ISSN 0394 3291 Caleidoscopio Italiano Serie Mosaici Romani Mario Pepe Aldo Di Gregorio Le Tiroiditi Direttore Responsabile Sergio Rassu 116 Via Rio Torbido, 40 - Genova (Italy) Tel. 010 83.401 Stampato a Genova 1997 M. Pepe, A. Di Gregorio II Caleidoscopio Le tiroiditi Caleidoscopio Italiano Mario Pepe Aldo Di Gregorio1 Servizio di Preospedalizzazione 1 Istituto di Clinica Medica V Università degli Studi “La Sapienza” Roma Le Tiroiditi Direttore Responsabile Sergio Rassu 116 Via Rio Torbido, 40 - Genova (Italy) Tel. 010 83.401 Stampato a Genova 1997 ISTRUZIONI PER GLI AUTORI IN F O R M A Z I O N I G E N E R A L I . C a l e i d o s c o p i o pubblica lavori di carattere monografico a scopo didattico su temi di Medicina. La rivista segue i requisiti consigliati dall’International Committee of Medical Journal Editors. Gli Autori vengono invitati dal Direttore Responsabile. La rivista pubblica anche monografie libere, proposte direttamente dagli Autori, redatte secondo le regole della Collana. TESTO . La monografia deve essere articolata in paragrafi snelli, di rapida consultazione, completi e chiari. I contenuti riportati devono essere stati sufficientemente confermati. E’ opportuno evitare di riportare proprie opinioni dando un quadro limitato delle problematiche. La lunghezza del testo può variare dalle 60 alle 70 cartelle dattiloscritte. Si prega di dattilografare su una sola facciata del foglio formato A4 con margini di almeno 25 mm. Usare dovunque doppi spazi e numerare consecutivamente. Ogni sezione dovrebbe iniziare con una nuova pagina. FRONTESPIZIO. Deve riportare il nome e cognome dell’Autore(i) -non più di cinque- il titolo del volume, conciso ma informativo, la Clinica o Istituto cui dovrebbe essere attribuito il lavoro, l’indirizzo, il nome e l’indirizzo dell’Autore (compreso telefono, fax ed indirizzo di E-mail) responsabile della corrispondenza. BIBLIOGRAFIA. Deve essere scritta su fogli a parte secondo ordine alfabetico seguendo le abbreviazioni per le Riviste dell’Index Medicus e lo stile illustrato negli esempi: 1) Björklund B., Björklund V.: Proliferation marker concept with TPS as a model. A preliminary report. J. Nucl. Med. Allied. Sci 1990 Oct-Dec, VOL: 34 (4 Suppl), P: 203. 2 Jeffcoate S.L. e Hutchinson J.S.M. (Eds): The Endocrine Hypothalamus. London. Academic Press, 1978. Le citazioni bibliografiche vanno individuate nel testo, nelle tabelle e nelle legende con numeri arabi tra parentesi. La Redazione è collegata on-line con le più importanti Banche Dati (Medline, Cancerlit, AIDS etc) e fornisce ogni eventuale assistenza agli Autori. TABELLE E FIGURE. Si consiglia una ricca documentazione iconografica (in bianco e nero eccetto casi particolare da concordare). Figure e tabelle devono essere numerate consecutivamente (secondo l’ordine di citazione nel testo) e separatamente; sul retro delle figure deve essere indicato l’orientamento, il nome dell’Autore ed il numero. Le figure realizzate professionalmente; è inaccettabile la riproduzione di caratteri scritti a mano libera. Lettere, numeri e simboli dovrebbero essere chiari ovunque e di dimensioni tali che, se ridotti, risultino ancora leggibili. Le fotografie devono essere stampe lucide, di buona qualità. Gli Autori sono responsabili di quanto riportato nel lavoro e dell’autorizzazione alla pubblicazione di figure o altro. Titoli e spiegazioni dettagliate appartengono alle legende, non alle figure stesse. Su fogli a parte devono essere riportate le legende per le figure e le tabelle. UNITÀ DI MISURA. Per le unità di misura utilizzare il sistema metrico decimale o loro multipli e nei termini dell’International system of units (SI). ABBREVIAZIONI. Utilizzare solo abbreviazioni standard. Il termine completo dovrebbe precedere nel testo la sua abbreviazione, a meno che non sia un’unità di misura standard. PRESENTAZIONE DELLA MONOGRAFIA. Riporre le fotografie in busta separata, una copia del testo e dei grafici archiviati su un dischetto da 3.5 pollici preferibilmente Macintosh, se MS-DOS il testo dovrà essere in formato RTF ed i grafici in formato PC.TIF o PC.Paintbrush. Il dattiloscritto originale, le figure, le tabelle, il dischetto, posti in busta di carta pesante, devono essere spedite al Direttore Responsabile con lettera di accompagnamento. L’autore dovrebbe conservare una copia a proprio uso. Dopo la valutazione espressa dal Direttore Responsabile, la decisione sulla eventuale accettazione del lavoro sarà tempestivamente comunicata all’Autore. Il Direttore responsabile deciderà sul tempo della pubblicazione e conserverà il diritto usuale di modificare lo stile del contributo; più importanti modifiche verranno eventualmente fatte in accordo con l’Autore. I manoscritti e le fotografie se non pubblicati non si restituiscono. L’Autore riceverà le bozze di stampa per la correzione e sarà Sua cura restituirle al Direttore Responsabile entro cinque giorni, dopo averne fatto fotocopia. Le spese di stampa, ristampa e distribuzione sono a totale carico della Medical Systems che provvederà a spedire all’Autore cinquanta copie della monografia. L’Autore della monografia cede i pieni ed esclusivi diritti sulla Sua opera alla Rivista Caleidoscopio con diritto di stampare, pubblicare, dare licenza a tradurre in altre lingue in Nazioni diverse rinunciando ai diritti d’Autore. Tutta la corrispondenza deve essere indirizzata al Direttore Responsabile al seguente indirizzo: Dott. Sergio Rassu Via Pietro Nenni, 6 07100 Sassari M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi Caleidoscopio Italiano Editoriale Q uesta monografia dedicata specificamente alle tiroiditi vuole ancora una volta sottolineare il rilievo epidemiologico che la patologia tiroidea rappresenta nel nostro Paese. Nonostante questo rilievo, nessun ente o organizzazione consiglia dei programmi di screening della popolazione e questa possibilitˆ dovrebbe essere attentamente valutata tenendo conto ovviamente del rapporto costo/beneficio di un programma che finirebbe per mettere in evidenza un numero enorme di potenziali pazienti. Infatti, secondo alcuni studi, sino al 50% della popolazione ha dei noduli microscopici e circa il 15% ha un carcinoma papillifero occulto. Inoltre il 15% ha un gozzo palpabile, il 10% dei livelli dellÕormone tireostimolante patologici, ed il 5% delle donne hanno un ipo o iper-tiroidismo manifesto, tenendo presente che la prevalenza varia con le fasce di etˆ per cui, nella popolazione pi• anziana, la prevalenza del solo ipotiroidismo nelle donne • stata trovata intorno al 5%. Circa la prevalenza delle varie forme di tiroiditi potrete trovare in questa monografia tutte le informazioni documentate e sicuramente interessanti. La tiroide • stata giˆ al centro del nostro interesse con alcuni numeri precedentemente pubblicati (vedi Caleidoscopio numero 13, 35, 83, e la Guida Pratica Immulite numero 3) ma per la prima volta affrontiamo nello specifico il capitolo delle tiroiditi. Con il termine di tiroidite intendiamo un insieme di patologie di diversa eziologia. Mentre la tiroidite piogenica e quella Riedel sono rare, le altre forme, cioŽ la tiroidite subacuta e quella cronica di Hashimoto sono pi• comuni e sono tra le patologie Caleidoscopio 3 Le tiroiditi M. Pepe, A. Di Gregorio endocrine pi• frequentemente incontrate nella pratica clinica nonostante lÕassociazione del dolore con queste patologie sia infrequente. Questa monografia si presenta completa perchŽ vengono analizzate nel dettaglio le forme anzidette riportando quanto di pi• recentemente individuato circa lÕepidemiologia, lÕevoluzione, la patogenesi, lÕanatomia patologica, la clinica la diagnosi e la terapia ed inoltre • possibile trovare le forme di tiroidite rare e sulle quali difficilmente si trova riferimento nei comuni testi di medicina: ad esempio la tiroidite post-partum o quella in corso di altre patologie come lÕemocromatosi o la sarcoidosi. Il volume pu˜ quindi rappresentare un valido ausilio di aggiornamento, seguendo in questo la tradizione della collana. Gli autori della monografia appartengono alla prestigiosa Scuola della Clinica Medica V dellÕUniversitˆ la Sapienza di Roma che tanti illustri allievi ha formato. Il dott. Aldo Di Gregorio, specializzato in Endocrinologia e Malattie Metaboliche, ha conseguito inoltre la specializzazione in Medicina Interna e successivamente quella in Cardiologia. Ha lavorato in missione al Policlinico dellÕUniversitˆ di Gent (Belgio), diretto dal Prof. A. Vermeulen. Attualmente lavora come Medico del Senato della Repubblica e fa parte del gruppo di ricerca sugli ormoni steroidei operante nellÕIstituto di Clinica Medica V dellÕUniversitˆ di Roma: si • infatti dedicato allo studio delle modificazione di legame proteico in condizioni fisiologiche ed in alcuni aspetti di patologia steroidea. Professore a contratto, • docente presso la Scuola di Specializzazione in Endocrinologia, Universitˆ degli Studi ÒLa SapienzaÓ di Roma. EÕ infine coautore di numerose pubblicazioni scientifiche riguardanti gli aspetti biochimici e fisiopatologici degli ormoni tiroidei. Il dott. Mario Pepe, laureato in Medicina e Chirurgia, specializzato in Endocrinologia, • Professore a Contratto presso la Scuola di Specializzazione in Endocrinologia dellÕUniversitˆ degli Studi de LÕAquila diretta dal Prof. DÕArmiento. EÕ autore di oltre 40 pubblicazioni su riviste, libri ed atti di congressi sia nazionali che internazionali e monografie.I contributi originali apportati riguardano il campo dellÕendocrinologia sperimentale e dellÕendocrinologia clinica. I risultati di questi studi si sono rivelati, per generale consenso, di notevole importanza e originalitˆ. Attualmente svolge attivitˆ assistenziale in qualitˆ di aiuto presso il Servizio di Preospedalizzazione dellÕUniversitˆ degli Studi di Roma ÒLa SapienzaÓ. Sergio Rassu 4 Caleidoscopio M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi Introduzione Le malattie infiammatorie della tiroide sono, nel complesso, i disordini tiroidei più comuni. Si tratta di un gruppo piuttosto eterogeneo di patologie ad eziologia, patogenesi e presentazione clinica diversa nelle singole forme. Le tiroiditi possono quindi essere classificate in relazione alla rapidità d’insorgenza, alla causa scatenante, alla severità dei sintomi e segni e alla loro durata. Una possibile classificazione è quella mostrata nella Tab. 1. - TIROIDITI ACUTE - TIROIDITI SUBACUTE Tiroidite granulomatosa Tiroidite linfocitaria (sporadica e post-partum) -TIROIDITI CRONICHE Tiroidite cronica linfocitaria (T. Hashimoto) Tiroidite fibrosa (t. Riedel) Tabella 1. Classificazione delle tiroiditi. Di ciascuna di queste forme esistono poi quadri particolari come le tiroiditi dell’anziano e in corso di altre patologie. Di fronte ad un paziente con sospetta tireopatia è innanzitutto importante raccogliere un’attenta anamnesi volta ad evidenziare un’infezione virale recente, la presenza nello stesso paziente o nei familiari di patologie a carattere autoimmune quali diabete mellito tipo I, morbo di Addison, malattia di Graves etc., una situazione di immunodepressione, l’area geografica di provenienza. E infatti noto che la patogenesi della tiroidite di Hashimoto, sicuramente una delle cause più frequenti di ipotiroidismo nell’adulto, e, probabilmente di alcune forme di tiroidite subacuta linfocitaria, è autoimmune. Inoltre è stata osservata la frequente associazione della tiroidite granulomatosa con infezioni virali delle vie aeree superiori e con la parotite a dimostrare una probabile eziologia virale della tiroidite di De Quervain. D’altra parte vanno tenute presenti le tiroiditi acute che, se pur rare, possono colpire con una certa frequenza soggetti immunodepressi o con alterazioni anatomiche congenite della regione del collo. Caleidoscopio 5 M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi Ulteriori dati, una volta acquisita l’anamnesi, possono dedursi da un attento esame clinico. E’ necessario soprattutto evidenziare la presenza di sintomi e segni di infezione generale quali febbre, malessere, astenia, sudorazione, presenti nelle forme acute e in minor misura nelle forme subacute. Possono inoltre essere presenti i segni e i sintomi tipici della iper o ipofunzione tiroidea. Importante è un attento esame della regione anteriore del collo che evidenzierà una tumefazione dolente e dolorabile, che spesso rende difficile la palpazione, soprattutto nelle forme acute e nella subacuta granulomatosa. Nella tiroidite silente e nella tiroidite di Hashimoto invece, la ghiandola non è dolente, può essere ridotta o aumentata di volume. Nelle forme a patogenesi autoimmune è spesso presente un interessamento dei linfonodi laterocervicali. La conferma diagnostica si ottiene dagli esami di laboratorio. Patognomonica delle tiroiditi è la positività per gli anticorpi antitireoperossidasi e antitireoglobulina, presenti ad alto titolo nella forma di Hashimoto e a più basso titolo nelle forme subacute. L’esame ecografico spesso mostra il quadro di una ghiandola disomogenea (Fig. 1) e di ecogenicità ridotta nelle forme croniche, mentre si può evidenziare un nodulo a contenuto liquido nelle forme batteriche. In alcuni quadri di tiroidite subacuta può essere necessaria la scintigrafia per la diagnosi differenziale con altri quadri di ipertiroidismo. L’esame presenterà una captazione ridotta o soppressa in relazione al danno parenchimale in caso di tiroidite. Figura 1. Ecografia tiroidea in sezione trasversa. Ghiandola tiroide di dimensioni normali ad ecostruttura disomogenea. 6 Caleidoscopio M. Pepe, A. Di Gregorio Tiroidite Le tiroiditi Gozzo Dolore Febbre VES Suppurativa + ++ + + Ac. non supp. + +++ ++ +++ Silente (+) Post-partum + Hashimoto + T3-T4 Ab Tg Capt.131I o= o= ( ) =o Tabella 2. Diagnosi differenziale delle principali tiroiditi. Caleidoscopio 7 Le tiroiditi M. Pepe, A. Di Gregorio Principali prove diagnostiche in caso di tiroidite Dosaggio degli ormoni tiroidei circolanti La misurazione degli ormoni tiroidei liberi e totali viene eseguita con dosaggio immunologico che utilizza lo iodio radiattivo, un enzima, o un marcatore fluorescente o chemiluminescente attaccato ad una nota quantità di ormone o di anticorpo diretto contro quell’ormone e l’impiego di antisieri specifici. Sono disponibili in commercio kit specifici, sensibili e riproducibili che rendono tali dosaggi adatti ad un impiego routinario per la valutazione delle principali tireopatie. Il range di normalità per la T4 totale è di 61-118 ng/ml, per l’FT4 di 0.8-2 pg/dl, per il T3 di 0.8-2 ng/ml e per l’FT3 di 1.5-5 pg/ml. Dosaggio del TSH Il dosaggio del TSH, effettuato con metodiche ad alta sensibilità funzionale in laboratori ad elevato standard operativo, consente di escludere condizioni di ipo ed ipertiroidismo in ragione della nota relazione lineare/logaritmica esistente tra concentrazione di FT 4 e TSH dove un cambiamento pari a due volte della concentrazione di FT 4 corrisponde ad un cambiamento di 100 volte della concentrazione di TSH (Fig. 2). 