇ · Π̃ = ∇p, hui = t = 0 (6.24) e le equazioni fluide (in assenza di collisioni) si semplificano nel sistema delle equazioni di Eulero: ∂ρ + ∇ · (ρV) = 0 ∂t DV + ∇p = nF Dt 3 DT nk + p∇ · V = 0 2 Dt p = p (ρ, T ) . 6.6 (6.25) (6.26) (6.27) (6.28) Fluidi a più componenti e con diffusione, viscosità e conduzione termica Tenendo conto di sistemi a più componenti e della loro interazione di scorrimento relativo, si ottengono le equazioni di Navier-Stokes: ∙ µ ¸¶ Fi ∂ni + ∇ · ni V−Di ∇ ln (ni kT ) − =0 ∂t kT µ ¶ 1 DV ρ + ∇p = η∇2 V+ ζ + η ∇ (∇ · V) Dt 3 X Dε (ni Fi · hui i) + ε∇ · V + ∇ · q + Π̃ : ∇V = Dt i (6.29) (6.30) (6.31) dove Di è il coefficiente di diffusione e η e ζ sono coefficienti di viscosità e si debbono ricavare appropriate forme per q e Π̃. 6.7. SUI CRITERI DI APPLICABILITÀ DELLA TRATTAZIONE FLUIDA179 6.7 Sui criteri di applicabilità della trattazione fluida A conclusione di questa rapida discussione delle equazioni fluide, ritorniamo sulle condizioni fisiche in cui esse sono applicabili. Siano λ e τ le scale di lunghezza e tempo su cui variano le grandezze fisiche che definiscono il fluido. Si può parlare di comportamento fluido di un elemento di volume r3 (r ¿ λ) se le particelle che vi si trovano al tempo t evolvono in maniera coerente fino al tempo t + τ (cioè mantengono i rispettivi valori delle grandezze fisiche molto vicini, come mostrato in Fig. 6.1): il volume r3 è pertanto l’elemento fluido. Una condizione necessaria, implicita in queste considerazioni, è che il trasporto di energia termica fuori dall’elemento sia piccolo, il che comporta t ≈ 0. La coerenza è essenzialmente mantenuta dalle collisioni che impediscono alle particelle di diffondere liberamente e differenziarsi; in tal senso deve essere r À λc (cammino libero medio rispetto alle collisioni. E quindi a maggior ragione: λ À λc , (6.32) λ (6.33) À τc , V p dove in equilibrio termico V ≈ vth ≈ γp/ρ; per scale maggiori di λ o per tempi più lunghi di τ interviene il comportamento collettivo. τ= 180 CAPITOLO 6. ELEMENTI DI FLUIDODINAMICA