Come dentro una bolla invisibile

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Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia - Ambito Territoriale di Lodi
Come dentro
una bolla invisibile
Corso di Formazione
sui disturbi dello spettro autistico
- DOCUMENTI -
Lodi, Febbraio/Marzo 2013
Scuola e inclusione: la sfida continua
L’Ufficio Scolastico Territoriale di Lodi, fin dalla sua costituzione avvenuta
oltre quindici anni fa, ha sempre cercato di promuovere attenzioni e sensibilità verso la tematica dell’inclusione nei confronti degli alunni disabili,
investendo energie e risorse in varie iniziative di sensibilizzazione e formazione dei docenti.
Tale linea è la stessa assunta dal nostro Paese, nell’ambito di una scelta
coraggiosa e avanzata di quarant’anni fa, quando con la Legge 517 del
1977 sì stabilì che tutti gli alunni, anche se disabili, potevano entrare nella
scuola di tutti.
Le recenti normative sui Bisogni Educativi Speciali estendono a tutti gli
studenti che per qualche motivo fossero in difficoltà di apprendimento la
possibilità e il diritto di personalizzare il percorso di studio, completando
così il lungo iter dell’inclusione scolastica.
Dopo varie iniziative promosse negli anni sulle tematiche più generali
relative all’inclusione, si è deciso più recentemente di addentrarsi su problematiche più specifiche, per fornire ai docenti maggiori competenze e
strumenti specialistici.
In tale contesto si colloca l’organizzazione di questo corso, con la preziosa collaborazione del Centro Territoriale di Supporto, destinato ad approfondire le problematiche sui disturbi dello spettro autistico, di cui sono interessati almeno un centinaio di minori presenti nelle scuole del Lodigiano.
L’obiettivo di fondo, che ha rappresentato anche la mission affidata ai relatori, è stato quello di individuare concretamente le strategie scolastiche
più idonee da mettere in atto in presenza di alunni che presentano tale
disturbo. A tal fine sono stati invitati in qualità di qualificati relatori alcuni
specialisti che operano sul nostro territorio, con modalità e tempi diversi,
garantendo ricchezza e diversificazione dei contenuti.
Le stesse Linee Guida sui disturbi dello spettro autistico delineate dall’Istituto Superiore della Sanità ci dicono che le conoscenze sull’autismo sono
in continua evoluzione, anche perché numerosi aspetti di questo disturbo
non sono ancora del tutto chiari; ma i ragazzi presenti nelle nostre scuole
non possono attendere e pretendono risposte che speriamo questo momento di formazione possa contribuire a fornire.
Gianluigi Cornalba
Area sostegno alla Persona
Ufficio Scolastico Territoriale di Lodi
Luca Volontè
Dirigente Responsabile
Ufficio Scolastico Territoriale di Lodi
INDICE
I disturbi dello spettro autistico: strategie e buone prassi a scuola
Monica Saccani, Centro Autismo Ospedale San Paolo - Milano
pag.
7
i comportamenti problema nella persona con autismo
Lucia D’Amato, CDD Modulo Minori “Fondazione Danelli”, Lodi
Cristina Resi, Tatiana Quintini, UONPIA Azienda Ospedaliera di Lodi
Monica Giorgis, Fabiano Cabrini, Cooperativa Amicizia, Codogno
pag.
pag.
pag.
pag.
11
12
20
25
GLI ASPETTI COMUNICATIVI E RELAZIONALI NELLE PERSONE CON AUTISMO
IL LINGUAGGIO E L’INTERSOGGETTIVITà: PROPOSTE DI INTERVENTI
Antonio Grioni, Centro “il Paguro”, Lodi
Alessandro Chiari, Centro Benedetta d’Intino, Milano
pag. 31
lo sviluppo delle attività personali e sociali nelle persone con autismo
Cristina Resi, Tatiana Quintini, UONPIA Azienda Ospedaliera di Lodi
Monica Giorgis, Fabiano Cabrini, Cooperativa Amicizia, Codogno
pag. 43
pag. 44
pag. 48
e in classe cosa faccio? dibattito con i relatori del corso
Angelo Vigo Docente presso il Laboratorio di Didattica Generale, Università Cattolica di Brescia
Claudia Maraboli, Coordinatrice CTS di Lodi
pag. 55
pag. 32
pag. 35
Come dentro una bolla invisibile
Corso di Formazione sui disturbi dello spettro autistico - Documenti
I disturbi dello spettro autistico:
strategie e buone prassi a scuola
Monica Saccani
Centro Autismo Ospedale San Paolo - Milano
I disturbi dello spettro autistico sono disordini pervasivi dello sviluppo che
compromettono le abilità di comunicazione e di interazione, il range dei
comportamenti e gli interessi.
Si tratta di uno spettro di disturbi in cui il grado di compromissione è differente nei diversi individui. Sono colpiti maggiormente i maschi rispetto alle
femmine con un rapporto di 4:1; alcuni soggetti raggiungono un grado di
sviluppo che consente una vita relativamente indipendente ma la maggior
parte di essi necessita di un supporto persistente e continuativo.
Le tre principali aree di compromissione sono:
INTERAZIONE SOCIALE
Include la capacità di riconoscere e comprendere i sentimenti e le emozioni
delle altre persone e quella di gestire le proprie.
Le persone con ASD possono:
• non comprendere le regole sociali che la maggior parte di noi afferra
intuitivamente: per esempio possono non essere in grado di valutare la
prossimità fisica o cominciare conversazioni su argomenti inappropriati
• preferire trascorrere il tempo soli piuttosto che cercare la compagnia di
altre persone
• non ricercare il conforto di altre persone
• comportarsi in modo bizzarro o inappropriato come se non fosse per loro
semplice esprimere sentimenti, emozioni o bisogni
COMUNICAZIONE SOCIALE
Include l’uso e la comprensione del linguaggio verbale e non verbale come
gesti, espressioni mimiche e tono della voce.
Molte persone con ASD hanno una comprensione esclusivamente letterale
del linguaggio e pensano che le persone vogliano intendere esattamente
quello che dicono. Possono avere difficoltà a utilizzare o comprendere lo
scherzo e il sarcasmo e frasi comuni tipo modi di dire, metafore.
Molte persone con autismo non parlano o hanno un linguaggio molto limitato. Spesso possono comprendere cosa gli altri dicono ma attraverso l’uso
di sistemi alternativi di comunicazione come i sistemi di supporto visivo alla
comunicazione. Altri possono avere buone abilità linguistiche ma trovare
difficile la natura reciproca della conversazione parlando a lungo dei propri
interessi o ripetendo quello che gli altri hanno detto.
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IMMAGINAZIONE
Include l’abilità di comprendere e prevedere le intenzioni delle altre persone, i loro comportamenti e quelle di immaginare situazioni diverse da quelle
routinarie. Possono essere presenti ambiti di attività molto ripetitive.
Le persone con ASD hanno difficoltà a:
• comprendere e interpretare i pensieri delle altre persone, i loro sentimenti
e le loro azioni
• prevedere cosa accadrà o cosa potrebbe accadere
• comprendere il concetto di pericolo
• ingaggiarsi nel gioco immaginativo (i bambini con ASD possono giocare
utilizzando l’immaginazione ma spesso preferiscono mettere in atto la
stessa scena ogni volta)
• essere pronti ai cambiamenti e fare piani per il futuro
• confrontarsi con situazioni nuove o non familiari
ASPETTI SENSORIALI E ROUTINES
Le persone con ASD possono essere ipo o iper sensibili ai suoni, agli stimoli
tattili, agli odori, alle luci. Molti preferiscono avere routine prefissate ogni
giorno in modo da sapere cosa accadrà e apprezzano le regole. La quotidiana “confusione” scolastica può essere per loro estremamente faticosa e
stressante.
Quali ricadute hanno queste difficoltà a scuola?
Ciascun bambino con diagnosi di ASD è differente dagli altri: alcuni possono essere molto tranquilli altri veramente disturbanti.
Molte delle difficoltà sono inerenti agli ambiti di disfunzionamento descritti
altre alle caratteristiche neuropsicologiche quali
• migliori capacità e preferenza per l’elaborazione di informazioni visive
a fronte di difficoltà di elaborazione di informazioni uditive in particolare
linguistiche
• accentuata attenzione ai dettagli a fronte di difficoltà a integrare, collegare e derivare significati da essi
• grande variabilità nelle capacità attentive
• deficit comunicativi che includono sempre l’uso pragmatico del linguaggio
• difficoltà con i concetti di tempo e spazio
• preferenze o avversioni sensoriali marcate
La progressione degli apprendimenti deve tenere conto delle caratteristiche
nucleari del disturbo e delle difficoltà specifiche del ragazzo e può trarre
utile beneficio dall’uso dei principi dell’educazione strutturata quali:
• la strutturazione dell’ambiente e delle attività secondo modalità che siano
comprensibili all’individuo;
• l’uso delle abilità visive e degli interessi per i dettagli visivi per supportare
abilità relativamente deboli (comunicative e sociali)
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• uso degli interessi specifici del soggetto per l’engagement nell’apprendimento e il sostegno all’iniziativa comunicativa
Strategie di comunicazione e di interazione con i bambini ASD
Il livello di linguaggio deve essere adattato ai singoli ragazzini, i supporti
visivi potrebbero essere necessari soprattutto con i ragazzi che non hanno
sviluppato linguaggio ma anche con quelli che hanno un linguaggio più
evoluto.
