In Italia, circa il 30% delle persone adulte ha fegato grasso: è ora di

SE HAI
FEGATO
METTITI A
REGIME
In Italia, circa il 30% delle persone adulte
ha fegato grasso: è ora di metterlo a dieta.
Il modello alimentare mediterraneo rimane
l’unico approccio terapeutico: una corretta
nutrizione, il calo di peso graduale e l’attività
fisica aerobica sono il rimedio ideale per
rimediare alla steatosi.
Anna Del Prete, Alessandro Federico, Carmela Loguercio
ALIMENTAZIONE E SALUTE
ANNA DEL PRETE, ALESSANDRO FEDERICO, CARMELA LOGUERCIO
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Bastano 40 grammi di alcol al giorno (circa tre bicchieri di vino a pasto) per
innescare danni che, nel tempo, portano prima a steatosi e poi a epatite cronica e
cirrosi. La causa principale di tutte queste alterazioni è la nostra dieta.
Mangiamo sproporzionate quantità di grassi, carboidrati e proteine a dispetto di
fibre e micronutrienti quali sali minerali e vitamine.
É
fino alle forme più avanzate di steatoepatite (NASH),
cirrosi (malattia cronica in cui le cellule sane del
fegato vengono danneggiate e sostituite da tessuto
cicatriziale) e cancro del fegato.
Causa principale di tutte queste alterazioni è la
nostra dieta. Infatti tra le abitudini alimentari del
nostro paese emerge sempre di più la ben nota “dieta
occidentale” piuttosto che la dieta mediterranea.
Una dieta che si fonda sull’utilizzo giornaliero di
sproporzionate quantità di grassi, carboidrati e
proteine a dispetto di fibre e micronutrienti quali
sali minerali e vitamine. Quotidianamente vengono
utilizzate una o più porzioni di zuccheri semplici:
dolci, caramelle, cioccolatini, bibite zuccherate; grassi
saturi: formaggi grassi, insaccati, dolci al cucchiaio,
condimenti vari; fritture ad alte temperature che
producono sostanze tossiche, come l’acrilammide, che
sottopongono il fegato a un surplus di lavoro; snack e
panini; bevande alcoliche. L’alcol è una delle maggiori
cause di steatosi e, in Italia, è la seconda causa di
malattie epatiche gravi (cirrosi). Bastano 40 grammi
noto come in Italia, oggi, almeno
la metà della popolazione adulta ha
problemi di sovrappeso e/o obesità,
entrambi fattori di rischio per malattie
cardio-vascolari, diabete, ictus, ecc...
Anche il fegato partecipa a questo complesso puzzle
e oggi il “fegato grasso” o meglio la steatosi epatica
(NAFLD - Non Alcoholic Fatty Liver Disease) è
diventata ormai uno dei più comuni problemi del
fegato nei paesi maggiormente sviluppati. In Italia,
circa il 30% delle persone adulte ha fegato grasso, che
si può riscontrare in una piccola percentuale anche
nei bambini, ma tale percentuale aumenta fino al
50% se questi sono obesi. La prevalenza della NAFLD
varia dal 60% al 95% negli obesi, dal 28% al 55%
nei soggetti con diabete mellito di tipo 2 e dal 20 al
92% in quelli con dislipidemie (ossia bruschi aumenti
dei grassi nel sangue). Il problema del fegato grasso è
che esso comprende un ampio spettro di alterazioni
che vanno dal semplice accumulo di trigliceridi
(grassi che l’organismo produce dal cibo che riceve)
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di alcol al giorno (circa tre bicchieri di vino a pasto)
per innescare danni che, nel tempo, portano prima a
steatosi e poi a epatite cronica e cirrosi. Negli ultimi
anni diversi studi epidemiologici e sperimentali hanno
evidenziato come, in aggiunta alla scarsa attività fisica,
alla dieta ipercalorica e alla predisposizione genetica,
l’aumentato consumo di fruttosio, onnipresente nelle
moderne diete occidentali, possa giocare un ruolo
importante nello sviluppo della attuale epidemia di
sindrome metabolica e con essa della steatosi epatica.
È interessante notare che il consumo di fruttosio,
sottoforma di sciroppo di glucosio-fruttosio, sia
aumentato vertiginosamente negli ultimi trenta anni
parallelamente all’epidemia di obesità che caratterizza
il mondo occidentale. L’assunzione di bevande
arricchite con fruttosio (soft drink e bevande gassate)
è riconosciuta, infatti, come un fattore di rischio di
obesità infantile.
