ISSN 0394 3291
Caleidoscopio
Italiano
Serie Mosaici Romani
Mario Pepe
Aldo Di Gregorio
Le Tiroiditi
Direttore Responsabile
Sergio Rassu
116
Via Rio Torbido, 40 - Genova (Italy) Tel. 010 83.401
Stampato a Genova 1997
M. Pepe, A. Di Gregorio
II
Caleidoscopio
Le tiroiditi
Caleidoscopio
Italiano
Mario Pepe
Aldo Di Gregorio1
Servizio di Preospedalizzazione
1
Istituto di Clinica Medica V
Università degli Studi “La Sapienza”
Roma
Le Tiroiditi
Direttore Responsabile
Sergio Rassu
116
Via Rio Torbido, 40 - Genova (Italy) Tel. 010 83.401
Stampato a Genova 1997
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1) Björklund B., Björklund V.: Proliferation marker concept with TPS as a model. A preliminary report. J. Nucl.
Med. Allied. Sci 1990 Oct-Dec, VOL: 34 (4 Suppl), P: 203.
2 Jeffcoate S.L. e Hutchinson J.S.M. (Eds): The Endocrine Hypothalamus. London. Academic Press, 1978.
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M. Pepe, A. Di Gregorio
Le tiroiditi
Caleidoscopio
Italiano
Editoriale
Q
uesta monografia dedicata specificamente alle tiroiditi vuole ancora una volta
sottolineare il rilievo epidemiologico che la patologia tiroidea rappresenta nel
nostro Paese. Nonostante questo rilievo, nessun ente o organizzazione consiglia dei
programmi di screening della popolazione e questa possibilitˆ dovrebbe essere
attentamente valutata tenendo conto ovviamente del rapporto costo/beneficio di un
programma che finirebbe per mettere in evidenza un numero enorme di potenziali
pazienti.
Infatti, secondo alcuni studi, sino al 50% della popolazione ha dei noduli
microscopici e circa il 15% ha un carcinoma papillifero occulto. Inoltre il 15% ha un
gozzo palpabile, il 10% dei livelli dellÕormone tireostimolante patologici, ed il 5%
delle donne hanno un ipo o iper-tiroidismo manifesto, tenendo presente che la
prevalenza varia con le fasce di etˆ per cui, nella popolazione pi• anziana, la
prevalenza del solo ipotiroidismo nelle donne • stata trovata intorno al 5%. Circa la
prevalenza delle varie forme di tiroiditi potrete trovare in questa monografia tutte le
informazioni documentate e sicuramente interessanti.
La tiroide • stata giˆ al centro del nostro interesse con alcuni numeri precedentemente
pubblicati (vedi Caleidoscopio numero 13, 35, 83, e la Guida Pratica Immulite
numero 3) ma per la prima volta affrontiamo nello specifico il capitolo delle tiroiditi.
Con il termine di tiroidite intendiamo un insieme di patologie di diversa eziologia.
Mentre la tiroidite piogenica e quella Riedel sono rare, le altre forme, cioŽ la tiroidite
subacuta e quella cronica di Hashimoto sono pi• comuni e sono tra le patologie
Caleidoscopio
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Le tiroiditi
M. Pepe, A. Di Gregorio
endocrine pi• frequentemente incontrate nella pratica clinica nonostante lÕassociazione
del dolore con queste patologie sia infrequente.
Questa monografia si presenta completa perchŽ vengono analizzate nel dettaglio le
forme anzidette riportando quanto di pi• recentemente individuato circa
lÕepidemiologia, lÕevoluzione, la patogenesi, lÕanatomia patologica, la clinica la
diagnosi e la terapia ed inoltre • possibile trovare le forme di tiroidite rare e sulle
quali difficilmente si trova riferimento nei comuni testi di medicina: ad esempio la
tiroidite post-partum o quella in corso di altre patologie come lÕemocromatosi o la
sarcoidosi. Il volume pu˜ quindi rappresentare un valido ausilio di aggiornamento,
seguendo in questo la tradizione della collana.
Gli autori della monografia appartengono alla prestigiosa Scuola della Clinica
Medica V dellÕUniversitˆ la Sapienza di Roma che tanti illustri allievi ha formato.
Il dott. Aldo Di Gregorio, specializzato in Endocrinologia e Malattie Metaboliche,
ha conseguito inoltre la specializzazione in Medicina Interna e successivamente
quella in Cardiologia. Ha lavorato in missione al Policlinico dellÕUniversitˆ di Gent
(Belgio), diretto dal Prof. A. Vermeulen.
Attualmente lavora come Medico del Senato della Repubblica e fa parte del
gruppo di ricerca sugli ormoni steroidei operante nellÕIstituto di Clinica Medica V
dellÕUniversitˆ di Roma: si • infatti dedicato allo studio delle modificazione di
legame proteico in condizioni fisiologiche ed in alcuni aspetti di patologia steroidea.
Professore a contratto, • docente presso la Scuola di Specializzazione in
Endocrinologia, Universitˆ degli Studi ÒLa SapienzaÓ di Roma. EÕ infine coautore di
numerose pubblicazioni scientifiche riguardanti gli aspetti biochimici e fisiopatologici
degli ormoni tiroidei.
Il dott. Mario Pepe, laureato in Medicina e Chirurgia, specializzato in
Endocrinologia, • Professore a Contratto presso la Scuola di Specializzazione in
Endocrinologia dellÕUniversitˆ degli Studi de LÕAquila diretta dal Prof. DÕArmiento.
EÕ autore di oltre 40 pubblicazioni su riviste, libri ed atti di congressi sia nazionali
che internazionali e monografie.I contributi originali apportati riguardano il campo
dellÕendocrinologia sperimentale e dellÕendocrinologia clinica. I risultati di questi
studi si sono rivelati, per generale consenso, di notevole importanza e originalitˆ.
Attualmente svolge attivitˆ assistenziale in qualitˆ di aiuto presso il Servizio di
Preospedalizzazione dellÕUniversitˆ degli Studi di Roma ÒLa SapienzaÓ.
Sergio Rassu
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Caleidoscopio
M. Pepe, A. Di Gregorio
Le tiroiditi
Introduzione
Le malattie infiammatorie della tiroide sono, nel complesso, i disordini
tiroidei più comuni.
Si tratta di un gruppo piuttosto eterogeneo di patologie ad eziologia,
patogenesi e presentazione clinica diversa nelle singole forme.
Le tiroiditi possono quindi essere classificate in relazione alla rapidità
d’insorgenza, alla causa scatenante, alla severità dei sintomi e segni e alla
loro durata.
Una possibile classificazione è quella mostrata nella Tab. 1.
- TIROIDITI ACUTE
- TIROIDITI SUBACUTE
Tiroidite granulomatosa
Tiroidite linfocitaria (sporadica e post-partum)
-TIROIDITI CRONICHE
Tiroidite cronica linfocitaria (T. Hashimoto)
Tiroidite fibrosa (t. Riedel)
Tabella 1. Classificazione delle tiroiditi.
Di ciascuna di queste forme esistono poi quadri particolari come le
tiroiditi dell’anziano e in corso di altre patologie.
Di fronte ad un paziente con sospetta tireopatia è innanzitutto importante raccogliere un’attenta anamnesi volta ad evidenziare un’infezione
virale recente, la presenza nello stesso paziente o nei familiari di patologie a
carattere autoimmune quali diabete mellito tipo I, morbo di Addison,
malattia di Graves etc., una situazione di immunodepressione, l’area geografica di provenienza.
E infatti noto che la patogenesi della tiroidite di Hashimoto, sicuramente
una delle cause più frequenti di ipotiroidismo nell’adulto, e, probabilmente
di alcune forme di tiroidite subacuta linfocitaria, è autoimmune.
Inoltre è stata osservata la frequente associazione della tiroidite granulomatosa con infezioni virali delle vie aeree superiori e con la parotite a
dimostrare una probabile eziologia virale della tiroidite di De Quervain.
D’altra parte vanno tenute presenti le tiroiditi acute che, se pur rare,
possono colpire con una certa frequenza soggetti immunodepressi o con
alterazioni anatomiche congenite della regione del collo.
Caleidoscopio
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M. Pepe, A. Di Gregorio
Le tiroiditi
Ulteriori dati, una volta acquisita l’anamnesi, possono dedursi da un attento esame clinico.
E’ necessario soprattutto evidenziare la presenza di sintomi e segni di
infezione generale quali febbre, malessere, astenia, sudorazione, presenti
nelle forme acute e in minor misura nelle forme subacute.
Possono inoltre essere presenti i segni e i sintomi tipici della iper o ipofunzione tiroidea.
Importante è un attento esame della regione anteriore del collo che
evidenzierà una tumefazione dolente e dolorabile, che spesso rende difficile
la palpazione, soprattutto nelle forme acute e nella subacuta granulomatosa.
Nella tiroidite silente e nella tiroidite di Hashimoto invece, la ghiandola
non è dolente, può essere ridotta o aumentata di volume.
Nelle forme a patogenesi autoimmune è spesso presente un interessamento dei linfonodi laterocervicali.
La conferma diagnostica si ottiene dagli esami di laboratorio.
Patognomonica delle tiroiditi è la positività per gli anticorpi antitireoperossidasi e antitireoglobulina, presenti ad alto titolo nella forma di
Hashimoto e a più basso titolo nelle forme subacute.
L’esame ecografico spesso mostra il quadro di una ghiandola disomogenea (Fig. 1) e di ecogenicità ridotta nelle forme croniche, mentre si può evidenziare un nodulo a contenuto liquido nelle forme batteriche. In alcuni
quadri di tiroidite subacuta può essere necessaria la scintigrafia per la diagnosi differenziale con altri quadri di ipertiroidismo. L’esame presenterà
una captazione ridotta o soppressa in relazione al danno parenchimale in caso di tiroidite.
Figura 1. Ecografia tiroidea in sezione trasversa.
Ghiandola tiroide di dimensioni normali ad ecostruttura disomogenea.
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Caleidoscopio
M. Pepe, A. Di Gregorio
Tiroidite
Le tiroiditi
Gozzo Dolore
Febbre
VES
Suppurativa
+
++
+
+
Ac. non supp.
+
+++
++
+++
Silente
(+)
Post-partum
+
Hashimoto
+
T3-T4
Ab
Tg
Capt.131I
o=
o=
(
)
=o
Tabella 2. Diagnosi differenziale delle principali tiroiditi.
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Le tiroiditi
M. Pepe, A. Di Gregorio
Principali prove diagnostiche in caso di tiroidite
Dosaggio degli ormoni tiroidei circolanti
La misurazione degli ormoni tiroidei liberi e totali viene eseguita con
dosaggio immunologico che utilizza lo iodio radiattivo, un enzima, o un
marcatore fluorescente o chemiluminescente attaccato ad una nota quantità
di ormone o di anticorpo diretto contro quell’ormone e l’impiego di antisieri
specifici. Sono disponibili in commercio kit specifici, sensibili e riproducibili
che rendono tali dosaggi adatti ad un impiego routinario per la valutazione
delle principali tireopatie. Il range di normalità per la T4 totale è di 61-118
ng/ml, per l’FT4 di 0.8-2 pg/dl, per il T3 di 0.8-2 ng/ml e per l’FT3 di 1.5-5
pg/ml.
Dosaggio del TSH
Il dosaggio del TSH, effettuato con metodiche ad alta sensibilità funzionale in laboratori ad elevato standard operativo, consente di escludere
condizioni di ipo ed ipertiroidismo in ragione della nota relazione lineare/logaritmica esistente tra concentrazione di FT 4 e TSH dove un cambiamento pari a due volte della concentrazione di FT 4 corrisponde ad un
cambiamento di 100 volte della concentrazione di TSH (Fig. 2).
100
10
1
Sensibilità funzionale
del TSH di 2a Generazione
.1
0.01
Sensibilità funzionale
Eutiroideo
1
del TSH di 3a Generazione
2
4
Misura FT4
Figura 2. Relazione lineare/logaritmica tra FT4 e TSH.
