Sociologia G. Lezioni della settimana 14-16 maggio 2007 1. Eredità dell’interazionismo simbolico e input alla sensibilità sociologica attuale I processi di socializzazione e i processi di trasgressione delle norme o processi devianti sono prodotti da processi di interazione sociale situata. Tali processi si basano su interpretazioni e rappresentazioni della situazione da parte di specifici gruppi sociali. Pertanto rappresentazioni e interpretazioni della situazioni sono soggette a mutamento nel tempo e nello spazio sociale e non arrivano sempre necessariamente ad essere esplicitamente codificate e formalizzate Sul problema della devianza àla radicalizzazione del concetto di relatività della devianza porta l’attenzione oltre che sulla variabilità nello spazio e nel tempo delle regole, e quindi sul significato non assoluto, ma variabile, relativo, appunto, della loro trasgressione, anche sul carattere controverso e comunque provvisorio che l’obbedienza a o la trasgressione di determinate regole assumono in uno stesso spazio e tempo sociale, in funzione dei rapporti di forza tra gruppi sociali e in funzione di specifiche definizioni della situazione (vedi ancora lezioni precedenti) 1.1 Sul problema della socializzazioneà l’idea delle cerchie di riconoscimento come prerequisito di un’ efficace processo di interiorizzazione delle norme porta l’attenzione sulla routine, la continuità nel tempo e la prossimità e vicinanza nello spazio come garanzia di adesione e valori e conformità alle norme stabilite entro un certo gruppo sociale àl’idea della distinzione tra comportamenti devianti che sono osservabili e comportamenti che si possono sottrarre all’osservazione pone l’attenzione sul fatto che i comportamenti devianti, per essere trattati, giuridicamente come reati, cioè come atti che violano la legge penale e contro i quali è prevista una sanzione formale), devono essere intercettati attraverso segnali che partono da testimoni, vittime o da persone comunque coinvolte nell’azione deviante. L’intercettazione sociale è il primo passaggio a partire dal quale le procedure di carattere giuridico si incaricano di setacciare ulterio0rmente le fattispecie di reato. Esiste dunque un processo di selezione sociale e istituzionale che smista, e sottrae alla nostra osservazione di ricercatori, parte dei reati commessi a seconda del trattamento che essi subiscono. Occorre dunque essere consapevoli, come ricercatori di quanto varia la quantità e la qualità dei reati che riusciamo a registrare e a misurare a seconda del punto in cui ci mettiamo. Questo rinvia a un problema che verrà affrontato nelle lezioni di metodologia e che riguarda l’attenzione che il ricercatore deve porre nel costruire e usare indicatori ( vedi dispense prox settimane) 2. Il funzionalismo di Parsons e il concetto di cultura. Anche il funzionalismo di Parsons , seppure a un diverso livello dall’interazionismo simbolico ( il funzionalismo di Parsons osserva analizza i fenomeni sociali a livello macro, l’interazionismo simbolico a livello micro), assume la concezione relativistica della devianza (non esistono atti devianti in sé, ma soltanto quelli definiti tali in un certo contestoà”mala quia prohibita”). Tuttavia per il funzionalismo parsonsiano l’orizzonte in cui si inscrive la regola della normalità è assai più ampio di quello prefigurato dall’interazionismo simbolico: per Parsons questo orizzonte è definito dal modello culturale vigente in un sistema (VOC) sociale. Nessun tipo di valore o norma è spiegabile, giustificabile, interpretabile al di fuori della cultura di una società. 2.1.La cultura di una società si può allora definire una sorta di serbatoio dell’identità specifica di quella società in quel certo periodo- Essa fornisce e mantiene il senso di appartenenza e di riconoscimento reciproco tra i membri di quella società e garantisce pertanto che le relazioni sociali che si realizzano in quella società avvengano secondo le aspettative generate dal riferimento a valori e norme comuni, nonché, più in generale a modi di pensare e di agire, che sono appresi, condivisi e trasmessi socialmente e da generazione all’altra. Una cultura nel momento in cui crea, mantiene, rinforza il senso di appartenenza, segnala anche i confini tra chi è incluso o integrato in quella cultura e chi non lo è. Nessun tipo di valore o norma è spiegabile, giustificabile, interpretabile al di fuori della cultura di una società Ad esempio saper parlare la lingua di un paese ( il linguaggio è una componente cruciale di una cultura ) è un veicolo e insieme un segnale di integrazione sociale in quella determinata