Oggi la maggior parte dei grassi nella dieta sono
polinsaturi, derivati da oli vegetali soprattutto
dalla soia, oltre che dal mais, dal cartamo e dalla
colza. Le diete moderne possono contenere fino al
30% delle calorie come oli polinsaturi, ma la ricerca
scientifica indica che tale quantità è troppo alta (non
dovrebbe superare il 4%). Il consumo eccessivo di oli
polinsaturi contribuisce a un gran numero di patologie
tra cui il cancro e l’aumento delle malattie cardiache,
la disfunzione del sistema immunitario, i danni al
fegato, agli organi riproduttivi, ai polmoni, disturbi
digestivi, capacità di apprendimento, depressione,
crescita ridotta e aumento di peso. I grassi trans sono
i grassi non naturali come la margarina, ottenuti
industrialmente dalla trasformazione di oli scadenti
e rancidi con il processo di idrogenazione. Vengono
trasformati artificialmente gli oli vegetali liquidi in
grasso solido. I grassi trans contribuiscono alle malattie
Steatosi epatica: cos’è e come si previene
La steatosi si verifica quando la cellula epatica accumula
trigliceridi in conseguenza di una aumentato assorbimento
di acidi grassi, dovuto o ad una condizione patologica (ad
esempio diabete e obesità), o, come abbiamo visto, ad una
ridotta capacità di eliminazione dei lipidi da parte del fegato.
Il “superlavoro” di smaltimento metabolico cui il fegato è
sottoposto a causa di diete troppo ricche di grassi saturi,
genera radicali liberi a loro volta nocivi se non contrastati
da un opportuno apporto di antiossidanti. Per questo la
prevenzione della steatosi passa attraverso una dieta povera
di grassi polinsaturi e ricca di antiossidanti (come la vitamina
C ed E), o altre sostanze nutrienti che sostengono l’azione
disintossicante del fegato (come le vitamine del gruppo B e
il selenio).
Come una spugna - A conti fatti quest’organo è una
spugna ricca di sostanze chimiche come ad esempio il
glutatione (GSH), un composto che non solo disintossica il
fegato, ma che è anche essenziale per la sua rigenerazione.
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Nella prevenzione del fegato grasso, le spezie e il consumo
di alcol durante i pasti, hanno un’azione significativa per
il loro effetto antiossidante.
cardiache, cancro, problemi ossei, squilibri ormonali e
malattie della pelle, sterilità, difficoltà nella gravidanza,
problemi per l’allattamento, basso peso dei neonati,
problemi di crescita e difficoltà di apprendimento nei
bambini. Essi sono diffusi in moltissimi cibi elaborati
perchè non irrancidiscono e sono facili da lavorare
per cui è imperativo leggere le etichette dei prodotti
confezionati che acquistiamo e lasciare sugli scaffali
quelli che contengono grassi idrogenati o trans.
LA DIETA MEDITERRANEA COME RIMEDIO
Fortunatamente la steatosi, ossia la presenza di grasso
nel fegato, è una condizione alla quale si può rimediare
(e si può anche prevenire). Non ci sono terapie mediche
o chirurgiche standardizzate per il fegato grasso. Ma
il modello alimentare mediterraneo, nelle sue tipiche
componenti, rimane l’unico approccio terapeutico.
Le linee guida internazionali, nazionali e sempre più
pubblicazioni scientifiche sono oggi disponibili per
guidare la prevenzione ed il trattamento del fegato
grasso.
Una corretta alimentazione (una riduzione
dell’apporto di cibi fritti e di grassi a favore di una
dieta più corretta ricca di vitamine, sali minerali
e sostanze antiossidanti, che aiutano l’organo a
eliminare le sostanze tossiche), il calo di peso graduale
e l’attività fisica aerobica rimangono il gold-standard
terapeutico.
Come regola generale, è fondamentale che la dieta sia
equilibrata e variegata, facendo attenzione alle dosi per
non eccedere con le calorie. La dieta mediterranea è
l’unico regime dietetico che risponde a queste esigenze
nutrizionali. Nel suo lavoro di disintossicazione
il fegato agisce, infatti, trasformando i prodotti
nocivi in composti meno tossici. Per favorirne poi
l’eliminazione, questi ultimi vengono legati a molecole
che li rendono più solubili in acqua, così da essere
facilmente espulsi attraverso le urine o le feci. Durante
tali processi si formano, però, radicali liberi, che sono
essi stessi dannosi. Al nostro fegato servono quindi
sostanze antiossidanti, che neutralizzino i radicali
liberi, e composti che contengono zolfo, che utilizza
per aumentare l’idrosolubilità delle sostanze nocive da
eliminare. Gli alimenti che assumiamo ogni giorno,
e quelli che non mangiamo, hanno un grande effetto
sul fegato e sulle sue funzioni. Alcuni contengono
nutrienti che sostengono le attività disintossicanti del
fegato. Per esempio, vitamine del gruppo B, compreso
l’acido folico, gli antiossidanti come il beta-carotene
(precursore della vitamina A), le vitamine C ed E e
il selenio, ma anche il glutatione. Quest’ultimo è uno
degli antiossidanti più importanti; è sintetizzato nel
nostro organismo, ma si trova anche in determinati
cibi, come arance, carote, fragole, patate,
pesche e spinaci.