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Caleidoscopio
M. Pepe, A. Di Gregorio
Le tiroiditi
I livelli di TSH escono dal range di normalità molto precocemente nel
corso di malattie della tiroide, molto prima di quanto facciano gli ormoni
tiroidei. L’individuazione di livelli di TSH elevati o soppressi, in situazioni
di alterazioni subcliniche, conferma l’estrema sensibilità del TSH come
indicatore dello stato tireo-metabolico (Fig. 3).
Sub
Eutiroideo clinico Clinico
Sub
Eutiroideo clinico
Clinico
T3
T4
TSH
NORMALE
T3
T4
TSH
Sviluppo
ipotiroidismo
Sviluppo
ipertiroidismo
Figura 3. Modificazioni dei livelli pasmatici di T3, T4 e TSH in corso di ipoed ipertiroidismo.
Nell’ambito delle basse concentrazioni di TSH rimane aperta la problematica relativa alla discriminazione tra ipertiroidismo subclinico ed effetti
della terapia TSH soppressiva, per la cui definizione è possibile il ricorso al
TRH-test.
Tuttavia con le più moderne tecnologie analitiche per il dosaggio del TSH
di terza generazione è stato dimostrato che l’interazione lineare/logaritmica
fra FT4 e TSH continua fino a concentrazioni di 0,01 µIU/ml di TSH (Fig. 4).
La sensibilità funzionale dei dosaggi di prima generazione cade all’interno del range eutiroideo permettendo solamente la determinazione dei
livelli di TSH medio-normali sino a quelli elevati.
Il dosaggio di TSH di seconda generazione, più sensibile, permette di
estendere in basso lo studio sino a 0,1-0,2 µIU/ml, nel range dei valori di
TSH moderatamente soppressi.
Il dosaggio di terza generazione estende il range funzionale in ordine di
grandezza più basso sino a 0,01-0,02 µIU/ml nella regione dei valori di TSH
estremamente ridotti associati con un franco ipertiroidismo.
La sensibilità funzionale del TSH viene definita come la più bassa con-
Caleidoscopio
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Le tiroiditi
M. Pepe, A. Di Gregorio
50
Dosaggio
3a Generazione
Dosaggio
Dosaggio
2a Generazione 1a Generazione
40
30
Sensibilità
20
funzionale
10
Molto basso
Moderatamente basso
Range
eutiroideo
0
0.001
0.004 0.01
0.04
0.1
0.4
1
4
10
TSH µIU/ml
Figura 4. Differenze nella sensibilità funzionale tra i tests del TSH di prima,
seconda e terza generazione.
centrazione alla quale il dosaggio è capace di mantenere il coefficiente di
variazione (CV) tra dosaggi intorno al 20% o meno. Il dosaggio di TSH di
terza generazione ha un coefficiente di variazione interdosaggio del 20% o
meno. Questo livello di sensibilità è stato raggiunto solo dai dosaggi immunometrici in chemiluminescenza.
Dosaggio degli anticorpi antitiroidei
Le tireopatie su base autoimmune e in maniera specifica la tiroidite di
Hashimoto sono caratterizzate dalla presenza di autoanticorpi circolanti
diretti verso la tireoglobulina (TgAb) e la Perossidasi tiroidea (TPOAb).
Gli anticorpi antitireoperossidasi sono positivi nel 95% dei casi di tiroidite di Hashimoto e più che gli anticorpi antitireoglobulina sono diagnostici
di tale affezione. Il riscontro di titoli anticorpali non implica necessariamente
una diretta correlazione con lo stato funzionale della ghiandola e/o con la
prognosi della patologia. Anche per il dosaggio degli anticorpi si basa sul
dosaggio radioimmunologico (RIA) o immunometrico con tracciante
chemiluminescente.
Sono normali valori inferiori a 50 UI/ml anche se esistono delle
controversie su questo dato.
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Caleidoscopio
M. Pepe, A. Di Gregorio
Le tiroiditi
Ecografia tiroidea
Per l’ecografia tiroidea viene utilizzata una sonda lineare da 7.5 MHz.
Tale esame è di facile esecuzione e rappresenta un metodo pratico per la
valutazione del volume e della struttura del parenchima tiroideo. L’ecografia va eseguita con paziente supino e collo iperesteso.
La sonda viene posta prima orizzontalmente sul collo per rilevare la
sezione trasversa della tiroide e lo spessore dell’istmo.
Successivamente viene posizionata parallelamente alla trachea per la
determinazione del diametro longitudinale.
Scintigrafia tiroidea
La scintigrafia tiroidea può essere eseguita usando come tracciante
radioattivo lo 131I o lo 123I.
Possono essere dedotte informazioni circa la morfologia, la cinetica
ghiandolare dello iodio e la sua dismissione dal compartimento tiroideo.
La normalità dei livelli di captazione è variabile nelle diverse aree
geografiche, in rapporto al diverso apporto dietetico di iodio e per effetto di
eventuali interferenze ambientali e farmacologiche.
Pertanto la curva di captazione va interpretata alla luce dei dati clinici e
analizzata sulla scorta di altri parametri di attività ghiandolare e tenendo
conto delle possibili interferenze a livello dell’emuntorio renale.
Nel caso delle tiroiditi che si manifestano da un punto di vista clinico con
ipertiroidismo, la captazione che in questi casi è assente, ci permette di fare
diagnosi differenziale con l’ipertiroidismo da morbo di Basedow dove è
presente invece una captazione elevata e associata a rapida dismissione del
radioalogeno (angolo di fuga).
Caleidoscopio
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M. Pepe, A. Di Gregorio
Le tiroiditi
Tiroiditi acute
La tiroidite acuta è una malattia infiammatoria piuttosto rara, di solito di
origine batterica, ma che può anche essere causata da funghi, parassiti,
pneumocystis carinii (1). La flogosi raramente interessa tutta la ghiandola,
mentre più spesso colpisce un solo lobo. Può talora assumere i caratteri di
una flogosi acuta aspecifica che poi regredisce; altre volte può evolvere in
una vera e propria flogosi suppurativa, con formazione di ascessi tiroidei: la
prognosi diviene allora molto più grave perché può verificarsi una
diffusione del processo suppurativo ai piani circostanti.
L’apparente rarità di tale disordine può essere dovuta a varie ragioni. In
primo luogo, il ricco flusso sanguigno e l’efficiente sistema di drenaggio
linfatico che caratterizzano l’anatomo-fisiologia della tiroide potrebbero
rendere tale ghiandola particolarmente resistente alla colonizzazione
batterica. Infatti, esperimenti condotti iniettando batteri nei vasi tiroidei di
cani non comportavano l’insorgenza, in alcun caso, di una tiroidite acuta.
Inoltre, la capsula che riveste il parenchima tiroideo potrebbe rendere molto
difficile la trasmissione dell’infezione per contiguità da strutture vicine.
Infine, l’alto contenuto in iodio della tiroide potrebbe rappresentare un
ambiente non favorevole alla crescita batterica.
La tiroidite acuta si manifesta più frequentemente nelle donne di età
compresa tra i 20 e i 40 anni, anche se possono essere colpite tutte le età della
vita compresi bambini ed anziani (2).
Eziopatogenesi
La tiroidite acuta è causata da numerosi microrganismi. I germi più
frequentemente responsabili sono: lo Streptococco piogene, lo Stafilococco
aureo, anche se altri batteri quali il Meningococco, l’Hemophilus influenzae,
Escherichia coli, vari anaerobi, sono stati trovati come agenti eziologici di
tiroiditi acute. Più raramente sono in causa, nell’insorgenza di questa
infiammazione acuta, i micobatteri, i funghi, i parassiti (3) (Tab. 3).
Gli agenti infettivi possono raggiungere la tiroide per via ematica,
partendo da siti distanti quali, ad esempio, il tratto urinario o, per via
linfatica, come risultato di un’infezione locale quale una faringite o una
mastoidite. La persistenza del dotto tireoglosso con formazione di una cisti e
sua infezione, una fistola del seno piriforme, infezione di strutture contigue
alla tiroide, la presenza di una ferita penetrante, una tracheotomia, un
cancro delle vie aeree superiori, sono tutte condizioni riportate come fonte di
infezione in caso di tiroidite acuta (2, 4) (Tab. 4).
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Caleidoscopio
M. Pepe, A. Di Gregorio
Le tiroiditi
E’ stato evidenziato, inoltre, che in più del 50% dei casi, la tiroidite acuta
colpisce una ghiandola con una preesistente patologia, più frequentemente
un gozzo multinodulare. Inoltre, soggetti immunocompromessi sono più
facilmente colpiti dalla tiroidite acuta (2).
MICRORGANISMI
% TIROIDITI ACUTE
- Streptococco piogene
50-70
- Stafilococco aureo
30-50
- Meningococco
10-15
- Escherichia coli
5-10
- Altri anaerobi
1- 2
- Funghi, parassiti
1- 2
Tabella 3. Microrganismi responsabili di tiroiditi acute.
- Persistenza del dotto tireoglosso
- Fistola del seno piriforme
- Ferita penetrante
- Tracheotomia
- Cancro delle vie aeree superiori
- Riduzione delle difese immunitarie
Tabella 4. Fattori predisponenti delle tiroiditi acute.
Caleidoscopio
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M. Pepe, A. Di Gregorio
Le tiroiditi
Manifestazioni cliniche e di laboratorio
La tiroidite acuta si manifesta come una malattia infettiva ad esordio
improvviso, con compromissione dello stato generale, astenia, febbre spesso
elevata e con brivido, sudorazione.
Localmente il paziente riferisce un dolore localizzato nella regione
anteriore del collo, spesso unilaterale, che si irradia all’orecchio omolaterale
e alla mandibola ed è esacerbato dalla deglutizione e dai movimenti di
rotazione della testa. Possono inoltre essere presenti: disfagia grave, talora
dispnea, tosse secca e stizzosa, per compromissione tracheale ed irritazione
del nervo ricorrente.
L’esame obiettivo della regione del collo evidenzia una tumefazione
dolente, mobile con la deglutizione, che può essere fluttuante. La cute
sovrastante si presenta arrossata e calda (2).
Gli esami di laboratorio evidenziano una leucocitosi e un aumento della
VES. I pazienti sono di solito eutiroidei nonostante sia riportata in letteratura
una transitoria elevazione dei livelli di tiroxina sierica. E’ opinione comune
che concentrazioni elevate di T4 nel siero siano dovute ad immissione in
circolo di ormone preformato da parte dei tireociti danneggiati.
La ricerca degli anticorpi antitiroide è sempre negativa. I germi responsabili possono essere messi in evidenza con un’emocoltura o, meglio, con la
coltura del pus prelevato mediante puntura o spontaneamente fuoriuscito
da una fistola (5,6).
La curva di captazione con iodio 131 è spesso normale anche se può
essere bassa se l’infiammazione è diffusa. La scintigrafia può mettere in
evidenza una zona di amputazione del parenchima tiroideo in corrispondenza dell’ascesso (7).
L’indagine ecografica potrà evidenziare la presenza, in uno dei due lobi,
a livello della zona dolente alla palpazione, un’area anecogena o ipoecogena
corrispondente all’ascesso (2).
Diagnosi differenziale e trattamento
La presentazione della tiroidite acuta è drammatica, inoltre potrebbe
essere mimata da altre condizioni dolorose che colpiscono la tiroide: in
primo luogo la tiroidite subacuta granulomatosa, un’emorragia in un nodulo
cistico tiroideo, o, ancora, un ingrandimento rapido di un carcinoma tiroideo
con necrosi centrale. Tuttavia, la tiroidite subacuta granulomatosa ha una
presentazione clinica spesso meno severa della tiroidite acuta; l’emorragia in
una cisti tiroidea o in una neoplasia non è accompagnata né da febbre né da
altre manifestazioni caratteristiche delle infezioni batteriche.
14
Caleidoscopio
M. Pepe, A. Di Gregorio
Le tiroiditi
Tuttavia è necessario sottolineare che nei pazienti immunodepressi può
mancare il rialzo febbrile. Quindi, nel caso in cui si sospetti una tiroidite
acuta, è possibile fare un agoaspirato con ago sottile della lesione. La
presenza di materiale purulento su cui può essere eseguita la colorazione
Gram e l’esame colturale confermeranno la diagnosi (2).