cultura Si deve al funzionalismo ( VOC) di Talcott Parsons l’indicazione per cui la cultura costituisce il collante principale di una società, il meccanismo principale di coesione e insieme di funzionamento di una società. Il funzionalismo ( vedi VOCABOLARIO) è nato come etichetta teorica e accademica per nominare una corrente di pensiero che si afferma negli anni Stati Uniti a partire dagli anni ’30, che si sviluppa soprattutto negli anni ’50 e ’60. Essa sarà fortemente discussa e per certi versi abbandonata a seguito della contestazione studentesca e delle critiche al sistema e alle sue istituzioni che nacquero in quell’occasione e che si svilupparono negli anni successivi in America e in Europa. 2.2. Scenario del funzionalismo sono gli Stati Uniti e le grandi università dell’Est (come Harvard e Columbia) dove si vuole sviluppare, attraverso la sociologi,a un sapere codificato (paradigma) per l’analisi di sistemi sociali complessi e differenziati come la società americana alla fine degli anni’ 30 e soprattutto a partire dal secondo dopoguerra. Un approccio di tipo funzionalista può dirsi di fatto operante fin dalla fine dell’800 (Durkheim). La logica di tipo funzionalista è ravvisabile ad esempio nei seguenti assunti di Durkheim: àtra i bisogni individuabili a priori per la sopravvivenza della società vi è quello dell’integrazione o coesione della società. Ne consegue che le punizioni dei crimini hanno, oltre la funzione di sanzionare la devianza, quella, importantissima di ripristinare o rafforzare i valori condivisi, violati dal crimine. Talcott Parsons , 1902-1979, Laureato in biologia, allievo dell’antropologo Malinowski, Parsons introduce e traduce Weber in America (1930). Parsons testimonia la fase di maturità teorica a cui la sociologia perviene verso la metà del ‘900 in America, con la sua pretesa di sintesi teorica, ma anche il rischio di chiusura che ad essa risulta sovente connesso. 2.3. Il concetto di cultura è derivato dalla antropologia, in particolare dagli studi che negli anni’ 30 oppongono l’antropologia funzionalista a quella evoluzionista propria dei paesi colonialisti ( come l’Inghilterra). Dice Malinowski (1931):"la cultura comprende gli artefatti , i beni , i processi tecnici, le idee le abitudini e i valori che vengono trasmessi socialmente". In opposizione alla visione etnocentrica della antropologia evoluzionista si sostiene infatti che: qualsiasi comportamento osservato in una società ( primitiva) per quanto irrazionale o ingiustificato agli occhi dell’osservatore ( occidentale) va sempre collocato entro l’insieme più generale di modi di pensare e di agire appresi, trasmessi e condivisi entro quello specifico contesto. In quello specifico contesto ogni elemento del sistema si giustifica come organico e coerente a quel sistema ( es. la danza della pioggia come funzionale all’integrazione del gruppo, ecc). 2.3. Secondo l’idea funzionalista della cultura sviluppata da Parsons nella sua teoria dei sistemi applicata all’azione sociale il sistema culturale contiene tutte le informazioni (cognitive, affettive, simboliche, pratiche, normative, ecc.) che danno impulso e direzione agli altri sistemi ( biologico, della personalità, sociale) e che insieme agli altri assicurano la sopravvivenza del sistema L’idea di Parsons è che ogni società deve attrezzarsi, in termini strutturali per realizzare e rendere “operativo” il modello culturale. Di qui l’eredita importante che la sociologia deriva dal funzionalismo: il fatto di considerare la cultura non già come un insieme di sole idee, o di prodotti mentali di vario tipo, bensì come un insieme relativamente coerente definito da modi di fare, di pensare, di agire, condivisi entro una collettività, appresi e trasmessi da una generazione all’altra. - i costrutti conoscitivi, cioè le idee semplici e complesse, credenze, saperi empirici, teorie scientifiche, ecc. - la gamma di emozioni accettate e attese in specifiche forme ed occasioni-i simboli (unità minime di significato che consentono la comunicazione sociale e che possono o meno coinvolgere la sfera emotiva:la bandiera, o la croce sono simboli in senso forte; l’indicazione di pericolo o di divieto su un cartello stradale è un simbolo in senso debole.solo segnaletico informativo) -specifiche abilità e capacità tecniche -gli stili di vita (alimentari, di abbigliamento, di arredo, ecc) -i modi di relazione sociale ( saluti, congedi, conversazioni, gestione della prossimità nello spazio, convivialità, socialità, ecc) -tecnologie costruttive, produttive, tecnologie e stili artistici, manufatti, ecc - il linguaggio, forma di