Ludwig Feuerbach - I.I.S. “Carducci” Volterra

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Ludwig Feuerbach
A)
Il dibattito sul significato complessivo della dottrina di Hegel (cioè sulle sue possibili
interpretazioni in chiave conservatrice o progressiva) determina due correnti contrapposte
nella scuola hegeliana:
la Destra, che si fa promotrice di una sostanziale conciliazione del pensiero del maestro con
il cristianesimo,
la Sinistra, che sostiene invece l’estraneità della filosofia di Hegel a tale religione, e ne
accentua i contenuti potenzialmente innovatori e rivoluzionari.
Il primo caposcuola della sinistra è David F. Strauß, che nella sua Vita di Gesù
considera la figura di Cristo come l’espressione mitica di una verità filosofica messa in luce
da Hegel: la presenza del principio divino in ogni uomo. Tuttavia Strauß rimane nel
complesso legato alla tradizione cristiana (se pure reinterpretata secondo i principi del
pensiero idealistico) e non sviluppa in senso sociale le proprie tesi.
Altri esponenti della sinistra prendono invece le distanze da ogni tentativo di
conciliazione tra idealismo e tradizione religiosa, sostenendo il necessario sbocco ateistico
della filosofia, che diviene quindi veicolo di rinnovamento culturale e sociale.
B)
Feuerbach, che dà appunto inizio a questa impostazione, è, con Marx, il maggior
esponente della Sinistra hegeliana. Nelle sue opere (v. L’essenza del cristianesimo, Per la
critica della filosofia hegeliana) si afferma l’esigenza di affrancare il pensiero filosofico da
qualsiasi trascendenza, cioè da ogni riferimento ad una Essenza eterna fuori del tempo.
Per Feuerbach, cioè, non solo l’Assoluto (= la realtà ultima del mondo) è immanente al
divenire, ma coincide, senza residui “metafisici”, col divenire stesso. L’uomo “è Dio”, nel
senso che nell’uomo va cercata la realtà assoluta, ma non si deve ripetere l’errore [di Hegel]
di attribuire all’uomo tutti i caratteri della vecchia divinità (immaterialità, esistenza
extra-temporale). Solo ciò che esiste nel tempo, ciò che diviene, è reale o, in altri termini, il
divenire deve liberarsi da ogni “eternità” che possa venir posta a suo fondamento (per inciso,
pensatori come Marx e Nietzsche si muoveranno proprio in questa direzione).
Occorre quindi, secondo Feuerbach, capire che proprio i caratteri sensibili dell’uomo,
nella loro concretezza materiale, fondano le varie concezioni metafisiche e religiose apparse
lungo il corso storico: ma capire questo significa capovolgere la dottrina dialettica di Hegel
(che resta peraltro il supremo conseguimento della razionalità umana). Ogni concetto di
“assolutezza” o “infinità” è un prodotto storico della coscienza terrena che, essendo capace di
concepire e di perseguire l’infinito, ha essa stessa una essenza infinita: ma l’unica realtà di
questo infinito consiste, appunto, nel suo esistere come oggetto e contenuto di una coscienza
che si dispiega nel tempo e vive una vita materiale.
C)
Si noti che questo “capovolgimento” dello hegelismo, questo riaffermare (in apparente
consonanza col senso comune) la priorità della materia sull’”Idea”, non significa affatto, per
Feuerbach, reintrodurre una filosofia pre-idealistica, cioè realistica, dogmatica: “bisogna
andare al di là di Hegel, non ricadere al di sotto”, ossia: si deve negare l’esistenza di una
qualsiasi realtà (materiale o meno) estranea ed inconoscibile rispetto al pensiero umano,
ribadendo l’unità originaria di spirito e materia.
Così, l’uomo di cui parla Feuerbach non è concepito tanto come il singolo individuo,
quanto come l’insieme delle forze che dirigono la collettività umana lungo la sua storia, che
rappresentano cioè l’essenza profonda di tale collettività: la Ragione, la Volontà, il
Sentimento. Queste forze dello Spirito (che non è quindi riducibile, come per Hegel, a pura
razionalità) non sono affatto facoltà dei soggetti individuali, ma, al contrario, questi ultimi
sono le forme concrete in cui quei principi si attuano nel mondo (cfr. Hegel).
La realtà dell’uomo è data invece dal carattere collettivo, sopra-individuale di quelle forze, e
il singolo può realizzare la sua natura profonda, la sua vera essenza, solo prendendo coscienza
della sua appartenenza al collettivo ed integrandosi con gli altri in una società comunistica.
Resta allora da definire quali ostacoli lo spirito umano incontri nel suo cammino verso
questa realizzazione e in che modo possa superarli. Storicamente l’uomo ha perso di vista la
propria essenza [infinita] proiettandola fuori di sé, ha costruito un mondo soprannaturale
senza rendersi conto che era la forza stessa del proprio Sentimento a produrlo: l’uomo deve
allora ritrovare sé stesso disfacendosi di ogni credenza e condizionamento religioso,
ponendosi consapevolmente come protagonista della realtà.
Per Feuerbach, come si vede, l’alienazione è essenzialmente frutto di un processo
ideologico, per cui l’obiettivo primario di ogni rivoluzione sociale e politica sarà proprio la
rimozione di ostacoli di natura ideologica: la principale critica di Marx a Feuerbach sarà
appunto rivolta contro questo concetto dell’alienazione (v.”La Sacra Famiglia”). Occorre,
secondo Marx, portarsi anche più a fondo del livello ideologico e religioso, e individuare nei
rapporti economici la base concreta di ogni alienazione sofferta dall’uomo: da questo punto di
vista, Feuerbach conserva in parte l’ottica hegeliana, volta a ricondurre ogni problema umano
ad un inadeguato sviluppo di strutture conoscitive.
D) Una critica di tipo diverso è rivolta a Feuerbach da Max Stirner, un altro dei
principali esponenti della Sinistra hegeliana: per Stirner anche l’“Essenza dell’uomo” di cui
parla l’umanesimo di Feuerbach è un riemergere del dogmatismo metafisico, di una nuova
“realtà immutabile” se pure identificata allo stesso processo storico.
Invece la sola realtà, afferma Stirner, è questa mia coscienza in atto, che egli chiama
“l’Unico”: al di là di qualsiasi “essenza” umana o divina esiste solo la libera creatività
dell’Unico, irripetibile, non soggetta a leggi esterne, estranea ad ogni schematismo razionale.
Essa è libera, cioè, da ogni possibile “padrone” e rifiuta ogni [consolatoria] “verità” che tenti
di irretire il flusso incessante del divenire (cfr. Nietzsche).
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