SISTEMI DI RADICI Tesina per la Laurea Quadriennale in Matematica Professore: Rita Fioresi Studente: Marzia Dalla Venezia Capitolo 1 Sistemi di radici Sia V uno spazio vettoriale nito-dimensionale euclideo su R . Denizione 1.1. Sia H un iperpiano qualsiasi contenuto in V. Sia w ∈ H e sia v ∈ {H}⊥ . Si denisce riessione rispetto all'iperpiano H l'applicazione: Sv : V → V w 7→ w v 7→ −v denita da Sv (z) = z − 2 · < v, z > v < v, v > (1.1) Denizione 1.2. Un sottoinsieme R ⊆ V si dice un sistema di radici se valgono le seguenti proprietà: 1. 0 ∈/ R, span(R) = V ed R é un insieme nito; 2. se α ∈ R, allora vale che kα ∈ R se e solo se k = ±1; 3. Sα (R) = R per ogni α ∈ R; 1 1. Sistemi di radici <α,β> 4. 2 <α,α> ∈ Z per ogni α, β ∈ R. <α,β> , denotato n(α, β), é detto intero di Cartan. L'intero 2 · <α,α> Capitolo 2 Classicazione dei sistemi di radici in dimesione 2 Si verica facilmente che, nel caso in cui V ∼ = R2 , gli interi di Cartan devono essere concordi e il loro prodotto non deve superare 4; infatti: n(α, β)n(β, α) = 2 hα, βi hβ, αi kαkkβk cos φ kβkkαk cos φ ·2 =4 · = 4 cos2 φ. hα, αi β, β kαk2 kβk2 Quindi n(α, β)n(β, α) ≤ 4. n(α, β) n(β, α) 0 1 -1 2 -2 3 -3 0 1 -1 1 -1 1 -1 φ π 2 π 3 2π 3 π 4 3π 4 π 6 5π 6 kβk2 kαk2 tipo A1 ⊕ A1 1 A2 1 A2 2 B2 2 B2 3 G2 3 G2 Esempio 2.1. Vediamo ora una rappresentazione nel piano cartesiano. Consideriamo il caso in cui il prodotto n(α, β)n(β, α) sia 3. Allora si ha: √ 3 4 cos φ = 3 ⇒ cos φ = ± , 2 2 3 2. Classicazione dei sistemi di radici in dimesione 2 2 −3 =/6 −3 −2 − − − − −2 −3 2 3 −2 3 =5/6 2 3 − −−3 −−2 −− − −2 −3 Figura 2.1: Radici ∼ G2 in R2 5 2. Classicazione dei sistemi di radici in dimesione 2 =2 /3 =/3 − − − − −− − =3 /4 − =/4 2 − −−2 −− −2 − − − − − −2 Figura 2.2: Sopra:Radici∼ A2 ; sotto: Radici∼ B2 in R2 2. Classicazione dei sistemi di radici in dimesione 2 così i due casi possibili per gli interi di Cartan sono: n(α, β) = 3, n(β, α) = 1 oppure n(α.β) = −3, n(β, α) = −1, corrispondenti rispettivamente agli angoli φ = π6 e φ = 5π6 (gli angoli negativi si riconducono a quelli positivi per rotazione). Esaminiamo le radici nel primo caso, trovando le riessioni rispetto agli iperpiani perpendicolari, riferendoci alla gura (2.1). Scelta un'unità di misura, √ poniamo α = (1, 0). Di conseguenza, β = ( 32 , 23 ). Riettiamo β rispetto all'iperpiano perpendicolare ad α (cioè l'asse y ). Si ha: Sα (β) = β − n(α, β)α = β − 3α = √ ! 3 3 − , . 