Allo scopo di costruire una relazione positiva è necessario:
• Utilizzare le nostre conoscenze del bambino e dei suoi interessi (ciò che
è motivante) per stabilire e mantenere una relazione
• Essere coerenti nelle modalità di relazione e stabilire regole e limiti che
esplicitino cosa ci si aspetta in una data situazione
• Essere consapevoli del grado di interazione con i pari rispetto al quale il
bambino con ASD continua a essere a proprio agio e oltre il quale non lo
è più
• Se necessario, fornire opportunità e supporto per sviluppare relazioni con
i coetanei
• Mettere in atto strategie di prevenzione e di gestione di eventuali atti di
bullismo
La comunicazione con i bambini con ASD dovrebbe basarsi su alcuni punti
fondamentali come la chiarezza del messaggio, l’approccio diretto, che
evita doppi sensi e domande complesse e aperte (a meno che non siamo
certi che il ragazzo le comprenda).
Sia la comunicazione che le strategie di funzionamento esecutivo vengono
supportate utilmente dalla strutturazione visiva dell’ambiente sia nel senso
dell’identificazione degli spazi e delle loro funzioni sia nel senso della esplicitazione delle richieste, delle modalità di esecuzione e del tempo necessario per effettuarle.
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I comportamenti problema
nella persona con autismo
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Intervento di
Lucia D’Amato
CDD Modulo Minori “Fondazione Danelli” - Lodi
LA TRIADE AUTISTICA
Le caratteristiche comuni dell’autismo non risiedono in particolari comportamenti ma in tre aree di sviluppo. Non esiste un’unica caratteristica che da
sola possa contraddistinguere l’autismo ma sono le difficoltà incontrate in
tutte e tre le aree nonché l’interazione tra di loro a caratterizzare il disturbo.
• Comprensione e interazione sociale ed emotiva
• Comunicazione
• Comportamenti Problema
IL MODELLO COMPORTAMENTALE
Si basa sull’assunto che ogni comportamento serva una funzione. Questa
“funzione” è il risultato della storia degli apprendimenti e delle interazioni
dell’individuo con l’ambiente
• Osservare il comportamento da un punto di vista funzionale, significa
agire considerando elementi osservabili e misurabili
• Il modello comportamentale enfatizza l’importanza tra gli eventi ambientali e la risposta che essi stessi producono sul comportamento di ogni
individuo
NELLA GESTIONE COMPORTAMENTALE…
• Osservare il comportamento del bambino
• Descrivere le circostanze in cui le emissioni comportamentali sono più
frequenti
• Individuare le conseguenze che fomentano tale comportamento
• Fornire al bambino altri strumenti per manifestare il suo dissenso, la propria difficoltà.
• Contenere le vocalizzazioni durante le crisi comportamentali
• Rimanere fermi sulle indicazioni date, sulle richieste fatte
OGNI QUANTO?
• Un comportamento per assestarsi necessita di almeno un mese
• Durante le fasi di assestamento ci possono essere dei “picchi comportamentali”
• Mantenersi fermi nelle proprie richieste
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IL BAMBINO DEVE ESSERE IN GRADO DI
• Capire cosa l’ambiente vuole da lui
• Capire cosa accadrà dopo
• Capire cosa gli viene detto
• Capire come può chiedere ciò che vuole
• Capire che prima si finisce una cosa, poi se ne inizia un’altra
• Comprendere le regole che stanno alla base delle relazioni sociali
STRUMENTI IMPORTANTI
• Strategie visive
• Calendari
• Schemi
• Contratti
• Storie sociali
LA SCUOLA HA UN RUOLO FONDAMENTALE
• È il contatto con i pari, spesso, a spronare il bambino con autismo a contenere e a meglio gestire il suo comportamento e la comunicazione verso
l’altro
• Il valore delle attività di integrazione è spesso sottovalutato in relazione
alla gestione comportamentale
• Se pensiamo che il 90% dei comportamenti problematici è finalizzato ad
una richiesta di attenzione da parte dell’ambiente…
INCREMENTARE L’INTERAZIONE CON I COETANEI
ATTIVITÀ INIZIALI
• Guardare il compagno su istruzione dell’adulto
• Stabilire il contatto oculare quando il compagno lo chiama per nome
• Saluti reciproci
• Iniziare il saluto
• Imitare le azioni dei compagni
• Imitare le verbalizzazioni dei compagni
• Seguire istruzioni per giocare con il compagno
• Aspettare il turno in un gioco
• Rispondere a domande sociali fatte dal compagno
• Commenti reciproci sugli oggetti
• Fare proposte di gioco
• Mostrare giocattoli
• Richiedere oggetti preferiti
ATTIVITÀ INTERMEDIE
• Dirigere un gioco
• Eseguire istruzioni per completare un’attività
• Fare domande seguendo una conversazione
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Corso di Formazione sui disturbi dello spettro autistico - Documenti
Corso di Formazione sui disturbi dello spettro autistico - Documenti
• Iniziare a commentare oggetti
• Chiedere di unirsi ad attività di gioco
• Imparare nuove risposte dall’osservazione dei compagni
• Rispondere e fare complimenti
• Rispondere in maniera affermativa alle richieste dei compagni
• Richiedere aiuto ai compagni
• Offrire aiuto ai compagni
• Giocare al gioco del “far finta”
• Far finta di essere il maestro o lo studente
• Raccontare proprie esperienze ai compagni.
ATTIVITÀ AVANZATE
• Fare domande per ottenere informazioni
• Fare commenti sul comportamento di gioco dei compagni
• Chiedere al compagno il permesso di giocare con i suoi giochi
• Rispondere al rifiuto
• Rispondere al linguaggio gestuale del compagno
• Differenziare quando fare domande e quando dare informazioni
• Iniziare conversazioni a tema
• Rispondere a commenti sugli stati personali dei compagni
• Fare commenti appropriati sugli stati dei pari
• Difendere il pari
• Unirsi alle conversazioni.
L’INSEGNANTE DI SOSTEGNO
• Aiuta il bambino a prestare attenzione agli altri compagni e ne promuove
la loro imitazione
• Utilizza i pari come modello di comportamenti adeguati
• Lo aiuta a chiedere ciò di cui ha bisogno e poi sfuma gli aiuti dati perché
il bambino impari a farlo autonomamente
• Lavora sugli apprendimenti del bambino e promuove costantemente l’interazione con i compagni
• Rinforza i comportamenti adeguati del bambino e dei suoi compagni
• Cerca di eliminare la rigidità del bambino, non permettendogli di giocare
con le cose ogni giorno sempre nello stesso ordine e sequenza
• Insegna al bambino ad utilizzare comportamenti appropriati per attirare
su di sé l’attenzione
• Lavora sullo stare “seduti” durante le lezioni della maestra
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DISPOSITIVO PER LA VALUTAZIONE FUNZIONALE
Nome: ……………………………………………………………………………………………. Data di nascita: ………………………………………………...
Comportamento problema: ……………………………………………………………………………………………………………………………………….…
Informatore: ……………………………………………………………………… Intervistatore: ………………………………………………………………….
Il Dispositivo per la Valutazione Funzionale è uno strumento usato per identificare un numero di fattori che
potrebbero influenzare la presenza di comportamenti problema. Tale dispositivo è solo uno strumento per
uno screening iniziale e dovrebbe essere utilizzato come parte di un’analisi funzionale comprensiva. Il
Dispositivo dovrebbe essere amministrato da diversi individui che interagiscono con il bambino
frequentemente. I risultati dovrebbero poi essere usati come base per l’osservazione diretta in diversi
contesti in modo da verificare le possibili funzioni del comportamento, chiarire funzioni ambigue ed
identificare altri fattori rilevanti che potrebbero non essere stati inclusi in questo strumento.
Relazione informatore
informatore – bambino
Indicate la vostra relazione con il bambino:
� Genitore � Terapista � Insegnante di sostegno � Insegnante di classe � Altro …………………………………….
Da quanto tempo conosce il bambino? ………………… Anni ……………………. Mesi
Interagisce con il bambino quotidianamente? � sì
Se sì,
sì quante ore al giorno? …………….
� no
Se no,
no quante ore alla settimana? …………………….
In quali situazioni generalmente osservate il bambino? (segnare tutte quelle applicabili)
� autonomia
� pasti
� lavoro accademico
� attività strutturate
� attività ludiche
� sera
� tempo libero
�altro ……………………………………………….......
Parte I:I: Identificazi
Identificazione
dentificazione dei comportamenti problema
Elencare i comportamenti più problematici. Descrivere in maniera chiara ed oggettiva e non utilizzando
etichette sommarie (es. “dà pugni ad altri” e non “è aggressivo”)
1.
…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
2.
…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
3.
4.
…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
Scuolaba Onlus – via Del Carso, 4 – 25124 Brescia CF 98145970178
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Parte II:
II: Dimensioni
Dimensioni del comportamento problema
Fare una stima della frequenza e severità per ogni comportamento problema. Usate il seguente criterio:
• Leggero (distruttivo ma non pericoloso)
•
•
1.
2.
3.
4.
Moderato (distruttivo per l’ambiente fisico)
Severo (pericolo fisico per lo studente e per gli altri)
Frequenza
Severità
oraria/giornaliera/settimanale/meno spesso
1.
Leggera/Moderata/Severa
oraria/giornaliera/settimanale/meno spesso
3.
Leggera/Moderata/Severa
oraria/giornaliera/settimanale/meno spesso
oraria/giornaliera/settimanale/meno spesso
2.
4.
Leggera/Moderata/Severa
Leggera/Moderata/Severa
Tra i comportamenti citati, selezionate quello che più necessita di cambiamento. Compilate le parti
seguenti del questionario riferendovi al comportamento selezionato.
Parte III:
III: Situazioni
Situazioni critiche
In quali situazioni è più probabile che il comportamento si manifesti?
Giorni/ora ……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
Ambiente ………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
Persona presente ………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..
Attività ………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………….
Cosa succede subito prima del comportamento? ……………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
In quali situazioni è meno probabile che il comportamento si manifesti?
Giorni/ora ……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
Ambiente ………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
Persona presente ………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..