comunicazione complessa costituita dalla combinazione variabile di simboli appresi. Nel linguaggio parlato le parole sono suoni che si combinano secondo regole grammaticali in modo da esprimere contenuti mentali. à(Ipotesi della relatività linguistica E. Sapir, 1929: chi parla una determinata lingua deve necessariamente interpretare il mondo attraverso le specifiche forme e categorie che la lingua gli mette a disposizione. La lingua in altre parole seleziona, illumina, articola, del mondo quella porzione rilevante per gli usi e gli scambi previsti in quella cultura. Talune lingue hanno molti più vocaboli di altre per esprimere un certo concetto. Talune prevedono l’uso di espressioni ignote ad altre). La centralità della cultura viene teorizzata nell’ambito sia della àteoria volontaristica dell’azione sociale (La teoria dell’azione sociale :1937) che della àteoria del sistema sociale (Il sistema sociale: 1951). 3. Parsons e la teoria volontaristica dell’azione Parsons intese dimostrare (“ La Teoria dell’azione sociale” ,1937), che una società può trovare il modo di organizzarsi razionalmente, non su base utilitaristica, ma volontaristica, cioè sulla base dell’adesione individuale alla cultura e alle relative norme in vigore in quella società. 3.1. Secondo Parsons esistono, nell'agire sociale, elementi normativi irriducibili al postulato della razionalità, e segnatamente della razionalità economica: il non averli saputi cogliere ha costituito precisamente il limite dell'utilitarismo, del positivismo e della scienza economica classica. Ogni società si attrezza per produrre sia le strutture che i valori atti a soddisfare le sue esigenze di funzionamento. Parsons crede pertanto che si possano integrare esigenze di funzionamento sociale e adesione soggettiva alle norme e ai valori. Autori di riferimento sono Weber ( il senso orientato dell’ azione), Durkheim (il problema della coesione sociale) Pareto (il problema dell’equilibrio) oltre che l’economista neoclassico Marshall (critica della scienza economica classica). Ancora studente Parsons era stato attratto dalla complessità dei rapporti intercorrenti tra strutture economiche e strutture sociali e politiche; ma fu durante la redazione della tesi di dottorato che egli andò maturando la convinzione che una spiegazione meramente economicistica del capitalismo moderno fosse assolutamente insufficiente: il capitalismo costituiva sì per l'autore una istituzione eminentemente economica (basata su meccanismi di proprietà e produzione), ma nettamente e profondamente dipendente da strutture sociali, valori, attitudini e comportamenti non economici Nella società in cui siano all’opera meccanismi di integrazione su base non utilitaristica, ma volontaristica si conciliano esigenze funzionali del sistema eorientamenti soggettivi degli individui. Dice Parsons:" in una società moderna e aperta l’esigenza di collocare e motivare gli individui nella struttura sociale è soddisfatta attraverso il sistema di stratificazione sociale". Nel sistema si distribuiscono diverse capacità individuali e diversa rilevanza delle funzioni. La stratificazione sociale raccorda capacità e rilevanza delle funzioni, disponendo individui capaci e qualificati in posti in cui si svolgono funzioni importanti per il sistema il ruolo dei costi e dei premi la stratificazione sociale svolge dunque 3.2.Vocabolario parsonsiano Parsons individua una serie di elementi relativamente stabili ( componenti strutturali) che cioè non soffrono le oscillazioni di breve momento, che connettono motivazioni individuali e esigenze del sistema. I valori -uno standard collettivo che fornisce criteri di giudizio circa la stimabilità e la preferibilità di determinati comportamenti. Le norme : valori elaborati e formalizzati in modo prescrittivi Un altro concetto chiave della teoria parsonsiana dell’azione sociale è quello di ruolo. Quello di ruolo è un concetto basilare per capire la doppia faccia che nel funzionalismo riveste l'azione umana. La società produce e distribuisce posizioni in base alle proprie esigenze di funzionamento. Ogni ruolo, secondo Parsons, richiede una identificazione tra sentire individuale e richieste di funzionamento della società. I ruoli sono dunque modi di appartenenza alla collettività da parte di individui socializzati ad occupare una certa posizione Collettività àinsieme di individui che si riconosce come unitaria rispetto a certi valori) dei singoli individui socializzati verso e identificati in quella certa posizione. 