2 2 Riettiamo ora α rispetto all'iperpiano perpendicolare a β − 3α: hβ, αi − 3hα, αi (β − 3α) = hβ − 3α, β − 3αi ! ! √ √ 3 −3 3 3 1 3 2 (1, 0) − 2 − , = − , = β − 2α. 3 2 2 2 2 Sβ−3α (α) = α − n(β − 3α, α)(β − 3α) = α − 2 Proseguendo nello stesso modo si trovano tutti i vettori del sistema di radici R. Inoltre vale: Proposizione 2.1. Per ogni α, β ∈ R hα, βi < 0 ⇒ α + β ∈ R, hα, βi > 0 ⇒ α − β ∈ R. In gura (2.1) si può notare che la linea passante per tutti i vertici dei vettori β, β + α, β + 2α, β + 3α, raggruppa un insieme di radici positive che dieriscono di α in modo crescente. Tale insieme si chiama α-stringa, ed appare, in modo simile, in tutti i sistemi di radici. Denizione 2.1. Sia S = {α1 , . . . , αl } tale che S ⊂ R; S si dice base se: 7 2. Classicazione dei sistemi di radici in dimesione 2 S é base di V ; Per ogni β ∈ R, β = Pl i=1 ni αi , dove ni ∈ Z, ni ≥ 0 per ogni i oppure ni ≤ 0 per ogni i. Denizione 2.2. Sia γ ∈ V ; allora deniamo R+ (γ) = {α ∈ R | hγ, αi > 0} (2.1) R− (γ) = {α ∈ R | hγ, αi < 0}. (2.2) Diciamo che γ é regolare se vale R = R+ (γ) q R− (γ) Osservazione 1. Vale R− (γ) = −R+ (γ). Denizione 2.3. Sia α ∈ R+ (γ); allora α si dice decomponibile se si può scrivere α = β1 + β2 β1 , β2 ∈ R. In caso contrario γ si dice indecomponibile. Teorema 2.2. Ogni sistema di radici R ammette base. Dimostrazione. Invece di dimostrare questo risultato, dimostriamo il prossimo teorema, che ci dice esplicitamente come trovare una base. Teorema 2.3. Sia R un sistema di radici e sia ssato un elemento γ ∈ R regolare. Allora l'insieme S(γ) dei vettori indecomponibili costituisce una base per R. Dimostrazione. Procediamo per passi successivi per dimostrare questo risultato. Passo 1. Vogliamo dimostrare che R+ (γ) = {α = X ni ∈Z+ 0 ni αi , αi ∈ S(γ)}. 2. Classicazione dei sistemi di radici in dimesione 2 Per assurdo sia α ∈ R+ (γ) che non si scrive come nella 2.3; certamente α è decomponibile, altrimenti α ∈ S(γ). Allora possiamo scrivere α = β1 + β2 , con β1 , β2 ∈ R+ (γ). Scegliamo, tra tutti gli α ∈ R+ (γ) che non si scrivono come nella 2.3, quello con hγ, αi minimo. Allora hγ, αi = hγ, β1 i + hγ, β2 i > 0. poiché β1 , β2 ∈ R+ (γ). Ora β1 e β2 non possono essere entrambi indecomponibili, altrimenti vale la 2.3. Diciamo, allora, che β1 é decomponibile. sicuramente β1 non si puó scrivere come nella 2.3, ma vale anche che hγ, αi > hγ, β1 i che, per come abbiamo scelto α, è assurdo. Passo 2. Vogliamo dimostrare che, se α, β ∈ S(γ) e α 6= β , allora hα, βi < 0. Per assurdo, se fosse hα, βi > 0, allora α − β sarebbe radice. Allora avremmo che (α − β) ∈ R+ (γ) oppure (−α + β) ∈ R+ (γ); si vede facilmente che avremmo in entrambi i casi che α o β sono decomponibili, che è assurdo. Passo 3. Sia S(γ) = {α1 , . . . , αl } voglio dimostrara che α1 , . . . , αl sono liP nearmente indipendenti, cioé che se ri αi = 0, allora ri = 0 per ogni i. Scrivo 0= X ri αi = X si ≥0 Allora P si αi = P si αi − X tj αj . tj ≥0 tj αj = ε, da cui X X X 0 ≤ hε, εi = h si αi , tj αj i = si tj hαi , αj i = 0. Quindi ε = 0 e gli si , tj sono tutti nulli. Passo 4. S(γ) genera R. É ovvio perché sappiamo che R(γ) = R+ (γ) q (−R+ (γ)). Capitolo 3 Matrici di