Rivista n° 11 del 22 Aprile 1992 - Complesso di Maria SS.ma dello

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Rivista n° 11 del 22 Aprile 1992
GIULIANOVA 1943/1944 - Piccola cronistoria
di Giulio Di Michele
… e venne il 25 luglio! La caduta del fascismo provocò scene di giubilo. I discorsi
inneggianti ad una falsa libertà raggiunta furono diversi.
Era giorno di festa: domenica, e festa fu! Dal Municipio parlò, alla folla plaudente,
l’avvocato Leo Leone che, in seguito, sarà senatore della Repubblica.
Qualche ritratto del “Duce” fu calpestato e trascinato in terra appeso ad una corda. Fu un
segno premonitore?
Qualche piccolo tafferuglio, presto sedato, qualche screzio tra quelli di prima e quelli di
dopo e qualcuno finì al... carcere mandamentale, ospite del sig. Trequattrini.
E riprese la normale vita estiva di una cittadina che offriva il suo mare pulito. Non tutti si
accorsero che la guerra si stava avvicinando.
Era Podestà il Cav. Giuseppe De Gregoris che rimase in carica sino a quasi tutto il mese di
ottobre, Segretario comunale il rag. Marino Trentini.
Il 31 agosto, intorno alle 13, Pescara subì un terrificante bombardamento a tappeto.
La stazione ferroviaria fu colpita mentre arrivava un treno proveniente dal nord. Danni
incalcolabili e migliaia di morti. A Giulianova l’impressione fu enorme.
Molte famiglie iniziarono quello sfollamento che vuotò, in maniera particolare, il centro
marino mentre in paese cominciarono ad affluire i primi sfollati.
~i~
Alle 19,42 dell’8 settembre l’E.I.A.R. annunciò la resa dell’Italia e molti credettero alla
fine di quella guerra che, purtroppo, doveva ancora riservarci l’appendice più dolorosa. Alcuni
colpi di rivoltella furono esplosi, nell’ufficio del dazio, contro l’effigie reale.
Il carcere fu sgombrato dai suoi momentanei ospiti estivi. Alcuni si diressero al nord su
automezzi tedeschi.
La partenza del Re verso lidi più sicuri, la liberazione di Mussolini e la costituzione del
nuovo governo repubblicano furono avvenimenti che si susseguirono con tale rapidità da
essere scarsamente recepiti a Giulianova che, nel frattempo, si riempiva sempre più di persone
evacuate dai centri maggiormente esposti alle minacce aeree e, ormai, a poca distanza dal
fronte.
Giulianova paese e la vicina campagna iniziarono una nuova vita.
Il contatto umano stabilì nuovi rapporti, nuove amicizie cementate dal pericolo e dalla
voglia di darsi una mano per superare la tremenda prova della guerra vissuta in maniera
diretta e sulla propria pelle.
I bandi tedeschi a firma Von Zanthier o addirittura emanati dal Feldmaresciallo Kesserling
furono affissi a ritmo accelerato e, fra questi, quello che obbligava lo sgombero totale della
fascia di territorio ad est della statale adriatica.
Già a settembre, con una estate che stentava a morire, ci furono le prime avvisaglie
attraverso i lugubri, laceranti suoni della sirena che avvertivano dell’imminente pericolo. Da
Radio Bari, il quasi concittadino Libero Pierantozzi, incitava alla lotta contro i nazifascisti
mentre, da Roma, la radio repubblicana cercava di rispolverare il vecchio appello della Patria in
pericolo. Il 23 settembre, al nord, si costituì il nuovo governo fascista repubblicano la cui prima
riunione del consiglio dei ministri ebbe luogo il successivo 27 settembre alla Rocca delle
Caminate (FO). A Giulianova, il 12 ottobre, martedì, un preciso e determinato attacco aereo
colpì un treno carico di militari germanici provocando un gran numero di morti e feriti. Vi perse
la vita anche Berardo Di Odoardo.
~ ii ~
Il 13 ottobre, da Brindisi, il Maresciallo Badoglio, primo ministro del nuovo Regno del Sud,
in nome del Re, dichiarò la guerra alla Germania. Di questo avvenimento, a Giulianova, non
arrivò la più lontana eco. La guerra, pur essendo abbastanza vicina, era inverosimilmente
ancora molto lontana. La ricordavano le innumerevoli visite dei ricognitori e i bombardamenti
che avevano quali principali obiettivi il porto, la linea ferroviaria ed il ponte sul fiume Tordino.
Un “Pippo”, il ricognitore, fu abbattuto dalla contraerea tedesca sistemata sulle rampe di
Cologna. Qualcuno si inginocchiò in segno di ringraziamento perché stanco di sentire il suo
ronzio.
Ricordo di un funerale: dalla chiesa eravamo arrivati in piazza allorquando fu avvistato un
aereo. Abbandonammo il morto per cercare scampo nella fuga.
I feriti ricoverati all’ospedale civile, a ridosso del Convento dei Cappuccini, potevano
attendersi scarse cure per mancanza di medicinali ed una minima assistenza per carenza di
personale. Fungeva da primario il Dott. Alfredo Valente, immaturamente scomparso nel
dopoguerra. In qualità di commissario prefettizio fu insediato, al comune di Giulianova, il Col,
Comm, Giovanni Piccinini. La sua prima firma, in calce ad una deliberazione, è del 5 novembre
1943.
Il mangiare era più abbondante di prima (quante povere bestie ci rimisero la pelle per
una mattanza indiscriminata) anche se scarseggiavano lo zucchero, il sale e l’olio. Per il sale si
rimediava facendo bollire l’acqua di mare. Anche i mastelli, colmi di ottima marmellata, della
Ditta De Martiis, diedero il loro aiuto. I tigli sul viale dello Splendore fornirono la materia
prima, foglie essiccate e condite al cognac, per rimediate sigarette in luogo delle quasi
introvabili del monopolio.