Attività ………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………….
Parte IV:
Influenze sociali sul comportamento
IV: Influenze
1.
il comportamento avviene maggiormente in vostra presenza o di altri
� sì
� no
2.
il comportamento avviene dopo che voi o altri hanno interagito con il bambino in qualche modo, per
esempio dopo avergli fatto una richiesta o averlo rimproverato, dopo averlo ignorato, portato via
qualcosa di preferito, avergli chiesto di cambiare attività, mentre parlate con un’altra persona in sua
presenza, etc.
3.
� sì
il comportamento è spesso accompagnato da altre risposte “emotive”, per esempio gridare o piangere
� sì
� no
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� no
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Completate la parte V se avete risposto “sì” alle domande 1,2 e 3. Saltate la parte V se avete risposto
“no” a tutte e tre le domande precedenti
Parte V:
Rinforzo Sociale
V: Rinforzo
4.
il comportamento avviene quando il bambino non ha ricevuto molte attenzioni
� sì
� no
5.
quando il comportamento avviene, solitamente voi o altri rispondete interagendo con il bambino in
qualche modo (es. confortandolo, correggendolo verbalmente o rimproverandolo, bloccando il
comportamento fisicamente o ridirezionandolo)
� sì
� no
6.
il bambino spesso manifesta altri comportamenti che producono attenzione
� sì
� no
7.
il bambino spesso vi approccia (o altri) per interagire socialmente
� sì
� no
8.
il comportamento raramente avviene quando il bambino riceve molta attenzione
� sì
� no
9.
il comportamento avviene quando portate via qualcosa al bambino o quando terminate un’attività per lui
piacevole
� sì
� no
(se Sì specificate ………………………………………………………………………………………………………………………………………………. )
10. il comportamento avviene quando informate il bambino che non può avere una certa cosa o accedere ad
una particolare attività
� sì
� no
(se Sì specificate ………………………………………………………………………………………………………………………………………………. )
11. quando il comportamento avviene, a volte rispondete dando al bambino l’oggetto, il gioco, cibo o
qualche altra cosa
� sì
� no
(se Sì specificate ………………………………………………………………………………………………………………………………………………. )
12. il bambino spesso manifesta altri comportamenti fastidiosi che producono accesso ad attività o oggetti
preferiti
� sì
� no
13. il comportamento raramente avviene quando il bambino ha libero accesso ai suoi oggetti o attività
preferite
� sì
� no
14. il comportamento avviene durante attività d’insegnamento o quando fate un qualche tipo di richiesta al
bambino
� sì
� no
Se Sì specificate le attività:
� autonomia personale
� accademico
� lavori
� altro ………………………………………………….
15. il bambino spesso non è collaborativo durante le attività di insegnamento o quando gli viene chiesto di
completare un’attività o un compito
� sì
� no
16. il comportamento spesso avviene quando l’ambiente circostante è molto rumoroso o affollato
� sì
� no
� sì
� no
17. quando il comportamento avviene spesso rispondete dando al bambino una breve pausa dal compito o
attività
18. il comportamento raramente avviene quando fate al bambino poche richieste o lo lasciate da solo
� sì
� no
Parte VI:
VI: Rinforzo
Rinforzo non sociale (automatico)
19. il comportamento avviene spesso quando il bambino è solo o comunque non occupato in qualcosa
� sì
� no
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20. il comportamento avviene indipendentemente da quello che succede nell’ambiente circostante
� sì
� no
� sì
� no
� sì
� no
21. il bambino sembra avere poche cose che lo motivano e raramente manipola gli oggetti in maniera
appropriata o “gioca”
22. il bambino generalmente non risponde a stimolazione sociale
23. il bambino spesso emette comportamenti ripetitivi e stereotipati quali il dondolarsi, sfarfallare le mani o
dita, girare gli oggetti, mettere cose in bocca, etc.
� sì
� no
24. quando il bambino manifesta il comportamento in questione, voi e gli altri rispondete non facendo o
dicendo nulla (es. non prestando attenzione al comportamento)
� sì
� no
25. il comportamento sembra avvenire ciclicamente. Durante un ciclo “alto” il comportamento avviene
frequentemente ed è difficile da interrompere, durante un ciclo “basso” il comportamento avviene
raramente
� sì
� no
26. il comportamento sembra avvenire più spesso quando il bambino è malato
� sì
� no
27. il bambino è spesso malato (es. infezioni, allergie, dermatiti, etc.)
� sì
� no
Tabella valori
Cerchiate le domande alle quali avete risposto Sì.
Sì.
Possibile variabile di mantenimento
1
2
3
4
5
6
7
8
1
2
3
9
10
11
12
13
1
2
3
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
19
20
24
25
26
27
Attenzione (Rinforzo sociale positivo)
Accesso ad attività (Rinforzo sociale
positivo)
Fuga (Rinforzo sociale negativo)
Stimolazione sensoriale (Rinforzo
automatico)
Attenuazione del dolore (Rinforzo
automatico negativo)
Parte VII:
VII: Comportamento
Comportamento sostitutivo
Descrivete un comportamento alternativo che potrebbe essere insegnato in sostituzione del
comportamento problema.
Comportamento problema
Comportamento sostitutivo
1
2
3
Scuolaba Onlus – via Del Carso, 4 – 25124 Brescia CF 98145970178
18
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Parte
VIII:
VIII: Abilità
Abilità comunicative
20. il comportamento
avviene indipendentemente da quello che succede nell’ambiente circostante
1. indicate la forma di comunicazione primaria del bambino:
� sì
� no
lingua dei
segni
� gestiche lo motivano
� comunicazione
per immagini
� altro
21. �il vocale
bambino �sembra
avere
poche cose
e raramente
manipola gli oggetti
in maniera
2. in
che modo oil “gioca”
bambino generalmente comunica una sua necessità? (per richiedere attenzione,
appropriata
� sì
� ncibo,
o
attività, oggetti, etc.)………………………………………………………………………………………………………………………………………...
22. il bambino generalmente non risponde a stimolazione sociale
� sì
� no
…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
23. il bambino spesso emette comportamenti ripetitivi e stereotipati quali il dondolarsi, sfarfallare le mani o
3. in che modo il bambino comunica il desiderio di interrompere un’attività? …………………………………………………….
dita, girare gli oggetti, mettere cose in bocca, etc.
� sì
� no
…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
24. quando il bambino manifesta il comportamento in questione, voi e gli altri rispondete non facendo o
nulla (es. non prestando attenzione al comportamento)
� sì
� no
Partedicendo
IX:
IX: Preferenze
25. il comportamento sembra avvenire ciclicamente. Durante un ciclo “alto” il comportamento avviene
ed èche
difficile
da interrompere,
durante
ciclo “basso”
il comportamento
avviene
Fatefrequentemente
una lista delle cose
il bambino
sembra preferire
e cheun
potrebbero
essere
usate come rinforzi
per
raramente appropriati.
� sì
� no
comportamenti
26. persone
il comportamento
avvenire più spesso quando il bambino è malato
� sì
� no
1.
preferite sembra
………………………………………………………………………………………………………………………………………………….
27. …………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
il bambino è spesso malato (es. infezioni, allergie, dermatiti, etc.)
� sì
� no
2. attività preferite (video, giochi, altalena televisione, …) ……………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
Tabella valori
…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
3.
cibo, snack
o bevande
Cerchiate
le domande
alle ……………………………………………………………………………………………………………………….
quali avete risposto Sì.
Possibile variabile di mantenimento
Sì.
…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
1
3 precedenti
4
X:
: Interventi
i 5
Parte
X2
Interventi
precedent
6
7
8
Attenzione (Rinforzo sociale positivo)
Accesso ad attività (Rinforzo sociale
1
9 degli10
11 adottati
12 precedentemente
13
Fate
un2 breve 3riassunto
interventi
e degli effetti che hanno avuto sul
positivo)
comportamento problema. Includete una breve descrizione delle procedure e dei dati se disponibili.
1
2
3
14
15
16
17
18 Fuga (Rinforzo sociale negativo)
…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
Stimolazione sensoriale (Rinforzo
19
20
21
22
23
24
…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
automatico)
…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
Attenuazione del dolore (Rinforzo
19
20
24
25
26
27
…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
automatico negativo)
…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
Parte VII:
VII: Comportamento
Comportamento sostitutivo
…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
Descrivete un comportamento alternativo che potrebbe essere insegnato in sostituzione del
…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
comportamento problema.
Comportamento problema
Data: ……………………………………………………….
Comportamento sostitutivo
1
Adattato e tradotto dal lavoro del Dott. Brian Iwata (1996&1998) al Florida Center on Self-Injury
2
Scuolaba Onlus – via Del Carso, 4 – 25124 Brescia CF 98145970178
3
Scuolaba Onlus – via Del Carso, 4 – 25124 Brescia CF 98145970178
19
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Intervento di
Cristina Resi, Tatiana Quintini
UONPIA Azienda Ospedaliera di Lodi
L’ASSESSMENT DEI COMPORTAMENTI PROBLEMA
Talvolta la disabilità intellettiva è associata a comportamenti problematici o emozionali che rappresentano una fonte di forte preoccupazione,
forse la più critica, per i genitori e gli insegnanti di bambini con bisogni
speciali. I comportamenti problema hanno uno scopo. Se nel piano di
sostegno al comportamento questo scopo non viene compreso, è molto
probabile che comincino a manifestarsi nuovi comportamenti problema
che perseguono il medesimo scopo.
Che cosa è allora un comportamento problema?