Lo stress ossidativo è uno dei principali meccanismi
responsabili della progressione di danno epatico
nella NAFLD. Pertanto non solo una dieta bilanciata
può contribuire nel trattamento e nella prevenzione
della steatosi epatica, ma ha un ruolo significativo e
promettente l’utilizzo di alimenti tra cui le spezie, che
posseggono un importante effetto antiossidante. La
dieta mediterranea ha un elevato consumo di pane,
frutta, verdura, erbe aromatiche, cereali, olio di oliva,
pesce e vino (in quantità moderate). L’olio di oliva
(grazie al suo elevato contenuto di omega 3) sembra
abbassare i livelli di colesterolo nel sangue; si pensa
inoltre che il consumo moderato di alcol durante i pasti,
sia un altro fattore protettivo, forse per gli antiossidanti
contenuti nelle bevande alcoliche. Secondo la
letteratura, la dieta mediterranea diminuisce il tasso di
mortalità della coronaropatia (malattia coronarica) del
50%. Inoltre la dieta mediterranea spiega che sarebbe
meglio bere minimo 6 bicchieri d’acqua al giorno. Un
posto privilegiato nella dieta mediterranea è occupato
dai cereali integrali, e suoi derivati. Contrariamente a
quanto il senso comune potrebbe indurre a pensare,
questa classe non è e non deve essere rappresentata
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solo dagli alimenti pane, pasta e al massimo riso,
ma è ottima cosa variare, coinvolgendo altri cereali
spesso, purtroppo, poco considerati: mais, orzo,
farro, avena, oppure il riso integrale, forniscono
vitamine del gruppo B e sostanze antiossidanti come
il selenio. I legumi spesso denominati “la carne dei
poveri” sono ingiustamente esclusi molte volte, o
comunque altamente sottovalutati. La loro funzione è
duplice, giacché la loro composizione vede una discreta
presenza di carboidrati a lento assorbimento (basso
indice glicemico), ma soprattutto, se comparata con
altri cibi vegetali, una corposa presenza di proteine.
Una dieta equilibrata che comprenda l’associazione di
cereali e legumi è completa dal punto di vista proteico,
in quanto fornisce all’organismo tutto lo spettro
amminoacidico necessario. I legumi hanno anche il
merito di apportare discrete quantità di sali minerali,
alcune vitamine e fibra alimentare. Le leguminose più
diffuse sulle nostre tavole sono le lenticchie, i ceci,
i fagioli nella loro varietà (borlotti, cannellini, di
Spagna etc.), le fave, i piselli e i lupini.
Generalmente la dieta mediterranea tende a
consigliare un consumo di pesce più largo rispetto a
quello della carne. Il pesce, d’altra parte, non ha potuto
restare escluso dalle tavole mediterranee, proprio per
la presenza dell’ambiente marino che ha plasmato e
determinato la storia dei paesi che si affacciano sul
Mediterraneo.
Gode principalmente di ottime quantità proteiche, di
acidi grassi essenziali e alcuni sali minerali. Il pesce
inoltre è ricco di grassi omega 3, molto utili poiché
assistono il fegato nel metabolismo dei lipidi e nel
ridurre la produzione di trigliceridi.
Quanto alla carne, si tende a preferire quella bianca
(pollo, tacchino, coniglio) a quella rossa. Ricca in
proteine, vitamine e sali minerali, la componente
lipidica (grassi) dipende fortemente dall’animale di
provenienza e anche dalla parte dell’animale.
Diversi studi sostengono il ruolo protettivo della
caffeina nello sviluppo della steatosi epatica.
Nonostante la scarsità dei dati riguardanti l’esatto
meccanismo attraverso cui il caffè e i suoi componenti
influenzano l’eziologia dell’epatopatia, ci sono
diverse ipotesi che propongono azioni metaboliche.