100 10 1 Sensibilità funzionale del TSH di 2a Generazione .1 0.01 Sensibilità funzionale Eutiroideo 1 del TSH di 3a Generazione 2 4 Misura FT4 Figura 2. Relazione lineare/logaritmica tra FT4 e TSH. 8 Caleidoscopio M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi I livelli di TSH escono dal range di normalità molto precocemente nel corso di malattie della tiroide, molto prima di quanto facciano gli ormoni tiroidei. L’individuazione di livelli di TSH elevati o soppressi, in situazioni di alterazioni subcliniche, conferma l’estrema sensibilità del TSH come indicatore dello stato tireo-metabolico (Fig. 3). Sub Eutiroideo clinico Clinico Sub Eutiroideo clinico Clinico T3 T4 TSH NORMALE T3 T4 TSH Sviluppo ipotiroidismo Sviluppo ipertiroidismo Figura 3. Modificazioni dei livelli pasmatici di T3, T4 e TSH in corso di ipoed ipertiroidismo. Nell’ambito delle basse concentrazioni di TSH rimane aperta la problematica relativa alla discriminazione tra ipertiroidismo subclinico ed effetti della terapia TSH soppressiva, per la cui definizione è possibile il ricorso al TRH-test. Tuttavia con le più moderne tecnologie analitiche per il dosaggio del TSH di terza generazione è stato dimostrato che l’interazione lineare/logaritmica fra FT4 e TSH continua fino a concentrazioni di 0,01 µIU/ml di TSH (Fig. 4). La sensibilità funzionale dei dosaggi di prima generazione cade all’interno del range eutiroideo permettendo solamente la determinazione dei livelli di TSH medio-normali sino a quelli elevati. Il dosaggio di TSH di seconda generazione, più sensibile, permette di estendere in basso lo studio sino a 0,1-0,2 µIU/ml, nel range dei valori di TSH moderatamente soppressi. Il dosaggio di terza generazione estende il range funzionale in ordine di grandezza più basso sino a 0,01-0,02 µIU/ml nella regione dei valori di TSH estremamente ridotti associati con un franco ipertiroidismo. La sensibilità funzionale del TSH viene definita come la più bassa con- Caleidoscopio 9 Le tiroiditi M. Pepe, A. Di Gregorio 50 Dosaggio 3a Generazione Dosaggio Dosaggio 2a Generazione 1a Generazione 40 30 Sensibilità 20 funzionale 10 Molto basso Moderatamente basso Range eutiroideo 0 0.001 0.004 0.01 0.04 0.1 0.4 1 4 10 TSH µIU/ml Figura 4. Differenze nella sensibilità funzionale tra i tests del TSH di prima, seconda e terza generazione. centrazione alla quale il dosaggio è capace di mantenere il coefficiente di variazione (CV) tra dosaggi intorno al 20% o meno. Il dosaggio di TSH di terza generazione ha un coefficiente di variazione interdosaggio del 20% o meno. Questo livello di sensibilità è stato raggiunto solo dai dosaggi immunometrici in chemiluminescenza. Dosaggio degli anticorpi antitiroidei Le tireopatie su base autoimmune e in maniera specifica la tiroidite di Hashimoto sono caratterizzate dalla presenza di autoanticorpi circolanti diretti verso la tireoglobulina (TgAb) e la Perossidasi tiroidea (TPOAb). Gli anticorpi antitireoperossidasi sono positivi nel 95% dei casi di tiroidite di Hashimoto e più che gli anticorpi antitireoglobulina sono diagnostici di tale affezione. Il riscontro di titoli anticorpali non implica necessariamente una diretta correlazione con lo stato funzionale della ghiandola e/o con la prognosi della patologia. Anche per il dosaggio degli anticorpi si basa sul dosaggio radioimmunologico (RIA) o immunometrico con tracciante chemiluminescente. Sono normali valori inferiori a 50 UI/ml anche se esistono delle controversie su questo dato. 10 Caleidoscopio M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi Ecografia tiroidea Per l’ecografia tiroidea viene utilizzata una sonda lineare da 7.5 MHz. Tale esame è di facile esecuzione e rappresenta un metodo pratico per la valutazione del volume e della struttura del parenchima tiroideo. L’ecografia va eseguita con paziente supino e collo iperesteso. La sonda viene posta prima orizzontalmente sul collo per rilevare la sezione trasversa della tiroide e lo spessore dell’istmo. Successivamente viene posizionata parallelamente alla trachea per la determinazione del diametro longitudinale. Scintigrafia tiroidea La scintigrafia tiroidea può essere eseguita usando come tracciante radioattivo lo 131I o lo 123I. Possono essere dedotte informazioni circa la morfologia, la cinetica ghiandolare dello iodio e la sua dismissione dal compartimento tiroideo. La normalità dei livelli di captazione è variabile nelle diverse aree geografiche, in rapporto al diverso apporto dietetico di iodio e per effetto di eventuali interferenze ambientali e farmacologiche. Pertanto la curva di captazione va interpretata alla luce dei dati clinici e analizzata sulla scorta di altri parametri di attività ghiandolare e tenendo conto delle possibili interferenze a livello dell’emuntorio renale. Nel caso delle tiroiditi che si manifestano da un punto di vista clinico con ipertiroidismo, la captazione che in questi casi è assente, ci permette di fare diagnosi differenziale con l’ipertiroidismo da morbo di Basedow dove è presente invece una captazione elevata e associata a rapida dismissione del radioalogeno (angolo di fuga). Caleidoscopio 11 M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi Tiroiditi acute La tiroidite acuta è una malattia infiammatoria piuttosto rara, di solito di origine batterica, ma che può anche essere causata da funghi, parassiti, pneumocystis carinii (1). La flogosi raramente interessa tutta la ghiandola, mentre più spesso colpisce un solo lobo. Può talora assumere i caratteri di una flogosi acuta aspecifica che poi regredisce; altre volte può evolvere in una vera e propria flogosi suppurativa, con formazione di ascessi tiroidei: la prognosi diviene allora molto più grave perché può verificarsi una diffusione del processo suppurativo ai piani circostanti. L’apparente rarità di tale disordine può essere dovuta a varie ragioni. In primo luogo, il ricco flusso sanguigno e l’efficiente sistema di drenaggio linfatico che caratterizzano l’anatomo-fisiologia della tiroide potrebbero rendere tale ghiandola particolarmente resistente alla colonizzazione batterica. Infatti, esperimenti condotti iniettando batteri nei vasi tiroidei di cani non comportavano l’insorgenza, in alcun caso, di una tiroidite acuta. Inoltre, la capsula che riveste il parenchima tiroideo potrebbe rendere molto difficile la trasmissione dell’infezione per contiguità da strutture vicine. Infine, l’alto contenuto in iodio della tiroide potrebbe rappresentare un ambiente non favorevole alla crescita batterica. La tiroidite acuta si manifesta più frequentemente nelle donne di età compresa tra i 20 e i 40 anni, anche se possono essere colpite tutte le età della vita compresi bambini ed anziani (2). Eziopatogenesi La tiroidite acuta è causata da numerosi microrganismi. I germi più frequentemente responsabili sono: lo Streptococco piogene, lo Stafilococco aureo, anche se altri batteri quali il Meningococco, l’Hemophilus influenzae, Escherichia coli, vari anaerobi, sono stati trovati come agenti eziologici di tiroiditi acute. Più raramente sono in causa, nell’insorgenza di questa infiammazione acuta, i micobatteri, i funghi, i parassiti (3) (Tab. 3). Gli agenti infettivi possono raggiungere la tiroide per via ematica, partendo da siti distanti quali, ad esempio, il tratto urinario o, per via linfatica, come risultato di un’infezione locale quale una faringite o una mastoidite. La persistenza del dotto tireoglosso con formazione di una cisti e sua infezione, una fistola del seno piriforme, infezione di strutture contigue alla tiroide, la presenza di una ferita penetrante, una tracheotomia, un cancro delle vie aeree superiori, sono tutte condizioni riportate come fonte di infezione in caso di tiroidite acuta (2, 4) (Tab. 4). 12 Caleidoscopio M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi E’ stato evidenziato, inoltre, che in più del 50% dei casi, la tiroidite acuta colpisce una ghiandola con una preesistente patologia, più frequentemente un gozzo multinodulare. Inoltre, soggetti immunocompromessi sono più facilmente colpiti dalla tiroidite acuta (2). MICRORGANISMI % TIROIDITI ACUTE - Streptococco piogene 50-70 - Stafilococco aureo 30-50 - Meningococco 10-15 - Escherichia coli 5-10 - Altri anaerobi 1- 2 - Funghi, parassiti 1- 2 Tabella 3. Microrganismi responsabili di tiroiditi acute. - Persistenza del dotto tireoglosso - Fistola del seno piriforme - Ferita penetrante - Tracheotomia - Cancro delle vie aeree superiori - Riduzione delle difese immunitarie Tabella 4. Fattori predisponenti delle tiroiditi acute. Caleidoscopio 13 M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi Manifestazioni cliniche e di laboratorio La tiroidite acuta si manifesta come una malattia infettiva ad esordio improvviso, con compromissione dello stato generale, astenia, febbre spesso elevata e con brivido, sudorazione. Localmente il paziente riferisce un dolore localizzato nella regione anteriore del collo, spesso unilaterale, che si irradia all’orecchio omolaterale e alla mandibola ed è esacerbato dalla deglutizione e dai movimenti di rotazione della testa. Possono inoltre essere presenti: disfagia grave, talora dispnea, tosse secca e stizzosa, per compromissione tracheale ed irritazione del nervo ricorrente. L’esame obiettivo della regione del collo evidenzia una tumefazione dolente, mobile con la deglutizione, che può essere fluttuante. La cute sovrastante si presenta arrossata e calda (2). Gli esami di laboratorio evidenziano una leucocitosi e un aumento della VES. I pazienti sono di solito eutiroidei nonostante sia riportata in letteratura una transitoria elevazione dei livelli di tiroxina sierica. E’ opinione comune che concentrazioni elevate di T4 nel siero siano dovute ad immissione in circolo di ormone preformato da parte dei tireociti danneggiati. La ricerca degli anticorpi antitiroide è sempre negativa. I germi responsabili possono essere messi in evidenza con un’emocoltura o, meglio, con la coltura del pus prelevato mediante puntura o spontaneamente fuoriuscito da una fistola (5,6). La curva di captazione con iodio 131 è spesso normale anche se può essere bassa se l’infiammazione è diffusa. La scintigrafia può mettere in evidenza una zona di amputazione del parenchima tiroideo in corrispondenza dell’ascesso (7). L’indagine ecografica potrà evidenziare la presenza, in uno dei due lobi, a livello della zona dolente alla palpazione, un’area anecogena o ipoecogena corrispondente all’ascesso (2). Diagnosi differenziale e trattamento La presentazione della tiroidite acuta è drammatica, inoltre potrebbe essere mimata da altre condizioni dolorose che colpiscono la tiroide: in primo luogo la tiroidite subacuta granulomatosa, un’emorragia in un nodulo cistico tiroideo, o, ancora, un ingrandimento rapido di un carcinoma tiroideo con necrosi centrale. Tuttavia, la tiroidite subacuta granulomatosa ha una presentazione clinica spesso meno severa della tiroidite acuta; l’emorragia in una cisti tiroidea o in una neoplasia non è accompagnata né da febbre né da altre manifestazioni caratteristiche delle infezioni batteriche. 14 Caleidoscopio M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi Tuttavia è necessario sottolineare che nei pazienti immunodepressi può mancare il rialzo febbrile. Quindi, nel caso in cui si sospetti una tiroidite acuta, è possibile fare un agoaspirato con ago sottile della lesione. La presenza di materiale purulento su cui può essere eseguita la colorazione Gram e l’esame colturale confermeranno la diagnosi (2). Con un trattamento adeguato la tiroidite acuta evolve verso la risoluzione completa senza alterazioni della funzione tiroidea. L’evoluzione spontanea invece, comporta la formazione di un ascesso con fistolizzazione all’esterno. Più raramente si può avere la diffusione del processo suppurativo ai piani circostanti con formazione di un flemmone del collo; questo può perforarsi nella trachea, nell’esofago, nella faringe, nella cavità pleurica. E necessario, quindi, per migliorare la prognosi, un trattamento efficace e iniziato il più precocemente possibile. Il trattamento dovrebbe consistere nella ospedalizzazione con somministrazione parenterale di antibiotici e, nel caso in cui si formi un ascesso, nel drenaggio di quest’ultimo. Inoltre, in alcuni casi, è necessaria la resezione parziale della tiroide. Un ritardo nella diagnosi e nell’inizio del trattamento comporta il pericolo di diffusione sistemica della flogosi con setticemie e setticopiemie. Se adeguatamente trattata, quindi, la tiroidite acuta comporta raramente sequele permanenti. Una severa e diffusa infiammazione potrebbe tuttavia causare la distruzione dell’intera tiroide con conseguente ipotiroidismo. Bisogna inoltre ricordare che sono possibili recidive nei casi in cui siano presenti difetti anatomici come la persistenza del dotto tireoglosso o una non riconosciuta fistola interna (4, 8). Caleidoscopio 15 M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi Tiroiditi subacute Le tiroiditi subacute sono processi infiammatori, reversibili ma qualche volta recidivanti, che colpiscono la tiroide, la cui durata è molto variabile: da alcune settimane a qualche mese. Le due forme più importanti sono: la tiroidite subacuta granulomatosa e la tiroidite silente. Entrambi questi disordini, benché distinti da un punto di vista istologico e ancor di più per l'eziologia, hanno analoghe caratteristiche cliniche e di durata e, per tale motivo, sono incluse nella stessa classificazione generale (1). Tiroidite subacuta granulomatosa Questa forma di tiroidite, descritta per la prima volta nel 1904 da De Quervain, è piuttosto frequente: rappresenta infatti il 5% delle patologie che interessano questa ghiandola. Colpisce prevalentemente il sesso femminile con un rapporto 5 a 1 rispetto ai maschi, ed un'età compresa tra i 30 e i 55 anni. Esistono numerosi sinonimi per questa forma di tiroidite: tiroidite di De Quervain, tiroidite dolorosa, tiroidite granulomatosa, tiroidite migrante sono solo alcuni di questi (2). Eziopatogenesi L'eziologia di questa forma di tiroidite è sconosciuta; l'ipotesi più accreditata è quella virale. Quest'ultima è suggerita da studi epidemiologici e da osservazioni cliniche: la tiroidite granulomatosa è spesso preceduta da un'infezione virale delle vie respiratorie o da una parotite; è una patologia autolimitante e tende ad avere una distribuzione stagionale (estate ed autunno). Inoltre, a conferma della probabile genesi virale, da tiroidi di individui affetti sono stati isolati e coltivati diversi virus, ed elevati titoli anticorpali diretti contro numerosi tipi di virus sono stati riscontrati in pazienti con tiroidite di De Quervain. I virus che più degli altri potrebbero essere coinvolti sono: Coxackie ed Echovirus, Adenovirus, Paramixovirus, virus di Epstein-Barr, virus dell'influenza e dell'epatite (1, 3). Tuttavia, nonostante le evidenze di un'eziologia virale, la tiroidite granulomatosa è risultata chiaramente associata ad un'aumentata frequenza di specifici antigeni del complesso maggiore di istocompatibilità come 16 Caleidoscopio M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi l’HLA-B35 e l’HLA-B67 che lascerebbe presupporre che la suscettibilità all'infezione è geneticamente determinata. Inoltre, va sottolineato che l'associazione con antigeni del sistema HLA è molto più stretta nella tiroidite granulomatosa (rischio relativo 11.5) che nella tiroidite di Hashimoto (rischio relativo 3.5) che è una malattia autoimmune. E probabile, quindi, che l'autoimmunità giochi un ruolo patogenetico anche nella tiroidite di De Quervain. Vari studi infatti, evidenziano una serie di alterazioni del sistema immunitario in questi pazienti. In un quinto dei pazienti sono stati osservati anticorpi antitireoglobulina e antimicrosomiali. Alti titoli di anticorpi diretti contro il recettore del TSH sono stati messi in evidenza nella maggior parte dei pazienti durante la fase acuta della tiroidite. Un ruolo della immunità cellulo-mediata nello sviluppo della tiroidite è stato suggerito dall'osservazione di linfociti T sensibilizzati contro antigeni tiroidei. Tuttavia, sia le alterazioni dell'immunità umorale sia di quella cellulomediata sembrerebbero transitorie e scomparirebbero con la remissione della malattia costituendo quindi solo un epifenomeno legato al rilascio di antigeni tiroidei durante l'infiammazione e non causa di insorgenza della malattia (1, 3). Caratteristiche istopatologiche La ghiandola può essere lievemente o notevolmente aumentata di volume, talora in maniera asimmetrica, ma più spesso in toto, anche se irregolarmente. La tiroide può risultare adesa alle strutture circostanti. Sulla sezione di taglio le aree colpite sono consistenti, di colore bianco giallastro, che contrasta con il tessuto tiroideo normale, che ha consistenza elastica e colore marrone. Istologicamente le lesioni sono zonali e il loro aspetto dipende dallo stadio della malattia. Negli stadi precoci, sparsi follicoli tiroidei possono essere completamente distrutti e sostituiti da neutrofili che costituiscono microascessi. Successivamente, gli aspetti più caratteristici appaiono sotto forma di macrofagi intorno a follicoli lesi, frammisti a cellule giganti multinucleate che racchiudono piccoli residui di colloide. I focolai flogistici hanno l'aspetto di granulomi da cui il nome di tiroidite granulomatosa. Negli stadi successivi le aree colpite vengono sostituite da un infiltrato flogistico cronico con fibrosi (5). Caleidoscopio 17 Le tiroiditi M. Pepe, A. Di Gregorio Manifestazioni cliniche La tiroidite granulomatosa si manifesta prevalentemente in donne (80% dei casi) di età compresa tra i 40 e i 50 anni. Essa è spesso preceduta da un episodio infettivo delle prime vie aeree o dalla parotite epidemica. Ha un esordio brusco caratterizzato da: mialgia, febbre di grado non elevato, astenia, mal di gola e spesso disfagia. E’ presente dolore nella regione anteriore del collo. Questo compare improvvisamente, è unilaterale e, in almeno un terzo dei casi, si irradia all'orecchio ipsilaterale. Il dolore però può irradiarsi anche alla mandibola, alla regione occipitale, al torace superiore. Esso tende ad aumentare durante i movimenti di rotazione della testa e durante la deglutizione; inoltre, nell'evoluzione della malattia, può migrare verso il lato controlaterale. Sintomi di ipermetabolismo come sudorazione, tachicardia, palpitazioni, perdita di peso possono essere presenti (circa la metà dei casi) se coesiste ipertiroidismo, dovuto ad immissione in circolo di ormoni tiroidei preformati da parte di follicoli tiroidei distrutti (6) (Tab. 5). SINTOMI LOCALI - Dolore al collo - Irradiazione del dolore all'orecchio - Dolore durante la deglutizione - Dolore con i movimenti della testa - Mal di gola - Senso di costrizione del collo - Evidente tumefazione al collo Incidenza 91 64 52 38 36 21 14 SINTOMI SISTEMICI - Astenia malessere - Perdita di peso - Anoressia - Brividi - Dolori muscolari - Nervosismo - Intolleranza al caldo - Tachicardia - Aumento dell'appetito - Tremori Tabella 5. Sintomi della tiroidite subacuta. 