Ludiwig Feuerbach Dio specchio dell’uomo www.arete-consulenzafilosofica.it 1 Feuerbach: cenni sulla vita (18041872) Ludwig Feuerbach è esponente di spicco della sinistra hegeliana. Dopo aver studiato teologia ad Heidelberg ed aver ascoltato le lezioni di Hegel a Berlino, pubblica - nel 1830 i Pensieri sulla morte e sull’immortalità in cui sostiene che l’immortalità non appartiene al singolo ma all’umanità nel suo complesso e con i quali si blocca, a causa delle sue posizioni eterodosse, la sua carriera universitaria; - nel 1839 Per la critica della filosofia hegeliana in cui sviluppa il suo parziale distacco da Hegel; - nel 1841 la sua opera più famosa L’essenza del cristianesimo che lo rende personaggio di punta della sinistra hegeliana; - nel 1848, nel mezzo della grande crisi europea le Lezioni sull’essenza della religione. Muore appartato e in miseria nel 1872 www.arete-consulenzafilosofica.it 2 La critica ad Hegel In Per la critica della filosofia hegeliana, F. accusa il suo grande predecessore di aver cominciato a imbastire il suo sistema a partire dall’ESSERE ASTRATTO, cioè con lo spirito o il pensiero, mentre egli intendeva partire dall’ESSERE REALE, cioè la natura empirica. Così si evita di fare, come ha fatto Hegel, della pura speculazione… www.arete-consulenzafilosofica.it 3 …Infatti… Per F. è vana ogni speculazione che vuole andare al di là della natura e dell’uomo. Se è vero che, come aveva sostenuto Hegel, la filosofia è scienza della realtà nella sua totalità, quest’ultima coincide con la NATURA. www.arete-consulenzafilosofica.it 4 Dallo Spirito alla natura Dunque se Hegel aveva immanentizzato Dio nella realtà del cosmo e dell’uomo in generale, Feuerbach vuole ridurre la RAGIONE e lo Spirito hegeliano alla realtà naturale ed empirica: È nell’uomo empirico, in continuo progresso verso livelli di coscienza e civiltà sempre superiori, che si ha la vera unità di finito e infinito. www.arete-consulenzafilosofica.it 5 L’infinità dell’uomo empirico L’uomo realizza la sua infinità nella sua naturalità e socialità e non solo nel suo pensiero. Ne L’essenza del cristianesimo, F. sostiene che la religione è espressione di una coscienza IMPERFETTA di tale infinità tutta umana e terrena, sociale e naturale. www.arete-consulenzafilosofica.it 6 La coscienza alienata in Dio Questa coscienza imperfetta si può dire alienata. È infatti una coscienza che ha posto le qualità, le aspirazioni, i desideri più alti dell’uomo FUORI dall’uomo stesso: LA COSCIENZA ESTRANIATA E ALIENATA crea la sua divinità, mettendo la sua essenza più intima in un ente esterno e superiore a sé. www.arete-consulenzafilosofica.it 7 Dio specchio dell’uomo La religione è una proiezione esterna dell’essenza intima dell’uomo. Così come l’uomo PENSA, nello stesso modo in cui sono i suoi PRINCIPII, così è DIO. Quanto l’uomo vale tanto vale il suo Dio. www.arete-consulenzafilosofica.it 8 La dinamica hegeliana della proiezione L’uomo sposta il suo essere fuori di sé, prima di ritrovarlo in sé. Dio così diviene l’essere umano liberato dai limiti dell’individuo, cioè dalla corporeità e dalla finitezza. Dio viene a coincidere con il soggetto umano OGGETTIVATO cioè contemplato e adorato in un essere dall’uomo distinto. www.arete-consulenzafilosofica.it 9 Perché la proiezione? Perché l’uomo è caratterizzato dal DESIDERIO e, quindi, da una MANCANZA e limitatezza. Con Dio la sua miseria viene CONSOLATA: in Dio egli trova più ascolto che in una natura spesso insensibile alle sue richieste. www.arete-consulenzafilosofica.it 10 Ma Dio deve essere sostituito dall’uomo Ma se la coscienza dell’uomo ha da superare veramente i propri limiti, essa deve ritornare in sé, cioè comprendere che i suoi desideri possono essere soddisfatti a partire dagli elementi positivi che sono nell’uomo, senza