3.3. Nel vocabolario sociologico corrente valori e norme sono ormai categorie consolidate e definite in maniera molto simile a quella suggerita da Parsons. Esempio Valorià insieme di orientamenti coerente, condiviso entro una collettività, che è relativo al “dover essere” di quella collettività, ovvero a comportamenti che si ritengono preferibili; esso viene appreso e orienta l’azione dei membri di quella collettività.. Norme àregole che strutturano l’azione in conformità a valori Con linguaggio corrente i ruoli sono definibili oggi come insieme dei comportamenti che tipicamente ci si può aspettare da una persona che fa parte di una collettività Per Parsons la cultura non solo integra nel sistema e indirizza i comportamenti, ma è un potente mezzo di controllo sociale. Il concetto di controllo sociale viene inteso da P. come insieme di meccanismi, processi, iniziative, che una comunità elabora per assicurare la conformità alle norme e ai modelli, sia prevenendo la devianza, sia riportando la devianza a conformità. è basato sull’assunto che l’individuo è un animale morale, che fa proprie le norme della società in cui vive. Far propri valori e norme richiede meccanismi/processi/agenzie specifici. -Il primo meccanismo di controllo sociale è la socializzazione, la modalità più radicale ed efficace di controllo sociale:àperché avviene attraverso l’interiorizzazione dei valorià genera dunque un controllo anticipato (agenzie: famiglia, scuola). La famiglia in particolare è il principale serbatoio in cui si forgiano personalità adatte ai compiti che la società moderna richiede. Perse le tradizionali funzioni economiche la famiglia si specializza nei compiti della socializzazione: la figura paterna costituisce l’indispensabile tramite tra mondo delle occupazioni e mondo degli affetti -Un secondo meccanismo di controllo sociale è dato dalle istituzioni (dal matrimonio alle istituzioni terapeutiche, al pensionamento, ad altri riti di passaggio), in cui si regolano e stabilizzano comportamenti specifici indicando tempi e modalità attese di entrata/uscita e gestione dei compiti in ruoli àsi tratta di un vero e proprio “controllo di processo” che avviene attraverso l’imposizione di norme che consentono e vietano certi comportamenti in quel dato contesto e tempo sociale Per Parsons un’ istituzione realizza la traduzione degli elementi del sistema culturale che hanno portata generale e astratta in elementi più specifici ( norme di azione, ruoli) che esercitano un controllo immediato sull’azione -Un terzo meccanismo di controllo sociale è la differenziazione sociale e la divisione del la voro da essa generataàgli individui fanno capo a diversi ruoli che richiedono ad essi conformità alle aspettative degli altri interdipendenti . 4. Dimensioni della modernità e dilemmi dell’azione Anche Parsons, come i sociologi classici dell’800, affronta il problema della modernità in termini tendenzialmente dicotomici. Su questo anche Bagnasco, parte I, cap. II su" La concettualizzazione della modernità in alcuni classici" Nel caso di Parsons l’opposizione tradizione/modernità è però più articolata, e il problema dell’evoluzione dalla tradizione alla modernità è sensibile tanto al problema della coesione quanto a quello della differenziazione (Spencer). Il carattere “evoluto” della modernità sta, secondo Parsons, in particolari condizioni e processi che aumentano la sua capacità di risolvere un’ampia gamma di problemi complessi. Queste condizioni sono La Differenziazioneàcapacità di distribuire funzioni che la società tradizionale concentrava e accentrava in un'unica struttura (per fare un esempio oggi una comunità religiosa non dovrebbe essere anche una comunità politica, né la famiglia coincidere sistematicamente con un’impresa economica…).Un altro importante fattore è L’ Inclusioneà capacità di coinvolgere, di “tirar dentro”. Questo implica la capacità di generalizzazione dei valori, quindi la capacità di rendere i valori sociali sempre più diffusi, generalizzabili e poco discriminanti (religione civile, cultura di pace, difesa del bambino, valori della vita, ecc). 4.1.Mercato come strumento della modernità Dice Parsons: Il mercato è uno strumento della modernità perché ospita logiche di azione di tipo universalistico e specifico e diffonde e promuove la razionalità economica Il mercato istituzionalizzato è un mercato che si basa su valori condivisi, che ha superato gli ostacoli e le resistenze di gruppi e ceti tradizionali ( vedi anche Bagnasco, parte quarta su "Differenziazione e diseguaglianza", cap. Stratificazione e classi sociali). 