18 Caleidoscopio 84 38 18 7 12 6 30 18 11 9 M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi L'esame fisico mostra tipicamente un paziente con febbre moderata, con un aumento di volume asimmetrico della tiroide, che presenta un nodulo duro, mal definito e spesso tanto dolente da rendere impossibile la sua valutazione alla palpazione. Caratteristiche di laboratorio e strumentali I pazienti con tiroidite di De Quervain presentano una VES aumentata (>80 alla prima ora) e, all'elettroforesi proteica un innalzamento del valore delle 2 globuline. Può essere presente un'anemia normocromica normocitica; il numero dei globuli bianchi può essere normale o lievemente al di sopra della norma. Il dosaggio degli ormoni tiroidei evidenzia un T 4 s i e r i c o sproporzionatamente elevato rispetto al T 3 sierico, che riflette il diverso contenuto intratiroideo dei due ormoni. Inoltre, la ridotta conversione periferica di T 4 in T 3, dovuta proprio alla malattia, contribuisce ai bassi livelli di T3. In genere l'ipertiroidismo che ne deriva è lieve o modesto (7). Durante la fase acuta della malattia la captazione di iodio radioattivo è molto bassa (meno del 2% alla 24a ora) e dipende dalla perdita della capacità di captare iodio da parte dei tireociti danneggiati più che dai bassi livelli di TSH, poiché anche i pazienti con tiroidite granulomatosa eutiroidei hanno una bassa curva di captazione iodica. Il test di captazione dovrebbe essere fatto quando si sospetta una tiroidite di De Quervain per escludere le altre cause di dolore e ingrossamento della regione anteriore del collo. Se la curva di captazione risulta superiore al 5% alla 24 a ora, la tiroidite subacuta è molto improbabile. La tireoglobulina è significativamente elevata e può essere un test di aiuto nei casi in cui la diagnosi non è chiara. Infatti, valori normali di tireoglobulina in pazienti con dolore alla regione anteriore del collo permette di escludere la diagnosi di tiroidite subacuta. Diagnosi differenziale Riguarda essenzialmente le forme che si presentano come noduli freddi della tiroide associati a segni infiammatori. Vanno ricordate: la cisti ematica, il carcinoma anaplastico della tiroide, alcune forme di tiroidite di Hashimoto (Tab. 6). La prima compare in maniera brusca; si presenta dura, dolorosa, non associata a segni infiammatori generali. Il carattere liquido clinicamente sospetto si valuta con l'ecografia e l'agoaspirazione. Il carcinoma anaplastico può comparire rapidamente, avere una sintomatologia dolorosa ma una sindrome infiammatoria moderata. Il nodulo è Caleidoscopio 19 M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi - Tiroidite subacuta granulomatosa - Emorragia acuta in una cisti tiroidea - Emorragia acuta in un carcinoma tiroideo - Tiroidite suppurativa acuta - Rapido aumento di volume di un carcinoma tiroideo - Tiroidite di Hashimoto variante dolente - Infezione di una cisti del dotto tireoglosso - Cellulite della regione anteriore del collo Tabella 6. D.D. di una massa dolorosa della regione anteriore del collo. ipocaptante, la sintomatologia non migliora con un intervento medico adatto e la diagnosi di certezza sarà istologica in corso di intervento chirurgico di asportazione. Alcune forma di tiroidite di Hashimoto all'esordio possono presentarsi in maniera simile alla tiroidite subacuta tuttavia l'evoluzione clinica e soprattutto il più alto titolo anticorpale permetterà di differenziare le due condizioni (1). Trattamento e decorso clinico I salicilati e gli antiinfiammatori non steroidei sono considerati da molti autori i farmaci di prima scelta per la riduzione del dolore; tuttavia essi sono efficaci solo nel caso in cui l'infiammazione è lieve. I glucocorticoidi somministrati per via orale (per esempio 20-40 mg/die di prednisolone) in due dosi giornaliere comporta una drammatica riduzione del dolore e del gonfiore, spesso entro un'ora dalla prima somministrazione. Essi, quindi, rappresentano il trattamento di scelta a meno che non esistano delle controindicazioni. La dose può essere ridotta dopo un paio di settimane e la terapia può essere sospesa entro 2-4 settimane. E’ chiaro che questi sono dati orientativi, infatti la terapia può essere continuata anche per molto più tempo in relazione al quadro clinico e alla VES. 20 Caleidoscopio M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi Il dolore e l'ingrossamento possono recidivare, spesso dalla parte controlaterale del collo, in circa il 20% dei pazienti durante la riduzione dei glucocorticoidi, o, improvvisamente, dopo la loro sospensione. Quando i sintomi di ipertiroidismo sono importanti possono essere utili i farmaci β-bloccanti come il propanololo (9). Il decorso caratteristico della tiroidite di De Quervain è caratterizzato da quattro fasi. Una fase iniziale acuta, che si manifesta con un ingrossamento doloroso, asimmetrico, della ghiandola tiroidea, un ipertiroidismo che dura generalmente da tre a sei settimane. Dopo un intervallo di alcune settimane, in cui il paziente è eutiroideo, compare una fase di ipotiroidismo della durata di diverse settimane o alcuni mesi durante i quali è necessaria una terapia sostitutiva con L-Tiroxina. Segue una fase di recupero, asintomatica, durante la quale la tiroide riprende la sua normale funzione. Va sottolineato che non tutti i pazienti presentano questo tipo di evoluzione e spesso può mancare, ad esempio, completamente la fase di ipotiroidismo (9-10). La durata massima della tiroidite granulomatosa non supera i quattro, sei mesi. Poco comuni sono le anomalie della funzione tiroidea persistenti anche se qualche autore riporta un 5% di ipotiroidismo permanente come complicanza di questa tiroidite (10). Altri hanno osservato che l'ipotiroidismo è accompagnato da un rialzo degli anticorpi antitiroide suggerendo una coesistente malattia autoimmune della tiroide (11-12). Recentemente uno studio a lungo termine di pazienti con tiroidite subacuta ha evidenziato una particolare sensibilità all'effetto dello iodio esogeno suggerendo quindi persistenti anomalie della funzione tiroidea e quindi mettendo in dubbio il concetto di malattia autolimitante. Tiroidite subacuta linfocitaria Si tratta di una patologia caratterizzata da ipertiroidismo transitorio, curva di captazione dello iodio radioattivo soppressa, gozzo indolore. E stata denominata con vari nomi: tiroidite linfocitaria, tiroidite linfocitaria subacuta, tiroidite linfocitaria indolore, tiroidite indolore, tiroidite silente (14-15). Questa tiroidite può presentarsi in due forme: la forma sporadica e quella post-partum che verranno trattate in maniera separata. Caleidoscopio 21 M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi Forma sporadica Eziopatogenesi Molte evidenze suggeriscono un'origine autoimmune per la tiroidite indolore. Infatti nel siero di questi pazienti sono presenti alti titoli di anticorpi anti-microsomi e l'esame istologico evidenzia un'infiltrazione linfocitaria, entrambe caratteristiche presenti della tiroidite di Hashimoto (16). Inoltre è presente un'associazione con altre patologie autoimmuni quali ad esempio il lupus eritematoso sistemico e la sindrome di Sjögren, il morbo di Addison, la malattia di Basedow e la tiroidite di Hashimoto (17-18). Tuttavia non è chiaro come mai circa il 50% dei pazienti con tiroidite indolore sporadica non presenti evidenze sierologiche di autoanticorpi tiroidei e come di solito la guarigione sia seguita dalla completa risoluzione delle alterazioni istologiche. E stata proposta, tuttavia, anche una probabile eziologia infettiva data la comparsa di più casi nella stagione invernale. Inoltre è possibile che esista una predisposizione genetica per questa patologia data l'aumentata prevalenza di alcuni antigeni di istocompatibilità: HLA DR3, 4 e 5 (19-20) (Tab. 7). Dati a favore - Istologia suggestiva - Somiglianza alla tiroidite post-partum, una malattia autoimmune - Presenza di anticorpi antitiroide - Occasionale associazione con la malattia di Graves, altra malattia autoimmune Dati contro - Alcune differenze istologiche - Alcune somiglianze cliniche alla tiroidite subacuta - Anticorpi tiroidei spesso assenti - Incidenza variabile in rapporto alla stagione e all'area geografica - Non definita associazione con HLA - Transitorio ipertiroidismo seguito di solito da guarigione completa Tabella 7. Tiroidite silente: una forma di tiroidite autoimmune? 22 Caleidoscopio M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi Manifestazioni cliniche e di laboratorio Esordisce improvvisamente con i sintomi dell'ipertiroidismo come tachicardia, palpitazione, intolleranza al caldo, nervosismo, perdita di peso (Tab. 8). All'esame fisico si evidenzia spesso un piccolo gozzo simmetrico, non dolente che tuttavia è assente nel 50% circa dei casi. Colpisce prevalentemente (80% dei casi) giovani donne, di età compresa tra i 30 e i 40 anni. Non è presente oftalmopatia: è possibile soltanto una retrazione della palpebra superiore (13). I livelli sierici di ormoni tiroidei (T 3 e T4) sono aumentati e, come per la tiroidite subacuta, c’è una sproporzione tra l'elevazione di T4 rispetto alla T3 dovuta alla distruzione follicolare e al rilascio in circolo di ormoni preformati. Gli autoanticorpi tiroidei, soprattutto quelli antimicrosomiali, sono frequentemente positivi, ma ad un titolo modesto. La VES può essere normale o solo lievemente aumentata. La curva di captazione di iodio radioattivo è soppressa, e, a meno che non ci siano controindicazioni, dovrebbe essere eseguita per escludere la malattia di Basedow che richiede una terapia completamente diversa e la cui diagnosi differenziale potrebbe non essere semplice nel caso in cui manchi l’esoftalmopatia (19-20) (Tab. 9). Sintomi e segni - Perdita di peso - Nervosismo - Malessere, astenia - Intolleranza al caldo - Aumentata sudorazione - Gozzo - Tachicardia - Iperreflessia - Tremori - Retrazione palpebrale - Debolezza muscolare % Pazienti 67 84 83 75 70 54 88 71 67 53 8 Tabella 8 Sintomi o segni in pazienti con tiroidite silente. Caleidoscopio 23 Le tiroiditi M. Pepe, A. Di Gregorio Caratteristiche cliniche Tiroidite silente Malattia di Graves Esordio Severità dei sintomi Durata dei sintomi Esoftalmo, dermopatia Rapporto T3/T4 Captazione tiroidea dello iodio radioattivo Improvviso Lieve o moderata < 3 mesi assente < 20:1 soppressa Graduale moderata > 3 mesi Può essere presente > 20:1 elevata Tabella 9. Caratteri distintivi tra tiroidite silente e malattia di Graves. Diagnosi differenziale Deve essere fatta innanzitutto con le altre patologie responsabili di ipertiroidismo (Tab. 10). In primo luogo la malattia di Basedow che presenta alterazioni oculari, valori generalmente più alti di T3 e di T4, una eccessiva captazione di radioiodio, un aspetto di iperfissazione alla scintigrafia. Il gozzo uni e multinodulare tossico si differenzia per l'aspetto scintigrafico e la captazione eccessiva del tracciante isotopico. - Tiroidite subacuta - Tiroidite silente - Malattia di Basedow - Tiroidite di Hashimoto - Tireotossicosi factitia - Gozzo basedowificato - Adenoma di Plummer Tabella 10. Possibili cause di ipertiroidismo. 24 Caleidoscopio M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi Più difficile è la diagnosi differenziale con una poussée ipertiroidea della tiroidite di Hashimoto (Hashitoxicosis) che dovrebbe avere un titolo di anticorpi antitiroide più elevato e naturalmente un'evoluzione diversa. Nella diagnosi differenziale bisogna prendere in considerazione la tireotossicosi factitia in cui il quadro sintomatologico contrasta con i bassi valori di tireoglobulina (5). Trattamento e decorso clinico Il trattamento è rivolto essenzialmente al controllo dei sintomi e dei segni di ipertiroidismo con farmaci β-bloccanti come il propranololo. L'uso dei farmaci antitiroidei non è né indicato né utile. I gluococorticoidi sono stati usati da alcuni autori per attenuare e rendere più breve la durata dell'ipertiroidismo ma sembrano avere poco valore per cui il loro uso è sconsigliato. Il decorso clinico della tiroidite silente può presentare quattro fasi, come la tiroidite granulomatosa, da cui si differenzia per la mancanza del gozzo doloroso. Anche qui è possibile, tuttavia, che la guarigione segue direttamente la fase ipertiroidea, in assenza di quella ipotiroidea (12). Per la loro somiglianza clinica è stata ipotizzata per le due tiroiditi subacute una comune eziologia anche se ciò appare improbabile. Infatti, nonostante la loro analogia, la tiroidite silente e quella granulomatosa differiscono significativamente in termini di prognosi. In uno studio a lungo termine condotto da Nikolai (20) su 124 pazienti con tiroidite di De Quervain e 54 soggetti con tiroidite silente, solo il 25% dei primi presentava un gozzo alla fine dello studio, mentre il 48% degli altri aveva persistenti anormalità tiroidee: 3 pazienti con permanente ipotiroidismo e 23 con gozzo o positività per gli anticorpi antimicrosomiali. Altri autori hanno descritto una esagerata risposta del TSH al test di stimolo con TRH suggerendo, in questi pazienti, una ridotta riserva tiroidea. Tiroidite post-partum La tiroidite post-partum descritta per la prima volta da Roberton nel 1948 (1), si manifesta con una frequenza del 4-7%. La sua elevata incidenza ha suscitato negli ultimi vent'anni un interesse crescente negli endocrinologi. La tiroidite post-partum è una condizione ad eziologia ancora sconosciuta, ma, la sua associazione con anticorpi antitiroidei, con taluni antigeni HLA, e l'infiltrazione linfocitaria della tiroide che la caratterizza suggeriscono che si Caleidoscopio 25 M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi tratti di una variante delle tiroiditi autoimmuni (21-23). Essa si manifesta con un transitorio ipertiroidismo e/o ipotiroidismo nel primo anno dopo il parto in donne che erano eutiroidee durante la gravidanza. E tuttavia possibile che un ipotiroidismo permanente si sviluppi in un 10-30% di donne (24). Interessante è l'associazione con la depressione post-partum e il riscontro di un’elevata incidenza di tale tiroidite in donne affette da diabete mellito di tipo I. Prevalenza della PPT nella popolazione generale Una revisione dei dati della letteratura riguardanti la prevalenza di PPT nella popolazione generale ha evidenziato notevoli differenze nelle casistiche dei diversi lavori: dall'1.1% al 16.7% (25-30). Tale diversità poteva essere spiegata solo in parte con la provenienza dei soggetti considerati da aree geografiche differenti. Infatti, ad un'analisi più attenta si notava una percentuale maggiore di soggetti colpiti in quegli studi che prevedevano un follow-up di un anno. E’ chiaro quindi che il motivo principale della variabilità dei dati percentuali è sicuramente la durata del periodo di followup post-partum che permette una valutazione più attendibile dei soggetti colpiti dalla PTT che invece viene sottostimata se il periodo di osservazione è inferiore (ad es. 3 mesi per lo studio di Freeman). Eziopatogenesi E noto che durante la gravidanza si ha una situazione di immunosoppressione seguita, nel periodo post-partum, da un rimbalzo dell'attività immunitaria. La ridotta reattività immunitaria è necessaria per l'accettazione da parte dell'organismo materno del feto, che può essere considerato una forma speciale di trapianto omologo in quanto metà del suo patrimonio genico è di origine paterna. Un evidente esempio di suddette alterazioni immunologiche è la malattia di Graves. La maggior parte delle donne affetta da tale patologia e in cura con farmaci antitiroidei prima della gravidanza rimangono eutiroidee in questo periodo della loro vita nonostante l'interruzione della terapia. Tuttavia, nel periodo post-partum di solito ricompare l'ipertiroidismo e la necessità di ripristinare il trattamento farmacologico. E convinzione generale che la tiroidite post-partum sia un disordine autoimmune. I dati che supportano tale ipotesi sono: 1) associazione costante della PPT con autanticorpi antitiroide in percentuale maggiore rispetto alla forma sporadica (80%); 2) associazione con specifici antigeni di istocompatibilità (HLA); 3) cambiamenti fenotipici dei linfociti T in donne che sviluppano PPT. Esistono inoltre, relazioni tra PPT e cellule NK, sottoclassi di immunoglobuline, contenuto iodico tiroideo. 