28 Copertura antipertensiva nelle 24 ore: ruolo del rapporto valle-picco e dello Smoothness Index come parametri per una razionale scelta della terapia antipertensiva Dal punto di vista clinico, l’efficacia della terapia antipertensiva dipende dalla riduzione degli elevati valori pressori e, soprattutto, dal raggiungimento di specifici target pressori. A tale riguardo, le linee guida ESH/ESC, pur riconoscendo l’importanza della monoterapia come approccio iniziale al trattamento del paziente iperteso, sottolineano nel contempo che il suo impiego permette di conseguire adeguati obiettivi pressori (<140/90 mmHg) in non oltre il 20-30% della popolazione ipertesa. Pertanto, nella maggior parte dei casi, per ottenere un efficace controllo dei valori pressori è necessario ricorrere alla terapia di associazione con due agenti antipertensivi appartenenti a differenti classi farmacologiche; ciò permette di esercitare effetti superiori a quelli ottenibili raddoppiando il dosaggio del farmaco impiegato in monoterapia con il vantaggio di un controllo pressorio più precoce, particolarmente importante nei pazienti ad alto rischio cardiovascolare. Va, tuttavia, sottolineato che l’efficacia della terapia di associazione dell’ipertensione arteriosa non si basa soltanto sul concetto generale che la combinazione di due o più farmaci permette di migliorare il controllo pressorio, ma anche e soprattutto sulla scelta preferenziale di alcuni regimi combinati dettata dalle caratteristiche del profilo farmacologico-clinico. Infatti, secondo le linee guida ESH/ESC, tra gli aspetti che definiscono ideale un’associazione (in modo particolare quando precostituita), oltre alla superiore efficacia antipertensiva rispetto alla monoterapia derivante dall’effetto sinergico svolto dai differenti farmaci antipertensivi, va inclusa la possibilità di ottenere un controllo a lungo termine della pressione arteriosa in monosomministrazione. Più precisamente, è importante che la terapia farmacologica assicuri un controllo dei valori pressori che si mantenga significativo per l’intero arco della giornata, con rapporto valle/picco alla 24a ora il più possibile vicino a 1, dopo la somministrazione dell’associazione; ciò implica una compatibilità del profilo farmacologico delle molecole che costituiscono il regime terapeutico combinato ed un potenziamento reciproco del loro meccanismo d’azione antipertensiva (Borghi C, 2012). Il rapporto valle-picco, proposto come indice per quantificare la durata dell’effetto di un agente antipertensivo nelle 24 ore, si calcola dividendo la diminuzione del valore della pressione arteriosa “di valle”, vale a dire la modificazione pressoria registrata a 24 ore dalla somministrazione del farmaco, per la riduzione pressoria “di picco” corrispondente a quella riscontrata al punto di massimo effetto antipertensivo del farmaco (Figura 4.1). Se da questo calcolo si ottiene un valore elevato, esso è espressione di un effetto protratto ed omogeneo; al contrario, un valore basso del rapporto valle-picco indica un’azione antipertensiva breve oppure è indicativo di un effetto di lunga durata, ma caratterizzato da una riduzione eccessiva (e 29 Hypertension and Therapeutic Management® Fenotipi, efficacia, aderenza ❘ Novembre 2015 ❘ Numero 1 FOCUS DIAGNOSTICO D PA (mmHg) 0 -5 -10 D Valle=8.5 D Picco=12.5 -15 0 4 8 12 16 2023 Ore dall’assunzione del farmaco D Rapporto T/P = Valle = 0.68 D Picco Figura 4.1 Calcolo del rapporto valle-picco (trough to peak-T/P) in base ai valori orari della pressione arteriosa (PA) ottenuti, mediante il monitoraggio ambulatorio della PA nelle 24 ore, prima del trattamento antipertensivo e durante il trattamento antipertensivo (Mancia G et al, 2015). potenzialmente dannosa) al picco. In linea teorica, il farmaco antipertensivo ideale dovrebbe determinare a valle la stessa riduzione pressoria che si registra al picco e, quindi, avere un rapporto valle-picco pari ad 1. Tuttavia, il rapporto valle/picco presenta alcune limitazioni, di cui la più importante consiste nel fatto che per il calcolo di questo indice si impiega solo una esigua quota dei valori pressori delle 24 ore, non utilizzando il notevole numero di dati che è possibile registrare con il monitoraggio ambulatorio della pressione arteriosa (ABPM). Per superare le importanti limitazioni del rapporto valle/picco nella valutazione della omogeneità dell’effetto antipertensivo di un determinato farmaco nell’arco delle 24 ore è stato sviluppato un nuovo parametro, rappresentato dallo Smoothness Index (SI). La determinazione di questo nuovo parametro prevede innanzitutto che siano misurate le variazioni della pressione arteriosa media nelle 24 ore, servendosi di una duplice registrazione dell’ABPM (prima e nel corso del trattamento antipertensivo). Quindi viene calcolata la media di queste variazioni nelle 24 ore, insieme alla de- viazione standard (DS); a questo punto è possibile stabilire il valore dello SI, che corrisponde al rapporto tra la media delle variazioni della PA nelle 24 ore durante il trattamento con un determinato agente antipertensivo e la rispettiva DS (Figura 4.2). I farmaci con una lunga durata