Cartan e diagrammi di Dynkin Denizione 3.1. Una matrice A = (aij )1≤i,j≤l si dice matrice di Cartan se soddisfa le seguenti proprietà: 1. aij ∈ Z per ogni i, j e inoltre aij ≤ 0 per ogni i 6= j , aii = 2 per ogni i; 2. aij = 0 se e solo se aji = 0; 3. det A 6= 0; 4. W = hsi : vj → vj − aij vi i è nito. Osservazione 2. Se R è un sistema di radici, con S = {α1 , · · · , αl } base, allora A= hαi , αj i 2 hαi , αi i è una matrice di Cartan. 9 ! 1≤i,j≤l 3. Matrici di Cartan e diagrammi di Dynkin Si ha: AA1 ×A1 = 2 0 0 2 ! , AA2 = ! −1 2 −1 2 , AB2 = 2 −2 ! −1 2 , AG2 = ! −1 . −3 2 2 Si dimostra anche che, data A matrice di Cartan, esiste ed è unico a meno di isometrie, un sistema di radici associato. Ricaviamo un diagramma di Dynkin da ciascuna matrice di Cartan che proviene da un sistema di radici: 1. Mettiamo l vertici (ciascuno con peso hαi , αi i: presa la radice più corta αj , le si associa il peso 1, e le altre sono date dal rapporto tra le kαi k lunghezze kα ) P1 , · · · Pl ; jk 2. Pi e Pj sono collegati da aij aji linee, con aij aji ∈ {0, 1, 2, 3}. In particolare si ha: AA1 ×A1 AA2 AB2 AG2 Denizione 3.2. Sia V uno spazio vettoriale e sia S = {α1 , . . . , αl } ⊆ V ; allora S si dice schema se: 1. α1 , . . . , αl sono linearmente indipendenti; i ,αj i 2. aij := 2 · hα ∈ Z− aij aji ∈ {0, 1, 2, 3}. 0 hαi ,αi i Vediamo ora in che modo é possibile associare ad ogni schema un diagrammma di Dynkin: 11 3. Matrici di Cartan e diagrammi di Dynkin Teorema 3.1 (Cartan, 1894). I diagrammi di Dynkin connessi associati a uno schema S sono solo i seguenti: Al ··· Bl ··· Cl ··· Dl ··· G2 F4 E6 E7 E8 ··· ttt t t JJ JJJ Capitolo 4 Classicazione Lemma 4.1. 1. Se uno schema S ha n elementi, allora il diagramma associato non ha più di n-1 link. 2. Se S 0 ⊆ S , allora S 0 è uno schema. Lemma 4.2. 1. S non contiene cicli. 2. Se S 0 ⊆ S , S 0 connesso e β ∈ S \ S 0 , allora β non può essere collegato a più di un elemento di S 0 . 3. Da ogni vertice escono al massimo 3 linee. 4. Se ho una catena semplice (una sola linea per ogni link), tutti gli αi hanno la stessa lunghezza. 5. Sia C una catena semplice C = {α1 , . . . , αr } e sia α = α1 + . . . + αr . Allora (S \ C) ∪ α è ancora uno schema. Lemma 4.3. Se C è una catena con un link doppio, con p elementi a sinistra del link e q elementi a destra, allora min(p, q) = 1 oppure p = q = 2. Lemma 4.4. Se ho un triplo vertice, cioè un elemento da cui partono tre link, e p, q, r sono i numeri degli elementi nelle tre direzioni, allora vale q = r = 2 oppure r = 2, q = 3, 3 ≤ p ≤ 5. Allora min(p, q) = 1 oppure p = q = 2. 