26 Caleidoscopio M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi Il titolo di autoanticorpi antitiroidei è alterato dai cambiamenti immunologici della gravidanza e del periodo post-partum. Parcker e Beierwaltes hanno evidenziato nel loro studio una riduzione del titolo anticorpale che inizia nel primo trimestre di gravidanza con un minimo nel terzo trimestre e un aumento degli anticorpi dopo il parto. Gli stessi autori hanno inoltre trovato autoanticorpi antitiroide nel sangue del cordone ombelicale, dato che indicherebbe un passaggio transplacentare (31). Studi che valutano l'incidenza della PPT hanno evidenziato una stretta correlazione tra la presenza di autoanticorpi antitiroide e lo sviluppo di PPT. In particolare gli anticorpi antitireoperossidasi sarebbero un buon indicatore di futuro sviluppo di PPT (32). Dalla maggior parte degli studi si desume che più del 75% delle donne che sviluppano la suddetta tiroidite presentava anticorpi antitireoperossidasi. E’ invece particolarmente difficile, se non impossibile, determinare dalla letteratura la prevalenza di PPT in donne con autoanticorpi antitiroide negativi. Sembrerebbe inoltre che maggiore e il titolo di anticorpi antiperossidasi, più alta è l'incidenza della tiroidite post-partum (33). Infine, Tamaki ha recentemente riportato che è possibile con una sensibile metodica immunoenzimatica, dosare anticorpi antitireoglobulina durante la gravidanza, ulteriore utile elemento per predire disfunzioni tiroidee post-partum (34). E noto da tempo che esiste una netta correlazione tra aplotipi HLA ed una serie di sindromi autoimmuni. Infatti, gli antigeni del sistema maggiore di istocompatibilità sono di fondamentale importanza nell'indirizzare e regolare la risposta immune negli esseri umani. In particolare sarebbero coinvolti nella presentazione e cooperazione fra le cellule immunocompetenti. Nel caso specifico della PPT sembra che ci sia un'associazione con l’HLA DR3, 4, 5, e questo confermerebbe l'ipotesi autoimmune di questo disordine. Tuttavia, poiché molte donne colpite da PPT presentano altri marker HLA si può dedurre che la presenza di questi non è essenziale per lo sviluppo della suddetta tireopatia (35-36). Il ruolo dei linfociti T nella immunosoppressione della gravidanza e il conseguente attecchimento dell'allotrapianto fetale è molto interessante. E stato osservato da Sridama una riduzione dei linfociti T helper (CD4+) durante la gravidanza, dati, tuttavia, non confermati da studi di altri ricercatori (36-37). Sembra invece confermata la riduzione del rapporto CD4 +/CD8+, riduzione che si manifesterebbe con minore intensità nelle donne che svilupperanno PPT, favorita, con molta probabilità da un minor grado di immunosoppressione. E stata ipotizzata o una mancata responsività dei CD8+ o un difetto funzionale dei CD4+CD45RA+, la sottopopolazione che risulta aumentata. Distinti fenotipi di T- cell possono essere identificati in chi sviluppa una PPT (37). Altro dato considerato è la relazione tra PPT e cellule NK. I risultati sono Caleidoscopio 27 M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi discordanti, infatti in alcuni lavori sembrerebbe ci sia un aumento di queste cellule in altri non si notano differenze con i soggetti di controllo (38, 39). Al momento, quindi, il ruolo delle cellule NK nell'eziologia della PPT rimane incerto. La possibile relazione tra sottoclassi delle immunoglobuline e sviluppo di PPT ha attratto l'attenzione di diversi ricercatori. Di particolare interesse sono le IgG1, che, per la loro capacità di fissare il complemento, hanno fatto ipotizzare un loro ruolo patogenetico nelle PPT. Jansson ha evidenziato nelle pazienti affette da ipotiroidismo post-partum un aumento degli anticorpi microsomiali e in particolare della sottoclasse IgG1 rispetto ai controlli (41). Al contrario Weetman esaminando le pazienti con PPT non ha trovato consistenti differenze nella percentuale IgG rispetto ai controlli. Tuttavia, i livelli totali di immunoglobuline erano aumentati (42). Infine, BrionesUrbina hanno trovato un aumento delle IgG1, IgG2, IgG4 in donne che sviluppavano PPT ed hanno concluso che la policlonalità della risposta anticorpale depone per l'utilità degli anticorpi come marker ma non come agente eziologico di questa malattia (43). Alcuni autori hanno inoltre ipotizzato un possibile ruolo dell'introito di iodio per spiegare le variazioni geografiche nell'incidenza della PPT. I dati ottenuti evidenzierebbero che la somministrazione di iodio non altererebbe l'incidenza del disordine, bensì la sua presentazione clinica. Sembrerebbe che nelle zone dove maggiore è l'apporto iodico, quali per esempio gli Stati Uniti e il Giappone, l'espressione clinica della PPT sia prevalentemente l'ipertiroidismo. Sarebbe invece predominante l'ipotiroidismo in Svezia, la cui popolazione ha un più basso introito di iodio (35). Inoltre, un basso introito di iodio nel periodo post-partum può aggravare la fase ipotiroidea, come suggerito da osservazioni di Robertson (47) di un transitorio ipotiroidismo post-partum in una popolazione con deficit di apporto iodico. Dopo l'introduzione di sale iodato, tale sindrome clinica è divenuta piuttosto rara. Possiamo concludere che è tuttora ignota la causa della PPT ma le numerose evidenze sperimentali circa le alterazione a vari livelli della risposta immunitaria depongono, quale che sia l'evento scatenante, per una patogenesi autoimmune di questa patologia la cui espressione clinica potrebbe essere influenzata dalla diversa assunzione iodica nelle varie popolazioni. Istologia L’istopatologia della PPT è stata ottenuta mediante studi su numerosi campioni ottenuti con agobiopsia di tiroidi di soggetti affetti. Come descritto da Mizukami e colleghi, in tutti i campioni prelevati o analizzati era presente una infiltrazione linfocitaria che poteva variare da focale a diffusa. Inoltre, caratteristica istologica comune era una distruzione, di vario grado, di 28 Caleidoscopio M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi follicoli tiroidei e una lieve o moderata iperplasia dei follicoli integri. Quest'ultima riflette probabilmente solo una secondaria risposta agli elevati livelli di tireotropina della transitoria fase ipotiroidea. Altro dato interessante è il miglioramento delle caratteristiche istologiche nella fase di remissione della malattia. Da sottolineare la presenza di una fibrosi stromale in molti campioni esaminati. Tutte le alterazioni sopra descritte sono simili a quelle osservate dagli stessi autori nei pazienti affetti dalla forma sporadica della tiroidite silente. Clinica Il decorso tipico della PPT è caratterizzato da una fase di ipertiroidismo seguita da una fase ipotiroidea ed un ritorno ad uno stato di eutiroidismo entro un anno dal parto. E' stato osservato che l'ipertiroidismo colpisce le pazienti prevalentemente nei primi sei mesi dopo il parto, l'ipotiroidismo nei successivi sei mesi. Bisogna tuttavia sottolineare che non tutti i soggetti colpiti da questa tiroidite presentano entrambe le fasi di iper e ipofunzione della ghiandola tiroidea, ma soltanto il 26%; mentre rispettivamente il 38% e il 36% presentano solo l'ipertiroidismo o l'ipotiroidismo. Il primo può presentarsi senza sintomi e/o segni clinici significativi, oppure con palpitazioni, astenia, intolleranza al caldo, tremori, nervosismo. I sintomi più frequenti della fase ipotiroidea sono una ridotta capacità di concentrazione e di memoria. E stata inoltre evidenziata una maggiore incidenza di depressione post-partum nelle donne affette da PPT o con positività agli autoanticorpi antitiroide (Tab. 11). Prevalenza in vari paesi 1,1-16,7% Prevalenza in Italia 4,8% Presentazione biochimica Tireotossicosi Ipotiroidismo Tireotossicosi e Ipotiroidismo Evoluzione in ipotiroidismo permanente 38% 36% 26% 23% Fattori di rischio TPOAb in gravidanza Diabete mellito tipo I 33% 10-25% Rischio di nuova PPT dopo un primo periodo 70% Tabella 11. Tiroidite post-partum (PPT): dati epidemiologici e clinici. Caleidoscopio 29 M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi Diagnosi La fase ipertiroidea è caratterizzata da un TSH soppresso, T 4 e T 3 solo lievemente aumentati. La captazione tiroidea è bassa e permette di fare diagnosi differenziale con la malattia di Basedow, qualora questa compaia nel post-partum, che presenta una captazione con angolo di fuga. L'ipotiroidismo può essere confermato biochimicamente da elevati livelli di TSH. Gli anticorpi antitireoperossidasi e antitireoglobulina sono positivi nelle donne colpite da tiroidite post-partum. Studi basati su controlli ecografici in gravidanza non hanno messo in evidenza alcuna differenza nelle dimensioni della ghiandola tra le donne che svilupperanno la PPT e i controlli. Ne deriva che il volume tiroideo in gravidanza non è un utile indicatore per la diagnosi né un indice predittivo di PPT. Tuttavia, in uno studio del 92, Adams ha trovato un aumento dell'ecogenicità della tiroide in quelle donne che svilupperanno PPT, postulando che tale modificazione potrebbe precedere i cambiamenti biochimici di questa tiroidite (48). Per quanto riguarda la possibilità di uno screening sulla popolazione generale non c’è al momento accordo. E’ utile ricordare che donne affette da diabete di tipo I presentano un'incidenza maggiore di PPT, e quindi vanno seguite con maggiore attenzione in gravidanza anche per il rischio di tiroidite post-partum. Per le altre donne sarebbe consigliabile un dosaggio degli anticorpi antitiroide nel primo trimestre di gravidanza per selezionare quelle anticorpo-positive, a più alto rischio di sviluppare una tiroidite post-partum, in cui dosare il TSH al terzo e sesto mese dopo il parto. E consigliabile, inoltre, educare le donne anticorpo-positive a riconoscere precocemente eventuali sintomi di iper o ipofunzione tiroidea. Tuttavia, in futuro, potrebbero essere evidenziati altri indici in grado di predire la comparsa di PPT. A questo scopo sono stati fatti studi sull'escrezione renale di iodio e sulla tireoglobulina. Sembrerebbe che (24) un danno tiroideo nel periodo post-partum sia associato ad un aumento dei livelli di ioduria e che tali livelli al terzo mese dopo il parto correli con la severità del successivo episodio di ipotiroidismo. Un discorso simile può essere fatto per la tireoglobulina. E’ stato infatti osservato da Parker (1994) che la misura della tireoglobulina in donne autoanticorpo-positive potrebbe permettere di identificare, con una sensibilità del 49-81% e una specificità del 98%, quelle che svilupperanno PPT ed in particolare quelle ad alto rischio di ipotiroidismo severo dovuto ad una massiccia distruzione autoimmune della tiroide. 30 Caleidoscopio M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi Prognosi e terapia Nella maggior parte delle pazienti la fase ipertiroidea non necessita di nessun trattamento. Se necessario esso è tipicamente limitato all’uso dei βbloccanti a dosi variabili in relazione alla gravità dei sintomi (30-60 mg/die di propanolo). Nella fase ipotiroidea la terapia sostitutiva con L-tiroxina va iniziata a basse dosi modificandola in base ai sintomi più che al preciso valore di TSH. Nelle donne trattate la dose giornaliera dovrebbe essere ridotta gradualmente nove mesi dopo l'inizio della terapia per valutare se la funzione tiroidea ha ripreso la normale funzionalità. Il livello di TSH non è affidabile nel predire la necessità di una terapia permanente con ormone tiroideo. Sono stati descritti infatti in letteratura pazienti con gravi sintomi di ipotiroidismo post-partum ed elevati livelli di TSH che presentavano una remissione spontanea. Caleidoscopio 31 M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi Tiroidite cronica autoimmune di Hashimoto Introduzione Nel 1912, Hashimoto descrisse il caso clinico di quattro donne nelle quali la tiroide appariva notevolmente ingrandita, istologicamente trasformata in tessuto linfoide e diede a tale affezione il nome di "struma linfomatoso" (1). In queste pazienti non si riscontravano inizialmente segni di ipotiroidismo o altre alterazioni. Più di 40 anni dopo si rilevarono in analoghi pazienti con tale disordine anticorpi antitiroide e attualmente si riconosce nella malattia primariamente descritta da Hashimoto il quadro della tiroidite cronica autoimmune (2). Tale definizione non è comunque universalmente accettata (3). Alcuni autori considerano la diagnosi istologica di tiroidite autoimmune, classificabile in due entità separate: tiroidite linfocitica se è presente il solo infiltrato linfocitario e tiroidite di Hashimoto se sono presenti oltre all'infiltrato, anche l'atrofia, la fibrosi della ghiandola e le modificazioni eosinofile delle cellule tiroidee (4). Anche clinicamente la tiroidite può essere caratterizzata dalla presenza di un voluminoso gozzo o da una tiroide atrofica ridotta di volume e di consistenza aumentata. Entrambe le forme comunque, sono caratterizzate dalla presenza nel siero di auto-anticorpi contro antigeni tiroidei e da vari gradi di disfunzione ormonale. Epidemiologia ed evoluzione La tiroidite autoimmune è una patologia relativamente frequente nella popolazione generale specie nelle aree geografiche a maggiore apporto iodico. Colpisce il sesso femminile e viene di solito diagnosticata tra i 30 e i 60 anni. In uno studio autoptico condotto negli Stati Uniti ed in Inghilterra risulta che quasi il 45% delle donne ed il 20% degli uomini presenta vari gradi di tiroidite autoimmune: da 1 a 10 foci per cm 2 di tiroidite nella forma lieve, più di 40 foci per cm 2 per la forma severa e la prevalenza è del 5-15% nelle donne e dell’1-5% negli uomini (54-55) (Tab. 12). L'infiltrazione linfocitaria della tiroide è molto più frequente nelle donne bianche di età maggiore di 20 anni (41%) e meno comune nelle coetanee 32 Caleidoscopio M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi afroamericane (17%). In Italia la prevalenza degli anticorpi antitiroide nella popolazione generale varia dal 6% nelle donne di età inferiore ai 30 anni al 28% in quelle di età superiore ai 60 anni. La presenza di anticorpi antitiroide e TSH elevato è fortemente predittiva di un successivo sviluppo di ipotiroidismo franco (Tab. 13) (Tab. 14). Le implicazioni cliniche di tali evidenze epidemiologiche sono che la tiroidite autoimmune anche subclinica è la maggiore causa di ipotiroidismo nell'adulto. Femmine Maschi 6% 30 aa 28% 60aa 8,8% Presenza di tiroidite lieve 45% 20% Presenza di tiroidite severa 5-15% 1-5% Prevalenza anticorpi antitiroide Tabella 12. Studio di Whickham: follow-up su popolazione di età fra i 38 e i 93 anni. Rischio per anno Rischio nei 20 anni successivi TSH 6 U/ml TPOAb negativi 2,6% 33% TSH 0,5-4,2U/ml TPOAb positivi 2,1% 27% TSH 6U/ml TPOAb positivi 4,3% 55% Tabella 13. Rischio per lo sviluppo di ipotiroidismo nel sesso femminile. Caleidoscopio 33 M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi Patogenesi