d’azione e caratterizzati dalla capacità di determinare in maniera omogenea (“smooth”) la riduzione dei valori pressori nell’intervallo di somministrazione (vale a dire, senza rilevanti differenze tra l’effetto antipertensivo “di picco” e quello “di valle”) hanno maggiori probabilità di ridurre la variabilità della pressione arteriosa a breve termine nell’arco delle 24 ore. Viceversa, i farmaci con una durata d’azione più breve possono essere responsabili di un incremento di natura iatrogena dell’ampiezza delle fluttuazioni pressorie tra il tempo “di picco” e quello “di valle”. In particolare, se tali agenti antipertensivi dotati di una minore durata d’azione sono assunti al mattino, essi tenderanno a non garantire un adeguato controllo dei livelli pressori nelle 24 ore, particolarmente nelle fasi fina- 30 Copertura antipertensiva nelle 24 ore: ruolo del rapporto valle-picco e dello Smoothness Index SI D H/DS=3.7 D PA (mmHg) 0 -5 -10 D H=8.6 DS=2.3 -15 0 4 812162024 Ore dall’assunzione del farmaco (H) Figura 4.2 Misurazione e rilevanza prognostica dello Smoothness Index (SI) calcolato in base ai valori orari della pressione arteriosa (PA) ottenuti, mediante monitoraggio ambulatorio nelle 24 ore, prima e durante il trattamento antipertensivo (Modificata da Mancia G et al, 2015). li dell’intervallo di somministrazione, corrispondenti alle prime ore del mattino seguente (tempo “di valle”), quando di norma i pazienti vanno incontro ad un aumento della pressione arteriosa correlato al risveglio (Parati G et al, 1999; Mancia et al, 2015). In relazione alla possibilità di valutare la durata e l’omogeneità dell’effetto antipertensivo di un farmaco nelle 24 ore, lo Smoothness Index presenta diversi vantaggi rispetto al rapporto valle-picco; in particolare, lo SI è più riproducibile, nel senso che i singoli valori di questo indice ottenuti dopo diversi periodi di trattamento (ad esempio, dopo 3 e 12 mesi) mostrano una maggiore correlazione tra loro. Inoltre, a differenza del rapporto vallepicco, lo Smoothness Index è inversamente correlato in misura significativa alla variabilità della pressione arteriosa delle 24 ore dopo 12 mesi, cioè quanto maggiore è il valore di questo indice tanto minore risulta la variabilità dei valori pressori nel corso del trattamento antipertensivo. Infine, se calcolato su un’ampia popolazione (oltre 1000 individui) lo Smoothness Index risulta vicino all’unità nei soggetti trattati con agenti antipertensivi efficaci, ma è molto prossimo allo zero in quelli che assumono placebo; ciò significa che non è necessario correggere i valori dello SI per l’effetto placebo e che l’impiego di questo indice nell’ambito di uno studio clinico non richiede un gruppo di controllo trattato con placebo. In definitiva, la durata e la distribuzione dell’effetto di riduzione della pressione arteriosa svolto dai differenti farmaci antipertensivi risultano variabili durante l’intervallo di somministrazione. In tal senso lo Smoothness Index può rivelarsi un utile parametro di valutazione dell’omogeneità degli effetti del trattamento nell’arco delle 24 ore nelle condizioni di “vita reale” (Parati G et al, 1999). BIBLIOGRAFIA • Borghi C. Terapia di combinazione: cosa dicono le linee guida? Real Practice & Clinical Benefits in Hypertension and Coronary Artery Disease 2012: 1: 1-10. • Mancia G, Grassi G, Redon J. Manual of Hypertension of the European Society of Hypertension. Second Edition. Ipertensione e fattori di rischio associati. Edizione Italiana a cura di Guido Grassi. 2015. • Parati G, Omboni S, Mancia G.Il rapporto vallepicco e lo “smoothness index” nella valutazione della durata e dell’omogeneità dell’effetto antipertensivo nelle 24 ore. Cardiologia 1999; 44(Suppl 1): 345-348. 31 FOCUS TERAPEUTICO Perindopril/amlodipina, associazione caratterizzata da un’efficace copertura terapeutica nei differenti “fenotipi” di pazienti ipertesi In base alle recenti linee guida, il monitoraggio ambulatorio della pressione arteriosa (ABPM) nelle 24 ore è considerato più importante ed informativo rispetto alla misurazione della pressione brachiale nella diagnosi e nel trattamento dell’ipertensione arteriosa (Mancia et al, 2013). Le ripetute registrazioni effettuate mediante l’ABPM riflettono realisticamente la fluttuazione continua della pressione arteriosa in maniera più accurata rispetto alle misurazioni occasionali; inoltre, i valori pressori rilevati dal monitoraggio sono riproducibili, a differenza di quelli forniti dalle misurazioni convenzionali effettuate nello studio medico. A ciò va aggiunto che l’ABPM evita i problemi associati al metodo tradizionale di rilevazione della pressione arteriosa, quali l’effetto camice bianco e l’ipertensione mascherata. Infine, l’ABPM, che permette di valutare l’efficacia del trattamento antipertensivo nelle 24 ore, sta assumendo crescente importanza nella gestione clinica dell’ipertensione arteriosa, in quanto ha permesso di definire con maggiore precisione il beneficio prognostico derivante dal controllo clinico di parametri come la pressione arteriosa notturna. Molte evidenze avvalorano l’opportunità di utilizzare precocemente i regimi combinati