•Un comportamento che interferisce con l’apprendimento
•Un comportamento che interferisce con abilità già acquisite
•Un comportamento che provoca disturbo o danni o e’ pericoloso per la
persona
I presupposti all’assessment funzionale del comportamento problema
sono:
- il comportamento problema svolge una funzione specifica
- il comportamento problema ha un intento comunicativo. Gli operatori
devono rispettare questo specifico intento comunicativo
- il comportamento problema si correla agli eventi che lo precedono e
lo seguono e non si manifesta casualmente, ma può avere lo scopo di
controllare l’ambiente
- Un solo comportamento problema può avere molteplici funzioni
Il modello operativo per l’assessment funzionale del comportamento problema può essere così sintetizzato:
Fase 1: identificare i comportamenti problema
Fase 2: dare una priorità ai comportamenti problema
Fase 3: definire i comportamenti problema
Fase 4: formulare le ipotesi:
a)completare le interviste strutturate
b)completare le osservazioni strutturate
c)completare un’analisi funzionale sperimentale sistematica del
comportamento problema
Fase 5: collegare i risultati dell’assessment agli interventi:
a)selezionare i comportamenti sostitutivi
b)modificare le conseguenze
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c)modificare gli antecedenti
Il comportamento problema deve essere definito in termini di azioni osservabili ed è necessario specificarlo esattamente, prendere una misura “prima” (linea di base) del nostro intervento e identificare lo schema A-B-C:
A (antecedenti)
B (behavior- comportamento)
C (conseguenze)
Un’analisi A-B-C è una registrazione di episodi nella quale si descrivono
esattamente gli avvenimenti immediatamente precedenti e successivi alla
manifestazione di un comportamento problema.
Nella colonna degli antecedenti (A) si elenca tutto ciò che è stato detto o
fatto dalla persona, dagli operatori o dai compagni prima della manifestazione del comportamento.
Nella colonna del comportamento (B) viene descritto in termini osservazionali tutto ciò che la persona ha fatto e detto. Infine, nella colonna delle
conseguenze (C) si descrive tutto ciò che è stato detto e fatto dalla persona
dopo il comportamento problema.
La scheda va usata per ogni giorno di osservazione.
Dopo che i dati sono stati raccolti per diversi giorni consecutivi devono essere ricontrollati al fine di formulare ipotesi sulle variabili che influenzano il
comportamento problema.
L’osservazione sistematica può essere completata anche tramite diagrammi
che mettono in luce gli schemi ricorrenti associati ai diversi momenti della
giornata.
Per preparare un diagramma è necessario costruire una griglia per raccogliere i dati. L’asse orizzontale elenca i giorni della settimana, mentre l’asse
verticale presenta gli orari della giornata.
Il passo successivo nel completamento di un diagramma richiede di categorizzare le manifestazioni del comportamento bersaglio. Una casella bianca
(senza segnature) significa che in quell’intervallo di tempo non è stato osservato il comportamento. Prima di completare le osservazioni è necessario
stabilire il numero di manifestazioni del comportamento che implicano la
registrazione attraverso la sbarretta; così come il numero di occorrenze del
comportamento che consentono l’annerimento completo della casella.
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Scheda per la raccolta di dati con diagramma
Studente:
Comportamento target:
Legenda:
Giorni
Attività
Orari
7,30 - 8,00
8,00 - 8,30
8,30 - 9,00
9,00 - 9,30
9,30 - 10,00
10,00 - 10,30
10,30 - 11,00
11,00 - 11,30
11,30 - 12,00
12,00 - 12,30
12,30 - 13,00
13,00 - 13,30
13,30 - 14,00
14,00 - 14,30
14,30 - 15,00
15,00 - 15,30
15,30 - 16,00
22
Data inizio:
Data fine:
=0
=
=
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In molti casi i comportamenti problematici hanno per le persone una funzione comunicativa: ottenere l’attenzione dei compagni e/o degli operatori,
ottenere l’accesso a un’attività, ottenere cibo, ottenere un oggetto, protestare, chiedere una pausa e/o aiuto.
Si consiglia di condurre un’osservazione per un periodo compreso tra i tre
e i cinque giorni in modo da poter confermare o meno le impressioni avute
sugli intenti comunicativi del comportamento.
Altro
Usa frasi complesse
Usa parole singole
Usa segni complessi
Usa segni semplici
Usa gesti
Disegna linee o immagini
Data:
Osservatore:
Usa oggetti
Sguardo fisso
Indica
Si allontana
Urla
Accessi d’ira
Piange
Autolesivo
Soggetto:
Setting di osservazione:
Chiedere aiuto
Chiedere una pausa
Protestare
Ottenere un oggetto
Ottenere cibo
Ottenere l’accesso a un’attività
Ottenere l’attenzione degli operatori
Ottenere l’attenzione dei compagni
Scopo del comportamento
Aggressivo verso terzi
Comportamento
Afferra/Prende
Scheda per l’osservazione degli intenti comunicativi dei comportamenti problema
Usa frasi semplici
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Le ipotesi e le informazioni raccolte attraverso il processo di assessment
vengono poi usate per sviluppare un intervento.
Gli interventi spesso mirano ad accrescere un comportamento alternativo
appropriato e contemporaneamente a far diminuire il comportamento problema.
Per essere efficace il comportamento alternativo a un comportamento problema, e target dell’intervento, deve essere funzionalmente equivalente al
comportamento problema che si vorrebbe sostituire.
A livello pratico si tratta di manipolare le conseguenze, manipolare gli antecedenti, agire sugli eventi del setting .
Bibliografia:
Carr, “Il problema di comportamento è un messaggio”. Erickson
Demchak, Bossert, “L’assessment dei comportamenti problema”, Vannini
editrice
Baker, Brightman, “Passi per l’indipendenza”, Vannini editrice
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Intervento di
Monica Giorgis e Fabiano Cabrini
Cooperativa “Amicizia”, Codogno
SLIDES PRESENTATE
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Gli aspetti comunicativi e relazionali
nelle persone con autismo
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Intervento di
Antonio Grioni
Centro “Il Paguro”, Lodi
Schema della relazione
ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITA’
ICF-CY: Classificazione Internazionale del Funzionamento della Disabilità
e della Salute; versione per bambini e adolescenti
COMUNICAZIONE
Questo capitolo riguarda le caratteristiche generali e specifiche della comunicazione attraverso il linguaggio, i segni e i simboli, inclusi la ricezione e la produzione di messaggi, portare avanti una conversazione e usare
strumenti e tecniche di comunicazione.
COMUNICARE – RICEVERE
Comunicare - ricevere messaggi verbali
• Comprendere i significati letterali e impliciti dei messaggi nel linguaggio parlato, come comprendere che un’affermazione sostiene un fatto
o è un’espressione idiomatica, come rispondere ai messaggi verbali e
comprenderli
reagire alla voce umana
comprendere messaggi verbali semplici
comprendere messaggi verbali complessi
Comunicare - ricevere messaggi non verbali
• Comprendere i significati letterali e impliciti di messaggi comunicati
tramite gesti, simboli, disegni, come capire che un bambino è stanco
quando si stropiccia gli occhi o che il suono di una sirena significa che
è in atto un incendio.
comunicare con gesti del corpo
comunicare con segni e simboli comuni
comunicare con disegni e fotografie
Comunicare - ricevere messaggi nel linguaggio dei segni e messaggi scritti
COMUNICARE - PRODURRE
• Parlare
• Vocalizzazione prelinguistica
vocalizzare quando si è consapevoli di un’altra persona nell’ambiente
prossimale, come emettere suoni quando la madre è vicina; lallare con
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alternanza di turni; vocalizzare in risposta al discorso attraverso l’imitazione del suono del linguaggio in un’attività con alternanza di turni
• Cantare
• Produrre messaggi non verbali
produrre gesti con il corpo
produrre segni e simboli
produrre disegni e fotografie
• Produrre messaggi nel linguaggio dei segni
• Scrivere messaggi
CONVERSAZIONE E USO DI STRUMENTI E TECNICHE DI COMUNICAZIONE
Conversazione
Avviare, mantenere e terminare uno scambio di pensieri e idee, attraverso
linguaggio verbale, scritto, dei segni, e altre forme o codici, con una o più
persone conosciute o meno, in contesti formali o informali
- avviare una conversazione
- mantenere una conversazione
- terminare una conversazione
- conversare con una persona
- conversare con molte persone
Discutere o dibattere
Avviare, mantenere e terminare l’esame di una questione, fornendo argomenti a favore o contro, o un dibattito realizzato attraverso linguaggio
verbale, scritto, dei segni o altre forme di linguaggio, con una persona o
più persone conosciute o meno, in contesti formali o informali
INTERAZIONI E RELAZIONI INTERPERSONA
Questo capitolo riguarda l’esecuzione delle azioni e dei compiti richiesti
per le interazioni semplici e complesse con le persone, in un modo contestualmente e socialmente adeguato.
Interazioni interpersonali semplici
Interagire con le persone mostrando rispetto, cordialità, apprezzamento
e tolleranza nelle relazioni; rispondere alle critiche e ai segnali sociali;
rispondere ai sentimenti degli altri; fare uso adeguato del contatto fisico
nelle relazioni.
Interazioni interpersonali complesse
Mantenere e gestire le interazioni con gli altri, come nel regolare le emozioni e gli impulsi, controllare l’aggressione verbale e fisica, agire in maniera indipendente nelle interazioni sociali e agire secondo i ruoli e le
convenzioni sociali.
Relazioni formali - Relazioni sociali informali - Relazioni familiari - Relazioni
intime
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L’INTERSOGGETTIVITÀ
- La comunicazione e la socializzazione trovano nel funzionamento dei
“neuroni specchio” il motore più efficace per realizzare l’intersoggettività.
- Dai primi mesi di vita i meccanismi imitativi giocano un ruolo molto importante nello sviluppo delle nostre competenze sociali.
- Lo sviluppo cognitivo dipende da subito dall’intersoggettività.
- Intersoggettività come espressione della condivisione di pensieri e azioni.
