Platone
Quando parliamo di Platone, abbiamo a che fare con un classico della filosofia, un filosofo
spartiacque che ha segnato la storia della filosofia in modo indelebile.
Innanzi tutto c’è da dire che Platone è un discepolo di Socrate dunque vive nell’Atene del V secolo
a.C e prende parte a tutte le vicissitudini governative e politiche del suo tempo. Ma cosa lo spinge a
fare filosofia? Il momento fondamentale di svolta che segnerà in maniera profonda la vita del
giovane Platone fu l’uccisione del suo maestro Socrate (che da Platone veniva indicato come
“l’uomo più giusto del suo tempo”). La morte, per mano del processo di Atene, di Socrate spinge
Platone ad un serie di considerazioni profonde riguardo le decisioni adottate dal governo e
comprende che esse altro non sono che il frutto di un male, di una decadenza morale di cui la città è
vittima. Se Atene è arrivata al punto di uccidere un uomo buono e saggio come Socrate,
evidentemente gli uomini a capo della città e la città in quanto tale sono vittime di una decadenza
morale da cui è difficile guarire. Cosa fare dunque? Platone vuole smascherare i falsi saperi, i
preconcetti, i pregiudizi, le asserzioni prive di fondamento su cui si basa il modo di pensare
degli uomini per creare un nuovo fondamento del sapere, stabile e certo.
I punti su cui si muove sono due: demolizione di quei falsi saperi, di quei modi erronei di concepire
la realtà e tutto ciò che fa parte di essa;
ricostruzione di un sapere affidabile su basi nuove: quale è questo sapere? La filosofia. Laddove
essa, nella città di ora non trova posto e viene esclusa (vedi la morte di Socrate), nella visione di
Platone sono proprio i filosofi che hanno l’onere e l’onore di guidare la città e di ottenere il potere
poiché essi sono estranei a interessi personali e guidano la città perseguendo il bene generale.
Socrate e Platone: differenze
Abbiamo detto che il presupposto fondamentale da cui prende il via la filosofia platonica è Socrate.
Sicuramente ciò che accomuna i due filosofi è la ricerca di un universale, ciòè di definizioni stabili
e valide una volta per tutte cu cui possa fondarsi un sapere vero. Pur tuttavia vi sono evidenti
differenze. Potremmo riassumerle così:
-Socrate costruisce un sapere orizzontale, cioè si basa sul confronto con l’interlocutore che ha di
fronte e, a partire da esso, attraverso il dialogo, cerca di arrivare all’essenza della virtù. Platone
invece costruisce un tipo di sapere verticale, cioè un sapere che crei una base metafisica forte ( il
mondo delle idee) su cui possa erigersi tutto il resto. E’ dunque ovvio che laddove Socrate è
interessato al dialeghestai (cioè ad un dialogo che non approda mai ad una definizione certa e
vera per sempre, ma sempre rivedibile e ridiscutibile), Platone invece cerca l’episteme (scienza)
cioè un sapere certo, stabile, assoluto che non sia soggetto di revisione continua.
-Laddove Socrate è interessato alle opinioni, dunque si sarebbe anche accontentato di definizioni
parziali riguardo il “che cos’è la giustizia”, Platone ricerca un qualcosa che sia valido in sé e per
sé, sottratto al cambiamento e alla finitezza del tempo in cui noi esseri umani viviamo.
Capito questo, cosa cercherà dunque Platone? Un universale (un qualcosa di eternamente valido)
su cui possa reggersi tutta la realtà, ma anche la conoscenza di noi uomini. Le idee sono appunto
oggetti sempre identici a se stessi la cui esistenza spiega ciò che esiste nel nostro mondo.
La teoria delle idee
Per comprendere la teoria delle Idee bisogna partire da Socrate. Quando Socrate chiedeva “che
cos’è il bello?” chiedeva non di elencare un insieme di cose che sono belle, bensì una definizione
oggettiva e valida universalmente che racchiuda tutti quegli esempi di cose che vengono definite
belle. E’ ovvio che non sembrerebbe possibile esprimere a parole quale o cosa sia la natura del bello
in sé. Platone, partendo da questa necessità Socratica, si spinge a dire questo: quando Socrate pone
delle domande i suoi interlocutori comprendono cosa Socrate intenda dire, sebbene non sappiano
dare una risposta. Questo significa, secondo Platone, che gli uomini hanno un orientamento innato
verso un qualcosa di stabile, universale e Platone identifica questi oggetti con delle idee. Ora, se
partiamo dal presupposto che il mondo in cui viviamo è il mondo del mobilismo in cui ogni cosa
cambia e muta di continuo, è ovvio che le idee (oggetti stabili e invarianti) non possono appartenere
a questo mondo. Esiste dunque una realtà che va oltre questo mondo fisico (cioè metafisica,
come la definirà Aristotele), una realtà formata da oggetti immateriali e intelligibili, sottratti
allo spazio e al tempo, che intrattengono un rapporto diretto con il nostro mondo. Le idee
vengono identificate come valori assoluti che funzionano da modello per la vita pratica, etica e
politica. La realtà che noi viviamo ha senso in quanto esistono dei principi metafisici che la
spiegano e le danno valore (le idee appunto). Esistono dunque due mondi: sensibile ed intelligibile.