antipertensivi a dosaggio fisso, specialmente perché la maggior parte dei pazienti ipertesi necessita della terapia con più di un farmaco per ottenere il controllo dei valori pressori. Lo studio osservazionale PEARL (PErindopril/Amlodipine Reduction of blood pressure Level), della durata di 3 mesi, condotto allo scopo di valutare l’efficacia dell’associazione fissa perindopril/amlodipina impiegata nel trattamento dei pazienti ambulatoriali con ipertensione essenziale non controllata dalla precedente terapia antipertensiva (PA misurata presso lo studio medico ≥140/90 mmHg o ≥130/80 mmHg nei soggetti a rischio cardiovascolare elevato/molto elevato) ha dimostrato che questo regime farmacologico combinato è stato in grado di normalizzare la pressione arteriosa (<140/90 mmHg) nella maggior parte dei soggetti ipertesi (76%) dopo 3 mesi di trattamento. In questa sede si riportano brevemente i risultati del sottostudio PEARL ABPM, il cui obiettivo primario è stato quello di valutare l’effetto dell’associazione fissa perindopril/amlodipina sulla pressione arteriosa media delle 24 ore, diurna (relativa all’intervallo di tempo compreso tra le ore 06:00 e le ore 22:00) e notturna (dalle ore 22:00 alle ore 06:00). Pertanto, dei 10335 pazienti inclusi nello studio PEARL, 262 (di cui 118 donne; età media 60.4±11.7 anni, range 18–90 anni) sono stati sottoposti ad ABPM, effettuato all’inclusione, al mese 1 ed al mese 3. La pressione media al basale misurata nello studio medico della popolazione inclusa nel sottostudio PEARL ABPM era pari a 159.8/94.3 mmHg; 38 pazienti (15%) Perindopril/amlodipina, un’efficace copertura terapeutica nei differenti “fenotipi” di pazienti ipertesi risultavano affetti da ipertensione severa (≥180/110 mmHg). Gli endpoint primari di efficacia (riduzione della PA delle 24, diurna e notturna) sono stati valutati mediante ABPM sia nella popolazione totale, sia nei vari sottogruppi individuati in base alla gravità dell’ipertensione al basale (≥180/110 mmHg all’inclusione), ai precedenti trattamenti antipertensivi ed alle comorbilità (arteriopatia coronarica, anamnesi positiva per stroke o TIA e diabete mellito di tipo 2). È emerso che la pressione ambulatoria delle 24 ore e la pressione misurata presso lo studio medico sono entrambe diminuite dopo 3 mesi di trattamento con l’associazione fissa perindopril/amlodipina nella popolazione totale sottoposta ad ABPM e nel sottogruppo di pazienti con ipertensione severa. In particolare, la pressione arteriosa media delle 24 ore ha subito un decremento significativo, pari –18.5/–8.4 mmHg, passando da 146.1/84.3 a 127.6/75.9 mmHg (p<0.001). Le riduzioni dei valori medi della pressione arteriosa delle 24 ore, della pressione diurna e di quella notturna sono state registrare entro il primo mese di trattamento (Figura 5.1). Per quanto riguarda i sottogruppi, nei 38 pazienti con ipertensione arteriosa severa (PA ≥180/110 mmHg all’inclusione), la pressione arteriosa misurata nello studio medico è diminuita di 48.1/25.5 mmHg (p<0.001). Indipendentemente dal trattamento antipertensivo effettuato in precedenza, l’associazione fissa perindopril/ amlodipina ha determinato riduzioni significative della pressione arteriosa ambulatoria delle 24 ore e della PA registrata in maniera convenzionale presso lo studio medico (p<0.001 per entrambe), dal basale al mese 1 e dal basale al mese 3, in tutti i pazienti ipertesi sottoposti ad ABPM che costituivano i tre sottogruppi con patologie concomitanti (arteriopatia coronarica [n=113], pregresso 160 PAS Pressione arteriosa (mmHg) 140 Diurna Media delle 24 ore Notturna 120 100 PAD 80 60 0 Basale 1 mese 32 Diurna Media delle 24 ore Notturna 3 mesi Figura 5.1 Valori della pressione arteriosa (PA) ambulatoria media registrati mediante il monitoraggio ambulatorio della PA durante i 3 mesi di trattamento con l’associazione fissa perindopril/amlodipina (Nagy VL, 2013). PAS=pressione arteriosa sistolica; PAD=pressione arteriosa diastolica 33 Hypertension and Therapeutic Management® Fenotipi, efficacia, aderenza ❘ Novembre 2015 ❘ Numero 1 FOCUS TERAPEUTICO Tabella 5.1 Variazioni della pressione arteriosa ambulatoria delle 24 ore e della PA registrata in maniera convenzionale presso lo studio medico indotte dal trattamento con l’associazione fissa perindopril/amlodipina nei pazienti ipertesi inclusi nello studio PEARL ABPM che costituivano i diversi sottogruppi distinti in base alle comorbilità (Nagy VL, 2013). Misurazione della pressione arteriosa Sottogruppo CAD (n=113) PAS Sottogruppo pregresso stroke (n=30) Sottogruppo diabete di tipo 2 (n=50) PAD PAS PAD PAS PAD ABPM delle 24 ore Basale 147.8±17.9 83.7±12.5 144.5±17.8 79.9±11.9 147.0±15.2 82.9±11.4 1 mese 132.0±10.7 79.2±8.5 131.5±12.1 77.2±10.5 134.9±12.9 79.7±8.3 126.6±10.6 75.4±8.9 130.7±11.0 77.6±9.6 126.3±10.3 75.6±9.5 -21.2±17.3** -8.8±11.1*** -13.9±16.2** -3.7±8.1*** -20.7±14.1** -7.4±11.1*** 3 mesi Variazione a PA misurata presso lo studio Basale 162.5±16.4 96.1±10.1 162.0±18.3 95.1±12.9 159.1±13.1 95.1±10.0 1 mese 138.9±12.4 85.7±8.4 142.0±7.2 85.3±9.2 138.0±17.4 84.8±8.7 131.2±8.5 81.0±6.1 131.8±8.0 82.7±4.8 130.7±10.0 79.6±5.9 -31.1±17.0** -15.4±10.3** -29.9±18.1** -13.0±10.3** -28.6±11.4** -15.5±8.9** 3 mesi Variazione a Valori espressi come media±DS. ABPM=pressione arteriosa ambulatoria delle 24 ore; PA=pressione arteriosa, CAD=coronaropatia; PAD=pressione arteriosa diastolica; PAS=pressione arteriosa sistolica. **p<0.001, mese 3 versus basale; ***p<0.01, mese 3 versus basale. a Variazione della PA dal basale a 3 mesi stroke [n=30] e diabete mellito di tipo 2 [n=50]) (Tabella 5.1). In conclusione, il sottostudio PEARL ABPM basato sulla comunità ha fornito i primi dati clinici relativi all’efficacia antipertensiva dell’associazione fissa perindopril/amlodipina in termini di riduzione della pressione arteriosa ambulatoria delle 24 ore e della pressione arteriosa misurata in maniera convenzionale in un’ampia popolazione di soggetti ipertesi, la cui pressione non era controllata da un precedente trattamento con ACE-inibitore e/o calcio antagonista, rappresentativi dei pazienti trattati nella pratica clinica giornaliera. Le riduzioni significative della pressione arteriosa ambulatoria media delle 24 ore e della pressione arteriosa brachiale sono state registrate nella popolazione totale sottoposta ad ABPM, nel sottogruppo con ipertensione severa e nei pazienti ipertesi che costituivano i sottogruppi con patologie concomitanti (arteriopatia coronarica, pregresso stroke o diabete mellito di tipo 2). Pertanto i risultati dello studio PEARL ABPM dimostrano che, per questa ampia popolazione di pazienti ipertesi (inclusi quelli affetti da comorbilità), l’associazione fissa perindopril/ amlodipina è da considerarsi un’opzione terapeutica sicura ed efficace in grado di migliorare la normalizzazione dei valori pressori ed il trattamento dell’ipertensione (Nagy VL, 2013). BIBLIOGRAFIA • Mancia G, Fagard R, Narkiewicz K et al. 2013 ESH/ESC Guidelines for the management of arterial hypertension. The Task Force for the Management of Arterial Hypertension of the European Society of Hypertension (ESH) and of the European Society of Cardiology (ESC). Journal of Hypertension 2013, 31:1281-1357. • Nagy VL. Twenty-Four-Hour Ambulatory Blood Pressure Reduction with a Perindopril/ Amlodipine Fixed-Dose Combination. Clin Drug Investig, 2013. DOI 10.1007/s40261-013-0086-9. 34 Selezione di abstract dalla letteratura internazionale 1 Effetti di fattori di rischio potenzialmente modificabili associati con infarto miocardico in 52 Paesi (Studio INTERHEART) Yusuf S, Hawken S, Ounpuu S, Dans T, Avezum A, Lanas F, McQueen M, Budaj A, Pais P, Varigos J, Lisheng L. INTERHEART Study Investigators. Lancet 2004;364:937-952. BACKGROUND Anche se oltre l’80% del carico globale di malattie cardiovascolari si verifica nei Paesi a basso o a medio reddito, le conoscenze sull’importanza dei fattori di rischio sono in gran parte derivate da studi condotti nei Paesi sviluppati. Pertanto, l’effetto di tali fattori sul rischio di malattia coronarica nella maggior parte delle regioni del mondo non è nota. METODI Abbiamo condotto uno studio caso-controllo standardizzato sull’infarto miocardico acuto in 52 Paesi, che rappresentano tutti i continenti abitati. In questo studio sono stati arruolati 15152 casi e 14820 controlli. Viene riportata la relazione esistente tra infarto del miocardio e vari fattori di rischio, tra cui fumo, storia di ipertensione o diabete, rapporto vita/fianchi, abitudini alimentari, attività fisica, consumo di alcol, apolipoproteine (APO) e fattori psicosociali. Sono stati calcolati odds ratio ed IC 99% per l’associazione dei fattori di rischio dell’infarto del miocardio e il grado di rischio attribuibile nella popolazione (PAR). RISULTATI Il fumo (odds ratio 2.87 per gli attuali fumatori vs soggetti che non hanno mai fumato, PAR 35.7% per gli attuali fumatori ed ex fumatori vs i soggetti che non hanno mai fumato), aumento del rapporto ApoB/ApoA1 (3.25 per il quintile più alto vs il più basso, PAR 49.2% per i 4 quintili più alti vs il quintile più basso), storia clinica di ipertensione (1.91, PAR 17.9%), diabete (2.37, PAR 9.9%), obesità addominale (1.12 per il terzile maggiore vs il più basso e 1.62 per il terzile intermedio vs il più basso, PAR 20.1% per i due terzili più alti vs il più basso), fattori psicosociali (2.67, PAR 32.5%), consumo giornaliero di frutta e verdura (0.70, PAR 13.7% per mancanza di consumo quotidiano), consumo regolare di alcol (0.91, PAR 6.7%) e assenza di attività fisica regolare (0.86, PAR 12.2%) sono tutti risultati significativamente correlati con l’infarto del miocardio (p<0.0001 per tutti i fattori di rischio e p=0.03 per l’alcol). Queste associazioni sono state rilevate in uomini e donne, giovani ed anziani, e in tutte le regioni del mondo. Collettivamente, questi nove fattori di rischio rappresentato il 90% del PAR negli uomini e il 94% nelle donne. INTERPRETAZIONE Anomalie lipidiche, fumo, ipertensione, diabete, obesità addominale, fattori psicosociali, scarso consumo di frutta e verdura, alcolismo e assenza di una regolare attività fisica sono responsabili della maggior parte del rischio di infarto miocardico a livello mondiale, in entrambi i sessi e in tutte le età, in tutte le regioni geografiche. Questa scoperta suggerisce che una strategia di prevenzione può essere basata su principi simili in tutto il mondo e ha il potenziale di prevenire la maggioranza dei casi di infarto miocardico a sviluppo prematuro. 