Attivazione dei linfociti T Il processo autoimmune inizierebbe con l'attivazione dei linfociti CD4 positivi o helper, linfociti T specifici per gli antigeni tiroidei (9). Tali linfociti, tuttavia, non sono stati isolati nel tessuto con tiroidite autoimmune mentre si ritrovano comunemente nella tiroide colpita dal morbo di Graves (10). Attualmente esistono due ipotesi sulla genesi della attivazione dei linfociti CD4. Secondo alcuni, una iniziale infezione causata da virus o batteri contenenti proteine simili a proteine tiroidee determinerebbe l'attivazione di cloni di linfociti helper specifici per antigeni tiroidei che darebbero origine ad una cross-reazione. Infatti è stata ritrovata una certa "oligoclonalità" dei linfociti nel tessuto tiroideo di pazienti con tiroidite autoimmune (11) come pure sono stati trovati nel siero di altri individui affetti, segni di recenti infezioni batteriche o virali (12-13) e anticorpi contro retrovirus (14), ma l'ipotesi che un agente infettante precipiti la condizione di attivazione delle cellule T non è ancora del tutto accettata (15). Un'ipotesi alternativa è quella che sostiene che le cellule tiroidee presentino loro stesse alcune loro proteine intracellulari ai linfociti T helper. Questa possibilità è avvalorata dall'evidenza che cellule tiroidee di pazienti con tiroidite autoimmune, ma non cellule tiroidee di individui sani, esprimono sulla loro membrana il complesso maggiore di istocompatibilità (MCH) di classe II (HLA DR, DP, DQ) che è richiesto per la presentazione dell'antigene ai linfociti CD4 (16). D'altra parte l'interferone gamma, rilasciato dai linfociti T attivati, sarebbe in grado di indurre l'espressione dell'MCH di classe II sulle cellule tiroidee (17) che a loro volta stimolerebbero di nuovo i linfociti helper con perpetuazione del processo autoimmune (18-19). Il meccanismo alla base della iniziale attivazione dei linfociti T in tale modello non è chiaro ed in vivo, potrebbe essere meno legato ad antigeni specifici di quanto non sia in studi in vitro, comunque sembra che la stessa tiroide, oltre a presentare l’MHC, promuova l'espansione clonale di molte popolazione di linfociti T anche con la produzione di altre sostanze necessarie alla risposta immune (20). Comunque attivati, i linfociti T possono stimolare i linfociti B alla produzione di anticorpi. I tre antigeni target per la risposta immune sono la tireoglobulina, proteina di deposito degli ormoni tiroidei, la perossidasi tiroidea, enzima limitante nella sintesi di T3 e T4 e il recettore per il TSH (21). Sono noti, inoltre, altri anticorpi diretti verso altri antigeni tiroidei ma ancora non sono stati ben caratterizzati (22). Il ruolo principale nella distruzione del tessuto tiroideo è giocato 34 Caleidoscopio M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi senz'altro dall'azione citotossica diretta dei linfociti CD 8 killer reclutati dai linfociti CD4 (23). Comunque, anche gli auto-anticorpi potrebbero essere responsabili dell'ipotiroidismo: in vitro infatti, si è visto che gli anticorpi anti-perossidasi inibiscono l'azione della perossidasi tiroidea (24), inoltre alcuni pazienti hanno anticorpi con attività citotossica in grado di attivare il complemento e causare la lisi delle cellule tiroidee (25-28). Un contributo all'ipotiroidismo potrebbe inoltre derivare dagli anticorpi anti-recettore per il TSH con azione bloccante. Tali immunoglobuline sono state ritrovate nel 10% dei pazienti con gozzo da tiroidite autoimmune e nel 20% di quelli con tiroidite autoimmune atrofica (29-30); comunque soltanto nel 40% di tali pazienti in trattamento con tiroxina nei quali tali anticorpi scompaiono, si ripristina l’eutiroidismo suggerendo che solo nel 5-10% dei casi le immunoglobuline anti-recettore per il TSH causano l'ipotiroidismo nella tiroidite cronica autoimmune (31). TPOAb (titolo) Sviluppo di ipotiroidismo 1:100-1:200 1:400-1:800 1:800 23% 33% 53% Tabella 14 Sviluppo di ipotiroidismo nel sesso femminile nei successivi 20 anni in rapporto al titolo iniziale di TPOAb. Fattori predisponenti L'autoimmunità tiroidea è familiare (32-33). Infatti più del 50% dei parenti di primo grado di soggetti affetti da tiroidite cronica autoimmune presenta anticorpi antitiroide. In alcuni studi su razza bianca si è rilevato che l'aplotipo HLA-B8 DR3 risulta associato alla tiroidite atrofica autoimmune mentre, l’HLA-DR5 alla forma con gozzo della stessa tiroidite quasi a suggerire cause separate per le due affezioni (34). Al contrario, nelle popolazioni giapponesi l’HLA-DR2 o l’HLA-DQ1 appare l'assetto genetico protettivo ma in ogni caso tali aplotipi, più spesso ritrovati nei pazienti affetti, non forniscono dati consistentemente riproducibili (35-36). L'alta prevalenza di tiroidite autoimmune nei pazienti con sindrome di Down e con malattia di Alzheimer ha focalizzato l'attenzione sul cromosoma 21 (37-38), ma ancora altri disordini genetici sarebbero alla base della patologia autoimmune tiroidea perché anche nella sindrome di Turner il 50% delle pazienti è affetto da tiroidite (39). Caleidoscopio 35 Le tiroiditi M. Pepe, A. Di Gregorio Un ruolo importante nella genesi della tiroidite di Hashimoto è giocato dall'apporto iodico: la prevalenza è più alta nei paesi con maggiore apporto come gli Stati Uniti ed il Giappone (40), e in quelli con iodo-deficienza, la supplementazione iodica aumenta del 40% la prevalenza di infiltrazione linfocitica della tiroide e gli autoanticorpi nel giro di 1-5 anni (41-42). Inoltre, nelle aree con sufficiente apporto iodico, la supplementazione di tale oligoelemento può indurre un ipotiroidismo transitorio e reversibile poiché viene inibita la biosintesi ed il rilascio dell'ormone e aumentata l'autoimmunità tiroidea (43-44). La terapia con amiodarone, ad esempio, è una causa frequente di ipotiroidismo indotto da iodio, per la presenza di questo in percentuale del 35% nella molecola farmaceutica e per la lunga emivita (45). Anche il litio può determinare un ipotiroidismo transitorio in 1/3 dei pazienti con o senza anticorpi antitiroide mediante un meccanismo diretto sul rilascio degli ormoni tiroidei (46-47). Ma anticorpi antitiroide possono ritrovarsi in numerose altre condizioni cliniche: pazienti affetti da cancro, malattie mieloproliferative, sindromi mielodisplastiche ed epatiti virali trattate con interferone alfa (48-49) in cui, il 20% dei pazienti sviluppa anticorpi antitiroide ed il 5% va incontro ad ipotiroidismo (50-53). Anatomia patologica Il gozzo tipico della tiroidite autoimmune è caratterizzato da un diffuso infiltrato linfocitario con rari centri germinali. I follicoli tiroidei sono ridotti di grandezza, contengono colloide dispersa e sono circondati da fibrosi. Le singole cellule follicolari appaiono con ampio citoplasma roseo contenente granuli (trasformazione ossifila) e prendono il nome di cellule di Hurtle o di Askanazy (6). Tipico della malattia è il basso rapporto tra cellule epiteliali e cellule linfoidi o linfociti nei vari stadi di differenziazione. Quando è presente il solo infiltrato linfocitario la diagnosi di tiroidite cronica autoimmune può essere fatta con sicurezza solo se il paziente presenta elevati livelli sierici di anticorpi antitiroide. Alcuni sostengono poi che la tiroidite cronica autoimmune in cui è prevalente l'atrofia possa essere una evoluzione istologica progressiva del gozzo tiroideo come è emerso da alcuni studi in cui i pazienti venivano sottoposti a biopsie nell'arco di 20 anni (7-8). 36 Caleidoscopio Caleidoscopio M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi Clinica I pazienti affetti da tiroidite cronica autoimmune presentano clinicamente i segni di un ipotiroidismo con o senza gozzo. Tipicamente le donne sono molto più colpite degli uomini ed un'alta percentuale di queste presenta un gozzo (56-58). Circa il 9% dei soggetti sviluppa una tiroidite autoimmune prima dei 45 anni, dopo tale età, si è visto che l'incidenza aumenta notevolmente e il 51% delle diagnosi viene fatta fra i 45 ed i 64 anni (56-59). Nella classica tiroidite di Hashimoto la tiroide risulta diffusamente ingrandita, di consistenza aumentata e con superficie irregolare. In più del 13% dei casi, particolarmente negli anziani, l'estrema fibrosi può esitare in un voluminoso gozzo che può essere confuso con una patologia maligna (69). Infatti in molti casi il peso della ghiandola può raggiungere i 350 grammi ma più spesso il valore normale è aumentato di 2 o 3 volte soltanto (61-62). Anche se voluminosa, raramente la tiroide determina compressione della trachea, dell'esofago e dei nervi laringei ricorrenti ma può comunque verificarsi, specie nella variante fibrosa, una rapida crescita che deve indirizzare i sospetti verso la possibilità di un carcinoma o di un linfoma. La maggior parte dei pazienti non ha dolore ma riferisce una sensazione di fastidio nella regione tiroidea (63). Diagnosi Indagini di laboratorio Il sospetto clinico di tiroidite cronica autoimmune deve essere confermato dalla presenza di anticorpi antitiroide nel siero e dai valori del TSH. In quasi il 60% dei pazienti affetti si ritrovano anticorpi antitireoglobulina e nel 95% anticorpi antiperossidasi associati al dato clinico di gozzo e segni di ipotiroidismo (64). Il titolo anticorpale, inoltre, tende ad essere più elevato nelle forme di tiroidite atrofica autoimmune che in quelle con gozzo. Bassi titoli di anticorpi antitiroide possono ritrovarsi anche nel siero di pazienti affetti da altre patologie tiroidee ma l'alta positività degli anticorpi antiperossidasi offre praticamente la certezza che si tratti di tiroidite autoimmune. Nella maggior parte degli studi si è visto che circa il 50-75% dei soggetti con positività agli anticorpi è eutiroidea, ma il 25-50% presenta i segni di un ipotiroidismo subclinico e una buona percentuale dal 5 al 10% ha un ipotiroidismo manifesto che necessita di un accurato trattamento farmacologico. Altri segni di laboratorio che possono trovarsi nei soggetti affetti sono la VES elevata, un’ipergammaglobulinemia policlonale, una gammapatia monoclonale e anche anticorpi antinucleo. Caleidoscopio 37 M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi Indagini strumentali Le indagini strumentali non sono di estrema necessità nella diagnosi di tiroidite cronica autoimmune e in genere vengono eseguite per lo studio di un gozzo. - Ecografia tiroidea L'ecografia tiroidea infatti conferma la diagnosi già fatta con le indagini di laboratorio. Gli aspetti ecografici comunemente ritrovati nelle tiroiditi sono quelli di un'aspecifica ipoecogenicità e disomogeneità del parenchima ghiandolare, un ingrandimento diffuso in caso di gozzo e una riduzione del volume tiroideo nelle forme atrofiche (61-62) (Fig. 5). Figura 5. Ecografia tiroidea in sezione trasversa. Ghiandola tiroide di dimensioni ridotte ad ecostruttura iporcogena. - Scintigrafia e captazione tiroidea L'esame scintigrafico e la captazione possono indurre in errore poiché possono aversi dei quadri simili a quelli ritrovati nel morbo di Graves, nel gozzo multinodulare e nel nodulo autonomo (65). La captazione del radionuclide è caratteristicamente normale o elevata nei pazienti con tiroidite autoimmune con gozzo, persino in presenza di ipotiroidismo, mentre nelle tiroiditi subacute o silenti, la captazione è bassa. - Agoaspirato ed esame citologico Per ciò che riguarda l'uso dell’agoaspirato, l'indicazione a tale esame è riservata a quei casi in cui ci siano aree sospette clinicamente ed ecograficamente perché alcuni reperti citologici come la presenza di strutture papillari potrebbero essere falsamente interpretati come carcinoma papillifero ed inviati quindi alla chirurgia (66-67). 38 Caleidoscopio M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi Alcune difficoltà si possono avere nel fare la diagnosi differenziale fra tiroidite e linfoma di alto grado. La presenza dei linfociti monomorfi può infatti far pensare ad un linfoma ma appropriati studi di immunoistochimica per valutare la natura clonale dell'infiltrato, biopsie con aghi non sottili e addirittura biopsia a cielo aperto possono dirimere ogni dubbio (68). Terapia Poiché i pazienti con tiroidite cronica autoimmune sviluppano spesso un ipotiroidismo subclinico o conclamato, la terapia deve mirare essenzialmente alla correzione di questo. Tutti i soggetti affetti vengono generalmente curati con L-Tiroxina il cui dosaggio va aggiustato monitorando i valori del TSH fino a ristabilirli entro il range della normalità, non vanno usati farmaci immunosoppressivi né è consigliabile l'uso dei corticosteroidi (69). La normalizzazione del TSH durante la terapia con L-tiroxina si accompagna alla riduzione del gozzo e del titolo anticorpale. La dose del farmaco va stabilita a seconda dell'età del paziente, del peso corporeo e in base alla presenza di eventuali controindicazioni relative. Infatti nei pazienti anziani e/o cardiopatici il trattamento va istituito lentamente per evitare la slatentizzazione o la riaccensione della cardiopatia ischemica (Tabb. 15 e 16). E controverso se sia necessario trattare i pazienti con ipotiroidismo subclinico ma la maggior parte degli autori ritiene che ci siano molte motivazioni a favore del trattamento (70-71): 1) l'aumento del TSH (con o senza anticorpi antitiroide) è un fattore di rischio per lo sviluppo di un franco ipotiroidismo; 2) la sintomatologia di un lieve ipotiroidismo migliora nel 50% dei pazienti trattati con L-T 4 , 3) il metabolismo lipidico, qualora sia alterato, viene migliorato, 4) la contrattilità cardiaca, ridotta nell'ipotiroidismo subclinico, si normalizza con la terapia, 5) il 25% dei pazienti sono più attivi mentalmente; ed infine 6) i livelli di FT4 se pur normali potrebbero non essere sufficienti per quell'individuo. dose sostitutiva completa - Adulti 1.6 µg/Kg (P.I.) - Anziani 1.3 µg/Kg Tabella 15. Dosaggio della L-T4 nella terapia dell'ipotiroidismo. Caleidoscopio 39 M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi A) Pazienti sani di età < 40 aa Inizio: 75-100 µg/die Aggiustare le dosi dopo 2-3 mesi fino a TSH normale B) Pazienti sani di età 40-60 aa Inizio: 50 µg/die Aumenti: 25 µg ogni 3 settimane fino a TSH normale C) Pazienti sani di età > 60 aa Inizio: 12.5-25 µg/die Aumenti: 25 µg ogni 4 settimane fino a TSH normale D) Pazienti cardiopatici Inizio: 12.5 - 25 µg/die Aumenti: 12.5 - 25 µg/die ogni 6/8 settimane fino a TSH normale Ridurre in caso di sviluppo o peggioramento dei sintomi cardiaci. Tabella 16. Schema di esecuzione della terapia con L-T4. Al fine di stabilire un dosaggio ottimale di L-T4 è utile basarsi sui livelli di TSH pre-terapia e quindi nel caso dell'ipotiroidismo subclinico, le dosi saranno minori rispetto all'ipotiroidismo franco. Il dosaggio del FT 4 può essere utile all'inizio della terapia perché questo aumenta ancor prima che il TSH si normalizzi e poi, nelle fasi successive, è indice della compliance del paziente al trattamento. La terapia soppressiva non è molto usata se non per ridurre le dimensioni di un grosso gozzo che diminuirà di volume durante il trattamento, specie nei pazienti ipotiroidei pre-terapia (72-73). Durante il trattamento soppressivo va monitorato il TSH e anche l’FT3 per escludere un sovradosaggio. La chirurgia subtotale della tiroide si impone qualora vi sia un gozzo comprimente le strutture circostanti o qualora si sospetti lo sviluppo di neoplasia. 