Con un trattamento adeguato la tiroidite acuta evolve verso la
risoluzione completa senza alterazioni della funzione tiroidea. L’evoluzione
spontanea invece, comporta la formazione di un ascesso con fistolizzazione
all’esterno. Più raramente si può avere la diffusione del processo suppurativo ai piani circostanti con formazione di un flemmone del collo; questo può perforarsi nella trachea, nell’esofago, nella faringe, nella cavità
pleurica. E necessario, quindi, per migliorare la prognosi, un trattamento
efficace e iniziato il più precocemente possibile. Il trattamento dovrebbe
consistere nella ospedalizzazione con somministrazione parenterale di antibiotici e, nel caso in cui si formi un ascesso, nel drenaggio di quest’ultimo.
Inoltre, in alcuni casi, è necessaria la resezione parziale della tiroide. Un
ritardo nella diagnosi e nell’inizio del trattamento comporta il pericolo di
diffusione sistemica della flogosi con setticemie e setticopiemie. Se adeguatamente trattata, quindi, la tiroidite acuta comporta raramente sequele
permanenti. Una severa e diffusa infiammazione potrebbe tuttavia causare
la distruzione dell’intera tiroide con conseguente ipotiroidismo.
Bisogna inoltre ricordare che sono possibili recidive nei casi in cui siano
presenti difetti anatomici come la persistenza del dotto tireoglosso o una non
riconosciuta fistola interna (4, 8).
Caleidoscopio
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M. Pepe, A. Di Gregorio
Le tiroiditi
Tiroiditi subacute
Le tiroiditi subacute sono processi infiammatori, reversibili ma qualche
volta recidivanti, che colpiscono la tiroide, la cui durata è molto variabile: da
alcune settimane a qualche mese.
Le due forme più importanti sono: la tiroidite subacuta granulomatosa e
la tiroidite silente. Entrambi questi disordini, benché distinti da un punto di
vista istologico e ancor di più per l'eziologia, hanno analoghe caratteristiche
cliniche e di durata e, per tale motivo, sono incluse nella stessa classificazione generale (1).
Tiroidite subacuta granulomatosa
Questa forma di tiroidite, descritta per la prima volta nel 1904 da De
Quervain, è piuttosto frequente: rappresenta infatti il 5% delle patologie che
interessano questa ghiandola. Colpisce prevalentemente il sesso femminile
con un rapporto 5 a 1 rispetto ai maschi, ed un'età compresa tra i 30 e i 55
anni. Esistono numerosi sinonimi per questa forma di tiroidite: tiroidite di
De Quervain, tiroidite dolorosa, tiroidite granulomatosa, tiroidite migrante
sono solo alcuni di questi (2).
Eziopatogenesi
L'eziologia di questa forma di tiroidite è sconosciuta; l'ipotesi più
accreditata è quella virale. Quest'ultima è suggerita da studi epidemiologici
e da osservazioni cliniche: la tiroidite granulomatosa è spesso preceduta da
un'infezione virale delle vie respiratorie o da una parotite; è una patologia
autolimitante e tende ad avere una distribuzione stagionale (estate ed
autunno). Inoltre, a conferma della probabile genesi virale, da tiroidi di
individui affetti sono stati isolati e coltivati diversi virus, ed elevati titoli
anticorpali diretti contro numerosi tipi di virus sono stati riscontrati in
pazienti con tiroidite di De Quervain. I virus che più degli altri potrebbero
essere coinvolti sono: Coxackie ed Echovirus, Adenovirus, Paramixovirus,
virus di Epstein-Barr, virus dell'influenza e dell'epatite (1, 3).
Tuttavia, nonostante le evidenze di un'eziologia virale, la tiroidite
granulomatosa è risultata chiaramente associata ad un'aumentata frequenza
di specifici antigeni del complesso maggiore di istocompatibilità come
16
Caleidoscopio
M. Pepe, A. Di Gregorio
Le tiroiditi
l’HLA-B35 e l’HLA-B67 che lascerebbe presupporre che la suscettibilità
all'infezione è geneticamente determinata. Inoltre, va sottolineato che
l'associazione con antigeni del sistema HLA è molto più stretta nella tiroidite
granulomatosa (rischio relativo 11.5) che nella tiroidite di Hashimoto (rischio
relativo 3.5) che è una malattia autoimmune.
E probabile, quindi, che l'autoimmunità giochi un ruolo patogenetico
anche nella tiroidite di De Quervain. Vari studi infatti, evidenziano una serie
di alterazioni del sistema immunitario in questi pazienti. In un quinto dei
pazienti sono stati osservati anticorpi antitireoglobulina e antimicrosomiali.
Alti titoli di anticorpi diretti contro il recettore del TSH sono stati messi in
evidenza nella maggior parte dei pazienti durante la fase acuta della
tiroidite. Un ruolo della immunità cellulo-mediata nello sviluppo della
tiroidite è stato suggerito dall'osservazione di linfociti T sensibilizzati contro
antigeni tiroidei.
Tuttavia, sia le alterazioni dell'immunità umorale sia di quella cellulomediata sembrerebbero transitorie e scomparirebbero con la remissione
della malattia costituendo quindi solo un epifenomeno legato al rilascio di
antigeni tiroidei durante l'infiammazione e non causa di insorgenza della
malattia (1, 3).
Caratteristiche istopatologiche
La ghiandola può essere lievemente o notevolmente aumentata di
volume, talora in maniera asimmetrica, ma più spesso in toto, anche se
irregolarmente. La tiroide può risultare adesa alle strutture circostanti.
Sulla sezione di taglio le aree colpite sono consistenti, di colore bianco
giallastro, che contrasta con il tessuto tiroideo normale, che ha consistenza
elastica e colore marrone.
Istologicamente le lesioni sono zonali e il loro aspetto dipende dallo
stadio della malattia.
Negli stadi precoci, sparsi follicoli tiroidei possono essere completamente
distrutti e sostituiti da neutrofili che costituiscono microascessi.
Successivamente, gli aspetti più caratteristici appaiono sotto forma di
macrofagi intorno a follicoli lesi, frammisti a cellule giganti multinucleate
che racchiudono piccoli residui di colloide. I focolai flogistici hanno l'aspetto
di granulomi da cui il nome di tiroidite granulomatosa.
Negli stadi successivi le aree colpite vengono sostituite da un infiltrato
flogistico cronico con fibrosi (5).
Caleidoscopio
17
Le tiroiditi
M. Pepe, A. Di Gregorio
Manifestazioni cliniche
La tiroidite granulomatosa si manifesta prevalentemente in donne (80%
dei casi) di età compresa tra i 40 e i 50 anni. Essa è spesso preceduta da un
episodio infettivo delle prime vie aeree o dalla parotite epidemica. Ha un
esordio brusco caratterizzato da: mialgia, febbre di grado non elevato,
astenia, mal di gola e spesso disfagia. E’ presente dolore nella regione
anteriore del collo. Questo compare improvvisamente, è unilaterale e, in
almeno un terzo dei casi, si irradia all'orecchio ipsilaterale. Il dolore però
può irradiarsi anche alla mandibola, alla regione occipitale, al torace
superiore. Esso tende ad aumentare durante i movimenti di rotazione della
testa e durante la deglutizione; inoltre, nell'evoluzione della malattia, può
migrare verso il lato controlaterale. Sintomi di ipermetabolismo come
sudorazione, tachicardia, palpitazioni, perdita di peso possono essere
presenti (circa la metà dei casi) se coesiste ipertiroidismo, dovuto ad
immissione in circolo di ormoni tiroidei preformati da parte di follicoli
tiroidei distrutti (6) (Tab. 5).
SINTOMI LOCALI
- Dolore al collo
- Irradiazione del dolore all'orecchio
- Dolore durante la deglutizione
- Dolore con i movimenti della testa
- Mal di gola
- Senso di costrizione del collo
- Evidente tumefazione al collo
Incidenza
91
64
52
38
36
21
14
SINTOMI SISTEMICI
- Astenia malessere
- Perdita di peso
- Anoressia
- Brividi
- Dolori muscolari
- Nervosismo
- Intolleranza al caldo
- Tachicardia
- Aumento dell'appetito
- Tremori
Tabella 5. Sintomi della tiroidite subacuta.
18
Caleidoscopio
84
38
18
7
12
6
30
18
11
9
M. Pepe, A. Di Gregorio
Le tiroiditi
L'esame fisico mostra tipicamente un paziente con febbre moderata, con
un aumento di volume asimmetrico della tiroide, che presenta un nodulo
duro, mal definito e spesso tanto dolente da rendere impossibile la sua
valutazione alla palpazione.
Caratteristiche di laboratorio e strumentali
I pazienti con tiroidite di De Quervain presentano una VES aumentata
(>80 alla prima ora) e, all'elettroforesi proteica un innalzamento del valore
delle 2 globuline. Può essere presente un'anemia normocromica normocitica;
il numero dei globuli bianchi può essere normale o lievemente al di sopra
della norma. Il dosaggio degli ormoni tiroidei evidenzia un T 4 s i e r i c o
sproporzionatamente elevato rispetto al T 3 sierico, che riflette il diverso
contenuto intratiroideo dei due ormoni. Inoltre, la ridotta conversione
periferica di T 4 in T 3, dovuta proprio alla malattia, contribuisce ai bassi livelli
di T3. In genere l'ipertiroidismo che ne deriva è lieve o modesto (7).
Durante la fase acuta della malattia la captazione di iodio radioattivo è
molto bassa (meno del 2% alla 24a ora) e dipende dalla perdita della capacità
di captare iodio da parte dei tireociti danneggiati più che dai bassi livelli di
TSH, poiché anche i pazienti con tiroidite granulomatosa eutiroidei hanno
una bassa curva di captazione iodica. Il test di captazione dovrebbe essere
fatto quando si sospetta una tiroidite di De Quervain per escludere le altre
cause di dolore e ingrossamento della regione anteriore del collo. Se la curva
di captazione risulta superiore al 5% alla 24 a ora, la tiroidite subacuta è
molto improbabile.
La tireoglobulina è significativamente elevata e può essere un test di
aiuto nei casi in cui la diagnosi non è chiara. Infatti, valori normali di
tireoglobulina in pazienti con dolore alla regione anteriore del collo permette
di escludere la diagnosi di tiroidite subacuta.
Diagnosi differenziale
Riguarda essenzialmente le forme che si presentano come noduli freddi
della tiroide associati a segni infiammatori.
Vanno ricordate: la cisti ematica, il carcinoma anaplastico della tiroide,
alcune forme di tiroidite di Hashimoto (Tab. 6). La prima compare in
maniera brusca; si presenta dura, dolorosa, non associata a segni infiammatori generali. Il carattere liquido clinicamente sospetto si valuta con l'ecografia e l'agoaspirazione.
Il carcinoma anaplastico può comparire rapidamente, avere una sintomatologia dolorosa ma una sindrome infiammatoria moderata. Il nodulo è
Caleidoscopio
19
M. Pepe, A. Di Gregorio
Le tiroiditi
- Tiroidite subacuta granulomatosa
- Emorragia acuta in una cisti tiroidea
- Emorragia acuta in un carcinoma tiroideo
- Tiroidite suppurativa acuta
- Rapido aumento di volume di un carcinoma tiroideo
- Tiroidite di Hashimoto variante dolente
- Infezione di una cisti del dotto tireoglosso
- Cellulite della regione anteriore del collo
Tabella 6. D.D. di una massa dolorosa della regione anteriore del collo.
ipocaptante, la sintomatologia non migliora con un intervento medico adatto
e la diagnosi di certezza sarà istologica in corso di intervento chirurgico di
asportazione.
Alcune forma di tiroidite di Hashimoto all'esordio possono presentarsi in
maniera simile alla tiroidite subacuta tuttavia l'evoluzione clinica e
soprattutto il più alto titolo anticorpale permetterà di differenziare le due
condizioni (1).
Trattamento e decorso clinico
I salicilati e gli antiinfiammatori non steroidei sono considerati da molti
autori i farmaci di prima scelta per la riduzione del dolore; tuttavia essi sono
efficaci solo nel caso in cui l'infiammazione è lieve.