35 Hypertension and Therapeutic Management® Fenotipi, efficacia, aderenza ❘ Novembre 2015 ❘ Numero 1 Linee guida ESH/ESC 2013 per il trattamento dell’ipertensione arteriosa. La Task Force per la gestione dell’ipertensione arteriosa dell’European Society of Hypertension (ESH) e dell’European Society of Cardiology (ESC) Mancia G, Fagard R, Narkiewicz K et al. Journal of Hypertension 2013, 31:1281-1357. Le linee guida 2013 sulla diagnosi e il trattamento dell’ipertensione arteriosa redatte dall’European Society of Hypertension (ESH) e dall’European Society of Cardiology (ESC), seguono le linee guida emanate congiuntamente dalle due Società nel 2003 e 2007. La necessità della pubblicazione di un nuovo documento 6 anni dopo il precedente era avvertita perché in questo periodo sono stati condotti una serie di importanti studi clinici e sono stati pubblicati molti nuovi risultati sia sulla diagnosi che sul trattamento dei pazienti che presentano elevati valori di pressione arteriosa (PA), rendendo necessarie delle integrazioni e delle modifiche alle raccomandazioni precedenti. Le linee guida ESH/ESC 2013 continuano ad aderire ad alcuni principi fondamentali che hanno ispirato le linee guida del 2003 e del 2007, vale a dire (i) fornire raccomandazioni sulla base di studi condotti in modo rigoroso ed identificati mediante una accurata revisione della letteratura, (ii) prendere in considerazione, come maggiormente prioritari, i dati provenienti da studi clinici randomizzati e controllati (RCTs) e da loro meta-analisi, senza trascurare - soprattutto quando si tratta di aspetti diagnostici - i risultati di studi osservazionali e di altri studi di adeguato calibro scientifico, e (iii) graduare il livello delle evidenze scientifiche e la forza delle raccomandazioni sui principali temi inerenti la diagnosi ed il trattamento seguendo le raccomandazioni dell’ESC, come fatto nelle linee guida Europee redatte per altre patologie. Sebbene non sia stato fatto nelle linee guida del 2003 e del 2007, fornire la classe di raccomandazione e il livello di evidenza è oggi considerato importante al fine di garantire un loro impiego nella pratica clinica ed offrire un approccio standard, con cui confrontare lo stato delle conoscenze in diversi campi della Medicina. Si è anche ritenuto che questo approccio possa informare più precisamente i Medici su quali raccomandazioni si basino sull’opinione degli esperti, piuttosto che su evidenze scientifiche documentate. Questo non è raro in Medicina, in quanto gran parte della pratica medica quotidiana non è supportata da evidenze scientifiche e le raccomandazioni devono quindi derivare dal senso comune e dall’esperienza clinica personale, fattori questi ultimi che possono essere fallibili. Riconoscere tale limite può evitare che le linee guida vengano percepite come prescrittive, favorendo la realizzazione di studi clinici in campi in cui prevale il parere clinico rispetto all’evidenza scientifica. Un quarto principio, in linea con lo scopo educativo delle linee guida, è quello di fornire un gran numero di tabelle e una serie di raccomandazioni concise che possano essere facilmente e rapidamente consultabili dai medici nella loro pratica quotidiana. I membri Europei della Task Force incaricata per redigere le linee guida 2013 sull’ipertensione sono stati nominati dall’ESH e dall’ESC in base alla loro riconosciuta competenza e l’assenza di maggiori conflitti di interesse [le schede di dichiarazioni di conflitto di interesse possono essere trovate sul sito ESC (www.escardio.org/guidelines) e sul sito ESH (www.eshonline.org)]. Ad ogni membro è stato assegnato uno specifico compito di redazione, che è stato esaminato da tre coordinatori e poi dai due Presidenti, uno nominato dall’ESH e l’altro dall’ESC. Il testo è stato perfezionato nel corso di circa 18 mesi, durante i quali i membri della Task Force si sono incontrati più volte, effet- ABSTRACT 2 36 Selezione di abstract dalla letteratura internazionale tuando inoltre un’intensa corrispondenza di documenti e testi. Prima della pubblicazione, il documento è stato anche valutato due volte da 42 revisori europei, per metà selezionati dall’ESH e per metà dall’ESC. Si può quindi affermare che le raccomandazioni redatte 3 dalle linee guida ESH/ESC 2013 sull’ipertensione arteriosa riflettano in gran parte lo stato attuale dell’arte, come concepito da Scienziati e Medici in Europa. Le spese per le riunioni e il lavoro generale sono stati condivise dall’ESH e dall’ESC. Prevenzione degli eventi cardiovascolari con un regime antipertensivo basato su amlodipina/perindopril vs atenololo/bendroflumetiazide nell’Anglo-Scandinavian Cardiac Outcomes Trial-Blood Pressure Lowering Arm (ASCOT-BPLA): studio randomizzato, multicentrico, controllato Dahlöf B, Sever PS, Poulter NR, Wedel H, Beevers DG et al. for the ASCOT investigators Prevention of cardiovascular events with an antihypertensive regimen of