- Ruolo importante della consonanza affettiva.
- Nel corso dello sviluppo cognitivo apprendiamo a registrare il comportamento altrui e impariamo progressivamente a comprenderlo attribuendo
stati mentali.
- La capacità di entrare in relazione con gli altri come capacità di comprendere il significato delle azioni altrui, di imitarle, e di afferrare le intenzioni
che ne sono alla base.
Grazie ai neuroni mirror, l’osservazione di una azione induce nell’osservatore l’attivazione dello stesso circuito nervoso che ne controlla l’esecuzione.
Osservare un’azione induce quindi nell’osservatore l’automatica simulazione di quella azione: questo meccanismo consente una forma implicita di
comprensione delle azioni altrui.
Vari studi hanno dimostrato che questo non vale solo per azioni dirette verso
oggetti come prendere un bicchiere o impugnare un pennarello, ma anche
per azioni comunicative.
È stato inoltre dimostrato che l’ascolto o la lettura di frasi che descrivono
azioni determina l’attivazione degli stessi centri motori che normalmente
presiedono all’esecuzione di quelle stesse azioni.
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Intervento di
Alessandro Chiari
TNPEE, Servizio di C.A.A. del Centro Benedetta D’Intino di Milano
La Comunicazione Aumentativa e Alternativa (C.A.A.)
rivolta a persone con Disturbi dello Spettro Autistico
L’APPROCCIO DELLA COMUNICAZIONE AUMENTATIVA ALTERNATIVA
Nell’ambito degli interventi riabilitativi rivolti a persone con assenza o
carenza di linguaggio orale non sempre ci si è posti il problema di come
ovviare a tale disabilità se non nell’ottica di un ripristino o recupero del
linguaggio verbale. Solo a partire dalla metà degli anni ’70 si è cominciato ad affrontare il problema di fornire strumenti che permettessero la
comunicazione al di là del linguaggio orale.
La Comunicazione Aumentativa e Alternativa (C.A.A.) rappresenta un’area
della pratica clinica che cerca di compensare le menomazioni e le disabilità delle persone che presentano un grave disturbo della comunicazione,
sia sul versante espressivo che su quello recettivo. Tale approccio mira a
ridurre, contenere e compensare la disabilità comunicativa di questi soggetti attraverso il potenziamento delle abilità presenti e disponibili, la valorizzazione e il consolidamento delle modalità naturali e l’introduzione e
l’impiego di modalità speciali. Il termine ‘C.A.A.’ viene dunque utilizzato
per descrivere e connotare l’insieme, organico ed in costante evoluzione,
di conoscenze, di strategie e di supporti tecnologici, che è possibile attivare ed implementare per facilitare la comunicazione delle persone che presentano menomazioni della parola (speech impairment), compromissioni
della comunicazione, disturbi della funzione linguistica e della scrittura. Le
menomazioni e le conseguenti perdite di capacità funzionali ed operative
nell’area della comunicazione possono essere temporanee o permanenti:
in entrambi i casi, la ricerca e la pratica hanno verificato che è cruciale
accostare queste problematiche della persona in un’ottica propria della
C.A.A. e il più precocemente possibile, anche al fine di evitare l’instaurarsi di vere e proprie barriere alla comunicazione ed alla partecipazione
sociale.
Le considerazioni fin qui esposte rimarcano con forza e precisione la natura della C.A.A. quale approccio clinico, che non si risolve nella indicazione di strumenti, ma si sostanzia e si traduce in un processo - dinamico
e condiviso - di analisi dei bisogni, analisi delle barriere e proposizione
di un progetto di intervento, calato nella concreta situazione della perso35
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na con disabiltà comunicativa e mirato al reale potenziamento della sua
‘competenza comunicativa’. Allo stesso modo l’approccio della C.A.A.
non esclude, ma piuttosto si integra con gli altri interventi necessari alla
realizzazione di un progetto riabilitativo globale.
Occorre rilevare che permangono numerosi pregiudizi, i quali costituiscono una barriera alla diffusione di una cultura della C.A.A. e soprattutto
ad una reale comprensione del suo possibile apporto. Si osserva ancora
troppo spesso prevalere un approccio “oralista” nel trattamento dei disturbi della comunicazione. Un approccio funzionale, quale quello della
C.A.A., spesso non viene adottato neppure quando l’intervento logopedico tradizionale non può realisticamente garantire risultati. Un altro preconcetto rimane diffuso: la convinzione che un intervento di C.A.A. possa
inibire o ritardare l’eventuale comparsa del linguaggio orale. Oramai da
tempo, la letteratura e le esperienze cliniche attestano e dimostrano che
l’applicazione della C.A.A. non interferisce con la naturale abilità del
bambino a sviluppare la comunicazione vocale e verbale. Le ricerche cui
si fa riferimento indicano precisamente che la C.A.A. facilita lo sviluppo
del linguaggio orale, proprio perché aumenta le occasioni di interazione,
supporta le abilità linguistiche e fornisce, attraverso ausili con uscita in
voce, modelli di linguaggio.
PROBLEMATICHE RELATIVE ALLA COMUNICAZIONE
DELLE PERSONE CON DISTURBO DELLO SPETTRO AUTISTICO (DSA)
L’autismo è una disabilità permanente molto grave, che incide sulla qualità
della vita della persona affetta da questo disturbo e della sua famiglia.
Le persone con autismo hanno delle modalità peculiari di interagire con
l’esterno, che necessitano di interventi strutturati, capaci di rispondere in
maniera globale ai bisogni della singola persona. Inoltre, le famiglie dei
ragazzi con autismo esprimono il bisogno di capire a fondo la patologia
del figlio e di essere accompagnate da personale specializzato e competente nel percorso di crescita del loro bambino e del loro ragazzo. Alla
luce di queste considerazioni, si può quindi affermare la cruciale importanza della realizzazione di un sostegno puntuale, concreto, costante e
duraturo nel tempo alla comunicazione delle persone con autismo, che
accompagni e sostenga le famiglie nel corso dell’intero arco di vita dei
loro figli.
Per iniziare a parlare di Autismo e Comunicazione Aumentativa Alternativa è importante che si chiariscano le implicazioni che questa sindrome ha
sulla comunicazione della persona con autismo.
I termini della questione possono così essere raccolti ed ordinati:
• circa la metà delle persone con Disturbo dello Spettro Autistico (DSA)
non sviluppa e non dispone di un linguaggio verbale (speech) funzionale ai propri bisogni;
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• i soggetti in questione, anche qualora dispongano di linguaggio orale,
soffrono di una più o meno severa compromissione qualitativa del linguaggio (language) e della comunicazione;
• la compromissione suddetta incide sul versante della ‘intenzionalità comunicativa’, nel senso preciso che queste persone sovente non paiono
cercare attivamente di influenzare il comportamento dell’altro; inoltre
manifestano una scarsa attitudine a cercare di influire sullo stato interno
dell’altro in rapporto ad un aspetto esterno della realtà; la persona risulta incapace di giungere a condividere interessi, esperienze, attività ed
emozioni;
• la compromissione di cui si fa concreta esperienza corrisponde alla
difficoltà del soggetto non solo di esprimersi, ma anche di comprendere
ciò che l’interlocutore gli dice e gli comunica;
• il disturbo della comunicazione interessa tutti i vari aspetti della ‘competenza comunicativa’: la persona non riesce a garantirsi la soddisfazione dei propri bisogni comunicativi, anche perché non dispone di quei
codici - non solo verbali, ma anche non verbali - di cui si sostanzia e si
avvale la comunicazione interpersonale;
• la persona subisce dunque una disabilità comunicativa, nel senso preciso che non dispone compiutamente della capacità operativa di un utilizzo intenzionale, adattivo e flessibile dei codici della comunicazione
umana;
• la persona autistica spesso non possiede le conoscenze delle regole, la
capacità di discernimento e le abilità/funzioni richieste dall’interazione
sociale:
- non sempre ricerca l’attenzione condivisa;
- non sempre mantiene il contatto di sguardo - anche se ci si rende
conto che “controlla” con sguardo laterale;
- non sa prendere o dare il turno;
- non prende il turno per iniziare;
- non sempre risponde;
- non sempre sa esercitare funzioni comunicative, quali la scelta e
la richiesta;
- non inizia, mantiene e termina una conversazione;
- non si impegna, né si lascia facilmente coinvolgere, in interazioni variate, coerenti, consistenti e capaci di creare coesione ed
intesa.
• la persona autistica incontra formidabili ostacoli e barriere di opportunità ad una reale e significativa partecipazione sociale;
• i soggetti con disturbi appartenenti allo spettro autistico in molti casi
compensano tutte queste difficoltà, impiegando e potenziando fortemente le proprie abilità visuo-spaziali, di memoria visiva e di comprensione della realtà a partire dalle informazioni visive e contestuali.
Quanto descritto finora permette di comprendere a fondo – forse quasi
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Come dentro una bolla invisibile
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«dal di dentro» - la condizione in cui si trovano a vivere le persone con
DSA. Appare importante comprendere che per la persona con DSA la
difficoltà di comprensione del linguaggio orale è profonda e radicale: gli
studiosi concordano nell’affermare che per le persone con DSA la propria
«lingua madre» è il linguaggio visivo delle immagini. Ad esempio, Temple
Grandin, nei suoi scritti, spiega il suo bisogno di tradurre immediatamente
in immagini le parole che gli vengono rivolte ed espone la sua difficoltà ad
«apprendere ciò che non è possibile pensare in immagini».
Il linguaggio e le parole sono modalità di pensiero che mi sono estranee,
tutti miei pensieri sono come la presentazione, nella mia mente, di diverse
videocassette. Prima di indagare su come pensano le altre persone, io
credevo che tutti pensassero per immagini.
