Ludwig Feuerbach
Figura principale della sinistra hegeliana, fondatore dell'ateismo filosofico ottocentesco.
Opere: 1841, L'essenza del cristianesimo; 1845, L'essenza della religione.
Il rovesciamento dei rapporti di predicazione
La spiegazione idealistico-religiosa del mondo si fonda su un errore iniziale: l'astratto è posto come il
soggetto di una proposizione, il concreto come il predicato. In Hegel, ad esempio, il protagonista, il soggetto
del divenire storico è lo Spirito assoluto, mentre l'uomo e la realtà nel suo insieme sono dei semplici
predicati, o attributi. Così come è a partire dalla logica, dal pensiero, dal concetto purificato che Hegel
spiega la realtà.
Feuerbach sostiene che questo rapporto vada rovesciato: è l'uomo (l'essere uomo) a produrre il pensiero, a
creare lo spirito, a concepire Dio, ad anelare all'infinito.
La critica della religione
Applicando il ragionamento precedente in campo religioso, non è Dio (l'astratto) ad aver creato l'uomo (il
concreto), ma l'uomo Dio.
Dio è quindi una proiezione umana, delle qualità migliori dell'uomo (amore, ragione, bontà, ecc.) all'esterno
di sé, una forma di alienazione.
Perché l'uomo ha creato Dio?
Feuerbach dà diverse risposte nelle sue opere:
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personificazione delle qualità della SPECIE (l'uomo come specie si sente infinito e potente)
realizzazione fantastica dei desideri che pone fine alla contraddizione umana tra volere [«Nel
volere, nel desiderare, nel rappresentare l'uomo è illimitato, libero, onnipotente - è Dio» L'ESSENZA
DELLA RELIGIONE, par. 30] e potere, che non dipende da me. Con questa considerazione è anche
possibile spiegare la differenza religiosa tra i Greci e i cristiani: i primi avevano divinità limitate
perché i loro desideri erano limitati; i cristiani concepiscono desideri senza limiti, perciò credono in
un Dio infinito e onnipotente.
Dipendenza dalla natura per cui l'uomo trasforma in divinità quelle cose naturali di cui ha bisogno
per esistere: l'acqua, la terra, ecc.
In tutti i casi, la religione è una forma di alienazione: l'uomo proietta fuori di sé un'immagine di sè che
diventa aliena acquisendo caratteri superiori e a questa potenza da lui creata si sottomette.
L'alienazione non consiste solo nel porre un altro come estraneo e superiore all'uomo, ma anche nel privare
l'uomo per questa via delle sue qualità positive concentrandole in un essere immaginario. Allora è normale
che si contrapponga la divina sapienza all'umana follia, la potenza divina alla debolezza umana. Ne
consegue che per liberarsi di questa forma patologica, schizofrenica, per recuperare le sue qualità positive
l'uomo ha come imperativo filosofico e morale l'ateismo.
Compito della filosofia non è più porre il finito nell'infinito, ma il contrario, cioè l'infinito nel finito, la nuova
divinità è l'uomo.