4.2.Secondo Parsons la modernità è segnata altresì dalla costante capacità degli individui, nell’esercizio dei propri ruoli sociali e professionali, di considerare situazioni e relazioni sociali in modo diverso da quello che era proprio della società tradizionale. .Questo passaggio è segnato da una conversione dei modi di pensare e di agire che si incanalano in quattro grandi alternative tra dimensioni proprie delle società tradizionali (affettività, ascrizione, diffusione, particolarismo) e dimensioni proprie della società moderna (neutralità affettiva, acquisizione, specificità, universalismo). Ascrizione (giudizio in base a ciò che le persone sono :quality) /acquisizione (giudizio in base a ciò che le persone fanno: performance) Diffusione (considerazione globale e per intero di una persona o di una situazione)/Specificità (considerazione di aspetti parziali di persone o situazioni)Affettività (dare libero corso ai sentimenti) /Neutralità affettiva (controllo dei sentimenti) Particolarismo (orientamento secondo particolari situazioni /Universalismo orientamento in base a criteri-valori, linee di azione generali. I dilemmi che si pongono agli individui in realtà dovrebbero essere risolti attingendo al patrimonio culturale di quella stessa società e alle attese di comportamenti legati dei diversi ruoli. Ogni ruolo sociale o professionale ha infatti un pattern di orientamento preferenziale, in riferimento ad azioni tipiche. I ruoli genitoriali e più in generale ruoli che fanno riferimento a famiglia, parentela, e a legami di intimità e amicizia si sottraggono, in certo modo all’imperativo della modernità àProfilo tipico di ruolo di un padre: affettività, particolarismo, diffusione, ascrizione. Diversamente accade per i ruoli tipici della modernità, in particolare i ruoli professionali qualificati che si sostengono sulla performance e sul sapere specialistico àProfilo tipico di un medico: neutralità affettiva, acquisizione, specificità, universalismo 5. Critiche 5.1 Molti valori e molte norme hanno una portata che non può essere considerata generale, ma circoscritta a particolari cerchie sociali (vedi anche i suggerimenti dell'interazionismo simbolico), essa è inoltre sottoposta a mutamento. - i sistemi valoriali e normativi non sono sempre perfettamente coerenti, ma possono dare indicazioni contraddittorie o ambigue (vedi la teoria della devianza e il dilemma etico dello scienziato di cui parla Merton) -non è né assoluta né scontata la plasmabilità del soggetto di fronte ai messaggi societari. Ci sono alti gradi di variabilità nell’interpretazione e nell’esecuzione dei ruoli (quindi di imprevedibilità del comportamento). Ruoli: Non tutti le relazioni sociali si configurano come relazioni di ruolo. Ad esempio ci sono relazioni costruite su specifiche situazioni, ma che non fanno necessariamente capo a ruoli come nell'ambito delle relazioni di rete (Boudon). àIndicazioni valoriali e normative: Non sempre l’esercizio di ruolo è semplice e univoco . Infatti valori e connessi sistemi normativi non sono sempre perfettamente coerenti (vedi anche il dilemma etico dello scienziato di Merton). àIl problema dei conflitti di ruolo (Merton). Non solo siamo inseriti in un fitto intreccio di posizioni che richiedono l’esercizio di ruoli plurimi ( lavoratore, padre o madre di famiglia, partner, amico, socio, ecc.) che possono entrare in conflitto tra loro, ma, anche a ciascuna posizione sociale corrisponde un set di ruoli ( role -set) che ci mettono in relazione con posizioni diverse dalla nostra (ad esempio il ruolo di insegnante ha a che fare non solo con gli allievi, ma con genitori, con l’amministrazione, ecc; un dirigente di livello intermedio ha a che fare con colleghi, sottopposti, ma anche con persone più in alto nella gerarchia, ecc.) Il role set fa talora emergere conflitti e tensioni. àL’ambivalenza ( Smelser). Nei confronti del ruolo esercitato l’individuo può avere sentimenti contrastanti o ambivalenti: il senso di integrazione e di appartenenza può essere vissuto in termini di intrappolamento, il far parte di una comunità di lavoro può scatenare, a fianco di sentimenti di cooperazione, sentimenti di odio-amore, ecc. “Le persone sono costrette a convivere, ciò non significa che debbano piacersi: ciò implica che si amano e si odiano…”(cit. da Smelser, allievo di Parsons). (su questo anche Bagnasco: parte III, su "La cultura e le regole della società", cap. Valori, norme e istituzioni 5.2 Il l modello delle pattern variables Si può discutere se le alternative indicate come preferite dalla modernità possano essere tenute radicalmente separate da quelle proprie della società tradizionale. Basti pensare a quanto avviene nella discussione sugli specialismi che caratterizzano la professione medica e che evidenziano crescenti limiti nella mancata considerazione delle connessioni tra diverse patologie ovvero nella mancata attenzione al quadro di insieme in cui sorge e si sviluppa una patologia. Analogo discorso potrebbe essere fatto per le professioni a forte contenuto relazionale come quelle dell’insegnante, dell’assistente sociale, ecc.che richiedono insieme a specificità una buona dose di diffusione, ovvero di attenzione al tutto. 