L’APPROCCIO DELLA C.A.A. QUALE SUPPORTO
ALLA COMPRENSIONE E ALL’ESPRESSIONE
La C.A.A. nel procedere alla valutazione della situazione comunicativa
di una persona con DSA prende le mosse dalla conoscenza e dal rispetto
dei bisogni specifici delle persone affette da autismo: alla base della valutazione sta la consapevolezza che il problema nell’accostare l’autismo
è proprio la difficoltà nel comprendere quali siano i bisogni comunicativi
di questi soggetti. Questi bisogni possono essere legati a: desideri di cose
concrete (cibo, oggetti o attività); desiderio di attenzione da parte degli
altri; desiderio di contatto e stimolazione sensoriale; desiderio di sottrarsi
a situazioni che ingenerano ansia; desiderio di poter fare a modo proprio;
necessità di esprimere condizioni di dolore.
La persona autistica non riesce ad esprimere questi bisogni nei modi che
ne permettano la comprensione da parte delle persone che interagiscono
con lei, non riesce a soddisfarli nei modi adeguati e sovente attua comportamenti bizzarri e talora problematici.
H. Shane, clinico e ricercatore nel campo della C.A.A., ha proposto un
modello di intervento per l’autismo, che si caratterizza come una sintesi di
ciò che ad oggi sappiamo in C.A.A. attorno a questo tema. Tale modello
di intervento è fondamentalmente basato sull’uso sistematico di supporti
visivi e simbolici, proposti ed impiegati costantemente nell’ambiente per
aumentare la capacità di comprensione della persona autistica e nel contempo permetterle un’efficace espressione. In altri termini si imposta un
progetto di impiego e proposta costante di supporti visivo-simbolici capaci
di incrementare la comprensione della persona con autismo sia dei messaggi che gli vengono rivolti sia dei cambiamenti che avvengono nella
sua quotidianità - e tali supporti svolgono dunque una funzione di input
aumentativi. Allo stesso modo ed allo stesso tempo, si mettono costantemente a disposizione della persona autistica dei supporti visivo-simbolici
per consentirle di esprimere le proprie posizioni, preferenze o desideri:
tali supporti vengono così a svolgere il compito di output aumentativi.
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I supporti visivo–simbolici utilizzati come input o output aumentativi possono essere ad esempio oggetti reali, miniature e fotografie di oggetti,
simboli, parole scritte intere, raffigurazione di scene intere. La stessa scelta
del tipo di supporto proposto si ricava dalla valutazione del livello di comprensione della persona.
L’impiego sistematico dei supporti visivo-simbolici si traduce nella definizione di tre modalità principali di utilizzo dei supporti visivo-simbolici:
• Modalità visiva di insegnamento (Visual Instructional Mode), che si avvale di input aumentativi di tipo visivo e simbolico per aumentare ed integrare il linguaggio parlato e così favorire e sostenere la comprensione
da parte della persona autistica;
• Modalità visivo organizzativa (Visual Organizational Mode), che impiega supporti visivi per rappresentare l’organizzazione di una attività, di
una routine, di un compito che richiede una procedura;
• Modalità visivo espressiva (Visual Expressive Mode), che impiega supporti visivi per facilitare e permettere l’espressione della persona autistica.
Questo approccio alla compromissione qualitativa della comunicazione
nei soggetti autistici prevede innanzitutto un’attenta valutazione della persona autistica e della sua condotta nei contesti di vita. Il fine è quello di
avanzare una proposta progettuale che integri ed armonizzi le suddette
modalità visive di supporto, in modo da promuovere e potenziare i vari
aspetti della comunicazione della persona autistica nel suo ambiente di
vita.
L’uso sistematico dei supporti visivi e simbolici costituisce un aiuto concreto
che incrementa l’abilità del soggetto autistico a capire la situazione in cui
si trova, e che potenzia la sua capacità di comprendere i messaggi verbali
a lui rivolti.
L’uso sistematico di supporti visivi accompagna, sostiene e permette lo
svolgimento in autonomia di compiti o procedure significative per la vita
quotidiana nei differenti contesti, domestici o scolastici: la possibilità di
trovare costantemente raffigurata visivamente la sequenza ordinata di un
compito relativo alla vita quotidiana sostiene ed aiuta la persona autistica
nello svolgimento autonomo della stessa.
L’impiego sistematico di supporti visivo-simbolici permette inoltre alla persona autistica di esprimere i propri bisogni e dunque le consente di modificare alcuni aspetti della situazione che sta vivendo e di agire concretamente ed efficacemente sul proprio ambiente di vita: la disponibilità di
output aumentativi consente un crescente controllo del proprio ambiente
di vita.
L’uso sistematico di supporti e di strategie di C.A.A. rappresenta dunque
un modo concreto per sostenere ed ampliare la comprensione, corrisponde ad una strategia che favorisce l’espressione dei bisogni da parte della
persona autistica, determina un miglioramento della sua comprensione
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Corso di Formazione sui disturbi dello spettro autistico - Documenti
dei mutamenti ambientali, dei cambiamenti nella routine e dunque anche
delle conseguenze di queste modificazioni, accompagnando così ad una
graduale riduzione dei cosiddetti comportamenti problematici.
L’impiego sistematico dei supporti visivi e simbolici può in definitiva incidere sulla qualità della vita della persone con DSA e della sua famiglia,
se verrà utilizzato da tutti coloro che appartengono alla sua rete sociale
in modo sistematico e nel corso dell’intero arco della vita del soggetto con
DSA.
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Bibliografia:
Si indicano di seguito alcuni riferimenti bibliografici significativi in ordine
all’argomento trattato, senza presumere di fornire una ricognizione completa e ragionata della letteratura sull’argomento.
• Beukelman D.R. & Mirenda P. (2005), Augmentative and Alternative
Communication, Supporting Children and Adults with Complex Communication Needs (terza edizione), Baltimore, P.Brookes.
• Cafiero J. M. (1998), Communication Power for Individuals with Autism, Focus on Autism and Other Developmental Disabilities, 13:2, 1998,
pagg.113-121.
• Cafiero J. M. (2009), Comunicazione Aumentativa Alternativa. Strumenti e strategie per l’autismo e i deficit di comunicazione, Trento, Ed.
Erikson
• Grandin T. (2001) Pensare in immagini e altre testimonianze della mia
vita di autistica. Erickson: Trento
• Hodgdon L.A., (ed it a cura di Arduino M.G. & Kozarzewska Bigazzi
A.,1995, it. 2004) Strategie visive per la comunicazione: guida pratica
per l’intervento nell’autismo, Gussago, Vannini.
• Mirenda P. (2001), Comunicazione Aumentativa e tecnologia assistita.
Che cosa sappiamo veramente?, Autismo, 3: 3, ottobre 2005, Trento,
Ed. Erikson. (traduzione italiana di un articolo del 2001).
• Quill K.A. (1995, ed.it. 2007), Comunicazione e reciprocità sociale
nell’autismo, Erikson, Trento.
• Rivarola A. (2002), Comunicazione Aumentativa Alternativa e Autismo:
che cosa realmente sappiamo?, Atti del convegno Patologie neurologiche e Autismo, Fondazione Pro Juventute Don Gnocchi, Milano, 2002.
• Rivarola A. (2005), Principi e pratica in CAA, Milano. (Testo disponibile
sul sito del Centro Benedetta D’Intino: http://www.benedettadintino.org
• Shane H. (2005), Autismo e Comunicazione Aumentativa Alternativa,
Seminario tenuto a Milano il 7 ottobre 2005.
• Shane H. Weiss-Kapp S. (2008), Visual Language in Autism, San Diego, Plural Publishing.
• Visconti P., Peroni M., Ciceri F. (2007), Immagini per parlare, Gussago,
Vannini.
• Watson L. R., Lord C., Schaffer B. & Schopler E. (1997) La comunicazione spontanea nell’autismo. Erickson: Trento
41
Come dentro una bolla invisibile
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Lo sviluppo delle autonomie personali
e sociali nelle persone con autismo
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Come dentro una bolla invisibile
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Intervento di
Cristina Resi, Tatiana Quintini
UONPIA Azienda Ospedaliera di Lodi
L’INTEGRAZIONE SCOLASTICA
DEGLI ALUNNI CON DISTURBI DELLO SPETTRO AUTISTICO
“Ogni persona, indipendentemente dal grado di disabilità, ha il diritto fondamentale di influenzare mediante la comunicazione e le condizioni della sua vita” sottolinea un documento redatto circa una decina di anni fa
dall’Associazione Nazionale per il Diritto alla Comunicazione delle Persone
con Disabilità Gravi.
Il compito della scuola consiste nel costruire, insieme ai suoi studenti, percorsi di apprendimento formale e informale fuori e dentro ad essa capaci di
favorire lo sviluppo di un progetto e percorso di vita che aiuti a realizzare
lo statuto di persona adulta anche se disabile o nonostante la disabilità o in
presenza di abilità differenti.
Le parole chiave dell’intervento educativo con un bambino con autismo
sono: osservazione, conoscenza, pianificazione, flessibilità, prevedibilità
e condivisione.
Le sfide principali riguardano:
• Accoglienza: è molto utile attivare preventive visite agli ambienti esterni e
interni, e una preventiva conoscenza delle figure adulte; non sovraccaricare l’impatto in senso percettivo ed emozionale; valutare la praticabilità
della frequenza fin dal primo giorno: orientare l’accesso a scuola mediante il ritrovamento di visi noti, di oggetti e icone personali.
• Apprendimento: l’apprendimento dipenderà:
1.per quanto riguarda il bambino, dal suo livello cognitivo, dalla
sua capacità di prestare attenzione, di comprendere la comunicazione verbale e non verbale, di tollerare determinati stimoli.