il bisogno della consolazione di un Dio. www.arete-consulenzafilosofica.it 11 Amore di Dio e amore dell’uomo In particolare l’uomo deve tornare ad amare se stesso, la sua umanità. L’istanza religiosa dell’amore è dunque da trasformare in un’istanza antropologica che valorizzi al meglio le qualità umane. L’amore dell’uomo è ciò che può esaltare i suoi caratteri positivi e fargli superare quella finitezza che lo angosciava, pur in un processo che non può avere fine. www.arete-consulenzafilosofica.it 12 …dunque… L’uomo che si era negato come natura in Dio deve a sua volta negare Dio per ritrovare compiutamente se stesso e divenire cosciente della sua grandezza. Così la filosofia feuerbachiana si caratterizza come un antropocentrismo radicale e rende operative le istanze di secolarizzazaione e laicizzazione della filosofia presenti in tutta la sinistra hegeliana. www.arete-consulenzafilosofica.it 13 Paralogismi feuerbachiani (1) Un paralogisma è un argomento fallace. Che cosa risulta fallace nelle riflessioni feuerbachiane su Dio e la metafisica? Che cosa non va nel dire che Dio non esiste ma è solo un fantasma, cioè una proiezione dei desideri e in generale dell’interiorità umana? - Non lo dicono solo Kant e gli idealisti, ma una lunga tradizione filosofica sostiene che noi quando conosciamo qualcosa «ci mettiamo del nostro», cioè compiamo una proiezione: Cognitum est in cognoscente per modum cognoscentis. Unde cujuslibet cognoscentis cognitio est secundum modum suae naturae” (Tommaso d’Aquino, S. Th., I, 12,4,c), «Il conosciuto sta in chi conosce attraverso le modalità di chi conosce. Da qui deriva il fatto che la conoscenza di chiunque conosca avviene secondo la sua natura». Questo tuttavia non significa che l’oggetto che conosciamo, nel modo in cui noi lo possiamo conoscere, proiettando noi stessi nell’oggetto, non esista. www.arete-consulenzafilosofica.it 14 Paralogismi feuerbachiani (2) Una proiezione schiaccia colui che proietta, proprio perché il Dio trascendente in cui l’uomo proietta tutte le sue perfezioni assume la forma del padrone (cfr. la coscienza infelice). Ciò è plausibile sotto il profilo psicologico. Nel medesimo ambito, tuttavia, la proiezione non può assumere la forma dell’imprevedibile, dello sconvolgente, dell’inusitato, dell’incommensurabile. Il Dio di Feuerbach, come proiezione dell’uomo, può in definitiva dominare ma non sorprendere. Ciò che sorprende, infatti, non è contenuto nella coscienza di chi rimane sorpreso e, proprio per tale motivo, può rappresentare un fatto nuovo: l’irruzione di un’alterità inimmaginabile nella vita umana. Questa è bensì l’esperienza più autentica del cristianesimo, testimoniata da convertiti, santi, mistici, intellettuali e teologi. La sorpresa e l’imprevedibilità di Dio sarà, in ultimo, il tema centrale della filosofia cristiana di S. Kierkegaard. www.arete-consulenzafilosofica.it 15 Prometeismo L’antropocentrismo di F. diventa una forma di prometeismo, cioè di celebrazione della potenza dell’uomo che ruba agli dei il loro segreto (il fuoco nel caso del mito greco di Prometeo), riportando l’essenza alienata dell’uomo all’uomo stesso. L’uomo è il centro, ma si tratta di un uomo empirico e naturalisticamente inteso, che intenderebbe riprendersi ciò che è suo contemplando infine la propria essenza in se stesso. Il destino questa riduzione antropologica è però l’impossibilità di uscire dall’antropologia, cioè l’incapacità di trovare un senso dell’uomo in un oltre più pieno e più vero che ne giustifichi l’esistenza. Eliminando un Dio dal proprio orizzonte l’uomo rimane semplicemente quello che è, quell’ente naturale il cui cammino non ha più un orientamento e la cui natura empirica ne rappresenta al tempo stesso la gabbia e la prigione. www.arete-consulenzafilosofica.it 16