amlodipine adding perindopril as required versus atenolol adding bendroflumethiazide as required, in the Anglo-Scandinavian Cardiac Outcomes Trial-Blood Pressure Lowering Arm (ASCOT-BPLA): a multicentre randomized controlled trial. www.thelancet.com Published online September 4, 2005 DOI:10.1016/S0140-6736 (05) 67185 BACKGROUND L’evidente inadeguatezza in termini di prevenzione della cardiopatia coronarica (CHD) riscontrata nei trial sull’ipertensione in fase iniziale è stata attribuita agli svantaggi correlati ai diuretici ed ai b-bloccanti utilizzati. Per una data riduzione della pressione arteriosa, alcuni Autori suggeriscono che i più recenti farmaci garantirebbero dei vantaggi rispetto ai diuretici ed ai b-bloccanti. Pertanto, l’obiettivo del presente studio è stato quello di confrontare gli effetti del regime combinato atenololo/diuretico tiazidico con quelli dell’associazione amlodipina/ perindopril sull’infarto miocardico non fatale e sulla CHD fatale. METODI È stato condotto un trial multicentrico, prospettico, randomizzato controllato che ha incluso 19257 pazienti affetti da ipertensione, di età compresa nel range 40–79 anni e con almeno altri tre fattori di rischio cardiovascolare. I soggetti arruolati sono stati assegnati al trattamento con amlodipina 5–10 mg, associando perindopril 4–8 mg come richiesto (regime basato sull’amlodipina; n=9639) o con atenololo 50–100 mg aggiungendo bendroflumetiazide 1.25–2.5 mg e potassio come richiesto (regime basato sull’atenololo; n=9618). L’endpoint primario era rappresentato dall’infarto miocardico non fatale (incluso l’infarto del miocardio silente) e dalla CHD fatale. L’analisi è stata condotta secondo il principio intention-to-treat. RISULTATI Lo studio è stato sospeso anticipatamente dopo un follow-up mediano di 5.5 anni, accumulando in totale 106153 pazienti/anni di osservazione. Sebbene in misura non significativa, un minore numero di pazienti trattati con il regime basato sull’amlodipina è andato incontro ad un endpoint primario rispetto a quelli assegnati al regime basato sull’atenololo (429 versus 474; HR non aggiustato 0.90, IC al 95% 0.79– 1.02, p=0.1052), a stroke fatale e non fatale (327 versus 422; 0.77, 0.66–0.89, p=0.0003), ad eventi cardiovascolari totali e procedure chirurgiche (1362 versus 1602; 0.84, 0.78–0.90, p<0.0001) e mortalità da tutte le cause (738 versus 820; 0.89, 0.81–0.99, p=0.025). L’incidenza dello sviluppo di diabete è risultata inferiore nei pazienti trattati con il regime basato sull’amlodipina (567 versus 799; 0.70, 0.63–0.78, p<0.0001). 37 Hypertension and Therapeutic Management® Fenotipi, efficacia, aderenza ❘ Novembre 2015 ❘ Numero 1 CONCLUSIONI Il regime basato sull’amlodipina ha permesso di prevenire un maggior numero di eventi cardiovascolari e si è associato ad una minore insorgenza di diabete mellito rispetto al regime basato sull’atenololo. Alla luce delle precedenti evidenze emerse da trial clinici, tali effetti potreb- bero non essere completamente attribuibili al migliore controllo dei valori pressori e tale aspetto viene affrontato nel presente articolo scientifico. Ciononostante, questi risultati comportano delle implicazioni riguardo alle associazioni farmacologiche ottimali di agenti antipertensivi. Sinergia clinica di perindopril e amlodipina nella prevenzione degli eventi cardiaci e della mortalità in pazienti con malattia coronarica. Analisi post hoc dello studio EUROPA Bertrand ME, Ferrari R, Remme WJ, Simoons ML, Deckers JW et al, on behalf of the EUROPA Investigators Am Heart J 2010;159:795-802 BACKGROUND Gli obiettivi della presente analisi post hoc sono consistiti nel determinare gli effetti dell’associazione di perindopril al trattamento continuo a lungo termine con un calcio-antagonista (CCB) sugli outcome cardiaci nella popolazione dello studio EUROPA con arteriopatia coronarica (CAD) stabile e nel verificare la presenza di sinergia tra perindopril e CCB nella prevenzione secondaria. METODI Sono stati identificati i partecipanti allo studio che stavano assumendo un CCB in occasione di tutte le visita di controllo effettuate nel corso dei 4.2 anni di follow-up ed analizzati gli effetti dall’aggiunta di perindopril (n=1022 perindopril/CCB versus n=1100 placebo/CCB). RISULTATI L’associazione di perindopril al CCB ha determinato una ridu- zione significativa della mortalità totale pari al 46% (p<0.01 vs placebo) e dell’endpoint primario (composito di mortalità cardiovascolare, infarto miocardico non fatale e resuscitazione dopo arresto cardiaco) pari al 35% (p<0.05 versus placebo). Sono state registrate riduzioni del 41%, 54% e 28%, rispettivamente, della mortalità cardiovascolare, delle ospedalizzazioni per scompenso cardiaco e dell’infarto miocardico. Il confronto degli hazard ratio suggerisce la presenza di una sinergia clinica tra perindopril e CCB, il cui effetto risulta superiore alla somma dei singoli effetti. 