2.per quanto riguarda la scuola, dall’adeguatezza dei contenuti in
base alle caratteristiche del bambino, dalla maggiore o minore
presenza di stimoli nell’aula, dall’organizzazione dello spazio,
dall’accuratezza con cui è stato stilato il Pei, sulla base della
valutazione iniziale e della presenza di competenze specifiche
sull’autismo, dalla collaborazione fra gli insegnanti, dall’attivazione di logiche di sostegno diffuso e di aiuto fra compagni.
• Socializzazione: la socializzazione rappresenta uno dei problemi principali dei bambini con disturbi dello spettro autistico. Le difficoltà nell’interazione sociale rappresentano il nucleo dell’autismo. Il bambino potrà
isolarsi oppure cercare insistentemente l’altro, mettere in atto comporta44
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menti bizzarri nell’interazione o evitare sistematicamente il contatto coi
propri compagni. Potrà essere molto diverso a seconda che si trovi in un
contesto in cui è solo con l’insegnante, in un piccolissimo gruppo o in un
grande gruppo.
Sei tipi di intervento dovrebbero essere prioritari:
- Interventi per sviluppare una comunicazione funzionale e spontanea.
- Interventi per sviluppare le abilità: dal gioco alle attività cooperative.
- l’insegnamento di abilità di gioco, con l’obiettivo di utilizzare questa abilità con i coetanei, inizialmente all’interno di un piccolo gruppo.
- Interventi a sviluppare abilità cognitive funzionali che possano essere utilizzate nella vita di tutti i giorni.
- Interventi che mirano ad affrontare e prevenire i problemi di comportamento.
- Attività didattiche curriculari. Queste dovrebbero essere basate sulla valutazione del bambino, collegarsi, dove possibile, a quelle della classe e
avvalersi delle strategie di strutturazione visiva dei compiti.
LE MODALITA’ PER FACILITARE LE PRIME RELAZIONI
La capacità innata di riferirsi ad un’altra persona nello sviluppo tipico del
bambino è definita intersoggettività e descrive tutto, l’insieme coordinato di
attività motorie, percettive, cognitive ed emotive che mettono da subito in
connessione il bambino con il proprio ambiente umano di riferimento.
Nell’autismo si assiste all’assenza o alla comparsa tardiva e disarmonica
dei correlati comportamentali dell’intersoggettività: imitazione, attenzione
condivisa, emozione congiunta, scambio di turni…
Diventa importante adottare con i bambini autistici un approccio educativo
finalizzato all’insegnamento dei correlati dell’intersoggetività che tenga conto di alcune indicazioni metodologiche:
• Valutare l’abilità di interscambio sociale del bambino e sviluppare un
insegnamento che parta dagli interessi del bambino.
• Ricercare la prossimità sociale che è accettata da quel bambino.
• Fare richieste precise, con parole chiare rivolte direttamente ai bambini
con l’aiuto di gesti e, quando può essere utile, anche con una comunicazione concreta fatta di oggetti e immagini.
• Insegnare ai bambini a chiedere.
• Avere molta costanza, saper aspettare i tempi personali senza passare
immediatamente ad altro.
• Avere la capacità di creare opportunità di gioco, con materiali che interessino i bambini, che producano effetti e spettacoli interessanti. Creare
interscambi giocosi, non soltanto con i giocattoli, ma anche con il corpo,
la voce, i gesti.
Insegnare abilità sociali che consentano agli allievi con disturbo autistico
di destreggiarsi adeguatamente nelle situazioni sociali è complesso anche
quando gli stessi presentano un elevato livello di funzionalità.
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Le situazioni sociali vanno adeguatamente progettate e monitorate, al fine
di consentire ai bambini di acquisire delle abilità di autogestione.
Le storie sociali cercano di portare un aiuto in questa direzione, attraverso
l’adozione di un approccio metodologico centrato sull’apprendimento visivo.
In concreto una storia sociale è una breve storia scritta in un formato specifico per il bambino, che descrive una situazione sociale, una persona,
un’abilità, un evento o un concetto in termini di guide rilevanti o di risposte
sociali adeguate.
Ogni storia sociale ha il fine di insegnare ai bambini con autismo a gestire
il loro comportamento durante una situazione sociale, descrivendo il luogo
in cui l’attività si svolgerà, quando, cosa accadrà, chi parteciperà e perché
il bambino dovrebbe comportarsi in un determinato modo.
Le storie sociali si costruiscono utilizzando una combinazione di quattro tipi
di frasi, ognuna delle quali svolge una funzione diversa:
- le frasi descrittive, che descrivono cosa fanno le persone in una determinata situazione, perché lo fanno facendo, quando e dove l’evento si
svolgerà e da chi sarà condotto.
- le frasi prospettiche che presentano i pensieri e i sentimenti degli individui.
- le frasi direttive che stabiliscono gli scopo della storia, mettendo in evidenza le risposte che il bambino dovrebbe fornire nel corso di una situazione.
- le frasi di controllo che vengono scritte dall’allievo per evidenziare le
strategie da utilizzare per ricordare le informazioni della storia, per stare
tranquillo o decidere come comportarsi.
Dal punto di vista operativo è importante che l’adozione della metodologia
delle storie sociali sia condivisa e supportata da figure che interagiscono
con il bambino, in modo da poterla presentare in vari contesti e controllare
la generalizzazione dei comportamenti sociali.
Bibliografia:
Xais, Micheli, “Gioco e interazione sociale nell’autismo”, Erickson
Società Italiana di pedagogia speciale, “Integrazione scolastica degli alunni
con disturbi dello spettro autistico”, Erickson
Kluth, Scwarz, “Valorizzare gli interessi ristretti nei bambini con autismo”,
Erickson
Gray, “ Il libro delle storie sociali”, Vannini
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Appendice
IDEE VINCENTI E PERDENTI PER
L’INTEGRAZIONE SCOLASTICA
DELL’ALLIEVO CON AUTISMO
Cristina Resi, Tatiana Quintini
UONPIA Azienda Ospedaliera di Lodi
IDEE PERDENTI
IDEE VINCENTI
Dell’autismo non si sa nulla!
Dobbiamo migliorare la conoscenza
per cercare di capire meglio l’allievo!
Qualcuno deve dirmi cosa fare!
Lavorando insieme
si possono fare molte cose positive!
Ci vuole qualcuno che si occupi di
lui: non sono cose da insegnanti!
L’insegnante non deve essere
lasciato solo, ma l’azione didattica
è un suo campo specifico d’azione
Non mi permette di
sviluppare bene il mio programma!
Esistono molte applicazioni
didattiche che possono risultare
efficaci
Dobbiamo essere flessibili.
Da quando insegno ho sempre fatto così e ho ottenuto buoni risultati. Nessuno di noi può pensare di fare
l’insegnante come il giorno prima!
Perché cambiare?
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Intervento di
Monica Giorgis e Fabiano Cabrini
Cooperativa “Amicizia”, Codogno
SLIDES PRESENTATE
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E adesso cosa faccio?
Claudia Maraboli
Coordinatrice CTS di Lodi
Angelo Vigo
Docente di Laboratorio di Didattica Generale,
Università Cattolica di Brescia
Questo corso ha fornito informazioni su molti aspetti che riguardano il comportamento dei bambini che presentano disturbi dello spettro autistico. Le
riflessioni dei diversi relatori che si sono alternati durante gli incontri hanno
consentito anche di intuire alcune modalità di approccio ai comportamentiproblema che più frequentemente si manifestano. Il corso ha anche illustrato
alcune ipotesi su come lavorare con bambini che presentano disturbi dello
spettro autistico. Ma fare scuola non è la stessa cosa del fare terapia. Chi fa
scuola deve, con tutti i limiti della situazione in cui opera, garantire un percorso di crescita e di istruzione, sia per il bambino affetto da disturbi dello
spettro autistico sia per tutti gli altri bambini presenti nella classe.
La domanda “E adesso cosa faccio?” non è certo una domanda retorica:
non è la stessa cosa avere o non avere in classe bambini con disturbi dello
spettro autistico. La fatica e l’impegno richiesti all’insegnante, di classe o
di sostegno, non sono gli stessi. Le risorse, invece, sì: spesso sono proprio
le stesse e tutto ciò che sta “intorno” a un insegnante che deve progettare
la sua didattica tenendo in considerazione i problemi e le esigenze di un
bambino con disturbi dello spettro autistico è purtroppo identico a ciò che
sta intorno a un insegnante che non deve affrontare questi problemi. In altre
parole: ciò che richiederebbe un contesto “extra ordinario” è invece inserito
in contesto molto ordinario e, spesso, piuttosto povero di risorse e strumenti.
Non si tratta, ovviamente, di fare la solita litania delle lamentele: la responsabilità della gestione di bambini con disturbi dello spettro autistico è
davvero grande e i dubbi su quali possano essere le scelte organizzative e
didattiche più efficaci sono tantissimi.
Poiché dopo aver ascoltato una relazione in un convegno o in un corso di
aggiornamento, capita di voler porre una domanda al relatore, ma ci si trova nella condizione di avere poco tempo per riflettere e formulare in modo
preciso una richiesta di chiarimento, il cts di Lodi ha deciso di offrire la possibilità di porre domande ai relatori di questo corso tramite mail indirizzata
al sito cts o tramite fogli raccolti all’uscita dagli incontri.
Tutte le domande pervenute sono state sintetizzate e raggruppate per “analogia”. Il testo che segue è la traccia delle risposte fornite durante la tavola
rotonda conclusiva.
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TEMPI CERTI PER LA DIAGNOSI
A volte capita che nei primi tempi della scuola dell’infanzia emergano,
quasi a sorpresa, comportamenti che possono far ipotizzare la presenza
di disturbi dello spettro autistico. E’ possibile predisporre una rete in grado
di individuare in anticipo una diagnosi di disturbi dello spettro autistico? I
pediatri di base non potrebbero costituire un primo gradino di screening?