40 Caleidoscopio M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi Tiroidite autoimmune e neoplasie maligne della tiroide Carcinoma tiroideo L'esistenza di un'associazione tra carcinoma tiroideo differenziato, specie papillare, e tiroidite autoimmune è stata da tempo ipotizzata in base all'alta frequenza (20-50%) del rilievo di anticorpi antitireoperossidasi e/o anticorpi antitireoglobulina nei pazienti con carcinoma della tiroide e all'osservazione istologica che infiltrati linfocitari sono presenti nel 30-50% di queste tiroidi. Non esiste però, una dimostrazione epidemiologica convincente che vi sia un'aumentata prevalenza di carcinoma della tiroide nei pazienti in cui è stata fatta una corretta diagnosi di tiroidite di Hashimoto. E’ necessario infatti distinguere fra infiltrazione focale e diffusa poiché, nella tiroidite di Hashimoto l'infiltrato linfocitario è diffuso e nella maggior parte dei carcinomi papillari si ritrovano infiltrati linfocitari solo focalmente. L'analisi funzionale e fenotipica dei linfociti negli infiltrati focali vicini al carcinoma tiroideo ha dimostrato l'esistenza di importanti differenze rispetto alla tiroidite autoimmune. Pertanto quest'ultima non può considerarsi lesione precancerosa. Linfoma della tiroide Il rischio relativo di sviluppare un linfoma non Hodking primitivo della tiroide è 67 volte più alto nei pazienti con tiroidite di Hashimoto rispetto ai soggetti normali (68). Tutti i pazienti con linfoma primitivo della tiroide presentano di fatto una tiroidite autoimmune, comunque tali tumori sono rari. La rapida crescita di un nodulo tiroideo duro-ligneo in un paziente portatore di tiroidite deve far sospettare lo sviluppo di un linfoma. Tiroidite di Hashimoto e altre patologie La tiroidite cronica autoimmune è una tireopatia molto frequente nella popolazione generale ma la prevalenza è più alta nei soggetti con altre affezioni autoimmuni e in altre patologie (Tab.17). Nei pazienti con tali disordini è bene dosare periodicamente le concentrazioni sieriche di TSH per cogliere tempestivamente eventuali alterazioni dell'omeostasi tiroidea dovuti a tiroidite. Caleidoscopio 41 Le tiroiditi M. Pepe, A. Di Gregorio MEN tipo II 70% Sindrome di Turner 50% Sindrome di Down 20% Morbo di Addison 20% Tabella 17. Associazione della tiroidite cronica autoimmune con altre patologie Tiroidite di Riedel Introduzione e patogenesi Si deve a Riedel la prima descrizione, nel 1896, di una tiroidite cronica sclerosante, che conduce progressivamente alla completa sostituzione del parenchima tiroideo con tessuto fibroso ed è frequentemente associata a sintomi di compressione sugli organi adiacenti del collo (1-2). Tale patologia è molto rara, più frequente nella donna, con un rapporto di circa 3:1 rispetto all'uomo ed è più comune in soggetti fra i 30 e i 60 anni (2). Questo processo morboso considerato un tempo il quadro finale di una tiroidite di De Quervain o di Hashimoto, presenta in realtà caratteristiche istopatologiche e cliniche per le quali attualmente è ritenuto un'entità autonoma i cui fattori etiopatogenetici rimangono per lo più sconosciuti. Sono state fatte varie ipotesi: alcuni studi fanno pensare ad una possibile etiologia autoimmitaria per la presenza di un infiltrato linfocitario di tipo B e T, altri lavori invece fanno risalire il processo fibrotico ad un'attivazione di fibroblasti a livello tiroideo da parte di citochine linfocitarie, con successiva produzione e deposito di materiale fibroso. Attualmente rimane sconosciuta la causa ma si pensa che la tiroidite di Riedel rientri in un disordine più generale del tessuto fibroso dal momento che si accompagna in alcuni pazienti, a fibrosi retroperitoneale, retrorbitaria, epatica, polmonare e fibrosi mediastinica (3). 42 Caleidoscopio M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi Anatomia patologica Dal punto di vista anatomo-patologico si ritrova fondamentalmente la distruzione del parenchima tiroideo da parte di un infiltrato infiammatorio di B e T linfociti con grave tendenza alla fibrosi. Il processo involutivo sconfina al di fuori della capsula tiroidea fino alla muscolatura striata circostante. I follicoli tiroidei mostrano segni di compressione da parte del materiale ialino. Macroscopicamente la ghiandola è ingrandita come superficie liscia e priva di vasi. Caratteristici l'estrema durezza e i fenomeni aderenziali con le strutture vicine (2). Quadro clinico I pazienti affetti da tiroidite di Riedel riferiscono spesso il dato di un progressivo ingrandimento del collo senza dolore. Si hanno a volte disfagia e dispnea con "tirage". Possono evidenziarsi alterazioni del timbro vocale e stridore laringeo in caso di infiltrazione fibrosa dei nervi ricorrenti. All'esame obiettivo la tiroide appare notevolmente ingrandita, di consistenza duro-lignea, non dolente fissa ai tessuti circostanti. I linfonodi laterocervicali non sono interessati. Segni clinici di ipotiroidismo ed anche quadri franchi di mixedema possono comparire nel 30-40% dei soggetti, quando il processo prosegue fino alla completa sostituzione fibrosa del parenchima tiroideo. Indagini di laboratorio Da un punto di vista laboratoristico non ci sono delle peculiarità. La maggior parte dei soggetti è inizialmente eutiroidea fino a quando la fibrosi non interessa gran parte della ghiandola. Successivamente, con l'estendersi del processo fibrotico, compaiono i segni dell'ipotiroidismo con riduzione dei livelli ormonali di T 3 e T 4 e con conseguente aumento del TSH. Sono presenti spesso autoanticorpi (4). Caleidoscopio 43 M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi Indagini strumentali L'ecografia non fornisce grosse informazioni. La ghiandola appare parzialmente o totalmente ingrandita, disomogenea e iperecogena. Possono evidenziarsi dislocazioni e compressioni di trachea, esofago e dei fasci vascolo-nervosi del collo. L'agoaspirato è utile nella diagnosi differenziale tra questa forma di tiroidite e il carcinoma per l'atteggiamento destruente di entrambe le affezioni. Terapia Il trattamento della tiroidite di Riedel è chirurgico ponendosi come obiettivo quello di disimpegnare quanto più possibile le strutture compresse dalla fibrosi. Non saranno possibili estese e radicali resezioni per il rischio di ledere strutture importanti del collo. Generalmente la prognosi post-chirurgica è favorevole. L'ipotiroidismo, qualora presente, viene facilmente controllato con la terapia sostitutiva con L-T4. 44 Caleidoscopio M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi Forme particolari di tiroidite Tiroiditi nell’anziano Un dato molto importante nello studio dei molteplici problemi inerenti i rapporti fra età e tiroide è costituito dalla forte riluttanza dell'anziano a sottoporsi a controlli medici particolari e dal fatto che i segni clinici di una eventuale patologia tiroidea sono spesso mascherati ed atipici, per cui può risultare estremamente difficoltoso individuare le affezioni tiroidee in questa fase della vita. Per questo motivo è opportuno che l'endocrinologo sia a conoscenza degli effetti che altre patologie geriatriche possono avere sulla funzione tiroidea e al contrario delle conseguenze che quest'ultima può avere sulle patologie intercorrenti. Le principali difficoltà che si incontrano nell'affrontare i problemi endocrini in età senile sono: 1) insorgenza della patologia endocrina legata alle condizioni preesistenti; 2) scarsità di dati in letteratura per l'interpretazione dei test di funzione tiroidea in età senile; 3) "inquinamento" delle indagini di laboratorio da parte di patologie precedenti o in atto e dall'assunzione di farmaci. Le tiroiditi costituiscono un capitolo molto importante della patologia tiroidea e nell'anziano aumentano in maniera significativa, passando dal 4 all'8%. Questi quadri clinici sono particolarmente subdoli per gli anziani e possono essere a lungo ignorati e non prontamente corretti con la terapia. Tiroidite da radiazioni Fra gli agenti fisici le radiazioni ionizzanti, sia quelle erogate da sorgenti esterne sia quelle del radioiodio, possono svolgere un'azione flogistica a livello del parenchima tiroideo. - Radioterapia esterna L'irradiazione esterna del collo nei pazienti con linfoma di Hodgkin e non-Hodgkin può indurre ipotiroidismo nel 25-50% dei soggetti trattati. In molti di tali pazienti l'ipotiroidismo è subclinico ma può divenire Caleidoscopio 45 M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi franco o essere transitorio (1). La disfunzione tiroidea compare generalmente da 2 a 7 anni dalla radioterapia ma può verificarsi anche nel primo anno successivo al trattamento radiante e la chemioterapia in associazione alla radioterapia, può ancor più essere la causa di ipotiroidismo (2). Anche il trattamento radio-chemioterapico per i carcinomi del cavo orale, per i tumori ed i trapianti ossei e per le neoplasie del cervello è causa frequente di ipofunzione tiroidea che comunque può essere trattata con la terapia sostitutiva. - Terapia con radioiodio Il trattamento con radioiodio è un caposaldo nella terapia del morbo di Basedow e nella post-chirurgia per carcinoma tiroideo. Ad un dosaggio relativamente alto, nell'ordine di 10-150 mCi di I131 per grammo di tessuto tiroideo, circa la metà dei pazienti sviluppa un ipotiroidismo nel giro di un anno e il 70% nell'arco di 10 anni (3). I pazienti trattati all'esordio della tiroidite da radiazioni lamentano dolore e tensione a livello del collo. A volte si associano segni di ipertiroidismo ma più spesso l'infiammazione, causata dagli agenti ionizzanti, esita in un danno permanente del tessuto tiroideo con ipotiroidismo conseguente. Tiroidite in corso di sarcoidosi Il coinvolgimento della tiroide in corso di sarcoidosi non è frequente: circa il 4% dei pazienti affetti presenta un'infiltrazione tiroidea alla autopsia. Un evidente ipotiroidismo clinico è raro in corso di sarcoidosi mentre spesso si ritrova un gozzo sarcoiditico che può essere trattato con ormone tiroideo. Ciò che causa l'ipofunzione è la sostituzione del parenchima tiroideo con tessuto granulomatoso (1). Tiroidite in corso di amiloidosi La sostanza amiloide è stata ritrovata nella tiroide di molti pazienti affetti da amiloidosi primaria e secondaria, ma un gozzo insorge solo in alcuni pazienti (1-2). Quando presente, il gozzo assume grosse dimensioni (più di 130 gr) e una consistenza dura. 46 Caleidoscopio M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi Il parenchima tiroideo può essere variamente infiltrato di amiloide, possono riscontrarsi vari gradi di atrofia ma l'ipofunzione ghiandolare è rara. In alcuni casi si sono ritrovati bassi livelli di ormoni tiroidei con TSH normale e anche il test di stimolo con TRH è risultato normale. Tiroidite in corso di emocromatosi L'emocromatosi è un raro disordine in cui, l'eccessivo accumulo di ferro a livello tissutale, esita in fibrosi con danno parenchimale. Infatti il diabete mellito e l'ipogonadismo sono comuni complicanze di tale affezione e sono legate al deposito del metallo nel pancreas e nel testicolo rispettivamente. Anche nella tiroide sono stati ritrovati accumuli di ferro (1) e in alcuni studi clinici circa l'1% dei soggetti affetti sviluppa un ipotiroidismo con bassi livelli di T4, alto TSH e titolo di anticorpi antitiroide elevato. La tiroide in cui si sia verificato un deposito di ferro presenta follicoli atrofici e circondati da fibrosi. Probabilmente l'ipotiroidismo è la risultante di un rilascio di antigeni tiroidei, secondario al danno, con produzione di anticorpi, sviluppo di flogosi, fibrosi, atrofia e danno funzionale. Caleidoscopio 47 M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi Bibliografia Tiroiditi acute 1. Gallant J. E., Enriquez E., Cohen K.L. et al. Pneumocystis carinii thyroiditis. Am. J. Med. 84:303-6, 1988. 2. Peter A., Singer M.D. Thyroiditis: acute, subacute, and chronic. Med. Clin. North America 75(1):61-77, 1991. 3. Taguchi T., Okuno A., Fujita K. et al. Etiologic factors in acute suppurative thyroiditis. J. Infect. Dis. 146:447, 1982. 4. Schneider U., Bimbacher R., Schick S., Ponhold W., Schober E. Recurrent suppurative thyroiditis due to pyriform sinus fistula: a case report. Eur. J. Pediatr. 154:640-2, 1995. 5. Adler M.E., Jordan G., Walter R.M.Jr Acute suppurative thyroiditis: Diagnostic, metabolic and therapeutic observations. West J. Med. 128:165-8, 1978. 6. Berger S.A., Zonzein J., Villamena P. et al. Infectious diseases of the thyroid gland. Rev. Infect. Dis. 5:108-22, 1983. 7. Himsworth R.L., Kark A.E. Studies on a case of suppurative thyroiditis. Acta Endocrinol. 85:55-63, 1977. 8. Takai S., Miyauchi A., Matsuzaka F. et al. Internal fistula as a route of infection in acute suppurative thyroiditis. Lancet 1:751-2, 1979. Tiroiditi subacute 1. Peter A., Singer MD., Thyroiditis acuta, subacuta, and chronic. Medical Clinics of North America 75(1);61-77, 1991. 2. Greene JN. Subacute thyroiditis. Am. J. Med. 293:624-8, 1975. 3. Salvatore G., DArmiento M. Granulomatous thyroid disorders. Vol XXXIX, n. 5-6, Settembre-Dicembre 1984. Estratto da Archivio Monaldi. 4. Ohsako N., Tamai H., Sudo T., et al. Clinical characteristics of subacute thyroiditis classified according to human leukocyte antigen typing. J. Clin. Endocr. Metab. 80(12) 3653-6, 1995. 5. Augustin Pascalis I., Andray M., Baldet L., Clot J., Jaffiol C. Les thyroidites. Rev. Med. Interne Tome IX n. 2, 174-9, 1988. 6. Volpe R. Subacute thyroiditis. Prog. Clin. Thyrol Res. 74:115-34, 1981. 7. Schimmel M., Utiger RD. Thyroidal and peripheral production of thyroid hormones. Review of recent findings and their clinical implications. Ann. Intern. Med. 87:760-8, 1977. 8. Van Herle AJ. Serum thyroglobulin measurement in the diagnosis and mamagement of thyroid disease. Thyroid today 4(2):1-5, 1981. 48 Caleidoscopio M. Pepe, A. Di Gregorio 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. Le tiroiditi Volpe R. Subacute thyroiditis. In Physiopathology of endocrine diseases and mechanism of hormone action. New York Alan R. Liss, 115-34, 1981. Lio S., Pontecorvi A., Caruso M., DArmiento M. Transitory subclinical and permanent hypothyroidism in the course of subacute thyroiditis (De Quervain). Acta Endocrinol. 106:67-70, 1984. Smallridge RC., De Keyser FM., Van Herle AJ. et al. Thyroid iodine content and serum thyroglobulin: ues to the natural hystory of destruction-induced thyroiditis. J. Clin. Endocrinol. Metab. 62:1213-19, 1986. Tikkanen MJ., Lamberg BA. Hypothyroidism following subacute thyroiditis. Acta Endocrinol. 101:348-53, 1982. Patapetrou PD., Jackson IMD. Thyrotoxicosis due to ìsilentî thyroiditis.Lancet 1:361-3, 1975. Woolf PD. Transient painless thyroiditis with hyperthyroidism. A variant of lymphocytic thyroiditis? Endocr. Rev. 1:411-20, 1980. Volpe R. Is silent thyroiditis an autoimmune disease? Arch. Intern. Med. 148:1907-8, 1988. Mitani Y., Shigamasa C., Taniguchi S. et al. Clinical course of silent thyroiditis in a patient with Sjogrens syndrome. Arch. Intern. Med. 148:1974-5, 1988. Morrison J., Caplan RH. Typical and atypical (ìSilentî) subacute thyroiditis in a wife and husband. Arch. Intern. Med. 138:45-8, 1978. Hay ID. Thyroiditis. A clinical update. Mayo Clin. Proc. 60:836-43, 1985. De Bruin TWA., Riekhoff FPM:, De Boer JJ. An outbreak of thyrotoxicosis due to atypical subacute thyroiditis. J. Clin. Endocrinol. Metab. 70:396-402, 1990. Nikolai TF., Coombs GJ., McKenzie AK. Lymphocytic thyroiditis with spontaneously resolving hyperthyroidism and subacute thyroiditis. Arch. Intern. Med. 141:1455-8, 1981. Jansson R., Dahlberg PA., Karlsson AF. Post-partum thyroiditis. In Lazarus JH., Hall R. (Eds.). Clinical Endocrinology and Goitre. Bailliere and Tyndall, London, p. 619-35, 1988. Kologlu M., Fung H., Darke C., Richards CJ., Hall R., McGregor AM. Post-partum thyroid dysfunction and HLA status. In Pinchera A., Ingbar SH., McKenzie JM., Fenzi GF: (eds.). Thyroid Autoimmunity. Plenum Press, New York, p. 441-3, 1987. Vargas MT., Urbina B., Gladman D., Papsin FR., Walfish PG. Antithyroid microsomal autoantibodies and HLA-DR5 are associated with post-partum thyroid dysfunction: evidence supporting an autoimmune pathogenesis. J. Clin. Endocrinol. Metab. 67:327-33, 1988. Othman S., Phillips DIW., Lazarus JH., Parkes AB., Richards C., Hall R. Iodine metabolism in post-partum thyroiditis. Thyroid 2(2):107-11, 1992. Caleidoscopio 49 M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi 25. Rajatanvin R., Chailurkit L., Tirarungsikul K., Chalayondeja W., Jittivanich U., Puapradit W. Post-partum thyroid dysfunction in Bangkok: A geographical variation in the prevalence. Acta Endocrinol. 122:283-7, 1990. 26. Fung HY., Kologlu M., Collison K., John R., Richards CJ., Hall R., McGregorAM. Post-partum thyroid dysfunction in Mid Glamorgan. Br. Med. J. 296:241-4, 1988. 27. Amino N., Mori H., Iwatani Y., Tanizawa O., Kawashima M., Tsuge I., Ibaragi K., Kumahara Y., Miyai K. High prevalence of transient postpartum thyrotoxicosis and hypothyroidism. New. Engl. J. Med. 306:84952, 1982. 28. Freeman R., Rosen H., Thyse B. Incidence of thyroid dysfunction in unselected post-partum population. Arch. Intern. Med. 146:1361-64, 1986. 29. Jansson R., Bernander S., Karlsson A., Levin K., Nilsson G. Autoimmune thyroid dysfunction in the post-partum period. J. Clin. Endocrinol. Metab. 