I glucocorticoidi somministrati per via orale (per esempio 20-40 mg/die
di prednisolone) in due dosi giornaliere comporta una drammatica riduzione del dolore e del gonfiore, spesso entro un'ora dalla prima somministrazione. Essi, quindi, rappresentano il trattamento di scelta a meno
che non esistano delle controindicazioni. La dose può essere ridotta dopo un
paio di settimane e la terapia può essere sospesa entro 2-4 settimane.
E’ chiaro che questi sono dati orientativi, infatti la terapia può essere continuata anche per molto più tempo in relazione al quadro clinico e alla VES.
20
Caleidoscopio
M. Pepe, A. Di Gregorio
Le tiroiditi
Il dolore e l'ingrossamento possono recidivare, spesso dalla parte controlaterale del collo, in circa il 20% dei pazienti durante la riduzione dei
glucocorticoidi, o, improvvisamente, dopo la loro sospensione.
Quando i sintomi di ipertiroidismo sono importanti possono essere utili i
farmaci β-bloccanti come il propanololo (9).
Il decorso caratteristico della tiroidite di De Quervain è caratterizzato da
quattro fasi. Una fase iniziale acuta, che si manifesta con un ingrossamento
doloroso, asimmetrico, della ghiandola tiroidea, un ipertiroidismo che dura
generalmente da tre a sei settimane. Dopo un intervallo di alcune settimane,
in cui il paziente è eutiroideo, compare una fase di ipotiroidismo della
durata di diverse settimane o alcuni mesi durante i quali è necessaria una
terapia sostitutiva con L-Tiroxina.
Segue una fase di recupero, asintomatica, durante la quale la tiroide
riprende la sua normale funzione. Va sottolineato che non tutti i pazienti
presentano questo tipo di evoluzione e spesso può mancare, ad esempio,
completamente la fase di ipotiroidismo (9-10). La durata massima della
tiroidite granulomatosa non supera i quattro, sei mesi.
Poco comuni sono le anomalie della funzione tiroidea persistenti anche se
qualche autore riporta un 5% di ipotiroidismo permanente come complicanza di questa tiroidite (10).
Altri hanno osservato che l'ipotiroidismo è accompagnato da un rialzo
degli anticorpi antitiroide suggerendo una coesistente malattia autoimmune
della tiroide (11-12).
Recentemente uno studio a lungo termine di pazienti con tiroidite
subacuta ha evidenziato una particolare sensibilità all'effetto dello iodio
esogeno suggerendo quindi persistenti anomalie della funzione tiroidea e
quindi mettendo in dubbio il concetto di malattia autolimitante.
Tiroidite subacuta linfocitaria
Si tratta di una patologia caratterizzata da ipertiroidismo transitorio,
curva di captazione dello iodio radioattivo soppressa, gozzo indolore.
E stata denominata con vari nomi: tiroidite linfocitaria, tiroidite
linfocitaria subacuta, tiroidite linfocitaria indolore, tiroidite indolore,
tiroidite silente (14-15).
Questa tiroidite può presentarsi in due forme: la forma sporadica e quella
post-partum che verranno trattate in maniera separata.
Caleidoscopio
21
M. Pepe, A. Di Gregorio
Le tiroiditi
Forma sporadica
Eziopatogenesi
Molte evidenze suggeriscono un'origine autoimmune per la tiroidite indolore. Infatti nel siero di questi pazienti sono presenti alti titoli di anticorpi
anti-microsomi e l'esame istologico evidenzia un'infiltrazione linfocitaria,
entrambe caratteristiche presenti della tiroidite di Hashimoto (16).
Inoltre è presente un'associazione con altre patologie autoimmuni quali
ad esempio il lupus eritematoso sistemico e la sindrome di Sjögren, il morbo
di Addison, la malattia di Basedow e la tiroidite di Hashimoto (17-18).
Tuttavia non è chiaro come mai circa il 50% dei pazienti con tiroidite
indolore sporadica non presenti evidenze sierologiche di autoanticorpi
tiroidei e come di solito la guarigione sia seguita dalla completa risoluzione
delle alterazioni istologiche.
E stata proposta, tuttavia, anche una probabile eziologia infettiva data la
comparsa di più casi nella stagione invernale. Inoltre è possibile che esista
una predisposizione genetica per questa patologia data l'aumentata
prevalenza di alcuni antigeni di istocompatibilità: HLA DR3, 4 e 5 (19-20)
(Tab. 7).
Dati a favore
- Istologia suggestiva
- Somiglianza alla tiroidite post-partum, una malattia autoimmune
- Presenza di anticorpi antitiroide
- Occasionale associazione con la malattia di Graves, altra malattia autoimmune
Dati contro
- Alcune differenze istologiche
- Alcune somiglianze cliniche alla tiroidite subacuta
- Anticorpi tiroidei spesso assenti
- Incidenza variabile in rapporto alla stagione e all'area geografica
- Non definita associazione con HLA
- Transitorio ipertiroidismo seguito di solito da guarigione completa
Tabella 7. Tiroidite silente: una forma di tiroidite autoimmune?
22
Caleidoscopio
M. Pepe, A. Di Gregorio
Le tiroiditi
Manifestazioni cliniche e di laboratorio
Esordisce improvvisamente con i sintomi dell'ipertiroidismo come tachicardia, palpitazione, intolleranza al caldo, nervosismo, perdita di peso (Tab. 8).
All'esame fisico si evidenzia spesso un piccolo gozzo simmetrico, non
dolente che tuttavia è assente nel 50% circa dei casi.
Colpisce prevalentemente (80% dei casi) giovani donne, di età compresa
tra i 30 e i 40 anni. Non è presente oftalmopatia: è possibile soltanto una
retrazione della palpebra superiore (13).
I livelli sierici di ormoni tiroidei (T 3 e T4) sono aumentati e, come per la tiroidite subacuta, c’è una sproporzione tra l'elevazione di T4 rispetto alla T3
dovuta alla distruzione follicolare e al rilascio in circolo di ormoni preformati.
Gli autoanticorpi tiroidei, soprattutto quelli antimicrosomiali, sono
frequentemente positivi, ma ad un titolo modesto. La VES può essere
normale o solo lievemente aumentata.
La curva di captazione di iodio radioattivo è soppressa, e, a meno che
non ci siano controindicazioni, dovrebbe essere eseguita per escludere la
malattia di Basedow che richiede una terapia completamente diversa e la cui
diagnosi differenziale potrebbe non essere semplice nel caso in cui manchi
l’esoftalmopatia (19-20) (Tab. 9).
Sintomi e segni
- Perdita di peso
- Nervosismo
- Malessere, astenia
- Intolleranza al caldo
- Aumentata sudorazione
- Gozzo
- Tachicardia
- Iperreflessia
- Tremori
- Retrazione palpebrale
- Debolezza muscolare
% Pazienti
67
84
83
75
70
54
88
71
67
53
8
Tabella 8 Sintomi o segni in pazienti con tiroidite silente.
Caleidoscopio
23
Le tiroiditi
M. Pepe, A. Di Gregorio
Caratteristiche cliniche
Tiroidite silente
Malattia di Graves
Esordio
Severità dei sintomi
Durata dei sintomi
Esoftalmo, dermopatia
Rapporto T3/T4
Captazione tiroidea dello
iodio radioattivo
Improvviso
Lieve o moderata
< 3 mesi
assente
< 20:1
soppressa
Graduale
moderata
> 3 mesi
Può essere presente
> 20:1
elevata
Tabella 9. Caratteri distintivi tra tiroidite silente e malattia di Graves.
Diagnosi differenziale
Deve essere fatta innanzitutto con le altre patologie responsabili di
ipertiroidismo (Tab. 10). In primo luogo la malattia di Basedow che presenta
alterazioni oculari, valori generalmente più alti di T3 e di T4, una eccessiva
captazione di radioiodio, un aspetto di iperfissazione alla scintigrafia.
Il gozzo uni e multinodulare tossico si differenzia per l'aspetto scintigrafico e la captazione eccessiva del tracciante isotopico.
- Tiroidite subacuta
- Tiroidite silente
- Malattia di Basedow
- Tiroidite di Hashimoto
- Tireotossicosi factitia
- Gozzo basedowificato
- Adenoma di Plummer
Tabella 10. Possibili cause di ipertiroidismo.
24
Caleidoscopio
M. Pepe, A. Di Gregorio
Le tiroiditi
Più difficile è la diagnosi differenziale con una poussée ipertiroidea della
tiroidite di Hashimoto (Hashitoxicosis) che dovrebbe avere un titolo di
anticorpi antitiroide più elevato e naturalmente un'evoluzione diversa.
Nella diagnosi differenziale bisogna prendere in considerazione la
tireotossicosi factitia in cui il quadro sintomatologico contrasta con i bassi
valori di tireoglobulina (5).
Trattamento e decorso clinico
Il trattamento è rivolto essenzialmente al controllo dei sintomi e dei segni
di ipertiroidismo con farmaci β-bloccanti come il propranololo.
L'uso dei farmaci antitiroidei non è né indicato né utile. I gluococorticoidi
sono stati usati da alcuni autori per attenuare e rendere più breve la durata
dell'ipertiroidismo ma sembrano avere poco valore per cui il loro uso è
sconsigliato.
Il decorso clinico della tiroidite silente può presentare quattro fasi, come
la tiroidite granulomatosa, da cui si differenzia per la mancanza del gozzo
doloroso. Anche qui è possibile, tuttavia, che la guarigione segue direttamente la fase ipertiroidea, in assenza di quella ipotiroidea (12).
Per la loro somiglianza clinica è stata ipotizzata per le due tiroiditi subacute una comune eziologia anche se ciò appare improbabile. Infatti, nonostante la loro analogia, la tiroidite silente e quella granulomatosa differiscono significativamente in termini di prognosi. In uno studio a lungo
termine condotto da Nikolai (20) su 124 pazienti con tiroidite di De
Quervain e 54 soggetti con tiroidite silente, solo il 25% dei primi presentava
un gozzo alla fine dello studio, mentre il 48% degli altri aveva persistenti
anormalità tiroidee: 3 pazienti con permanente ipotiroidismo e 23 con gozzo
o positività per gli anticorpi antimicrosomiali. Altri autori hanno descritto
una esagerata risposta del TSH al test di stimolo con TRH suggerendo, in
questi pazienti, una ridotta riserva tiroidea.
Tiroidite post-partum
La tiroidite post-partum descritta per la prima volta da Roberton nel 1948
(1), si manifesta con una frequenza del 4-7%. La sua elevata incidenza ha
suscitato negli ultimi vent'anni un interesse crescente negli endocrinologi. La
tiroidite post-partum è una condizione ad eziologia ancora sconosciuta, ma,
la sua associazione con anticorpi antitiroidei, con taluni antigeni HLA, e
l'infiltrazione linfocitaria della tiroide che la caratterizza suggeriscono che si
Caleidoscopio
25
M. Pepe, A. Di Gregorio
Le tiroiditi
tratti di una variante delle tiroiditi autoimmuni (21-23). Essa si manifesta con
un transitorio ipertiroidismo e/o ipotiroidismo nel primo anno dopo il parto
in donne che erano eutiroidee durante la gravidanza. E tuttavia possibile che
un ipotiroidismo permanente si sviluppi in un 10-30% di donne (24).
Interessante è l'associazione con la depressione post-partum e il riscontro
di un’elevata incidenza di tale tiroidite in donne affette da diabete mellito di
tipo I.
Prevalenza della PPT nella popolazione generale
Una revisione dei dati della letteratura riguardanti la prevalenza di PPT
nella popolazione generale ha evidenziato notevoli differenze nelle
casistiche dei diversi lavori: dall'1.1% al 16.7% (25-30). Tale diversità poteva
essere spiegata solo in parte con la provenienza dei soggetti considerati da
aree geografiche differenti. Infatti, ad un'analisi più attenta si notava una
percentuale maggiore di soggetti colpiti in quegli studi che prevedevano un
follow-up di un anno. E’ chiaro quindi che il motivo principale della
variabilità dei dati percentuali è sicuramente la durata del periodo di followup post-partum che permette una valutazione più attendibile dei soggetti
colpiti dalla PTT che invece viene sottostimata se il periodo di osservazione
è inferiore (ad es. 3 mesi per lo studio di Freeman).