4 CONCLUSIONI L’aggiunta di perindopril al CCB nei pazienti con CAD stabile ha prodotto un significativo impatto positivo addizionale sugli outcome cardiaci e sulla mortalità. Pressione arteriosa centrale: evidenze attuali e importanza clinica Carmel M. McEniery, John R. Cockcroft, Mary J. Roman, Stanley S. Franklin, Ian B. Wilkinson Eur Heart J first published online January 23, 2014 doi:10.1093/eurheartj/eht565 La pressione dell’arteria brachiale, misurata con bracciale e sfigmomanometro, è accettata come un importante fattore predittivo di futuro rischio cardiova- ABSTRACT scolare. Tuttavia, la pressione sistolica varia in tutto l’albero arterioso, per cui la pressione sistolica aortica (centrale) è in realtà inferiore ai corrispondenti 5 38 Selezione di abstract dalla letteratura internazionale valori brachiali, anche se tale differenza è molto variabile tra gli individui. Le evidenze oggi emergenti suggeriscono che la pressione centrale si correla meglio con gli eventi cardiovascolari futuri rispetto alla pressione brachiale. Inoltre, i farmaci antipertensivi possono esercitare effetti differenziali sulla pressione brachiale e sulla pressione centrale. Pertanto, il basare le decisioni di trattamento sulla pressione centrale, 6 piuttosto che su quella brachiale, può avere importanti implicazioni per la futura diagnosi e gestione dell’ipertensione. Un tale “cambiamento di paradigma” richiederà, tuttavia, ulteriori evidenze dirette in grado di dimostrare che la valutazione selettiva della pressione centrale comporta un beneficio aggiuntivo rispetto a quello già fornito dalla pressione dell’arteria brachiale. Impatto differenziale dei farmaci antipertensivi sulla pressione aortica centrale e outcome clinici. Risultati principali dello studio Conduit Artery Function Evaluation (CAFE) Williams B, Lacy PS, Thom SM, Cruickshank K, Stanton A, Collier D, Hughes AD, Thurston H Circulation. 2006;113:1213-1225 BACKGROUND I diversi farmaci antipertensivi possono produrre effetti differenti sui valori di pressione aortica centrale, quindi, sull’outcome cardiovascolare, a fronte di effetti simili esercitati sulla pressione arteriosa a livello dell’arteria brachiale. Il Conduit Artery Function Evaluation (CAFE), un sottostudio del trial ASCOT (Anglo-Scandinavian Cardiac Outcomes Trial ), ha esaminato l’impatto di due differenti regimi antipertensivi (terapia basata su atenololo±tiazide versus amlodipina±perindopril) sulle pressioni aortiche centrali e sui parametri emodinamici. METODI E RISULTATI Nello studio CAFE sono stati arruolati 2199 pazienti afferenti a 5 centri del trial ASCOT. L’analisi dell’onda di polso e la tonometria ad applanazione dell’arteria radiale sono state utilizzate per ricavare i valori di pressione aortica centrale e gli indici emodinamici in occasione dei ripetuti controlli clinici effettuati nel corso di un follow-up di 4 anni. La maggior parte dei pazienti ha assunto la terapia di associazione per l’intera durata dello studio. Nonostante la registrazione di valori simili di pressione arteriosa sistolica a livello dell’arteria brachiale in entrambi i gruppi di trattamento (Δ0.7 mmHg; IC al 95%, da –0.4 a 1.7; p=0.2), nei pazienti sottoposti a terapia basata su amlodipina sono state riscontrate notevoli riduzioni dei valori della pressione aortica centrale (pressione sistolica aortica centrale, Δ4.3 mmHg; IC al 95%, da 3.3 a 5.4; p<0.0001; pressione differenziale aortica centrale, Δ3.0 mmHg; IC al 95%, da 2.1 a 3.9; p<0.0001).Il modello Cox proportional-hazards ha evidenziato che i valori di pressione differenziale centrale risultavano significativamente associati ad un outcome composito definito post hoc di eventi cardiovascolari totali/procedure e sviluppo di insufficienza renale nella coorte dello studio CAFE (non aggiustato, p<0.0001; aggiustato per le variabili al basale, p<0.05). CONCLUSIONI I farmaci antipertensivi possono esercitare effetti notevolmente differenti sui valori di pressione aortica centrale e sui parametri emodinamici, ancorché svolgano un’azione simile sulla pressione arteriosa al livello dell’arteria brachiale. Inoltre, la pressione differenziale aortica può rappresentare un fattore determinante di outcome clinici e le differenze dei valori di pressione aortica centrale potrebbero essere un possibile meccanismo per spiegare i differenti esiti clinici nei due bracci di trattamento dello studio ASCOT. 39 Hypertension and Therapeutic Management® Fenotipi, efficacia, aderenza ❘ Novembre 2015 ❘ Numero 1 Ottimizzazione del trattamento dell’ipertensione e della malattia coronarica stabile: evidenze cliniche dell’associazione fissa perindopril/amlodipina Ferrari R Current Medical Research and Opinion 2008; 24(12): 3543–3557 BACKGROUND L’ottimale gestione clinica dell’ipertensione arteriosa e della malattia coronarica (CAD) migliora il rischio e gli outcome cardiovascolari, permettendo di prevenire le complicanze. La presente pubblicazione prende in esame le evidenze relative all’associazione fissa dell’inibitore dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE) perindopril con il calcio-antagonista amlodipina. METODI È stata condotta una ricerca nell’ambito della letteratura utilizzando la banca dati PubMed/MEDLINE per identificare gli articoli pubblicati in lingua inglese tra il 1988 ed il mese di marzo del 2008 riguardanti trial clinici, in modo particolare studi di outcome o del