58:681-7, 1984. 30. Roti E., Bianconi L., Gardini E., Minelli R., De Franco ML:, Modena AB., Bresciani D., Villa P., Neri TM., Savi M., Pistolesi A. Post-partum thyroid dysfunction in an Italian population residing in an area mild iodine deficiency. J. Endocrinol. Invest. 14:669-74, 1991. 31. Parker RH., Beierwaltes WH. Thyroid antibodies during pregnancy and in the new born. J. Clin. Endocrinol. Metab. 21:792-8, 1961. 32. Feldt-Rasmussen U., Hoier-Madsen M., Rasmussen NG., Hegedus L., Hornnes P. Anti-thyroid peroxidase antibodies during pregnancy and post-partum. Relation to PPT. Autoimmunity 6:211-14, 1990. 33. Stagnaro-Green A., Roman SH., Cobin RH., el-Harazy A., Wallestein S., Davies TF. A prospective study of lymphocyte-initiated immunosoppression in normal pregnancy. Evidence of a T-cell etiology for postpartum thyroid dysfunction. J. Clin. Endocrinol. Metab. 74:645-53, 1992. 34. Tamaki H., Katsumaru H., Amino N., Nakamoto H., Ishikawa E., Miyai K. Usefulness of thyroglobulin antibody detected by ultrasensitive enzyme immunoassay. A good parameter for immune serveillance in healthy subjects and for prediction of post-partum thyroid dysfunction. Clin. Endocrinol. (Oxf.) 37:266-73, 1992. 35. Jansson R., Safwenberg J., Dahlberg PA. Influence of the HLA-DR4 antigen and iodine study on the development of autoimmune postpartum thyroiditis. J. Clin. Endocrinol. Metab. 60:168-73, 1985. 36. Luciuero G., Selvaggi L., DellOsso A. Mononuclear cell subpopulations during normal pregnancy. Analysis of cell surface markers using conventional techniques and monoclonal antibodies. Am. J. Reprod. Immunol. 4:142-5, 1983. 37. Cheney RT:, Tomaszewski JE:, Raab SJ., Zmijewski C., Rowlands DT. 50 Caleidoscopio M. Pepe, A. Di Gregorio 38. 39. 40. 41. 42. 43. 44. 45. 46. 47. 48. Le tiroiditi Subpopulations of lymphocytes in maternal peripheral blood during pregnancy. J. Reprod. Immunol. 6:111-20, 1984. Amino N., Aozasa M., Tamaki H., Tachi J., Mori M., Iwatani Y., Tanizawa O., Miyai K. Increase peripheral natural killer (NK) cells at post-partum destruction thyrotoxicosis in autoimmune thyroid disease. In Vichayanrat et al. (Eds.). Recent progress in thyroidology. Bankok, Crystal House, 294-99, 1987. Hayslip CC., Baker JR., Wartofsky L., Klein TA., Opsahl MS., Burman KD. Natural killer cell activity and serum autoantibodies in women with PPT. J. Clin. Endocrinol. Metab. 66:1089-93, 1988. Roberton HEW. Lassitude, coldness and hair changes following pregnancy and their response to treatment with thyroid extract. Br. Med. J. 2(5):2275-6, 1948. Jansson R., Thompson PM., Clark F., McLachlan SM. Association between thyroid microsomal antibodies of subclass IgG-1 and hypothyroidism in autoimmune PPT. Clin. Exp. Immunol. 63:80-6, 1986. Weethman AP., Fung HY., Richards CJ., McGregor AM. IgG subclass distribution and relative functional affinity of thyroid microsomal antibodies in PPT. Eur. J. Clin. Invest. 20:133-6, 1990. Brionsen-Urbina R., Parkes AB., Bogner U., Mariotti S., Walfish PG. Increase in antimicrosomal antibody.-related IgG1 and IgGn and titers of antithyroid peroxidase antibodies, but not antibody dependent cellmediated cytotoxicity in post-partum thyroiditis with transient hyperthyroidism. J. Endocrinol. Invest. 13:879-86, 1990. Nikolai TF., Turney SL., Roberts RC. Post-partum lymphocytic thyroiditis. Prevalence, clinical course and long-term follow-up. Arch. Intern. Med. 147:2214, 1987. Lervang HH., Pryds O., Ostergard Kristensen HP. Thyroid dysfunction after delivery. Incidence and clinical course. Acta Med. Scand. 222:26974, 1987. Walfish PG., Meyerson J., Provias JP., Vargas MT., Papsin FR. Prevalence and characteristics of post-partum thyroid dysfunction: result of a survey from Toronto, Canada. J. Endocrinol. Invest. 15:26572, 1992. Rasmussen NG., Hornnes PJ., Hoier-Madsen M., Feldt-Rasmussen U., Hegedus L. Thyroid size and function in healthy pregnant women with thyroid autoantibodies. Relation to development of PPT. Acta Endocrinol. 123:395-401, 1990. Adams H., Jones MC., Othman S., Lazarus JH., Parkes AB., Hall R., Phillips DI., Richards CJ. The sonographic appearances in PPT. Clin. Radiol. 45:311-15, 1992. Caleidoscopio 51 M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi Tiroiditi croniche 1. Hashimoto H., Zur Kenntniss der Lymphomatosen Veranderung der Schilddruse (Struma Lymphomatosa). Arch. Klin. Chir. 97:219-48, 1912. 2. Roitt IM., Doniach D., Campbell PN., Hudson RV. Auto-antibodies in Hashimotos disease (lymphadenoid goitre). Lancet 2:820-1, 1956. 3. Nagataki S. The concept of Hashimoto disease. In Nagataki S., Mori T., Torizuka K., (eds.) 80 Years of Hashimoto disease. Amsterdam: Elsevier Science 539-45, 1993. 4. Costa A., Torchio B., Zoppetti G., Fevless E. What is meant today by Hashimotos thyroiditis? J. Endocrinol. Invest.12:355-6, 1989. 5. VolpÈ R. Autoimmune thyroidistis. In Braverman LE., Utiger RD., eds. Werner and Ingbars the thyroid: a fundamental and clinical text. 6th ed. Philadelphia: J.B. Lippincott, 921-33, 1991. 6. Livolsi VA. The pathology of autoimmune thyroid disease: a review. Thyroid 4:333-9, 1994. 7. Vickery AL., Hamblin E. Jr. Struma lymphomatosa (Hashimotos thyroiditis): observations on repeated biopsies in sixteen patients. N. Engl. J. Med. 264:226-9, 1961. 8. Havashi Y., Tamai H., Fukata S., et al. A long term clinical, immunological and histological follow-up study of patients with goitrous chronic lymphocytic thyroiditis. J. Clin. Endocrinol. Metab. 61:1172-8, 1985. 9. Weetman AP., McGregor AM. Autoimmune thyroid disease: further developments in our understanding. Endocr. Rev. 15:778-830, 1994. 10. Dayan CM., Londei M., Corcoran AE., et al. Autoantigen recognition by thyroid-infiltrating T cells in Graves disease. Proc. Natl. Acad. Sci. U.S.A: 88:7415-9, 1991. 11. Davies TF., Martin A. Conception ES., Graves P., Cohen L., Ben-Nun A. Evidence of limited variability of antigen receptors on intrathyroidal T cells in autoimmune thyroid disease. N. Engl. J. Med. 325:238-44, 1991. 12. Valtonen VV., Ruutu P., Varis K., Ranki M., Malkamaki M., Makela PH. Serological evidence for the role of bacterial infections in the pathogenesis of thyroid diseases. Acta Med. Scand. 219:105-11, 1986. 13. Tomer Y., Davies TE. Infection, thyroid disease, and autoimmunity. Endocr. Rev.14:107-20, 1993. 14. Drabick JJ., Horning VL., Lennox JL. Et al. A restrospective analysis of diseases associated with indeterminate HIV Western blot patterns. Mil. Med. 156:93-6, 1991. 15. Volpe R. A perspective on human autoimmune thyroid disease is there an abnormality of the target cell which predisposes to the disorder? Autoimmunity 13:3-9, 1992. 16. Hanafusa T., Pujol-Borrell R., Chiovato L., Russell RGG, Doniach D., Bottazzo GE. Aberrant expression of HLA-DR antigen on thyrocytes in Graves disease: relevance for autoimmunity. Lancet 2:1111-5, 1983. 52 Caleidoscopio M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi 17. Todd I., Pujol-Borrell R., Hammond IJ., Bottazzo GE., Feldman M. Interferon gamma induces HLA-DR expression by thyroid epithelium. Clin. Exp. Immunol. 61:265-73, 1985. 18. Bottazzo GF., Pujol-Borrell R., Hanafusa T., Feldmann M. Role of aberrant HLA-DR expression and antigen presentation in induction of endocrine autoimmunity. Lancet 2:1115-9, 1983. 19. Londei M., Bottazzo GF., Feldelmann M. Human T-cell clones from autoimmune thyroid glands: specific recongnition of autologous thyroid cells. Science 228:85-9, 1985. 20. Tandon N., Metcalfe RA., Barnett D., Weetman AP. Expression of the constimulatoriy molecule B7/BB1 in autoimmune thyroid disease. Q. J. Med. 87:231-6; 1994. 21. Czarnocka B., Ruf J., Ferrand M., Carayon P., Lissitzky S. Purification of the human thyroid peroxidase and its identification as the micorsomal antigen ivolved in autoimmune thyroid disease. FEBS Lett. 190:147,52, 1985. 22. Dumont JE., Roger PP., Ludgate M., Assays for thyroid gorwth immunoglobulins and their clinical implications: methods, concepts and misconceptions. Endocr. Rev. 8:448-52, 1987. 23. Del Prete GF., Vercelli D., Tiri A., et al. In vivo activated cytotoxic T-cell in the thyroid infiltrate of patients with Hashimotos thyroiditis. Clin. Exp. Immunol. 65:140-7, 1986. 24. Kohno Y., Yamaguchi F., Saito K., Niimi II., Nishikawa T., Hosoya T. Anti-thyroid peroxidase antibodies in sera from healthy subjects and from patients with chronic thyroiditis: differences in the ability to inhibit thyroid peroxidase activieties. Clin. Exp. Immunol. 85:459-63, 1991. 25. Khoury EL., Hammond I., Bottazzo GF., Doniach D. Presence of the organ-specific ìmicrosomalî autoantigen on the surface of human thyroid cells in culture: its involvement in complement-mediated cytotoxicity. Clin. Exp. Immunol. 45: 316-28, 1981. 26. Bogner U., Kotulla P., Peters H., Schleusener H. Thyroid peroxidase/microsomial antibodies are not identical with thyroid cytotoxic antibodies in autoimmune thyroiditis. Acta Endocrinol. 123:431-7, 1990. 27. Chiovato L., Bassi P., Santini F., et al. Antibodies producting complement-mediated thyroid cytotoxicity in patients with atrophic or goitrous disease. J. Clin. Endocrinol. Metab. 77:1700-5, 1993. 28. Weetman AP., Cohen SB., Oleesky DA., Morgan BP. Terminal complement complexes and C1/C1 inhibitor complexes in autoimmune thyroid disease. Clin. Exp. Immunol. 77:25-30, 1989. 29. Konishi J., Kasagi K., Iida Y. Thyroid stimulation blocking antibodies an overview. In Nagataki S., Mori T., Torizuka K., eds 80 Years of Hashimoto disease. Amsterdam: Elsevier Science 573-7, 1993. Caleidoscopio 53 M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi 30. Tamaki H., Amino N., Kimura M., Hidaka Y., Takeoka K., Miyai K. Low prevalence of thyrotropin receptor antibody in primary hypothyroidism in Japan. J. Clin. Endocrinol. Metab. 71:1382-6, 1990. 31. Takasu N,. Yamada T., Takasu M., et al. Disappearance of thyrotropin blocking antibodies and spontaneous recovery form hypothyroidism in autoimmune thyroiditis. N. Engl. J. Med. 326:513-8, 1992. 32. Philips D., McLachlan S., Stephenson A., et al. Autosomal dominant transmission of autoantibodies to thyroglobulin and thyroid peroxidase. J. Clin. Endocrinol. Metab. 70:742-6, 1990. 33. Philips D., Prentice P., Upadhyaya M., et al. Autosomal dominant inheritance of autoantibodies to thyroid peroxidase and thyroglobulin sudies in families not selected for autoimmune thyroid disease. J. Clin. Endocrinol. Metab. 72:973-5, 1991. 34. Honda K., Tamai. J., Morita T., Kuma K., Nishimura Y., Sasazuki T. Hashimotos thyroiditis and HLA in Japanese. J. Clin. Enodcrinol Metab. 69:1268-73, 1989. 35. Tamai H., Kumura A. Dong RP., et al. Resistance to autoimmune thyroid disease is associated with HLA-DQ. J. Clin. Endocrinol. Metab. 78:94-7, 1994. 36. Roman B., Greenberg D., Rubinstein P., Wallenstein S., Davies TF. Genetics of autoimmune thyroid disease: lack of evidence for linkage to HLA within families. J. Clin. Endocrinol. Metab. 74:496-503, 1992. 37. Kennedy RL., Jones TH., Cuekle HS. Downs syndrome and the thyroid. Clin Endocrinol (Oxf) 37:471-6, 1992. 38. Ewins DL., Rossor MN., Butler J., Roques PK., Mullan MJ., McGregor AM. Association between autoimmune thyroid disease and familial Alzheimers disease. Clin Endocrinol. (Oxf) 35:93-6, 1991. 39. De Kerdanet M., Lucas J., LÈmee F., Lecornu M. Turners syndrome with X-isochromosome and Hashimotos thyroiditis. Clin. Endocrinol. (Oxf) 41:673-6, 1994. 40. Laurberg P. Iodine intake - what are we aiming at? J. Clin. Endocrinol. Metab. 79:17-9, 1994. 41. Harach HR, Escalante DA., Onativia A., Outes JL., Day ES., Williams ED. Thyroid carcinoma and thyroiditis in an endemic goitre region before and after iodine prophylaxis. Acta Endocrinol (Copenh) 108:5560, 1985. 42. Boukis MA., Koutras DA., Souvatzoglou A., Evangelopoulou A., Vrontakis M., Moulpoulos SD. Thyroid hormone and immunological studies in endemic goiter. J. Clin. Endocrinol. Metab. 57:859-62, 1983. 43. Chow CC., Phillips DL., Lazarus JH., Parkes AB., Effect of low dose iodide supplementation on thyroid function in potentially susceptible subjects are dietary iodide levels in Britain acceptable? Clin Endocrinol (Oxf) 34:413-6, 1991. 54 Caleidoscopio M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi 44. Konno N., Makita H., Yuri K., Iizuka N., Kawasaki K. Association between dietary iodine intake and prevalence of subclinical hypothyroidism in the coastal regions of Japan. J. Clin. Endocrinol. Metab. 78:393-7, 1994. 45. Trip MD., Wiersinga W., Plomp TA. Incidence, predictability, and pathogenesis of amiodarone-induced thyrotoxicosis and hypothyroidism. Am. J. Med 91: 507-11, 1991. 46. Emerson CH., Dysno WI., Utiger RD. Serum thyrotropin and thyroxine concentrations in patients receiving lithium carbonate. J. Clin. Endocrinol. Metab. 36:338-46, 1973. 47. Lazarus JH., John R., Bennie EH., Charmers RJ., Crockett G. Lithium therapy and thyroid function: a long term study. Psychol Med. 11:85-92, 1981. 48. Burman P., Totterman TH., Oberg K., Karlsson FA. Thyroid autoimmunity in patients on long term therapy with leukocyte-derived interferon. J. Clin. Endocrinol. Metab. 63:1086-90, 1986. 49. Sauter NP., Atkins MB., Mier JW., Lechan RM. Transient thyrotoxicosis and persistent hypothyroidism due to autoimmune thyroiditis after interleukin-2 and interferon-alpha therapy for metastatic carcnoma: a case report. Am. J. Med. 92:441-4, 1992. 50. Gisslinger H., Gilly B., Woloszczuk W., et al. Thyroid autoimmunity and hypothyroidism during long-term treatment with recombinant interferon-alpha. Clin Exp. Immunol. 90:363-7, 1992. 51. Imagawa A., Itoh N., Hanafusa T., et al. Autoimmune endocrine disease induced by recombinant interferon-alpha therapy for chronic active type C hepatitis. J. Clin. Endocrinol. Metab. 80:922-6, 1995. 52. Watanabe U., Hashimoto E., Hisamitsu T., Obata H., Hayashi N. The risk factors for development of thyroid disease during interferon-alpha therapy for chronic hepatitis C. Am., J. Gastroenterol. 89:399-403, 1994. 53. Bhakri H., Sriskadan K., Davis T., Pettingale K., Tee D. Recombinant gamma interferon and autoimmune thyroid disease. Lancet 2:457, 1985. 54. Williams ED., Doniach I. The post-mortem incidence of focal thyroiditis. J. Pathol. Bacteriol. 83:255-64, 1962. 55. Okayasu I., Hara Y., Nakamura K., Rose NR. Racial and age-related differences in incidence and severity of focal autoimmune thyroiditis. Am. J. Clin. Pathol. 101:698-702, 1994. 56. Vanderpump MPJ., Tunbridge WMG., French JM., et al. The incidence of thyroid disorders in the community a twenty-year follow-up of the Whickham Survey. Clin Endocrinol. (Oxf) 43:55-68, 1995. 57. Doniach D., Bottazzo GF., Russel RCG. Goitrous autoimmune thyroiditis (Hashimotos disease). Clin Endocrinol. Metab. 8:63-80, 1979. 58. Tsuboi K., Yuasa R., Tanaka Y., Ueshiba H., Takeda S., Ito K. Incidence of thyroid atrophy in patients with Hashimoto thyroiditis. In: Nagataki Caleidoscopio 55 M. Pepe, A. Di Gregorio 59. 60. 61. 62. 63. 64. 65. 66. 67. 68. 69. 70. 71. 72. 56 Le tiroiditi S., Mori T., Torizuka K., eds. 80 Years of Hashimoto disease. Amsterdam. Elsevier Science. 69-72, 1993 Rallison ML., Dobyns BM., Meikle AW., Bishop M., Lyon JL., Stevens W. Natural history of thyroid abnormalities: prevalence, incidence, and regression of thyroid diseases in adolecents and young adults. Am. J. Med. 91:363-70, 1991. Katz SM., Vickery AL., Jr. The fibrous variant of Hashimotos thyroiditis. Hum. Pathol. 5:161-70, 1974. Sostre S., Reyes MM. Sonographic diagnosis and grading of Hashimotos thyroiditis. J. Endocrinol. Invest. 14:115-21, 1991. Nordmeyer JP., Shafeh TA., Heckmann C. Thyroid sonography in autoimmune thyroiditis: a prospective study on 123 patients. Acta Endocrinol. (Copenh) 122:391-5, 1990. Zimmerman RS., Brennan MD., McConahey WM., Goellner JR., Gharib H. Hashimotos thyroiditis: an uncommon cause of painful thyroid unresponsive to corticosteroid therapy. Ann. Intern. Med. 104:355-7, 1986. Mariotti S., Cuteregli P., Piccolo P., Barbesino G., Pinchera A. Antithyroid peroxidase autoantibodies in thyroid disease. J. Clin. Endocrinol. Metab. 101:698-702, 1994. Ramtoola S., Maisey MN., Clark SEM., Fogelman I. The thyroid scan in Hashimotos thyroiditis: the great mimic. Nucl. Med. Commun. 