Eziopatogenesi
E noto che durante la gravidanza si ha una situazione di immunosoppressione seguita, nel periodo post-partum, da un rimbalzo dell'attività immunitaria. La ridotta reattività immunitaria è necessaria per l'accettazione da
parte dell'organismo materno del feto, che può essere considerato una forma
speciale di trapianto omologo in quanto metà del suo patrimonio genico è di
origine paterna. Un evidente esempio di suddette alterazioni immunologiche è la malattia di Graves. La maggior parte delle donne affetta da tale
patologia e in cura con farmaci antitiroidei prima della gravidanza rimangono eutiroidee in questo periodo della loro vita nonostante l'interruzione della terapia. Tuttavia, nel periodo post-partum di solito ricompare
l'ipertiroidismo e la necessità di ripristinare il trattamento farmacologico.
E convinzione generale che la tiroidite post-partum sia un disordine
autoimmune. I dati che supportano tale ipotesi sono: 1) associazione costante della PPT con autanticorpi antitiroide in percentuale maggiore rispetto alla forma sporadica (80%); 2) associazione con specifici antigeni di
istocompatibilità (HLA); 3) cambiamenti fenotipici dei linfociti T in donne
che sviluppano PPT. Esistono inoltre, relazioni tra PPT e cellule NK,
sottoclassi di immunoglobuline, contenuto iodico tiroideo.
26
Caleidoscopio
M. Pepe, A. Di Gregorio
Le tiroiditi
Il titolo di autoanticorpi antitiroidei è alterato dai cambiamenti immunologici della gravidanza e del periodo post-partum. Parcker e Beierwaltes
hanno evidenziato nel loro studio una riduzione del titolo anticorpale che
inizia nel primo trimestre di gravidanza con un minimo nel terzo trimestre e
un aumento degli anticorpi dopo il parto. Gli stessi autori hanno inoltre
trovato autoanticorpi antitiroide nel sangue del cordone ombelicale, dato che
indicherebbe un passaggio transplacentare (31).
Studi che valutano l'incidenza della PPT hanno evidenziato una stretta
correlazione tra la presenza di autoanticorpi antitiroide e lo sviluppo di PPT.
In particolare gli anticorpi antitireoperossidasi sarebbero un buon indicatore
di futuro sviluppo di PPT (32).
Dalla maggior parte degli studi si desume che più del 75% delle donne
che sviluppano la suddetta tiroidite presentava anticorpi antitireoperossidasi. E’ invece particolarmente difficile, se non impossibile, determinare
dalla letteratura la prevalenza di PPT in donne con autoanticorpi antitiroide
negativi.
Sembrerebbe inoltre che maggiore e il titolo di anticorpi antiperossidasi,
più alta è l'incidenza della tiroidite post-partum (33).
Infine, Tamaki ha recentemente riportato che è possibile con una sensibile metodica immunoenzimatica, dosare anticorpi antitireoglobulina
durante la gravidanza, ulteriore utile elemento per predire disfunzioni
tiroidee post-partum (34). E noto da tempo che esiste una netta correlazione
tra aplotipi HLA ed una serie di sindromi autoimmuni. Infatti, gli antigeni
del sistema maggiore di istocompatibilità sono di fondamentale importanza
nell'indirizzare e regolare la risposta immune negli esseri umani. In
particolare sarebbero coinvolti nella presentazione e cooperazione fra le
cellule immunocompetenti. Nel caso specifico della PPT sembra che ci sia
un'associazione con l’HLA DR3, 4, 5, e questo confermerebbe l'ipotesi
autoimmune di questo disordine. Tuttavia, poiché molte donne colpite da
PPT presentano altri marker HLA si può dedurre che la presenza di questi
non è essenziale per lo sviluppo della suddetta tireopatia (35-36).
Il ruolo dei linfociti T nella immunosoppressione della gravidanza e il
conseguente attecchimento dell'allotrapianto fetale è molto interessante. E
stato osservato da Sridama una riduzione dei linfociti T helper (CD4+)
durante la gravidanza, dati, tuttavia, non confermati da studi di altri
ricercatori (36-37). Sembra invece confermata la riduzione del rapporto CD4
+/CD8+, riduzione che si manifesterebbe con minore intensità nelle donne
che svilupperanno PPT, favorita, con molta probabilità da un minor grado di
immunosoppressione. E stata ipotizzata o una mancata responsività dei
CD8+ o un difetto funzionale dei CD4+CD45RA+, la sottopopolazione che
risulta aumentata. Distinti fenotipi di T- cell possono essere identificati in chi
sviluppa una PPT (37).
Altro dato considerato è la relazione tra PPT e cellule NK. I risultati sono
Caleidoscopio
27
M. Pepe, A. Di Gregorio
Le tiroiditi
discordanti, infatti in alcuni lavori sembrerebbe ci sia un aumento di queste
cellule in altri non si notano differenze con i soggetti di controllo (38, 39). Al
momento, quindi, il ruolo delle cellule NK nell'eziologia della PPT rimane
incerto.
La possibile relazione tra sottoclassi delle immunoglobuline e sviluppo di
PPT ha attratto l'attenzione di diversi ricercatori. Di particolare interesse
sono le IgG1, che, per la loro capacità di fissare il complemento, hanno fatto
ipotizzare un loro ruolo patogenetico nelle PPT. Jansson ha evidenziato nelle
pazienti affette da ipotiroidismo post-partum un aumento degli anticorpi
microsomiali e in particolare della sottoclasse IgG1 rispetto ai controlli (41).
Al contrario Weetman esaminando le pazienti con PPT non ha trovato
consistenti differenze nella percentuale IgG rispetto ai controlli. Tuttavia, i
livelli totali di immunoglobuline erano aumentati (42). Infine, BrionesUrbina hanno trovato un aumento delle IgG1, IgG2, IgG4 in donne che
sviluppavano PPT ed hanno concluso che la policlonalità della risposta
anticorpale depone per l'utilità degli anticorpi come marker ma non come
agente eziologico di questa malattia (43).
Alcuni autori hanno inoltre ipotizzato un possibile ruolo dell'introito di
iodio per spiegare le variazioni geografiche nell'incidenza della PPT. I dati
ottenuti evidenzierebbero che la somministrazione di iodio non altererebbe
l'incidenza del disordine, bensì la sua presentazione clinica.
Sembrerebbe che nelle zone dove maggiore è l'apporto iodico, quali per
esempio gli Stati Uniti e il Giappone, l'espressione clinica della PPT sia
prevalentemente l'ipertiroidismo. Sarebbe invece predominante l'ipotiroidismo in Svezia, la cui popolazione ha un più basso introito di iodio (35).
Inoltre, un basso introito di iodio nel periodo post-partum può aggravare la
fase ipotiroidea, come suggerito da osservazioni di Robertson (47) di un
transitorio ipotiroidismo post-partum in una popolazione con deficit di
apporto iodico. Dopo l'introduzione di sale iodato, tale sindrome clinica è
divenuta piuttosto rara.
Possiamo concludere che è tuttora ignota la causa della PPT ma le numerose evidenze sperimentali circa le alterazione a vari livelli della risposta immunitaria depongono, quale che sia l'evento scatenante, per una patogenesi
autoimmune di questa patologia la cui espressione clinica potrebbe essere
influenzata dalla diversa assunzione iodica nelle varie popolazioni.
Istologia
L’istopatologia della PPT è stata ottenuta mediante studi su numerosi
campioni ottenuti con agobiopsia di tiroidi di soggetti affetti. Come descritto
da Mizukami e colleghi, in tutti i campioni prelevati o analizzati era presente
una infiltrazione linfocitaria che poteva variare da focale a diffusa. Inoltre,
caratteristica istologica comune era una distruzione, di vario grado, di
28
Caleidoscopio
M. Pepe, A. Di Gregorio
Le tiroiditi
follicoli tiroidei e una lieve o moderata iperplasia dei follicoli integri.
Quest'ultima riflette probabilmente solo una secondaria risposta agli elevati
livelli di tireotropina della transitoria fase ipotiroidea.
Altro dato interessante è il miglioramento delle caratteristiche istologiche
nella fase di remissione della malattia.
Da sottolineare la presenza di una fibrosi stromale in molti campioni
esaminati.
Tutte le alterazioni sopra descritte sono simili a quelle osservate dagli
stessi autori nei pazienti affetti dalla forma sporadica della tiroidite silente.
Clinica
Il decorso tipico della PPT è caratterizzato da una fase di ipertiroidismo
seguita da una fase ipotiroidea ed un ritorno ad uno stato di eutiroidismo
entro un anno dal parto.
E' stato osservato che l'ipertiroidismo colpisce le pazienti prevalentemente nei primi sei mesi dopo il parto, l'ipotiroidismo nei successivi sei
mesi. Bisogna tuttavia sottolineare che non tutti i soggetti colpiti da questa
tiroidite presentano entrambe le fasi di iper e ipofunzione della ghiandola
tiroidea, ma soltanto il 26%; mentre rispettivamente il 38% e il 36%
presentano solo l'ipertiroidismo o l'ipotiroidismo. Il primo può presentarsi
senza sintomi e/o segni clinici significativi, oppure con palpitazioni, astenia,
intolleranza al caldo, tremori, nervosismo.
I sintomi più frequenti della fase ipotiroidea sono una ridotta capacità di
concentrazione e di memoria. E stata inoltre evidenziata una maggiore
incidenza di depressione post-partum nelle donne affette da PPT o con
positività agli autoanticorpi antitiroide (Tab. 11).
Prevalenza in vari paesi
1,1-16,7%
Prevalenza in Italia
4,8%
Presentazione biochimica
Tireotossicosi
Ipotiroidismo
Tireotossicosi e Ipotiroidismo
Evoluzione in ipotiroidismo permanente
38%
36%
26%
23%
Fattori di rischio
TPOAb in gravidanza
Diabete mellito tipo I
33%
10-25%
Rischio di nuova PPT dopo un primo periodo
70%
Tabella 11. Tiroidite post-partum (PPT): dati epidemiologici e clinici.
Caleidoscopio
29
M. Pepe, A. Di Gregorio
Le tiroiditi
Diagnosi
La fase ipertiroidea è caratterizzata da un TSH soppresso, T 4 e T 3 solo
lievemente aumentati. La captazione tiroidea è bassa e permette di fare
diagnosi differenziale con la malattia di Basedow, qualora questa compaia
nel post-partum, che presenta una captazione con angolo di fuga.
L'ipotiroidismo può essere confermato biochimicamente da elevati livelli
di TSH.
Gli anticorpi antitireoperossidasi e antitireoglobulina sono positivi nelle
donne colpite da tiroidite post-partum.
Studi basati su controlli ecografici in gravidanza non hanno messo in
evidenza alcuna differenza nelle dimensioni della ghiandola tra le donne che
svilupperanno la PPT e i controlli. Ne deriva che il volume tiroideo in
gravidanza non è un utile indicatore per la diagnosi né un indice predittivo
di PPT. Tuttavia, in uno studio del 92, Adams ha trovato un aumento dell'ecogenicità della tiroide in quelle donne che svilupperanno PPT, postulando che tale modificazione potrebbe precedere i cambiamenti biochimici di
questa tiroidite (48).
Per quanto riguarda la possibilità di uno screening sulla popolazione
generale non c’è al momento accordo. E’ utile ricordare che donne affette da
diabete di tipo I presentano un'incidenza maggiore di PPT, e quindi vanno
seguite con maggiore attenzione in gravidanza anche per il rischio di tiroidite post-partum.
Per le altre donne sarebbe consigliabile un dosaggio degli anticorpi
antitiroide nel primo trimestre di gravidanza per selezionare quelle anticorpo-positive, a più alto rischio di sviluppare una tiroidite post-partum, in
cui dosare il TSH al terzo e sesto mese dopo il parto.
E consigliabile, inoltre, educare le donne anticorpo-positive a riconoscere
precocemente eventuali sintomi di iper o ipofunzione tiroidea.