La cosa sensibile (l’oggetto bello del mondo reale) è in rapporto con il bello in sé appartenente al
mondo delle idee: la cosa bella è imitazione della bellezza in sé e, dunque, partecipa della bellezza
in sè. Ma se l’uomo vive in una dimensione temporale e mutevole, come può conoscere o avere in
sé l’idea di qualcosa di infinito e intelligibile?
La dottrina della reminiscenza
La dottrina della reminiscenza vuol dire questo: conoscere è ricordare. L’esempio Platonico per
eccellenza di questo enunciato è espresso nel dialogo Menone: Socrate discute con uno schiavo del
tutto ignorante di matematica ma riesce, grazie a specifiche domande e alla tecnica della maieutica,
a fargli dimostrare il teorema di Pitagora. Altro esempio: quando noi diciamo che due cose sono
uguali, esse sono uguali a che cosa? Non è la semplice uguaglianza di due mani che combaciano
perfettamente, ma esiste in noi l’idea dell’uguale in sé, idea che ci viene in mente a partire dal
nostro vedere due cose che combaciano di fronte a noi.
Cosa significa tutto questo? Secondo Platone, ogni uomo possiede fin dalla nascita le idee, ma non
in maniera perfetta e totale (perché noi non siamo onniscienti ma conosciamo nel corso della vita): è
come se in un’altra vita avessimo avuto una conoscenza piena che nel momento della nascita è stata
interrotta e non ci fa ricordare completamente. Ma cosa, nell’uomo (che è un essere finito)
garantisce il legame con un mondo altro, superiore (che invece è infinito)?
L’Anima
Platone afferma con certezza che noi uomini prima conoscevamo le idee, ma ad un certo punto ce
ne dimentichiamo e, dunque, le abbiamo (per utilizzare il linguaggio aristotelico) non più in atto ma
in potenza. Come possiamo orientarci nel nostro mondo che contiene le tracce dell’ideale?
Esercitando l’anima a ricordare: conoscere è riconoscere ciò che si è già visto. Ma qual è la
componente che permette all’uomo di conoscere e ricordare le idee? L’anima. Essa è dello stesso
genere (congenere) delle idee e le può conoscere, ma allo stesso tempo è parte del corpo nel
quale abita: vive dunque tra due mondi. Essa è dunque fondamentale perché è un ponte
intermedio che collega mondo sensibile e mondo intelligibile: l’uomo conosce (riconosce) le idee
grazie ad essa.
Per quanto riguarda l’anima, Platone ne parla in vari testi come la Repubblica, il Timeo e il
Fedone. Nella Repubblica dirà che l’anima di ogni uomo è suddivisa in tre parti: razionale,
concupiscente e timica. Quest’ultima è da intendersi come la parte orgogliosa, nobile, irosa, ma
anche eroica di ciascuno di noi. L’anima è come un intero diviso in tre parti, ognuna delle quali
tende alla supremazia delle altre. Esempio: l’anima concupiscente è l’anima che ricerca le passioni
e i desideri, che non si accontenta e che vuole sempre di più: questo tipo di anima cercherà di
sottomettere le altri due componenti. L’uomo giusto, invece secondo Platone, ha l’obbligo di
mettere gli impulsi irrazionali sotto la guida della ragione, è colui che riesce armonizzare
queste tre parti facendo in modo che la componente razionale (con la collaborazione di quella
timica) guidi l’uomo attraverso la moderazione e l’autocontrollo.