12 Capitolo 5 Algebre di Lie semisemplici Denizione 5.1. Un algebra di Lie g è uno spazio vettoriale su un campo K (con char K 6= 2, 3) dotato di un operazione binaria [, ] : g × g → g (5.1) che soddisfa le seguenti proprietà: (i) è bilineare; (ii) è antisimmetrica; (iii) soddisfa l'identità di Jacobi, cioé [X, [Y, Z]]+[Y, [Z, X]]+[Z, [X, Y ]] = 0. Una rappresentazione di g su uno spazio vettoriale V è un'applicazione ρ : g → End(V ) tale che (i) è lineare; (ii) ρ([X, Y ]) = ρ(X)ρ(Y ) − ρ(Y )ρ(X). Osservazione 3. In generale, se A è uno spazio vettoriale e un anello, cioè un'algebra associativa, si può denire [X, Y ] := XY − Y X ; si vede subito 13 5. Algebre di Lie semisemplici che, cosí denita, l'operazione è binaria, antisimmetrica e soddisfa l'identità di Jacobi. Esempio 5.1. Un esempio particolarmente importante di rappresentazione di un'algebra di Lie g è quelle che viene chiamata rappresentazione aggiunta, denita come ad : g → End(g) X → (Y → [X, Y ]) (5.2) (5.3) Denizione 5.2. Un algebra di Lie g si dice semplice se non è abeliana e gli unici ideali sono g e (0). Si dice semisemplice se è somma diretta di algebre semplici. Capitolo 6 Sistemi di radici associati ad algebre semisemplici Denizione 6.1. Sia g un'algebra semisemplice e h ⊆ g un sottospazio vettoriale. Si dice che hè una sottoalgebra di Cartan (CSA) se: (i) h è massimale e abeliana, cioé [X, Y ] = 0 ∀ X, Y ∈ h ed è la più grande con questa proprietà; (ii) ad(H) è semisemplice, cioè diagonalizzabile, per ogni H ∈ h. Denizione 6.2. Sia g un'algebra di Lie semisemplice, h ⊆ g una CSA e h∗ il duale di h. Allora λ ∈ h∗ r {0} si dice radice se vale gλ := {X ∈ g | [H, X] = λ(H)X ∀ H ∈ h} = 6 0. Lo spazio gλ è detto spazio radice ; denotiamo inoltre con ∆ l'insieme di tutte le radici, detto sistema di radici. Teorema 6.1. Sia g un algebra semisemplice e sia h una CSA. Allora: (a) span{∆} = h∗ ; 15 6. Sistemi di radici associati ad algebre semisemplici (b) se α ∈ ∆, allora −α ∈ ∆ ; (c) se x ∈ gα , y ∈ g−α , allora [x, y] = hx, yiHα0 ; (d) [gα , g−α ] = span{Hα0 }; (e) α(Hα0 ) = hHα0 , Hα0 i = 6 0; (f) se x ∈ gα , esiste y ∈ g−α tale che, se poniamo Hα := [x, y], vale 2H 0 span{Hα , x, y} ∼ = sl2 (C) e Hα = hHα0 ,Hα α0 i , cioè per ogni α ∈ ∆ c'è una copia di sl2 (C) ⊆ g. Dimostrazione. Vedi Humphreys pag. 37. Teorema 6.2. Suuponiamo valgano le stesse ipotesi del teorema 6.1. Allora valgono: (a) α ∈ ∆ ⇒ dim gα = 1; (b) α ∈ ∆, kα ∈ ∆ ⇒ k = ±1; (c) α, β ∈ ∆ ⇒ β(Hα ) ∈ Z, β − β(Hα )α ∈ ∆; (d) [gα , g−β ] = gα+β ; (e) α, β ∈ ∆ ⇒ ∃p, q, p ≤ r ≤ q, tali che β + rα ∈ ∆. (Si tratta della α-stringa, p, q potrebbero anche essere entrambi zero). A questo punto siamo in grado di aermare che, presa un' algebra di Lie, ssata una CSA, le radici trovate formano eettivamente un sistema di radici nel senso della denizione (1.2). Infatti: Il punto (a) del teorema (6.1) equivale al punto 1. della denizione generale; (b) in (6.2) equivale al punto 2., la seconda aermazione di (c) in (6.2) equivale al punto 3. e la prima al punto 4..