Tuttavia, in futuro, potrebbero essere evidenziati altri indici in grado di
predire la comparsa di PPT. A questo scopo sono stati fatti studi sull'escrezione renale di iodio e sulla tireoglobulina. Sembrerebbe che (24) un danno
tiroideo nel periodo post-partum sia associato ad un aumento dei livelli di
ioduria e che tali livelli al terzo mese dopo il parto correli con la severità del
successivo episodio di ipotiroidismo.
Un discorso simile può essere fatto per la tireoglobulina. E’ stato infatti
osservato da Parker (1994) che la misura della tireoglobulina in donne
autoanticorpo-positive potrebbe permettere di identificare, con una
sensibilità del 49-81% e una specificità del 98%, quelle che svilupperanno
PPT ed in particolare quelle ad alto rischio di ipotiroidismo severo dovuto
ad una massiccia distruzione autoimmune della tiroide.
30
Caleidoscopio
M. Pepe, A. Di Gregorio
Le tiroiditi
Prognosi e terapia
Nella maggior parte delle pazienti la fase ipertiroidea non necessita di
nessun trattamento. Se necessario esso è tipicamente limitato all’uso dei βbloccanti a dosi variabili in relazione alla gravità dei sintomi (30-60 mg/die
di propanolo). Nella fase ipotiroidea la terapia sostitutiva con L-tiroxina va
iniziata a basse dosi modificandola in base ai sintomi più che al preciso
valore di TSH.
Nelle donne trattate la dose giornaliera dovrebbe essere ridotta gradualmente nove mesi dopo l'inizio della terapia per valutare se la funzione
tiroidea ha ripreso la normale funzionalità. Il livello di TSH non è affidabile
nel predire la necessità di una terapia permanente con ormone tiroideo. Sono
stati descritti infatti in letteratura pazienti con gravi sintomi di ipotiroidismo
post-partum ed elevati livelli di TSH che presentavano una remissione
spontanea.
Caleidoscopio
31
M. Pepe, A. Di Gregorio
Le tiroiditi
Tiroidite cronica autoimmune di
Hashimoto
Introduzione
Nel 1912, Hashimoto descrisse il caso clinico di quattro donne nelle quali
la tiroide appariva notevolmente ingrandita, istologicamente trasformata in
tessuto linfoide e diede a tale affezione il nome di "struma linfomatoso" (1).
In queste pazienti non si riscontravano inizialmente segni di ipotiroidismo o
altre alterazioni.
Più di 40 anni dopo si rilevarono in analoghi pazienti con tale disordine
anticorpi antitiroide e attualmente si riconosce nella malattia primariamente
descritta da Hashimoto il quadro della tiroidite cronica autoimmune (2).
Tale definizione non è comunque universalmente accettata (3). Alcuni
autori considerano la diagnosi istologica di tiroidite autoimmune, classificabile in due entità separate: tiroidite linfocitica se è presente il solo infiltrato
linfocitario e tiroidite di Hashimoto se sono presenti oltre all'infiltrato, anche
l'atrofia, la fibrosi della ghiandola e le modificazioni eosinofile delle cellule
tiroidee (4).
Anche clinicamente la tiroidite può essere caratterizzata dalla presenza di
un voluminoso gozzo o da una tiroide atrofica ridotta di volume e di consistenza aumentata. Entrambe le forme comunque, sono caratterizzate dalla
presenza nel siero di auto-anticorpi contro antigeni tiroidei e da vari gradi di
disfunzione ormonale.
Epidemiologia ed evoluzione
La tiroidite autoimmune è una patologia relativamente frequente nella
popolazione generale specie nelle aree geografiche a maggiore apporto
iodico. Colpisce il sesso femminile e viene di solito diagnosticata tra i 30 e i
60 anni.
In uno studio autoptico condotto negli Stati Uniti ed in Inghilterra risulta
che quasi il 45% delle donne ed il 20% degli uomini presenta vari gradi di
tiroidite autoimmune: da 1 a 10 foci per cm 2 di tiroidite nella forma lieve, più
di 40 foci per cm 2 per la forma severa e la prevalenza è del 5-15% nelle
donne e dell’1-5% negli uomini (54-55) (Tab. 12).
L'infiltrazione linfocitaria della tiroide è molto più frequente nelle donne
bianche di età maggiore di 20 anni (41%) e meno comune nelle coetanee
32
Caleidoscopio
M. Pepe, A. Di Gregorio
Le tiroiditi
afroamericane (17%). In Italia la prevalenza degli anticorpi antitiroide nella
popolazione generale varia dal 6% nelle donne di età inferiore ai 30 anni al
28% in quelle di età superiore ai 60 anni.
La presenza di anticorpi antitiroide e TSH elevato è fortemente predittiva
di un successivo sviluppo di ipotiroidismo franco (Tab. 13) (Tab. 14). Le implicazioni cliniche di tali evidenze epidemiologiche sono che la tiroidite
autoimmune anche subclinica è la maggiore causa di ipotiroidismo
nell'adulto.
Femmine
Maschi
6% 30 aa
28% 60aa
8,8%
Presenza di tiroidite lieve
45%
20%
Presenza di tiroidite severa
5-15%
1-5%
Prevalenza anticorpi
antitiroide
Tabella 12. Studio di Whickham: follow-up su popolazione di età fra
i 38 e i 93 anni.
Rischio per anno
Rischio nei 20 anni successivi
TSH 6 U/ml
TPOAb negativi
2,6%
33%
TSH 0,5-4,2U/ml
TPOAb positivi
2,1%
27%
TSH 6U/ml
TPOAb positivi
4,3%
55%
Tabella 13. Rischio per lo sviluppo di ipotiroidismo nel sesso femminile.
Caleidoscopio
33
M. Pepe, A. Di Gregorio
Le tiroiditi
Patogenesi
Attivazione dei linfociti T
Il processo autoimmune inizierebbe con l'attivazione dei linfociti CD4
positivi o helper, linfociti T specifici per gli antigeni tiroidei (9).
Tali linfociti, tuttavia, non sono stati isolati nel tessuto con tiroidite
autoimmune mentre si ritrovano comunemente nella tiroide colpita dal
morbo di Graves (10).
Attualmente esistono due ipotesi sulla genesi della attivazione dei
linfociti CD4.
Secondo alcuni, una iniziale infezione causata da virus o batteri contenenti proteine simili a proteine tiroidee determinerebbe l'attivazione di
cloni di linfociti helper specifici per antigeni tiroidei che darebbero origine
ad una cross-reazione. Infatti è stata ritrovata una certa "oligoclonalità" dei
linfociti nel tessuto tiroideo di pazienti con tiroidite autoimmune (11) come
pure sono stati trovati nel siero di altri individui affetti, segni di recenti
infezioni batteriche o virali (12-13) e anticorpi contro retrovirus (14), ma
l'ipotesi che un agente infettante precipiti la condizione di attivazione delle
cellule T non è ancora del tutto accettata (15).
Un'ipotesi alternativa è quella che sostiene che le cellule tiroidee
presentino loro stesse alcune loro proteine intracellulari ai linfociti T helper.
Questa possibilità è avvalorata dall'evidenza che cellule tiroidee di pazienti con tiroidite autoimmune, ma non cellule tiroidee di individui sani,
esprimono sulla loro membrana il complesso maggiore di istocompatibilità
(MCH) di classe II (HLA DR, DP, DQ) che è richiesto per la presentazione
dell'antigene ai linfociti CD4 (16). D'altra parte l'interferone gamma, rilasciato dai linfociti T attivati, sarebbe in grado di indurre l'espressione dell'MCH
di classe II sulle cellule tiroidee (17) che a loro volta stimolerebbero di
nuovo i linfociti helper con perpetuazione del processo autoimmune (18-19).
Il meccanismo alla base della iniziale attivazione dei linfociti T in tale
modello non è chiaro ed in vivo, potrebbe essere meno legato ad antigeni
specifici di quanto non sia in studi in vitro, comunque sembra che la stessa
tiroide, oltre a presentare l’MHC, promuova l'espansione clonale di molte
popolazione di linfociti T anche con la produzione di altre sostanze necessarie alla risposta immune (20).
Comunque attivati, i linfociti T possono stimolare i linfociti B alla
produzione di anticorpi.
I tre antigeni target per la risposta immune sono la tireoglobulina,
proteina di deposito degli ormoni tiroidei, la perossidasi tiroidea, enzima
limitante nella sintesi di T3 e T4 e il recettore per il TSH (21).
Sono noti, inoltre, altri anticorpi diretti verso altri antigeni tiroidei ma
ancora non sono stati ben caratterizzati (22).
Il ruolo principale nella distruzione del tessuto tiroideo è giocato
34
Caleidoscopio
M. Pepe, A. Di Gregorio
Le tiroiditi
senz'altro dall'azione citotossica diretta dei linfociti CD 8 killer reclutati dai
linfociti CD4 (23). Comunque, anche gli auto-anticorpi potrebbero essere
responsabili dell'ipotiroidismo: in vitro infatti, si è visto che gli anticorpi
anti-perossidasi inibiscono l'azione della perossidasi tiroidea (24), inoltre
alcuni pazienti hanno anticorpi con attività citotossica in grado di attivare il
complemento e causare la lisi delle cellule tiroidee (25-28).
Un contributo all'ipotiroidismo potrebbe inoltre derivare dagli anticorpi
anti-recettore per il TSH con azione bloccante. Tali immunoglobuline sono
state ritrovate nel 10% dei pazienti con gozzo da tiroidite autoimmune e nel
20% di quelli con tiroidite autoimmune atrofica (29-30); comunque soltanto
nel 40% di tali pazienti in trattamento con tiroxina nei quali tali anticorpi
scompaiono, si ripristina l’eutiroidismo suggerendo che solo nel 5-10% dei
casi le immunoglobuline anti-recettore per il TSH causano l'ipotiroidismo
nella tiroidite cronica autoimmune (31).
TPOAb (titolo)
Sviluppo di ipotiroidismo
1:100-1:200
1:400-1:800
1:800
23%
33%
53%
Tabella 14 Sviluppo di ipotiroidismo nel sesso femminile nei
successivi 20 anni in rapporto al titolo iniziale di TPOAb.
Fattori predisponenti
L'autoimmunità tiroidea è familiare (32-33). Infatti più del 50% dei
parenti di primo grado di soggetti affetti da tiroidite cronica autoimmune
presenta anticorpi antitiroide.
In alcuni studi su razza bianca si è rilevato che l'aplotipo HLA-B8 DR3
risulta associato alla tiroidite atrofica autoimmune mentre, l’HLA-DR5 alla
forma con gozzo della stessa tiroidite quasi a suggerire cause separate per le
due affezioni (34).
Al contrario, nelle popolazioni giapponesi l’HLA-DR2 o l’HLA-DQ1
appare l'assetto genetico protettivo ma in ogni caso tali aplotipi, più spesso
ritrovati nei pazienti affetti, non forniscono dati consistentemente riproducibili (35-36).
L'alta prevalenza di tiroidite autoimmune nei pazienti con sindrome di
Down e con malattia di Alzheimer ha focalizzato l'attenzione sul cromosoma
21 (37-38), ma ancora altri disordini genetici sarebbero alla base della
patologia autoimmune tiroidea perché anche nella sindrome di Turner il
50% delle pazienti è affetto da tiroidite (39).
Caleidoscopio
35
Le tiroiditi
M. Pepe, A. Di Gregorio
Un ruolo importante nella genesi della tiroidite di Hashimoto è giocato
dall'apporto iodico: la prevalenza è più alta nei paesi con maggiore apporto
come gli Stati Uniti ed il Giappone (40), e in quelli con iodo-deficienza, la
supplementazione iodica aumenta del 40% la prevalenza di infiltrazione
linfocitica della tiroide e gli autoanticorpi nel giro di 1-5 anni (41-42).
Inoltre, nelle aree con sufficiente apporto iodico, la supplementazione di
tale oligoelemento può indurre un ipotiroidismo transitorio e reversibile
poiché viene inibita la biosintesi ed il rilascio dell'ormone e aumentata
l'autoimmunità tiroidea (43-44).
La terapia con amiodarone, ad esempio, è una causa frequente di ipotiroidismo indotto da iodio, per la presenza di questo in percentuale del 35%
nella molecola farmaceutica e per la lunga emivita (45).