6. Parsons e il sistema sociale Secondo Parsons è possibile individuare e classificare a-priori i prerequisiti funzionali, cioè i bisogni generali che devono essere soddisfatti perché un qualsiasi sistema e quindi anche la società, sopravviva Questa capacità della scienza sociale di parlare della società muovendosi ad un alto grado di astrazione è riconosciuta da tutti gli studiosi. àPiuttosto, come si vedrà, molte critiche a Parsons si appunteranno sull’assunto parsonsiano per cui è possibile individuare a priori non solo i prerequisiti funzionali, ma anche le istituzioni specializzate e programmate per soddisfare tali prerequisiti ( vedi la critica di Merton al postulato dell’indispensabilità funzionale). 6.1. Il concetto di *sistema ( VOC) secondo Parsons , si può applicare non solo a livello di società nel suo insieme ma a qualsiasi sistema di azione laddove siano ravvisabili i concetti di interdipendenza e interrelazione delle parti,.di confini con l’ambiente, di equilibrio (come stato normale di funzionamento del sistema. (Dunque un gruppo di lavoro, una famiglia, una squadra, un aereoporto, un ospedale, possono essere analizzati come sistemi). Il problema di Parsons è a questo punto quello di identificare a livello molto generale i fini o i prerequisiti funzionali di qualsiasi sistema di azione (ivi compreso il sistema sociale) Dall’osservazione sperimentale sulla leadership nei piccoli gruppi (l’esperimento era condotto dall’amico e collega Bales) Parsons aveva derivato l’idea che l’azione di tali gruppi tipicamente si organizzava cercando di risolvere una serie di fini o obiettivi generali (dunque requisiti funzionali) che si potevano ridurre a quattro: l’acquisizione di risorse, la presa di decisioni, il coordinamento degli sforzi e il controllo sulla conformità alle aspettative, il mantenimento della coesione del gruppo. I primi due obiettivi riguardano il rapporto o scambio con l’ambiente esterno, i secondi due i rapporti interni.Di qui l’idea generale che il funzionamento di qualsiasi sistema richieda investimenti sia sul fronte dello scambio con l’esterno sia sul fronte della gestione e del controllo interno ( idea fatta propria da molti studi sulle organizzazioni che seguono la teoria sistemica). I quattro obiettivi / requisiti entrano dunque nello schema parsonsiano in cui codifica il ruolo essenziale ed esclusivo di ciascun requisito per IL FUNZIONAMENTO DI QUALSIASI SIsTEMA DI AZIONE (A.G.I.L) Secondo Parsons qualsiasi sistema di azione esiste se sono soddisfatti quattro generali bisogni o requisiti funzionali:quello dell’adattamento A (acquisizione di risorse,) del raggiungimento dei fini, G; dell’integrazione I, del mantenimento del modello latente (o mantenimento del modello culturale) L. 6.2 Nella sua opera " The Social system " (Il sistema sociale) scritto nel 1951, Parsons propone il suo noto schema di identificazione dei bisogni e delle funzioni fondamentali del sistema applicandolo al sistema sociale. A ciascun bisogno fanno capo specifiche funzioni esercitate da specifiche istituzioni. La funzione di adaptation è svolta dalle istituzioni dell’economia, quella del goal attainment dalle istituzioni della politica, la funzione di integrazione dagli apparati normativi, la funzione di mantenimento del modello latente dalla famiglia e dalle altre agenzie di socializzazione Sull’argomento si veda lo schema e il commento sul testo di Bagnasco (parte III: Valori, norme e istituzioni, paragrafo su Tipi di istituzioni). Critiche e considerazioni dell’attualità del modello àNon sempre l’agire delle istituzioni può rigidamente inquadrarsi in una e una sola casella (un regime come quello cambogiano ai tempi della dittatura e molti altri simili a quello, non distingue(va) tra istituzioni deputate alla gestione economica e quelle deputate alla gestione degli affari politici. E possibile dunque che una istituzione eserciti di fatto più di una funzione ( multifunzionalità). Il problema di un’eccessiva generalità e rigidità dello schema AGIL e più in generale del funzionalismo parsonsiano, è trattato in maniera sistematica dall’allievo e collega di Parsons, Robert Merton. 