La questione è già stata posta all’attenzione dei pediatri ed è stato sollecitato un maggior impegno nel prendere in considerazione alcuni “segnali”.
Resta ancora molto da fare, perché le risposte a queste sollecitazioni sono
ancora affidate alla sensibilità dei singoli medici. Comunque qualcosa in
questa direzione si sta facendo.
ORGANIZZAZIONE SCOLASTICA
Quali sono le avvertenze fondamentali da rispettare nell’organizzazione
di una scuola o di una classe quando viene accolto un bambino affetto da
disturbi dello spettro autistico? Ci sono criteri o procedure da considerare
come indispensabili per organizzare l’orario, gli spazi, il numero degli alunni della classe accogliente, la maggior garanzia possibile per la continuità
dell’insegnante di sostegno, la scelta dei materiali didattici e l’accesso a
materiali specifici, le modalità di coinvolgimento delle famiglie degli alunni,
ecc.?
Al di là dei problemi di organizzazione dello spazio fisico, che deve comunque garantire la disponibilità di tutti i materiali didattici indispensabili,
è certamente importante individuare delle soluzioni organizzative per intervenire su:
• Tempi delle attività
Per un bambino affetto da disturbi dello spettro autistico i tempi debbono
essere prevedibili, ripetibili, ritualizzabili e, se possibile, “visualizzabili”.
• Integrazione tra differenti forme di comunicazione (ad esempio, verbale e
iconica).
Ci sono alcuni aspetti fondamentali da tenere ben presente per quanto
riguarda la comunicazione con bambini affetti da disturbi dello spettro
autistico. Tutte le informazioni dovrebbero essere veicolate in forma molto
concreta e bisogna agire non solo in modo da aiutare la comprensione
ma anche, e soprattutto, per aiutare a “fissare il pensiero”. Per quanto
concerne l’importanza da attribuire all’uso delle immagini a supporto della comunicazione con bambini che presentano disturbi dello spettro autistico, bisogna ricordare che, secondo alcuni, le immagini “vanno bene”
e “funzionano” perché non sono rivolte esclusivamente alla comprensione
di elementi verbali, ma aiutano a “fissare” situazioni e a “non perdere
la bussola”. Ovviamente, le immagini utilizzate con queste funzioni non
possono essere di tipo generico ma devono essere ben personalizzate
per ciascun alunno. Secondo altri, quando un bambino comprende la
comunicazione verbale le immagini non sono necessarie e il rinforzo costituito dall’immagine potrebbe rivelarsi non solo superfluo ma addirittura
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come un’ inutile ripetizione e persino una perdita di tempo.
Ognuno potrà valutare di caso in caso quanto spazio dare al rinforzo
della comunicazione mediante immagini, ma in ogni caso bisogna tenere
presente che una modalità “visiva” e molto concreta di comunicazione e
di insegnamento è sempre importante per favorire, sostenere e migliorare
la comprensione da parte della persona autistica.
• Competenze specifiche degli operatori
Poiché l’attività didattica con alunni che presentano disturbi dello spettro
autistico è particolarmente complessa e di faticosa gestione, oltre a garantire le competenze necessarie con attività di aggiornamento, confronto
e supporto didattico e pscicopedagogico, sarebbe auspicabile un’assegnazione dei posti, almeno a livello di istituto, che tenga presente una
disponibilità personale dichiarata.
MEDIAZIONI DIDATTICHE
Le possibili mediazioni didattiche sono moltissime: il gioco, il teatro, la
drammatizzazione, la narrazione, il laboratorio, il lavoro di gruppo, le simulazioni, i software, le immagini più o meno animate, i video, ecc. Alcune
di queste modalità vi sembrano più efficaci di altre nella programmazione
di attività didattiche inclusive per gli alunni con diagnosi di disturbo dello
spettro autistico?
Se si mantiene al centro dell’attenzione il problema dell’efficacia dell’azione didattica e, contestualmente, il criterio dell’adattamento alla situazione in
cui si opera, la scelta tra le diverse mediazioni perde il suo carattere puramente efficientista ed entra nella logica della qualità dell’offerta formativa.
Il rischio di fare scelte didattiche e organizzative sulla base di “ideologie” o
in funzione esclusiva del miglior risultato certificabile e comparabile, piuttosto che sulla base delle reali esigenze e degli effettivi interessi degli alunni,
è molto alto. E’ indispensabile che gli insegnanti adottino una forma di
“analisi” sistematica delle motivazioni che orientano le proprie scelte didattiche, in modo da porre sempre al centro la reale possibilità di un alunno
di crescere e apprendere. In didattica, ogni forma di mediazione ha le sue
caratteristiche e le sue potenzialità, ma sicuramente una buona varietà e
alternanza di mediatori attivi, iconici, analogici e simbolici garantisce un
miglior passaggio, una maggior comprensione e uno sviluppo agevolato di
abilità e competenze. Bisogna anche imparare a tralasciare o superare con
tutta la necessaria flessibilità quelle le forme di rigida organizzazione dei
contenuti, delle discipline e delle scansioni temporali dell’attività didattica
che vengono tradizionalmente adottate. Una maggior diffusione di momenti
laboratoriali, sistematicamente condotti e pianificati anche grazie alla collaborazione tra docenti di più classi, è, ad esempio, una scelta da adottare
e diffondere il più possibile. Bisogna ricordare sempre che i linguaggi non
verbali sono lo strumento prevalente di comprensione della realtà e che, soprattutto in presenza di disabilità, è la scuola che si deve adattare ai bisogni
di chi la frequenta, sia didatticamente che “strutturalmente”, non l’alunno.
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COLLABORAZIONE TRA SCUOLE E AGENZIE EDUCATIVO-SANITARIE
Spesso nell’esperienza concreta la possibilità di confronto e supporto agli
insegnanti da parte dei terapisti è limitata, anche per problemi concreti di
organizzazione e ottimizzazione dei tempi e delle risorse. Le scuole hanno
bisogno di aiuto per strutturare percorsi, spazi, attività e spesso le insegnanti
si trovano a dover affrontare per la prima volta bisogni così specifici. Inoltre, alcuni approcci terapeutici necessitano di particolare continuità con la
scuola (ABA, CAA, …) Che tipo di intervento di supporto può essere fornito
alle scuole?
Anche se continuamente ribadito, auspicato e richiesto, il coordinamento
tra interventi di terapia e scuola non viene sempre attuato nelle forme e nei
modi più funzionali. Eppure, almeno sul fronte che riguarda lo sviluppo delle modalità di comunicazione e la definizione di alcune “regole” di comportamento, tale coordinamento è indispensabile. Bisogna quindi pianificare in
forma chiara e precisa tale coordinamento, impegnandosi a rendere noto
ciò che viene stabilito a tutti gli adulti che operano con un determinato alunno. Come già sperimentato dall’UONPIA, la presenza di operatori Sanitari
nella scuola consente osservazioni e scambi con gli insegnanti che può
garantire continuità e coordinamento. Questo è un campo sul quale occorre
ancora impegnarsi a fondo e che richiederà un lungo rodaggio. Sicuramente, però, queste forme di coordinamento richiedono supporto e sostegno
anche da parte delle varie Dirigenze, in quanto possono comportare, per
quantità e collocazione oraria, impegni e momenti di rielaborazione personale che vanno ben al di là del normale impegno di lavoro.
LIMITI E POTENZIALITA’ DELLE TECNOLOGIE
Nella conduzione di attività con bambini affetti da disturbi dello spettro
autistico, quali sono i limiti e le potenzialità dell’uso delle strumentazioni
tecnologiche, soprattutto di quelle fondate sul linguaggio delle immagini?
E’ fondamentale, nell’uso delle tecnologie, avere sempre una visione d’insieme che consenta di tenere sotto controllo l’intero processo, in modo da
valutare adeguatamente i suoi costi in termini di dispendio di energie e di
risorse economiche, la sua efficacia e la sua sostenibilità nel tempo. Spesso
si sottovalutano fattori come la fatica fisica (anche le tecnologie, mentre
affascinano e divertono, affaticano!), i problemi di funzionalità tecnica, la
dispersività, il sovraccarico di informazioni. O, addirittura, si dimentica che
uno strumento per funzionare in forma “dedicata” alle esigenze di un alunno, richiede tempo per la sua programmazione. Cercare o creare i programmi più adatti non avviene con un clic: dietro al clic che semplificherà
o consentirà un lavoro ci devono essere ore di preparazione. Il rischio,
sempre in agguato, è che un ottimo strumento diventi inutile perché non adeguatamente programmato. Non si deve mai dimenticare che uno strumento
tecnologico deve sempre aiutare a risolvere un problema, non crearne di
nuovi. Oggi la “multimedialità” non riguarda solo la forma della comunicazione ma anche gli strumenti, dal momento che condensano più funzioni
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Corso di Formazione sui disturbi dello spettro autistico - Documenti
contemporaneamente. Basti pensare a un tablet o a un telefono cellulare di
ultima generazione. Vale quindi la pena puntare alla convergenza che la
tecnologia oggi offre. Si scelga lo strumento più “multifunzione” disponibile
e si utilizzi, di volta i volta, la forma comunicativa da privilegiare. Visualizzare, documentare, riascoltare, giocare: tutto oggi è possibile con facilità
e con un unico strumento, leggero e portatile. Ma quel che si può fare, per
quanto tempo e come, deve essere deciso prima nella testa dell’insegnante,
che solo in questo modo potrà offrire, grazie alla tecnologia, un’opportunità
in più di apprendimento e di esperienza del mondo.
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Finito di stampare nel mese di Luglio 2013
da ARS Tipolitografia snc - Casalpusterlengo (LO)
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