Anche il litio può determinare un ipotiroidismo transitorio in 1/3 dei
pazienti con o senza anticorpi antitiroide mediante un meccanismo diretto
sul rilascio degli ormoni tiroidei (46-47). Ma anticorpi antitiroide possono
ritrovarsi in numerose altre condizioni cliniche: pazienti affetti da cancro,
malattie mieloproliferative, sindromi mielodisplastiche ed epatiti virali
trattate con interferone alfa (48-49) in cui, il 20% dei pazienti sviluppa
anticorpi antitiroide ed il 5% va incontro ad ipotiroidismo (50-53).
Anatomia patologica
Il gozzo tipico della tiroidite autoimmune è caratterizzato da un diffuso
infiltrato linfocitario con rari centri germinali. I follicoli tiroidei sono ridotti
di grandezza, contengono colloide dispersa e sono circondati da fibrosi.
Le singole cellule follicolari appaiono con ampio citoplasma roseo
contenente granuli (trasformazione ossifila) e prendono il nome di cellule di
Hurtle o di Askanazy (6).
Tipico della malattia è il basso rapporto tra cellule epiteliali e cellule
linfoidi o linfociti nei vari stadi di differenziazione.
Quando è presente il solo infiltrato linfocitario la diagnosi di tiroidite
cronica autoimmune può essere fatta con sicurezza solo se il paziente
presenta elevati livelli sierici di anticorpi antitiroide.
Alcuni sostengono poi che la tiroidite cronica autoimmune in cui è prevalente l'atrofia possa essere una evoluzione istologica progressiva del gozzo
tiroideo come è emerso da alcuni studi in cui i pazienti venivano sottoposti a
biopsie nell'arco di 20 anni (7-8).
36
Caleidoscopio
Caleidoscopio
M. Pepe, A. Di Gregorio
Le tiroiditi
Clinica
I pazienti affetti da tiroidite cronica autoimmune presentano clinicamente
i segni di un ipotiroidismo con o senza gozzo. Tipicamente le donne sono
molto più colpite degli uomini ed un'alta percentuale di queste presenta un
gozzo (56-58). Circa il 9% dei soggetti sviluppa una tiroidite autoimmune
prima dei 45 anni, dopo tale età, si è visto che l'incidenza aumenta notevolmente e il 51% delle diagnosi viene fatta fra i 45 ed i 64 anni (56-59).
Nella classica tiroidite di Hashimoto la tiroide risulta diffusamente ingrandita, di consistenza aumentata e con superficie irregolare. In più del
13% dei casi, particolarmente negli anziani, l'estrema fibrosi può esitare in
un voluminoso gozzo che può essere confuso con una patologia maligna
(69). Infatti in molti casi il peso della ghiandola può raggiungere i 350
grammi ma più spesso il valore normale è aumentato di 2 o 3 volte soltanto
(61-62). Anche se voluminosa, raramente la tiroide determina compressione
della trachea, dell'esofago e dei nervi laringei ricorrenti ma può comunque
verificarsi, specie nella variante fibrosa, una rapida crescita che deve indirizzare i sospetti verso la possibilità di un carcinoma o di un linfoma.
La maggior parte dei pazienti non ha dolore ma riferisce una sensazione
di fastidio nella regione tiroidea (63).
Diagnosi
Indagini di laboratorio
Il sospetto clinico di tiroidite cronica autoimmune deve essere confermato dalla presenza di anticorpi antitiroide nel siero e dai valori del TSH.
In quasi il 60% dei pazienti affetti si ritrovano anticorpi antitireoglobulina
e nel 95% anticorpi antiperossidasi associati al dato clinico di gozzo e segni
di ipotiroidismo (64). Il titolo anticorpale, inoltre, tende ad essere più elevato
nelle forme di tiroidite atrofica autoimmune che in quelle con gozzo.
Bassi titoli di anticorpi antitiroide possono ritrovarsi anche nel siero di
pazienti affetti da altre patologie tiroidee ma l'alta positività degli anticorpi
antiperossidasi offre praticamente la certezza che si tratti di tiroidite autoimmune.
Nella maggior parte degli studi si è visto che circa il 50-75% dei soggetti
con positività agli anticorpi è eutiroidea, ma il 25-50% presenta i segni di un
ipotiroidismo subclinico e una buona percentuale dal 5 al 10% ha un ipotiroidismo manifesto che necessita di un accurato trattamento farmacologico.
Altri segni di laboratorio che possono trovarsi nei soggetti affetti sono la
VES elevata, un’ipergammaglobulinemia policlonale, una gammapatia monoclonale e anche anticorpi antinucleo.
Caleidoscopio
37
M. Pepe, A. Di Gregorio
Le tiroiditi
Indagini strumentali
Le indagini strumentali non sono di estrema necessità nella diagnosi di
tiroidite cronica autoimmune e in genere vengono eseguite per lo studio di
un gozzo.
- Ecografia tiroidea
L'ecografia tiroidea infatti conferma la diagnosi già fatta con le indagini
di laboratorio. Gli aspetti ecografici comunemente ritrovati nelle tiroiditi
sono quelli di un'aspecifica ipoecogenicità e disomogeneità del parenchima
ghiandolare, un ingrandimento diffuso in caso di gozzo e una riduzione del
volume tiroideo nelle forme atrofiche (61-62) (Fig. 5).
Figura 5. Ecografia tiroidea in sezione trasversa.
Ghiandola tiroide di dimensioni ridotte ad ecostruttura iporcogena.
- Scintigrafia e captazione tiroidea
L'esame scintigrafico e la captazione possono indurre in errore poiché
possono aversi dei quadri simili a quelli ritrovati nel morbo di Graves, nel
gozzo multinodulare e nel nodulo autonomo (65).
La captazione del radionuclide è caratteristicamente normale o elevata
nei pazienti con tiroidite autoimmune con gozzo, persino in presenza di
ipotiroidismo, mentre nelle tiroiditi subacute o silenti, la captazione è bassa.
- Agoaspirato ed esame citologico
Per ciò che riguarda l'uso dell’agoaspirato, l'indicazione a tale esame è riservata a quei casi in cui ci siano aree sospette clinicamente ed ecograficamente perché alcuni reperti citologici come la presenza di strutture papillari
potrebbero essere falsamente interpretati come carcinoma papillifero ed
inviati quindi alla chirurgia (66-67).
38
Caleidoscopio
M. Pepe, A. Di Gregorio
Le tiroiditi
Alcune difficoltà si possono avere nel fare la diagnosi differenziale fra
tiroidite e linfoma di alto grado. La presenza dei linfociti monomorfi può
infatti far pensare ad un linfoma ma appropriati studi di immunoistochimica
per valutare la natura clonale dell'infiltrato, biopsie con aghi non sottili e
addirittura biopsia a cielo aperto possono dirimere ogni dubbio (68).
Terapia
Poiché i pazienti con tiroidite cronica autoimmune sviluppano spesso un
ipotiroidismo subclinico o conclamato, la terapia deve mirare essenzialmente alla correzione di questo.
Tutti i soggetti affetti vengono generalmente curati con L-Tiroxina il cui
dosaggio va aggiustato monitorando i valori del TSH fino a ristabilirli entro
il range della normalità, non vanno usati farmaci immunosoppressivi né è
consigliabile l'uso dei corticosteroidi (69).
La normalizzazione del TSH durante la terapia con L-tiroxina si accompagna alla riduzione del gozzo e del titolo anticorpale.
La dose del farmaco va stabilita a seconda dell'età del paziente, del peso
corporeo e in base alla presenza di eventuali controindicazioni relative.
Infatti nei pazienti anziani e/o cardiopatici il trattamento va istituito
lentamente per evitare la slatentizzazione o la riaccensione della cardiopatia
ischemica (Tabb. 15 e 16).
E controverso se sia necessario trattare i pazienti con ipotiroidismo
subclinico ma la maggior parte degli autori ritiene che ci siano molte
motivazioni a favore del trattamento (70-71): 1) l'aumento del TSH (con o
senza anticorpi antitiroide) è un fattore di rischio per lo sviluppo di un franco ipotiroidismo; 2) la sintomatologia di un lieve ipotiroidismo migliora nel
50% dei pazienti trattati con L-T 4 , 3) il metabolismo lipidico, qualora sia
alterato, viene migliorato, 4) la contrattilità cardiaca, ridotta nell'ipotiroidismo subclinico, si normalizza con la terapia, 5) il 25% dei pazienti sono più
attivi mentalmente; ed infine 6) i livelli di FT4 se pur normali potrebbero non
essere sufficienti per quell'individuo.
dose sostitutiva completa
- Adulti
1.6 µg/Kg (P.I.)
- Anziani
1.3 µg/Kg
Tabella 15. Dosaggio della L-T4 nella terapia dell'ipotiroidismo.
Caleidoscopio
39
M. Pepe, A. Di Gregorio
Le tiroiditi
A) Pazienti sani di età < 40 aa
Inizio: 75-100 µg/die
Aggiustare le dosi dopo 2-3 mesi fino a TSH normale
B) Pazienti sani di età 40-60 aa
Inizio: 50 µg/die
Aumenti: 25 µg ogni 3 settimane fino a TSH normale
C) Pazienti sani di età > 60 aa
Inizio: 12.5-25 µg/die
Aumenti: 25 µg ogni 4 settimane fino a TSH normale
D) Pazienti cardiopatici
Inizio: 12.5 - 25 µg/die
Aumenti: 12.5 - 25 µg/die ogni 6/8 settimane fino a TSH normale
Ridurre in caso di sviluppo o peggioramento dei sintomi cardiaci.
Tabella 16. Schema di esecuzione della terapia con L-T4.
Al fine di stabilire un dosaggio ottimale di L-T4 è utile basarsi sui livelli
di TSH pre-terapia e quindi nel caso dell'ipotiroidismo subclinico, le dosi
saranno minori rispetto all'ipotiroidismo franco. Il dosaggio del FT 4 può
essere utile all'inizio della terapia perché questo aumenta ancor prima che il
TSH si normalizzi e poi, nelle fasi successive, è indice della compliance del
paziente al trattamento. La terapia soppressiva non è molto usata se non per
ridurre le dimensioni di un grosso gozzo che diminuirà di volume durante il
trattamento, specie nei pazienti ipotiroidei pre-terapia (72-73).
Durante il trattamento soppressivo va monitorato il TSH e anche l’FT3 per
escludere un sovradosaggio. La chirurgia subtotale della tiroide si impone
qualora vi sia un gozzo comprimente le strutture circostanti o qualora si
sospetti lo sviluppo di neoplasia.
40
Caleidoscopio
M. Pepe, A. Di Gregorio
Le tiroiditi
Tiroidite autoimmune e neoplasie maligne della
tiroide
Carcinoma tiroideo
L'esistenza di un'associazione tra carcinoma tiroideo differenziato, specie
papillare, e tiroidite autoimmune è stata da tempo ipotizzata in base all'alta
frequenza (20-50%) del rilievo di anticorpi antitireoperossidasi e/o anticorpi
antitireoglobulina nei pazienti con carcinoma della tiroide e all'osservazione
istologica che infiltrati linfocitari sono presenti nel 30-50% di queste tiroidi.
Non esiste però, una dimostrazione epidemiologica convincente che vi
sia un'aumentata prevalenza di carcinoma della tiroide nei pazienti in cui è
stata fatta una corretta diagnosi di tiroidite di Hashimoto.
E’ necessario infatti distinguere fra infiltrazione focale e diffusa poiché,
nella tiroidite di Hashimoto l'infiltrato linfocitario è diffuso e nella maggior
parte dei carcinomi papillari si ritrovano infiltrati linfocitari solo focalmente.
L'analisi funzionale e fenotipica dei linfociti negli infiltrati focali vicini al
carcinoma tiroideo ha dimostrato l'esistenza di importanti differenze rispetto
alla tiroidite autoimmune. Pertanto quest'ultima non può considerarsi
lesione precancerosa.
Linfoma della tiroide
Il rischio relativo di sviluppare un linfoma non Hodking primitivo della
tiroide è 67 volte più alto nei pazienti con tiroidite di Hashimoto rispetto ai
soggetti normali (68). Tutti i pazienti con linfoma primitivo della tiroide presentano di fatto una tiroidite autoimmune, comunque tali tumori sono rari.