7. Le critiche di Merton al funzionalismo assoluto di Parsons Merton, allievo e critico di Parsons, teorico del funzionalismo relativo, forte assertore di un paradigma funzionalista che consenta di tabulare non solo concetti e teorie, ma anche risultati di ricerca, teorico delle teorie di medio raggio (vedi lezione prossima settimana). 7.1. Nella sua opera più nota, Teoria e struttura sociale (1949), Merton sistematizza e codifica il suo pensiero come paradigma del Funzionalismo relativo ( vedi anche lezione prossima settimanaà teorie di medio raggio) Secondo Merton il lavoro del sociologo è prima di tutto quello di descrivere con grande accuratezza e dettaglio i vari contesti sociali che osserva, le componenti che lo costituiscono, le collocazioni reciproche, le alternative presenti alla loro azione, e anche i significati che un elemento ha per i membri di un gruppo o i partecipanti a una pratica sociale. La analisi funzionale che deve dunque basarsi su attente descrizioni dei contesti analizzati, può essere in generale codificata secondo alcuni principi: -gli elementi cui le funzioni vengono imputate: tutti i dati sociologici possono essere soggetti all’analisi funzionale. Perché ciò avvenga bisogna che l’elemento osservato sia standardizzato, cioè tipico e ricorrente -motivazioni o scopi. Occorre distinguere tra motivazioni date per certe e motivazioni non scontate o problematiche, che quindi vanno attentamente studiate. 7.2. Un attento studio dei significati che le persone coinvolte in una pratica sociale attribuiscono a tale pratica vi fa avanzare molto verso un’appropriata impostazione dell’analisi funzionale ( esempio del modello di consumo vistoso di Thorstein . Veblen (1928). Secondo Veblen il consumo vistoso è quel consumo guidato non già dall’ intenzione di usare la più elevata qualità del bene di lusso acquistato, ma dal fatto di segnalare attraverso il suo alto costo, la collocazione sociale elevata di chi lo acquista. -conseguenza oggettive. In taluni casi le conseguenze oggettive convergono, in altri casi divergono rispetto alle motivazioni all’agire : nella realizzazione di funzioni manifeste le conseguenze oggettive convergono con le motivazioni all’agire, nelle funzioni latenti ( vedi più oltre il concetto di funzione latente).. Altri termini chiave del modello di Merton, alcuni dei quali spiegati più avanti in questo testo, sono costituiti dal concetto di alternative funzionali, di disfunzione, di funzione latente di meccanismi, di tensione strutturale 7.3 Critica ai postulati del funzionalismo assoluto Base di partenza della teoria del funzionalismo relativo di Merton è la critica ai postulati del funzionalismo (che definisce funzionalismo assoluto) di Parsons. (in giallo, non detto a lezione ) àa- critica al postulato dell’unità funzionale (tutte le parti- ovvero ogni forma sociale standardizzata- cooperano alla sopravvivenza del tutto) Dice Mertonà Il presupposto dell’unità funzionale è pienamente ragionevole applicato a società semplici come le società non letterate studiate dagli antropologi funzionalisti. Applicato a società complesse, l’unità funzionale non può essere data per scontata. L’unità funzionale di una società è una variabile empirica che cambia da periodo a periodo nella stessa società ed è diversa da una società all’altra. Non tutte le società ha nno quel grado di integrazione nel quale ogni pratica è funzionale per la società stessa. Ad esempio la religione non è di per sé fattore di integrazione. Anzi può diventare fattore di conflitto. Un elemento funzionale per una “zona del sistema sociale può non esserlo per un’altra ( esempio della guerra). La conformità alle procedure burocratiche è funzionale per certi aspetti,ma può diventare disfunzionale per altri ad esempio quando essa faccia perdere di vista i fini dell’azione (Merton ne parlerà come una forma di devianza, vedi lezione della prossima settimana) b-critica al postulato del funzionalismo universale ( tutte le parti ovvero ogni forma sociale standardizzata ha una funzione positiva per l’adattamento del sistema). Un sistema sociale sociale racchiude in sé forzature rappresentate dal mancato o cessato adempimento da parte di certe strutture, degli scopi o fini cui erano preposte Nella società esistono dunque forme sociali standardizzate che non hanno più alcuna funzione o che addirittura sono disfunzionali. ( Disfunzione. à*Un fatto, una pratica, una forma sociale standardizzata sono disfunzionali quando producono conseguenze che riducono il grado di adattamento del sistema). Non riconoscere, ad esempio, che molte forme sociali sono semplici