La linea della conoscenza
Secondo Platone tra mondo sensibile e mondo intelligibile non c’è una frattura insanabile che non permette
la possibilità di conoscere le idee: la conoscenza dell’idea può essere esplicata, solo che bisogna lavorare
duro, c’è un esercizio continuo. All’interno della Repubblica Platone elabora la metafora della linea della
conoscenza che rappresenta il percorso da intraprendere per raggiungere la conoscenza massima (l’dea in sé
appunto). La linea è divisa in quattro parti: le prime due parti corrispondono al mondo sensibile dove
si trova la facoltà dell’immaginazione e quella della credenza. Immaginazione significa conoscere le
ombre i riflessi delle cose, ma anche le imitazioni delle arti figurative, mentre credenza significa conoscere
le immagini degli oggetti materiali (piante, animali).Questo è il mondo della doxa (dell’opinione), mondo
dove viviamo e che noi tutti conosciamo. La seconda parte della linea ha a che fare invece con l’episteme
(scienza) dove ci sono la dianoia (conoscenza degli oggetti matematici che sono copie delle idee) e il nous
(la conoscenza delle idee in quanto tali), una dimensione “superiore” che non tutti sanno e possono
raggiungere. Questo è il percorso che l’uomo deve fare per raggiungere la conoscenza somma rappresentata
dal Nous. Molti di noi si fermano a metà cammino, o prima, o dopo: in pochi raggiungono la conoscenza
vera.
L’uomo può conoscere direttamente le idee?
Se l’uomo possedesse una “intuizione intellettuale” che gli permettesse di conoscere direttamente le
idee, il problema sarebbe risolto: ma non è così. Per comprendere bene qual è la posizione
dell’uomo (dunque del filosofo, perché è lui che interessa a Platone) egli nel Simposio fa un
interessante parallelismo. Parlando di Eros, Socrate dice nel Simposio che esso è figlio di Poros e
Penia (cioè di Povertà ed Espediente): cosa significa? Nella visione socratica l’essenza di amore
consiste nel non possedere qualcosa (povertà) e, proprio perché non la si possiede, cercare modi ed
espedienti per poterla raggiungere (espediente). Eros è dunque a metà tra il Dio e l’uomo: è un
Demone. Lo stesso accade all’uomo (filosofo): egli ama il sapere (philo) ma non lo possiede del
tutto (se lo possedesse interamente non sarebbe filo-sofo bensì un sapiente) dunque vive tra
l’ignoranza e la scienza: nell’opinione. Secondo Platone l’uomo nella sua corporeità non può mai
conoscere l’idea in sé proprio perché umano (dunque essere finito). Cosa può fare?
La dialettica
La dialettica è l’unico mezzo che il filosofo ha a disposizione: egli sa di non poter raggiungere le
idee in quanto tali, ma tuttavia (essendo filosofo) vuole raggiungerle. La dialettica è la scienza
suprema, ma non è infallibile. Essa consiste non nel tentativo di conoscere le idee in quanto tali, ma
nel tentativo di “illuminare” i rapporti che ogni idea intrattiene con l’altra, cercando di creare un
percorso che possa condurci verso l’idea del bene. Cercando di vedere tutte i legami che ogni idea
intrattiene con le altre si può, mano a mano, cercare di raggiungere l’essenza di ogni singola cosa.
E’ una idea molto complessa che Platone stesso non spiega mai chiaramente una volta per tutte.
Il mito della caverna
Sempre all’interno della Repubblica Platone elabora il mito della caverna: gli uomini vengono
presentati come individui chiusi in una caverna, legati e rivolti con la faccia verso un muro. Dietro
di loro e loro insaputa c’è un muretto dietro al quale passano degli uomini con delle statuine che si
riflettono sul muro dei prigionieri grazie ad un fuoco. I prigionieri , non essendo mai usciti, credono
che le ombre che vedono sul muro siano la vera e unica realtà. Ad un certo punto un uomo si libera
e esce dalla caverna e vede il mondo fuori. Inizialmente sarà accecato dalla luce del sole e riuscirà
a guardare solo i riflessi delle cose (gli oggetti matematici della dianoia) e piano piano si alzerà
verso le idee stesse fino a poter vedere il sole (l’idea del bene, cioè l’idea suprema che illumina tutte
le altre). Capito questo , il prigioniero ritorna nella caverna e racconta di come nella caverna si sia
vittime di un inganno. Inizialmente avrà anche difficoltà a riabituarsi al buio e sarà goffo, ma
soprattutto i suoi compagni non gli crederanno affatto, ma anzi lo vorranno uccidere. Cosa significa
tutto questo? E’ la metafora che rappresenta il liberarsi dai falsi saperi, dai pregiudizi erronei di cui
siamo vittime, dalle norme erronee che seguiamo inconsapevoli ma, soprattutto, l’uomo che si
liberato è il filosofo che si è liberato dai falsi saperi e cerca di aiutare gli altri a fare lo stesso.
