705-715:REGDOC 17-2008.qxd 2-12-2009 10:47 Pagina 710 B enedetto XVI Il card. Kasper: l’ecumenismo e la conversione I l 15 novembre, nell’imminenza della visita a Roma del primate anglicano Rowan Williams (19-22) in occasione del centenario della nascita del card. Johannes Willebrands, è apparso su L’Osservatore romano un articolo di G. Mattei intitolato «A colloquio con il card. Kasper sulla costituzione apostolica Anglicanorum coetibus. Una possibilità concreta non contraria all’ecumenismo». In esso il presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani racconta alcuni retroscena dell’annuncio e della pubblicazione del documento pontificio e ne chiarisce i risvolti ecumenici. La visita del primate anglicano «rilancia il desiderio comune di parlarsi in un momento storico importante (…). Abbiamo l’occasione di aprire una nuova fase del dialogo ecumenico che continua a essere una priorità della Chiesa cattolica e del pontificato di Benedetto XVI». Il card. Kasper racconta di avere ricevuto una telefonata dall’arcivescovo Williams in piena notte, mentre era a Cipro per i lavori della Commissione teologica mista con gli ortodossi (cf. Regno-att. 20,2009,705): «Abbiamo parlato del significato della nuova costituzione apostolica, e l’ho rassicurato sulla continuazione dei nostri dialoghi diretti, come ci ha indicato il concilio Vaticano II e come vuole il papa. Mi ha risposto che per lui questa conferma è un messaggio molto importante». «I nostri rapporti personali sono cordiali e trasparenti. È un uomo di spiritualità, un teologo. In realtà oggi gli unici ostacoli al dialogo ecumenico possono venire dalle tensioni interne al mondo anglicano». La costituzione apostolica «si comprende proprio a partire dal Concilio e dai dialoghi diretti che ha suscitato». Sulla «possibilità di un riavvicinamento c’erano già allora grandi speranze anche perché nei contatti diretti si avverte che abbiamo una tradizione comune di quindici secoli». Aspettative andate però «un po’ deluse, soprattutto di recente, per via di alcuni sviluppi interni alla Comunione anglicana. Si sono infatti susseguite l’ordinazione delle donne al presbiterato e poi all’episcopato, la consacrazione di un vescovo omosessuale, la benedizione di coppie dello stesso sesso: scelte che hanno provocato gravi tensioni interne al composito mondo anglicano. Per forza di cose si è allargato anche il fossato con i cattolici. Comunque la risposta critica a questi sviluppi non è venuta soltanto dagli anglicani filo-cattolici. Insomma, non tutti coloro che non sono d’accordo con quelle novità vogliono diventare cattolici, anche perché tra gli anglicani la maggioranza è d’ispirazione evangelica». Il card. Kasper spiega la genesi e il significato della Anglicanorum coetibus a partire dall’esperienza diretta del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, il quale «è sempre stato informato dalla Congregazione per la dottrina della fede e non è vero che sia stato tenuto da parte. Non abbiamo partecipato direttamente alle conversazioni ma siamo stati messi al corrente, com’è giusto. Il testo della costituzione è stato preparato dalla Congregazione per la dottrina della fede. Noi abbiamo visto la bozza e presentato le nostre proposte». «Il papa ha aperto la porta con benevolenza. Ha indicato una strada. Ha offerto una possibilità concreta che certo non è contraria all’ecumenismo. Già il decreto Unitatis redintegratio del Vaticano II puntualizza chiaramente che un conto è l’ecumenismo, un conto la conversione. nis sacerdotalis, approvata dalla Santa Sede; ogni casa di formazione dovrà redigere un proprio regolamento, approvato dall’ordinario (cf. CIC, can. 242, §1). § 4. L’ordinario può accettare come seminaristi solo i fedeli che fanno parte di una parrocchia personale del- 710 IL REGNO - DOCUMENTI 21/2009 Ma non c’è contraddizione. Del resto, l’idea di riunione corporativa prevista dalla nuova costituzione è presente fin dall’inizio nel dialogo con gli anglicani». Infatti «proprio i pazienti confronti ecumenici hanno mostrato che c’è già un ponte che ci unisce, e una vicinanza tale da poter compiere un passo così importante». Quanto alla prossima fase attuativa, «è fisiologico che ci siano non piccoli problemi da risolvere in una questione così delicata». «Per prima cosa dobbiamo sapere concretamente chi e quanti sono gli anglicani decisi a cogliere questa opportunità. Poi vedremo tempi e luoghi». È necessario affrontare la questione con realismo. «Non ci si fa cattolici solo perché in disaccordo con le scelte della propria confessione. Come non è sufficiente firmare il Catechismo della Chiesa cattolica, anche se è una scelta significativa (…). Si deve vedere caso per caso e non generalizzare». Esistono «alcuni nodi difficili da sciogliere, problemi che non sono stati ancora affrontati e la cui soluzione appare complicata. Restando coi piedi per terra, diciamo subito che non sarà una decisione facile per i vescovi e i pastori anglicani, anche dal punto di vista della collocazione sociale». Tra le questioni pratiche da affrontare vi sarà «la preoccupazione di alcuni vescovi di dividere la loro diocesi: una parte che entra nella Chiesa cattolica e un’altra che resta anglicana». Circa il dialogo con la Traditional Anglican Communion (cf. Regnoatt. 20,2007,668), il card. Kasper manifesta qualche perplessità: «I loro rappresentanti quasi due anni fa hanno chiesto di essere incorporati nella Chiesa cattolica. Ma non hanno preso parte alle conversazioni. Adesso però sono saliti al volo su un treno già in corsa. Va bene, se sono sinceri le porte sono aperte. Ma non chiudiamo gli occhi sul fatto che dal 1992 non sono in comunione con Canterbury. (…) Bisogna rispettare la coscienza e la libertà di coscienza. La conversione, poi, è un fatto personale: c’è la libertà della grazia, la libertà della decisione umana. Non si può entrare in questo campo, non si può spingere, non si può organizzare». Infine il riflesso della questione sul dialogo con gli ortodossi: «A Cipro per evitare malintesi ho subito detto ai nostri partner ortodossi che non si tratta di proselitismo o di un nuovo uniatismo. Dell’argomento ho parlato una volta anche con l’arcivescovo di Canterbury e lui si è detto d’accordo sul fatto che non possa esistere un uniatismo anglicano. Del resto l’uniatismo è un fenomeno storico che riguarda le Chiese orientali e gli anglicani sono di tradizione latina. Resta valido il documento di Balamand del 1993, secondo cui si tratta di un fenomeno del passato avvenuto in circostanze non ripetibili. Non è un metodo per il presente e il futuro». Gli ortodossi «erano interessati soprattutto a comprendere la natura dell’ordinariato personale per gli anglicani, e ho precisato che non si tratta di una Chiesa sui iuris e non ci sarà dunque il capo di una Chiesa ma un ordinario con potestà vicaria». «In tutti i cristiani è ormai un dato acquisito che il papa vuole continuare i dialoghi ecumenici così come sono stati generati dal concilio Vaticano II». DANIELA SALA l’ordinariato o coloro che provengono dall’anglicanesimo e hanno ristabilito la piena comunione con la Chiesa cattolica. § 5. L’ordinariato cura la formazione permanente dei suoi chierici, partecipando anche a quanto predi-