sopravvivenze rispetto al passat o è, secondo Merton un errore che Parsons commette seguendo gli antropologi funzionalisti. Per costoro la lotta all’idea evoluzionista passava appunto dal negare valore all’idea di sopravvivenza per basarsi esclusivamente sull’idea che ciò che c’è esiste non già perché “proviene dal passato” ma è richiesto dal contesto presente. Merton propone il concetto di Equivalenti (o sostituti) funzionali: con questo concetto si concentra a l’attenzione sulla gamma di variazioni possibili attraverso cui si può soddisfare una certa funzione (il volontariato è un sostituto funzionale del welfare assistenziale nelle attività di assistenza e cura di persone bisognose, ecc.) Quindi, dato un certo bisogno o requisito da soddisfare è possibile individuare più di un elemento c he nel sistema è di fatto in grado di esercitare una data funzione anche se questa non è prevista o programmata dal sistema. c- critica al postulato dell’indispensabilità funzionale (per cui alcune istituzioni specializzate, quelle e non altre, sono indispensabili a soddisfare certi requisiti di funzionamento del sistema) Dice Merton àsi può dire che è indispensabile quella certa funzione, non si può dire a priori che quella funzione sia svolta da quella sola indispensabile istituzione (vedi anche prossimamente: il concetto di alternative funzionali e disfunzioni). Indispensabilità della funzione e indispensabilità di una certa istituzione o struttura o pratica sociale vanno quindi tenute analiticamente distinte à Merton propone il concetto di Funzione latente come contrapposto a quello di funzione manifesta. Le funzioni manifeste sono le funzioni intese e riconosciute dal sistema in riferimento al soddisfacimento di un certo bisogno. Le funzioni latenti sono quelle né intese né riconosciute dal sistema. La distinzione tra manifesto e latente ha diverse funzioni; la più importante è quella di consentire al sociologo di smarcarsi da giudizi meramente tecnici, politici o moralisti cerca la valutazione della funzione di una data istituzione in quella società: Le istituzioni preposte a far rispettare la legge devono ovviamente condannare e sanzionare tutta una serie di comportamenti illegali. Il sociologo ha il compito di capire come questi comportamenti si inseriscano nel tessuto della società. Quando si valutano, ad esempio, le caratteristiche di illegalità di un’istituzione presente in un sistema ( dal clientelismo politico al contrabbando, ad altre ancora) il sociologo deve interrogarsi, in maniera differente dal politico o dal giudice, quali funzioni, diverse da quelle manifeste, esse di fatto esercitano, dunque che cosa le possa tenere in piedi, in quel dato contesto sociale, al di là del fatto la di infrangere la legge per scopi di appropriazione, di potere, ecc. Spesso si può scoprire che un’istituzione illegale è per certi versi necessaria a compensare deficit di funzionamento della amministrazione pubblica o deficit di distribuzione delle risorse provenienti dall’economia formale, o, ancora, a ridurre il grado di marginalità di una parte della popolazione, ecc Per capire a fondo il concetto di funzione latente bisogna tenere ben distinto il livello delle motivazioni da quelle delle conseguenze oggettive. La funzione latente si esercita in termini di conseguenze osservabili e prescinde dalle motivazioni dei soggetti. Secondo Veblen (1928) il consumo vistoso è quel consumo guidato non già dall’ intenzione di usare la più elevata qualità del bene di lusso acquistato, ma dal fatto di segnalare attraverso il suo alto costo, la collocazione sociale elevata di chi lo acquista. 7.4.Altri concetti guida: tensione strutturale e meccanismi. il concetto di tensione strutturale: à discontinuità o incoerenza tra opportunità fornite dalla struttura sociale e fini o valori o mete indicati come e preferibili e desiderabili dal modello culturale di questa società. L’interdipendenza tra i vari elementi di un sistema sociale limita le effettive possibilità di funzionamento oppure di cambiamento (cfr. la teoria della devianza secondo Merton, altrimenti indicata come teoria della te nsione strutturale -tra mete culturali indicate dal sistema e mezzi leciti messi a disposizione dalla struttura-). Il concetto di meccanismi: àdispositivi, ricostruibili attraverso ipotesi sul concreto funzionamento di una determinata struttura e accurate descrizioni empiriche . I meccanismi possono essere sociologici o anche psicologici (ad esempio il meccanismo dell’attaccamento di cui parla la teoria del controllo sociale a proposito di devianza: cfr. Bagnasco, Le teorie della criminalità )