La rapida crescita di un nodulo tiroideo duro-ligneo in un paziente
portatore di tiroidite deve far sospettare lo sviluppo di un linfoma.
Tiroidite di Hashimoto e altre patologie
La tiroidite cronica autoimmune è una tireopatia molto frequente nella
popolazione generale ma la prevalenza è più alta nei soggetti con altre
affezioni autoimmuni e in altre patologie (Tab.17).
Nei pazienti con tali disordini è bene dosare periodicamente le
concentrazioni sieriche di TSH per cogliere tempestivamente eventuali
alterazioni dell'omeostasi tiroidea dovuti a tiroidite.
Caleidoscopio
41
Le tiroiditi
M. Pepe, A. Di Gregorio
MEN tipo II
70%
Sindrome di Turner
50%
Sindrome di Down
20%
Morbo di Addison
20%
Tabella 17. Associazione della tiroidite cronica autoimmune con altre
patologie
Tiroidite di Riedel
Introduzione e patogenesi
Si deve a Riedel la prima descrizione, nel 1896, di una tiroidite cronica
sclerosante, che conduce progressivamente alla completa sostituzione del
parenchima tiroideo con tessuto fibroso ed è frequentemente associata a
sintomi di compressione sugli organi adiacenti del collo (1-2).
Tale patologia è molto rara, più frequente nella donna, con un rapporto di
circa 3:1 rispetto all'uomo ed è più comune in soggetti fra i 30 e i 60 anni (2).
Questo processo morboso considerato un tempo il quadro finale di una
tiroidite di De Quervain o di Hashimoto, presenta in realtà caratteristiche
istopatologiche e cliniche per le quali attualmente è ritenuto un'entità
autonoma i cui fattori etiopatogenetici rimangono per lo più sconosciuti.
Sono state fatte varie ipotesi: alcuni studi fanno pensare ad una possibile
etiologia autoimmitaria per la presenza di un infiltrato linfocitario di tipo B e
T, altri lavori invece fanno risalire il processo fibrotico ad un'attivazione di
fibroblasti a livello tiroideo da parte di citochine linfocitarie, con successiva
produzione e deposito di materiale fibroso.
Attualmente rimane sconosciuta la causa ma si pensa che la tiroidite di
Riedel rientri in un disordine più generale del tessuto fibroso dal momento
che si accompagna in alcuni pazienti, a fibrosi retroperitoneale, retrorbitaria,
epatica, polmonare e fibrosi mediastinica (3).
42
Caleidoscopio
M. Pepe, A. Di Gregorio
Le tiroiditi
Anatomia patologica
Dal punto di vista anatomo-patologico si ritrova fondamentalmente la
distruzione del parenchima tiroideo da parte di un infiltrato infiammatorio
di B e T linfociti con grave tendenza alla fibrosi.
Il processo involutivo sconfina al di fuori della capsula tiroidea fino alla
muscolatura striata circostante. I follicoli tiroidei mostrano segni di compressione da parte del materiale ialino.
Macroscopicamente la ghiandola è ingrandita come superficie liscia e
priva di vasi.
Caratteristici l'estrema durezza e i fenomeni aderenziali con le strutture
vicine (2).
Quadro clinico
I pazienti affetti da tiroidite di Riedel riferiscono spesso il dato di un
progressivo ingrandimento del collo senza dolore. Si hanno a volte disfagia e
dispnea con "tirage".
Possono evidenziarsi alterazioni del timbro vocale e stridore laringeo in
caso di infiltrazione fibrosa dei nervi ricorrenti.
All'esame obiettivo la tiroide appare notevolmente ingrandita, di consistenza duro-lignea, non dolente fissa ai tessuti circostanti. I linfonodi laterocervicali non sono interessati.
Segni clinici di ipotiroidismo ed anche quadri franchi di mixedema
possono comparire nel 30-40% dei soggetti, quando il processo prosegue
fino alla completa sostituzione fibrosa del parenchima tiroideo.
Indagini di laboratorio
Da un punto di vista laboratoristico non ci sono delle peculiarità.
La maggior parte dei soggetti è inizialmente eutiroidea fino a quando la
fibrosi non interessa gran parte della ghiandola.
Successivamente, con l'estendersi del processo fibrotico, compaiono i
segni dell'ipotiroidismo con riduzione dei livelli ormonali di T 3 e T 4 e con
conseguente aumento del TSH.
Sono presenti spesso autoanticorpi (4).
Caleidoscopio
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M. Pepe, A. Di Gregorio
Le tiroiditi
Indagini strumentali
L'ecografia non fornisce grosse informazioni.
La ghiandola appare parzialmente o totalmente ingrandita, disomogenea
e iperecogena.
Possono evidenziarsi dislocazioni e compressioni di trachea, esofago e
dei fasci vascolo-nervosi del collo.
L'agoaspirato è utile nella diagnosi differenziale tra questa forma di
tiroidite e il carcinoma per l'atteggiamento destruente di entrambe le affezioni.
Terapia
Il trattamento della tiroidite di Riedel è chirurgico ponendosi come
obiettivo quello di disimpegnare quanto più possibile le strutture compresse
dalla fibrosi.
Non saranno possibili estese e radicali resezioni per il rischio di ledere
strutture importanti del collo.
Generalmente la prognosi post-chirurgica è favorevole.
L'ipotiroidismo, qualora presente, viene facilmente controllato con la
terapia sostitutiva con L-T4.
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Caleidoscopio
M. Pepe, A. Di Gregorio
Le tiroiditi
Forme particolari di tiroidite
Tiroiditi nell’anziano
Un dato molto importante nello studio dei molteplici problemi inerenti i
rapporti fra età e tiroide è costituito dalla forte riluttanza dell'anziano a
sottoporsi a controlli medici particolari e dal fatto che i segni clinici di una
eventuale patologia tiroidea sono spesso mascherati ed atipici, per cui può
risultare estremamente difficoltoso individuare le affezioni tiroidee in questa
fase della vita.
Per questo motivo è opportuno che l'endocrinologo sia a conoscenza
degli effetti che altre patologie geriatriche possono avere sulla funzione
tiroidea e al contrario delle conseguenze che quest'ultima può avere sulle
patologie intercorrenti.
Le principali difficoltà che si incontrano nell'affrontare i problemi
endocrini in età senile sono:
1) insorgenza della patologia endocrina legata alle condizioni
preesistenti;
2) scarsità di dati in letteratura per l'interpretazione dei test di funzione
tiroidea in età senile;
3) "inquinamento" delle indagini di laboratorio da parte di patologie
precedenti o in atto e dall'assunzione di farmaci.
Le tiroiditi costituiscono un capitolo molto importante della patologia
tiroidea e nell'anziano aumentano in maniera significativa, passando dal 4
all'8%.
Questi quadri clinici sono particolarmente subdoli per gli anziani e
possono essere a lungo ignorati e non prontamente corretti con la terapia.
Tiroidite da radiazioni
Fra gli agenti fisici le radiazioni ionizzanti, sia quelle erogate da sorgenti
esterne sia quelle del radioiodio, possono svolgere un'azione flogistica a
livello del parenchima tiroideo.
- Radioterapia esterna
L'irradiazione esterna del collo nei pazienti con linfoma di Hodgkin e
non-Hodgkin può indurre ipotiroidismo nel 25-50% dei soggetti trattati.
In molti di tali pazienti l'ipotiroidismo è subclinico ma può divenire
Caleidoscopio
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M. Pepe, A. Di Gregorio
Le tiroiditi
franco o essere transitorio (1). La disfunzione tiroidea compare generalmente
da 2 a 7 anni dalla radioterapia ma può verificarsi anche nel primo anno
successivo al trattamento radiante e la chemioterapia in associazione alla
radioterapia, può ancor più essere la causa di ipotiroidismo (2).
Anche il trattamento radio-chemioterapico per i carcinomi del cavo orale,
per i tumori ed i trapianti ossei e per le neoplasie del cervello è causa
frequente di ipofunzione tiroidea che comunque può essere trattata con la
terapia sostitutiva.
- Terapia con radioiodio
Il trattamento con radioiodio è un caposaldo nella terapia del morbo di
Basedow e nella post-chirurgia per carcinoma tiroideo.
Ad un dosaggio relativamente alto, nell'ordine di 10-150 mCi di I131 per
grammo di tessuto tiroideo, circa la metà dei pazienti sviluppa un ipotiroidismo nel giro di un anno e il 70% nell'arco di 10 anni (3).
I pazienti trattati all'esordio della tiroidite da radiazioni lamentano
dolore e tensione a livello del collo. A volte si associano segni di ipertiroidismo ma più spesso l'infiammazione, causata dagli agenti ionizzanti, esita in
un danno permanente del tessuto tiroideo con ipotiroidismo conseguente.
Tiroidite in corso di sarcoidosi
Il coinvolgimento della tiroide in corso di sarcoidosi non è frequente:
circa il 4% dei pazienti affetti presenta un'infiltrazione tiroidea alla autopsia.
Un evidente ipotiroidismo clinico è raro in corso di sarcoidosi mentre
spesso si ritrova un gozzo sarcoiditico che può essere trattato con ormone
tiroideo. Ciò che causa l'ipofunzione è la sostituzione del parenchima tiroideo con tessuto granulomatoso (1).
Tiroidite in corso di amiloidosi
La sostanza amiloide è stata ritrovata nella tiroide di molti pazienti affetti
da amiloidosi primaria e secondaria, ma un gozzo insorge solo in alcuni
pazienti (1-2).
Quando presente, il gozzo assume grosse dimensioni (più di 130 gr) e
una consistenza dura.
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Caleidoscopio
M. Pepe, A. Di Gregorio
Le tiroiditi
Il parenchima tiroideo può essere variamente infiltrato di amiloide, possono riscontrarsi vari gradi di atrofia ma l'ipofunzione ghiandolare è rara.
In alcuni casi si sono ritrovati bassi livelli di ormoni tiroidei con TSH
normale e anche il test di stimolo con TRH è risultato normale.
Tiroidite in corso di emocromatosi
L'emocromatosi è un raro disordine in cui, l'eccessivo accumulo di ferro a
livello tissutale, esita in fibrosi con danno parenchimale.
Infatti il diabete mellito e l'ipogonadismo sono comuni complicanze di
tale affezione e sono legate al deposito del metallo nel pancreas e nel
testicolo rispettivamente.
Anche nella tiroide sono stati ritrovati accumuli di ferro (1) e in alcuni
studi clinici circa l'1% dei soggetti affetti sviluppa un ipotiroidismo con bassi
livelli di T4, alto TSH e titolo di anticorpi antitiroide elevato.
La tiroide in cui si sia verificato un deposito di ferro presenta follicoli
atrofici e circondati da fibrosi.
Probabilmente l'ipotiroidismo è la risultante di un rilascio di antigeni
tiroidei, secondario al danno, con produzione di anticorpi, sviluppo di
flogosi, fibrosi, atrofia e danno funzionale.
Caleidoscopio
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M. Pepe, A. Di Gregorio
Le tiroiditi
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Indice
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Principali prove diagnostiche in caso di tiroidite . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 8
Tiroiditi acute . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 12
Tiroiditi subacute . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 16
Tiroidite subacuta granulomatosa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 16
Tiroidite subacuta linfocitaria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 21
Forma sporadica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 22
Tiroidite post-partum . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 25
Tiroiditi cronica autoimmune di Hashimoto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 32
Tiroidite autoimmune e neoplasie maligne della tiroide . . . . . . . . . . . . . » 41
Tiroidite di Riedel . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 42
Forme particolari di tiroidite . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 45
Tiroiditi nell’anziano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 45
Tiroidite da radiazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 45
Tiroidite in corso di sarcoidosi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 46
Tiroidite in corso di amiloidosi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 46
Tiroidite in corso di emocromatosi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 47
Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 48
Indice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 58
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Italiano
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Caleidoscopio
M. Pepe, A. Di Gregorio
Le tiroiditi
Caleidoscopio
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Caleidoscopio
Rivista mensile di Medicina
anno 15, numero 116
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