Uno studio recente eseguito su colture di cellule ha
dimostrato che il caffè è in grado di promuovere
l’espressione di geni che codificano per proteine con
azione citoprotettiva e antiossidante, studi precedenti
hanno dimostrato che la metilxantina, largamente
contenuta nel caffè, può inibire la sintesi di fattori di
crescita che promuovo la fibrosi epatica. Dunque si
propone una relazione inversa tra consumo di caffeina
e NAFLD. La caffeina, inoltre, potrebbe avere un ruolo
ipoglicemizzante mediante la riduzione dell’insulina
resistenza. Le Crucifere: cavolo, cavolfiore,
broccolo, cavoletti di Bruxelles, contengono
un’elevata quantità di composti dello zolfo (si sentono
dall’odore che emanano durante la cottura). Inoltre
sono ricchi di glucosinolati, sostanze che aiutano il
fegato a produrre gli enzimi di cui ha bisogno per i
processi di disintossicazione. Aglio e cipolle sono
ricchi di composti dello zolfo e sono un’ottima fonte
di glutatione; inoltre, l’aglio contiene anche molto
selenio. La s-allylmercaptocysteine (SAMC) è un
composto idrosolubile presente nell’estratto di aglio. In
diversi studi è stato dimostrato l’attività “anti-cancro”
e antiossidante della SAMC. Il meccanismo attraverso
cui la SAMC abbia un effetto epatoprotettore nella
NAFLD non è ancora noto.
Uno studio recente ha dimostrato che la
somministrazione di SAMC in topi che seguivano
una dieta ad alto contenuto di grassi riduceva lo
sviluppo di NAFLD, la fibrosi, lo stress ossidativo e la
necroinfiammazione. La cipolla è ricca di quercetina,
sostanza nota in molti studi per i suoi effetti positivi sulla
steatosi epatica. La cronica assunzione di quercetina
riduce l’accumulo di grasso epatico e migliora i
parametri sistemici relativi alla sindrome metabolica,
probabilmente attraverso la riduzione dello stress
ossidativo e mediante la riduzione dell’espressione nel
fegato di geni associati alla steatosi.
Le carote e le barbabietole sono ricche di betacarotene e altri carotenoidi e contribuiscono a
proteggere il fegato. La barbabietola contiene anche
composti in grado di assorbire i metalli pesanti ed è
un’ottima fonte di acido folico.
I carciofi e gli spinaci forniscono acido folico e
altre vitamine del gruppo B, oltre ad aumentare la
produzione della bile. È stato scoperto che 30 minuti
dopo il consumo di carciofo, il flusso della bile aumenta
del 100% circa.
L’insalata verde in foglie specie se “amara”, come
la cicoria, l’indivia o la lattuga romana aiutano a
stimolare il flusso della bile.
Frutta antiossidante: livelli elevati di antiossidanti si
trovano, in ordine discendente in prugne, uvetta,
mirtilli, more, fragole, lamponi, arance,
pompelmo rosa, melone, mele e pere. Le mele
contengono inoltre la pectina che si lega ai metalli
pesanti (in particolare nel colon) e aiuta la loro
escrezione riducendo il carico sul fegato. L’anguria
è ricca di glutatione, mentre la papaia e l’avocado
aiutano il nostro organismo a sintetizzarlo.
Le uova sono ricche di vitamine del gruppo B e
contengono molti aminoacidi solforati che, come si è
visto, aiutano il lavoro epatico di disintossicazione.
La curcuma o turmeric, come viene chiamata dagli
inglesi e dagli indiani, è una spezia gialla che si ricava
dalla radice della pianta omonima: Curcuma longa (e
altre varietà) della famiglia delle Zingiberaceae, la stessa
dello zenzero. Il colore giallo brillante della curcuma
viene principalmente dai pigmenti dei polifenoli in
essa contenuti, i curcuminoidi. In India è conosciuta
ed utilizzata da almeno 5.000 anni, come medicina,
spezia e anche o dimostrato come l’estratto di foglia
di rosmarino possa limitare l’aumento ponderale
indotto da una dieta ad alto contenuto in grassi e
proteggere contro la steatosi. Il rosmarino aumenta
l’attività degli scavengers degli anioni superossidi o
meglio il suo supplemento con la dieta è fondamentale
in quanto ha elevate capacità antiossidanti, interviene
nei processi di rimozione dei radicali liberi di ossigeno.
Carmela Loguercio
Gastroenterologia
ed Endoscopia Digestiva.
Centro Interuniversitario
Ricerche su Alimenti, Nutrizione
e Apparato digerente (CIRANAD)
Seconda Università di Napoli
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