Dunque l’individuo per eccellenza che secondo Platone può compiere questo percorso della linea e
arrivare alla conoscenza vera delle idee è il filosofo. Perché? Il filosofo è colui che non cessa mai di
ricercare, che non si accontenta di finte verità assolute, ma è sempre in cammino accompagnato
dalla ragione. Le sue opinioni sono più fondate di quelle degli altri perché ricerca, approfondisce
senza sosta.
L’idea del Bene
Il bene è il massimo oggetto di conoscenza. Abbiamo parlato di questa idea del bene, che secondo
Platone precede le idee stesse. Laddove le idee, come abbiamo già detto, sono un nucleo di
significato immanente e trasparente, tuttavia c’è un qualcosa che le precede e le fonda: l’idea del
Bene. Esso deve essere inteso come il fondamento, la norma di ogni valore, il criterio che
permette di giudicare e di valutare come “buone” le azioni, le condotte degli uomini e non
solo. Ecco perché viene paragonato al sole: il sole dà vita alle cose del mondo così come l’idea del
bene conferisce essenza ed esistenza alle idee. Il bene le genera, le rende pensabili e identificabili
come criteri di verità e di valore. Dunque esso è condizione, principio e fondamento delle idee.
Per intenderci:
Per Platone c’è la necessità di trovare un fondamento certo al nostro sapere perché
attualmente (la morte di Socrate ne è l’esempio per eccellenza) le nostre conoscenze
sono del tutto infondate, prive di certezza. Partendo da questo presupposto è ovvio
che bisogna trovare una episteme (scienza) stabile, cioè un oggetto di conoscenza
valido per sempre su cui possa erigersi tutto il resto. Platone lo identifica nelle idee:
perché? Perché il nostro mondo è in continuo divenire, dunque è ovvio che la
certezza, la validità eterna di una conoscenza può che essere trovata in un altro
mondo: l’iperuranio (o mondo delle idee). Le idee sono un nucleo di significato
eterno, immutabile che funge da modello per il nostro mondo: se qui una cosa è bella
è perché esiste la Bellezza nel mondo delle idee che mi permette di dire che una cosa
è bella. Come può l’uomo dire che esiste il mondo delle idee? Perché l’uomo ha in se
stesso le idee (esempio di Menone). Come fa ad averle? Grazie all’anima: l’anima di
ciascuno di noi, prima di incarnarsi un corpo, ha vissuto nel mondo delle idee e le ha
conosciute, ma nel momento in cui entra nel mondo e nel nostro corpo è vittima della
dimenticanza. Come possiamo dunque ricordarle? Grazie alla teoria della
reminiscenza, secondo la quale conoscere è ricordare qualcosa che abbiamo
conosciuto già. Nella Repubblica l’anima viene divisa in tre parti (razionale,
concupiscente, timica): l’uomo per eccellenza (il filosofo) è colui che è in grado di
lasciarsi guidare dalla componente razionale (aiutata da quella timica) subordinando
quella concupiscente.
L’uomo può conoscere le idee? Il problema è controverso: inizialmente Platone crea
(nella Repubblica) l’immagine della linea che simboleggia il percorso della
conoscenza dell’uomo. Essa è divisa in quattro parti: le prime due rappresentano la
conoscenza del mondo finito (immagine e credenza) che non sono la vera realtà; le
restanti due parti rappresentano l’episteme, cioè la conoscenza del mondo vero e
proprio (dianoia e nous). Ma l’uomo può conoscere le idee? Platone non risponde mai
in maniera esaustiva: quello che possiamo dire è che il filosofo non può avere una
conoscenza diretta delle idee (il filosofo è colui che aspira al sapere, tende verso di
esso proprio perché non lo possiede, come l’innamorato) dunque finchè l’uomo è
carne e ossa non potrà mai avere una conoscenza totale, proprio perché le idee sono
intelligibili appartenenti ad un mondo superiore. Ciò che gli resta è la dialettica: dal
momento che le idee sono legate tra di loro, il filosofo può esercitarsi a “illuminare”
le tracce delle idee nel mondo cercando di muoversi verso la conoscenza del principio
assoluto (l’idea del bene). Essa precede le idee in quanto tali, anzi ne è il loro
fondamento: l’idea del bene è come il sole poiché costituisce la loro essenza e ne
garantisce l’esistenza. Questa idea concede a esse una validità normativa, le
valorizza, cioè gli permette di essere modelli di verità e valore che si rispecchiano
nella nostra realtà.