meccanismo d’azione terapeutico, inerenti l’uso della terapia di associazione basata su un ACE-inibitore (perindopril) ed un calcio-antagonista (amlodipina) in pazienti con ipertensione o arteriopatia coronarica stabile. RISULTATI I trial clinici esaminati indicano che questa associazione farmacologica può esercitare effetti positivi sulla mortalità e sulla morbilità cardiovascolare nei soggetti ipertesi. I due meccanismi d’azione complementari risultano agire in sinergia, determinando una più efficace attività ipertensiva, una migliore funzione della fibrinolisi ed una riduzione degli eventi indesiderati. L’associazione precostituita rappresenta anche una strategia terapeutica semplificata per la gestione clinica della CAD stabile. Perindopril possiede una dimostrata efficacia nella prevenzione degli eventi cardiovascolari e della mortalità nei pazienti affetti da malattia coronarica, mentre l’amlodipina è ampiamente utilizzata nel trattamento sintomatico della CAD. Pertanto, entrambi gli aspetti della gestione della malattia coronarica raccomandata dalle linee guida sono affrontati da questo regime farmacologico combinato. CONCLUSIONI Le evidenze cliniche riguardanti l’associazione fissa perindopril/amlodipina indicano che essa costituisce una valida opzione per il trattamento ottimale dell’ipertensione arteriosa e della arteriopatia coronarica. Management dell’ipertensione con l’associazione fissa perindopril/amlodipina nella pratica clinica: risultati dello studio STRONG, multicentrico, prospettico, osservazionale Bahl VK, Jadhav UM, Thacker HP. Am J Cardiovasc Drugs 2009; 9 (3): 135-142 BACKGROUND Le attuali linee guida concordano sulla necessità di impiegare più di un agente antipertensivo per raggiungere i target pressori nella maggior parte dei pazienti. Il trial ASCOT-BPLA evidenzia che l’associazione estemporanea amlodipina/perindopril controlla efficacemente la pressione arteriosa ed è risultata superiore rispetto al regime combinato antagonista dei recettori β-adrenergici ( β -bloccante)/diuretico in termini di riduzione della mortalità e degli eventi cardiovascolari. OBIETTIVO Valutare l’efficacia e la tollerabilità dell’associazione fissa perindopril/amlodipina in ambito clinico. ABSTRACT 7 8 Selezione di abstract dalla letteratura internazionale DISEGNO DELLO STUDIO Lo STRONG (SafeTy & efficacy analysis of coveRsyl amlodipine in uncOntrolled and Newly diaGnosed hypertension) è un trial prospettico, osservazionale, multicentrico. SETTING Studio naturalistico, condotto nell’ambito della pratica clinica ambulatoriale da 336 Medici di Medicina generale/assistenza primaria in 65 città dell’India. PAZIENTI Adulti di età compresa nel range 40–70 anni affetti da ipertensione arteriosa in stadio 2 di recente diagnosi/non trattata (PA ≥160/100 mmHg), ipertensione non controllata dalla monoterapia (PA >140/90 mmHg) o ipertensione non adeguatamente trattata da un altro regime terapeutico combinato. INTERVENTO Associazione fissa perindopril 4 mg/amlodipina 5 mg in monosomministrazione giornaliera per 60 giorni. PRINCIPALI PARAMETRI DI OUTCOME Gli outcome primari erano la variazione media della PA rispetto al basale e la percentuale di pazienti che ottenevano un adeguato controllo dei valori pressori (≤140/90 mmHg o ≤130/80 mmHg nei pazienti affetti da diabete mellito) nella popolazione intent-to-treat (ITT). Le analisi secondarie hanno riguardato l’incidenza degli eventi avversi (ITT) ed il tasso di aderenza al trattamento (soggetti che hanno assunto regolarmente il farmaco). RISULTATI In totale, la popolazione ITT includeva 1250 pazienti, di cui: il 40 32.6% con ipertensione arteriosa di recente diagnosi; il 40.5% con ipertensione non controllata dalla monoterapia ed il 26.9% con ipertensione non adeguatamente trattata da un’altra terapia di associazione. I valori medi di PAS/PAD hanno subito una riduzione significativa rispetto al basale (167.4±15.2/101.4±9.1 mmHg) dopo 60 giorni (–41.9±34.8/–23.2±21.8 mmHg; p<0.0001). Gli obiettivi pressori sono stati raggiunti dal 66.1% dei pazienti della popolazione totale, dal 68.3% dei soggetti non trattati, dal 68.4% dei pazienti con PA non controllata dalla monoterapia antipertensiva e dal 59.9% dei soggetti non adeguatamente trattati mediante terapia di associazione. In 161 pazienti con PAS >180 mmHg al basale (ipertensione di nuova diagnosi: n=50; ipertensione non controllata dalla monoterapia: n=53; terapia di associazione inadeguata: n=58), la PA è stata ridotta di 63.2±32.5/29.0±21.9 mmHg (p<0.0001) al giorno 60. L’associazione farmacologica oggetto di studio è risultata sicura e ben tollerata. Tutti i 1175 pazienti che hanno completato lo studio della durata di 60 giorni (94%) sono stati aderenti al regime terapeutico. CONCLUSIONI L’associazione fissa perindopril/amlodipina si è dimostrata una terapia antipertensiva efficace e ben tollerata, facendo registrare un’ottima aderenza al trattamento in ambito clinico. Questo regime combinato precostituito è da ritenersi un’utile opzione per la gestione clinica dell’ipertensione nel contesto dell’assistenza sanitaria primaria, con effetti positivi sull’aderenza terapeutica.