9:639-45, 1988. Hypothyroidism and enlarging thyroid mass in a young woman. Am. J. Med. 95:534-41, 1993. Ravinsky E., Safneck JR. Differentiation of Hashimotos thyroiditis from thyroid neoplasms in fine needle aspirates. Acta Cytol. 32:854-61, 1988. Tani E., Skoog L. Fine needle aspiration cytology and immucytochemistry in the diagnosis of lymphoid lesions of the thyroid gland. Acta Cytol. 33:48-52, 1989. Mandel SJ.,Brent GA., Larsen PR. Levothyroxine therapy in patients with thyroid disease. Ann. Intern. Med. 119:492-502, 1993. Cooper DS., Halpern R., Wood LC., Levin AA., Ridgway EC. Lthyroxine therapy in subclinical hypothyroidism: a double blind, placebo-controlled trial. Ann. Intern. Med. 101:18-24, 1984. Nystrom E., Caidahl K., Fager G., Wikkelso C., Lundberg PA., Lindstedt G. A double blind cross over 12 month study of L-thyroxine treatment of women with ìsubclinicalî hypothyroidism. Clin. Endocrinol. (Oxf) 29:63-75, 1988. Hegedus L., Hansen JM., FeldtRasmussen U., Hansen BM., HoierMadsen M. Influence of thyroxine treatment on thyroid size and antithyroid peroxidase antibodies in Hashimotos thyroiditis. Clin. Endocinol. (Oxf) 35:235-8, 1991. Caleidoscopio M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi 73. Chiovato L., Marcocci C., Mariotti S., Mori A., Pinchera A. L-thyroxine therapy induces a fall of thyroid microsomal and thyroglobulin antibodies in idiopathic myxedema and in hypothyroid, but not in euthyroid Hashimotos thyroiditis. J. Endocrinol. Invest. 9:299-305, 1986. Tiroidite di Riedel 1. De Lange WE, Freling NJM, Molenaar WM, Doorenbos H. Invasive fibrous thyroiditis (Riedels struma): a manifestation of multifocal fibrosclerosis? A case report with review of the literature. Q J Med 1989;72:709. 2. Schwaegerle SM, Bauer TW, Esselstyn CB, Jr. Riedels thyroiditis. Am J Clin Pathol 1988;90:715. 3. Mitchinson MJ. The pathology of iodiophatic retroperitoneal fibrosis. J Clin Pathol 1970;23:681. 4. Hay ID. Thyroiditis: a clinical update. Mayo Clin Proc 1985;60:836. Forme particolari di Tiroidite 1. Constine LS, Donaldson SS, McDougall IR, Cox RS, Link MP, Kaplan HS.: Thyroid dysfunction after radiotherapy in children with Hodgkins disease. Cancer 1984;53:878. 2. Tamura K, Shimaoka K, Friedman M.: Thyroid abnormalities associated with treatment of malignant lymphoma. Cancer 1981;47:2704. 3. Orgiazzi J.: Management of Graves hyperthyroidism. Endocrinol Metab Clin North Am 1987;16:363. Tiroidite in corso di sarcoidosi 1. Winnacker JL, Becker KL, Katz S. Endocrine aspects of sarcoidosis. N Engl J Med 1968; 278:483. Tiroidite in corso di amiloidosi 1. James PD. Amiyloid goitre. J Clin Path 1972; 25:683. 2. Kennedy JS, Thomson JA, Buchanan WM. Amyloid in the Thyroid. Q J Med 1974;43:127. Tiroidite in corso di emocromatosi 1. MacDonald RA, Mallory GK. Hemochromatosis and hemosiderosis. Arch Intern. Med 1960 Caleidoscopio 57 M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi Indice Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 5 Principali prove diagnostiche in caso di tiroidite . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 8 Tiroiditi acute . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 12 Tiroiditi subacute . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 16 Tiroidite subacuta granulomatosa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 16 Tiroidite subacuta linfocitaria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 21 Forma sporadica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 22 Tiroidite post-partum . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 25 Tiroiditi cronica autoimmune di Hashimoto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 32 Tiroidite autoimmune e neoplasie maligne della tiroide . . . . . . . . . . . . . » 41 Tiroidite di Riedel . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 42 Forme particolari di tiroidite . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 45 Tiroiditi nell’anziano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 45 Tiroidite da radiazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 45 Tiroidite in corso di sarcoidosi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 46 Tiroidite in corso di amiloidosi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 46 Tiroidite in corso di emocromatosi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 47 Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 48 Indice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 58 58 Caleidoscopio M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi Caleidoscopio Italiano 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. 29. 30. 31. 32. 33. 34. Rassu S.: Principi generali di endocrinologia. Gennaio ’83 Rassu S.: L’ipotalamo endocrino. Giugno ’83 Rassu S.: L’ipofisi. Dicembre ’83 Alagna., Masala A.: La prolattina. Aprile ’84 Rassu S.: Il pancreas endocrino. Giugno ’84 Fiorini I., Nardini A.: Citomegalovirus, Herpes virus, Rubella virus (in gravidanza). Luglio ’84. Rassu S.: L’obesita’. Settembre ’84 Franceschetti F., Ferraretti A.P, Bolelli G.F., Bulletti C.:Aspetti morfofunzionali dell’ovaio. Novembre ’84. Kubasik N.P.: Il dosaggio radioimmunologico (1). Dicembre ’84. Kubasik N.P.: Il dosaggio radioimmunologico (2) parte prima. Gennaio’85. Kubasik N.P.: Il dosaggio radioimmunologico (2) parte seconda. Febbraio ’85. Kubasik N.P.: Il dosaggio radioimmunologico (3) parte prima. Aprile ’85. Nacamulli D, Girelli M.E, Zanatta G.P, Busnardo B.: Il TSH. Giugno ’85. Facchinetti F. e Petraglia F.: La β-endorfina plasmatica e liquorale. Agosto ’85. Baccini C.: Le droghe d’abuso (1). Ottobre ’85. Kubasik N.P.: Il dosaggio radioimmunologico (3) parte seconda. Dicembre ’85. Nuti R.: Fisiologia della vitamina D: Trattamento dell’osteoporosi post-menopausale. Febbraio ’86 Cavallaro E.: Ipnosi: una introduzione psicofisiologica. Marzo ’86. Fanetti G.: AIDS: trasfusione di sangue emoderivati ed emocomponenti. Maggio ’86. Fiorini I., Nardini A.: Toxoplasmosi, immunologia e clinica. Luglio ’86. Limone P.: Il feocromocitoma. Settembre ’86. Bulletti C., Filicori M., Bolelli G.F., Flamigni C.: Il Testicolo. Aspetti morfo-funzionali e clinici. Novembre ’86. Bolcato A.: Allergia. Gennaio ’87. Kubasik N.P.: Il dosaggio enzimoimmunologico ed fluoroimmunologico. Febbraio ’87. Carani C.: Patologie sessuali endocrino-metaboliche. Marzo ’87. Sanna M., Carcassi R., Rassu S.: Le banche dati in medicina. Maggio ’87. Bulletti C., Filicori M., Bolelli G.F., Jasonni V.M., Flamigni C.: L’amenorrea. Giugno ’87. Zilli A., Pagni E., Piazza M.: Il paziente terminale. Luglio ’87. Pisani E., Montanari E., Patelli E., Trinchieri A., Mandressi A.: Patologie prostatiche. Settembre ’87. Cingolani M.: Manuale di ematologia e citologia ematologica. Novembre ’87. Kubasik N.P.: Ibridomi ed anticorpi monoclonali. Gennaio ’88. Andreoli C., Costa A., Di Maggio C.: Diagnostica del carcinoma mammario. Febbraio ’88. Jannini E.A., Moretti C., Fabbri A., Gnessi L., Isidori A.:Neuroendocrinologia dello stress. Marzo ’88. Guastella G., Cefalù E., Carmina M.: La fecondazione in vitro. Maggio ‘88. Caleidoscopio 59 M. Pepe, A. Di Gregorio 35. 36. 37. 38. 39. 40. 41. 42. 43. 44. 45. 46. 47. 48. 49. 50. 51. 52. 53. 54. 55. 56. 57. 58. 59. 60. 61. 62. 63. 64. 65. 66. 67. 68. 69. 70. 71. 72. 73. 74. Le tiroiditi Runello F., Garofalo M.R., Sicurella C., Filetti S., Vigneri R.: Il gozzo nodulare. Giugno ’88. Baccini C.: Le droghe d’abuso (2). Luglio ’88. Piantino P., Pecchio F.: Markers tumorali in gastroenterologia. Novembre ’88. Biddau P.F., Fiori G.M., Murgia G.: Le leucemie acute infantili. Gennaio ’89. Sommariva D., Branchi A.: Le dislipidemie. Febbraio ‘89. Butturini U., Butturini A.: Aspetti medici delle radiazioni. Marzo ‘89. Cafiero F., Gipponi M., Paganuzzi M.: Diagnostica delle neoplasie colo-rettali. Aprile ‘89. Palleschi G.: Biosensori in Medicina. Maggio ‘89. Franciotta D.M., Melzi D’Eril G.V. e Martino G.V.: HTLV-I. Giugno ‘89. Fanetti G.: Emostasi: fisiopatologia e diagnostica. Luglio ‘89. Contu L., Arras M..: Le popolazioni e le sottopopolazioni linfocitarie. Settembre ‘89. Santini G.F., De Paoli P., Basaglia G.: Immunologia dell’occhio. Ottobre ‘89. Gargani G., Signorini L.F., Mandler F., Genchi C., Rigoli E., Faggi E. : Infezioni opportunistiche in corso di AIDS. Gennaio ‘90. Banfi G., Casari E., Murone M., Bonini P. : La coriogonadotropina umana. Febbraio ‘90. Pozzilli P., Buzzetti R., Procaccini E., Signore E.: L’immunologia del diabete mellito. Marzo ‘90. Cappi F.: La trasfusione di sangue: terapia a rischio. Aprile ‘90. Tortoli E., Simonetti M.T.: I micobatteri. Maggio ‘90. Montecucco C.M., Caporali R., De Gennaro F.: Anticorpi antinucleo. Giugno ‘90. Manni C., Magalini S.I. e Proietti R.: Le macchine in terapia intensiva. Luglio ‘90. Goracci E., Goracci G.: Gli allergo-acari. Agosto ‘90. Rizzetto M.: L’epatite non A non B (tipo C). Settembre ‘90. Filice G., Orsolini P., Soldini L., Razzini E. e Gulminetti R.: Infezione da HIV-1:patogenesi ed allestimento di modelli animali. Ottobre ‘90. La Vecchia C. Epidemiologia e prevenzione del cancro (I). Gennaio ‘91. La Vecchia C. Epidemiologia e prevenzione del cancro (II). Febbraio ‘91. Santini G.F., De Paoli P., Mucignat G., e Basaglia G., Gennari D.: Le molecole dell’adesività nelle cellule immunocompetenti. Marzo ‘91. Bedarida G., Lizioli A.: La neopterina nella pratica clinica. Aprile ‘91. Romano L.: Valutazione dei kit immunochimici. Maggio ‘91. Dondero F. e Lenzi A.: L’infertilità immunologica. Giugno ‘91. Bologna M. Biordi L. Martinotti S.: Gli Oncogèni. Luglio ‘91. Filice G., Orsolini P., Soldini L., Gulminetti R., Razzini E., Zambelli A. e Scevola D.: Infezionemalattia da HIV in Africa. Agosto ‘91. Signore A., Chianelli M., Fiore V., Pozzilli P., Andreani D.: L’immunoscintigrafia nella diagnosi delle endocrinopatie autoimmuni. Settembre ‘91. Gentilomi G.A.: Sonde genetiche in microbiologia. Ottobre ‘91. Santini G.F. , Fornasiero S., Mucignat G., Besaglia G., Tarabini-Castellani G. L., Pascoli L.: Le sonde di DNA e la virulenza batterica. Gennaio ‘92. Zilli A., Biondi T.: Il piede diabetico. Febbraio ‘92. Rizzetto M.: L’epatite Delta. Marzo ‘92. Bracco G., Dotti G., Pagliardini S., Fiorucci G.C.: Gli screening neonatali. Aprile ‘92. Tavani A., La Vecchia C.: Epidemiologia delle patologie cardio e cerebrovascolari. Luglio ‘92. Cordido F. , Peñalva A. , De la Cruz L. F. , Casanueva F. F., Dieguez C.: L’ormone della crescita. Agosto ‘92. Contu L.., Arras M.: Molecole di membrana e funzione immunologica (I). Settembre ‘92. Ferrara S.:Manuale di laboratorio I. Ottobre ‘92. 60 Caleidoscopio M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi 75. 76. 77. 78. 79. 80. 81. 82. 83. Gori S.: Diagnosi di laboratorio dei patogeni opportunisti. Novembre ‘92. Ferrara S.: Manuale di laboratorio II. Gennaio ‘93. Pinna G., Veglio F., Melchio R.: Ipertensione Arteriosa. Febbraio ‘93. Alberti M., Fiori G.M., Biddau P.: I linfomi non Hodgkin. Marzo ‘93. Arras M., Contu L.: Molecole di membrana e funzione immunologica (II). Aprile ‘93. Amin R.M., Wells K.H., Poiesz B.J.: Terapia antiretrovirale. Maggio ‘93. Rizzetto M.: L’epatite C. Settembre ‘93. Andreoni S.: Diagnostica di laboratorio delle infezioni da lieviti. Ottobre ‘93. Tarolo G.L., Bestetti A., Maioli C., Giovanella L.C., Castellani M.: Diagnostica con radionuclidi del Morbo di Graves-Basedow. Novembre ‘93. 84. Pinzani P., Messeri G., Pazzagli M.: Chemiluminescenza. Dicembre ‘93. 85. Hernandez L.R., Osorio A.V.: Applicazioni degli esami immunologici. Gennaio 94. 86. Arras M., Contu L.: Molecole di Membrana e funzione immunologica. Parte terza: I lnfociti B. Febbraio ‘94. 87. Rossetti R.: Gli streptoccocchi beta emolitici di gruppo B (SGB). Marzo ‘94. 88. Rosa F., Lanfranco E., Balleari E., Massa G., Ghio R.: Marcatori biochimici del rimodellamento osseo. Aprile ‘94. 89. Fanetti G.: Il sistema ABO: dalla sierologia alla genetica molecolare. Settembre ‘94. 90. Buzzetti R., Cavallo M.G., Giovannini C.: Citochine ed ormoni: Interazioni tra sistema endocrino e sistema immunitario. Ottobre ‘94. 91. Negrini R., Ghielmi S., Savio A., Vaira D., Miglioli M.: Helicobacter pylori. Novembre ‘94. 92. Parazzini F.: L’epidemiologia della patologia ostetrica. Febbraio ‘95. 93. Proietti A., Lanzafame P.: Il virus di Epstein-Barr. Marzo ‘95. 94. Mazzarella G., Calabrese C., Mezzogiorno A., Peluso G.F., Micheli P, Romano L.: Immunoflogosi nell’asma bronchiale. Maggio ‘95. 95. Manduchi I.: Steroidi. Giugno ‘95. 96. Magalini S.I., Macaluso S., Sandroni C., Addario C.: Sindromi tossiche sostenute da principi di origine vegetale. Luglio ‘95. 97. Marin M.G., Bresciani S., Mazza C., Albertini A., Cariani E.: Le biotecnologie nella diagnosi delle infezioni da retrovirus umani. Ottobre ‘95. 98. La Vecchia C., D’avanzo B., Parazzini F., Valsecchi M.G.: Metodologia epidemiologica e sperimenta zione clinica. Dicembre ‘95. 99. Zilli A., Biondi T., Conte M.: Diabete mellito e disfunzioni conoscitive. Gennaio ‘96. 100. Zazzeroni F., Muzi P., Bologna M.: Il gene oncosoppressore p53: un guardiano del genoma. Marzo ‘96. 101. Cogato I. Montanari E.: La Sclerosi Multipla. Aprile ‘96. 102. Carosi G., Li Vigni R., Bergamasco A., Caligaris S., Casari S., Matteelli A., Tebaldi A.: Malattie a trasmissione sessuale. Maggio ‘96. 103. Fiori G.M., Alberti M., Murtas M. G., Casula L., Biddau P.: Il linfoma di Hodgkin. Giugno ‘96. 104. Marcante R., Dalla Via L.: Il virus respiratorio sinciziale. Luglio ‘96. 105. Giovanella L., Ceriani L., Roncari G.: Immunodosaggio dell’antigene polipeptidico tissutale specifico (TPS) in oncologia clinica: metodologie applicative. Ottobre ‘ 96. 106. Aiello V., Palazzi P., Calzolari E.: Tecniche per la visualizzazione degli scambi cromatici (SCE): significato biologico e sperimentale. Novembre ‘96. 107. Morganti R.: Diagnostica molecolare rapida delle infezioni virali. Dicembre ‘96. 108. Andreoni S.: Patogenicità di Candida albicans e di altri lieviti. Gennaio ‘97. 109. Salemi A., Zoni R.: Il controllo di gestione nel laboratorio di analisi. Febbraio ‘97. 110. Meisner M.: Procalcitonina. Marzo ‘97. Caleidoscopio 61 M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi 111. Carosi A., Li Vigni R., Bergamasco A.: Malattie a trasmissione sessuale (2). Aprile ‘97. 112. Palleschi G. Moscone D., Compagnone D.: Biosensori elettrochimici in Biomedicina. Maggio ‘97. 113. Valtriani C., Hurle C.: Citofluorimetria a flusso. Giugno ‘97. 114. Ruggenini Moiraghi A., Gerbi V., Ceccanti M., Barcucci P.: Alcol e problemi correlati.Settembre ‘97. 115. Piccinelli M.: Depressione Maggiore Unipolare. Ottobre ‘97. 116. Pepe M., Di Gregorio A.: Le Tiroiditi. Novembre ‘97. 62 Caleidoscopio M. Pepe, A. Di Gregorio Le tiroiditi Caleidoscopio 63 Caleidoscopio Rivista mensile di Medicina anno 15, numero 116 user Direttore Responsabile Sergio Rassu Via Pietro Nenni, 6 07100 Sassari Tel.-Fax 079 270464 Tel. mobile 0338 2202502 E-mail: [email protected] Consulenti di Redazione Giancarlo Mazzocchi ed Angelo Maggio Segretaria di Direzione Letizia Cuccuru EDITORE Servizio Abbonamenti Fina Grandeppieno Flavio Damarciasi Responsabile Ufficio Acquisti Alessandra Pater Via Rio Torbido, 40 16165 Genova (Italy) Tel. (010) 83401 Numero Verde 167 801005 (senza prefisso); Telex 270310 Ideal I. Telefax (010) 803498- 809070. Internet URL: http://medicalsystems.editoria.com e http://www.medicalsystems.it La Medical Systems pubblica anche le seguenti riviste: Journal of Clinical Ligand Assay, Guida Pratica Immulite®, Caleidoscopio, Kaleidoscope, Caleidoscopio letterario, Pandora, Journal of Preventive Medicine and Hygiene, Tribuna Biologica e Medica. Stampa Tipolitografia ATA 16143 Genova - Via G. Torti, 32 c.r. Tel. (010) 513120 - Fax (010) 503320 Registrazione Tribunale di Genova n. 34 del 31/7/1996 Iscrizione al Registro Nazionale della Stampa n 2661 del 2 Settembre 1989 o Finito di stampare: Novembre 1997 Sped. in Abb. Post. 50% Pubblicazione protetta a norma di legge dall’Ufficio proprietà letteraria, artistica e scientifica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dedicata all’aggiornamento professionale continuo e riservata ai medici. Caleidoscopio viene anche letto e rilanciato da: “L’ECO DELLA STAMPA” Via Compagnoni, 28 - Milano SAGGIO FUORI COMMERCIO ESENTE IVA E BOLLA DI ACCOMPAGNAMENTO(Art. 4 - 3/8/6 DPR 627/78)