Il tempo passava tra mille paure e in un dolce far niente. Di giorno si giuocava a carte o a
bocce all’interno del campo sportivo, la sera in case private. Due marescialli dei carabinieri
(ormai la dizione esatta era Guardia Nazionale Repubblicana) erano favorevoli al giuoco perché
giocatori anch’essi ma il terzo, il comandante la Stazione, allora ubicata in via Bindi, il
maresciallo Senna, che seguirà i tedeschi al nord, si accaniva nel rincorrere e denunciare.
Quelle denunce ebbero un certo valore e qualcuno se ne accorse, nel dopoguerra, nel
richiedere i documenti per l’espatrio.
~ iii ~
Scarsa preoccupazione per il coprifuoco aiutati come eravamo dal nostro “Pippo” che
spesso ci invitava ad uscire di casa per raggiungere il rifugio.
Il 14, 29 e 30 ottobre violenti bombardamenti a cui fecero seguito quelli del 3, 5, 12, 27 e
29 novembre e del 4 e 9 dicembre. Fantasmagorico e terrorizzante il bombardamento con la
spiaggia e il paese illuminati a giorno da una miriade di bengala. Le fortezze volanti
scaricarono tonnellate di esplosivi sul fiume Tordino che continuò a scorrere placidamente sotto
il ponte. Lo spezzonamento del 5 novembre mi fa tornare il pensiero all’episodio di Maria
Teresa Garro moglie di Leonida Abbondanza, impiegato presso la Ditta De Santis. La signora fu
colpita al cuore da una scheggia che aveva attraversato il portone della sua casa, ubicata di
fronte alla G.I.L. Quel giorno morì anche Michele Splendiani. Dopo qualche tempo analoga fine
della Garro toccò ad un giovane sfollato di nome Tito che, colpito da una scheggia che aveva
forato il portone del vecchio stabile dei sordomuti, lo ferì in maniera grave. Perì dopo una
breve degenza in ospedale.
Agrò e Nannina abbandonarono il caffè per cercare un minimo di sicurezza nella vicina
campagna e Fernando si fece in quattro per salvare il salvabile dalle grinfie dei soliti sciacalli
che non mancano mai. In un viaggio di recupero con l’asino di “Bandunato” accadde qualcosa
di... L’asino sovraccaricato si muoveva a stento e “Bandunato” pensò di frustano. Un robusto
giovane in divisa teutonica fece partire un potente manrovescio che si abbatté sul malcapitato
con rovinosa caduta fra le zampe dell’asino che, forse, ragliò di... contentezza.
A Giulianova Spiaggia, in via Nazario Sauro, nei pressi della ferrovia, con permesso
rilasciato dal comando tedesco, fu aperta una rivendita di vino. Serviva, più che altro, al
beveraggio dei militari in transito. In gennaio o febbraio fu trasferita nei locali dell’attuale Bar
Roma sull’omonimo piazzale.
Nei giorni di Natale-Capodanno i canadesi riuscirono ad occupare la martoriata Ortona ed
il fronte si attestò fra la stessa Ortona e Francavilla al Mare.
La notte tra il 31 dicembre 1943 e il 1° gennaio 1944 preannunciò alcuni mesi di gelido
inverno. Un forte temporale sulla costa, una grande nevicata nel retroterra.
Le comunicazioni furono interrotte in più punti della nostra provincia. Questa volta il
generale inverno giocò a favore dei tedeschi. Del grande freddo ne fecero le spese tantissimi
alberi e quasi tutti gli infissi in legno delle case abbandonate, ivi compresa la colonia Rosa
Maltoni Mussolini sino a poco prima funzionante come ospedale militare. Non mancò l’assalto
all’ospizio marino.
Nel frattempo la vita cittadina, a Giulianova Paese, si andava riorganizzando. Furono
aperti due nuovi caffé: il Bar del Chiodo, da Fernando, nell’ultima vetrina a nord del negozio di
calzature di Arturo Granata. Poco dopo gli sarà contrapposto il Bar del Martello di “zio Gemì”.
Alla fine del corso restava saldo il Bar “Primavera”.
In un epico incontro-scontro di calcio, si fa per dire, il “Martello” batté quattro volte sulla
testa del “Chiodo”. Aldo e Mimì si misero insieme per aprire un nuovo salone da barba. Barba e
capelli! Anche in quei giorni esistevano le odierne necessità. Negli ultimi tempi, nell’attuale
piazza della Libertà, dove oggi c’è la rivendita dei giornali, una giovane e bella signora, credo
viennese, ebbe licenza di vendita di vino all’insegna bilingue di VINO - WEIN.
Ai piedi del monumento eretto in onore di Vittorio Emanuele II, opera dell’insigne scultore
giuliese Raffaello Pagliaccetti, fu scavato un rifugio antiaereo che si snodava a zig-zag verso
ponente con una specie di rotonda centrale dove ci si ritrovava in attesa che il pericolo
terminasse. Tenevano banco Beni, Nicola l’ortonese ed alcuni altri con stornellate
accompagnate da chitarra e mandolino. Dopo l’arrivo degli alleati furono in diversi a legare con
una corda il monumento nella speranza di abbatterlo. Gli sforzi furono vani e Vittorio ci saluta
ancora.
Altro rifugio sotterraneo in piazza della misericordia. Più che rifugi erano paraschegge.
Guai se una piccola bomba avesse fatto centro!
Limitatissimi i rastrellamenti tedeschi e mai per un triste viaggio verso la Germania.
Occorrevano braccia per i lavori di riassetto al ponte sul fiume Tordino o per altri motivi e la
mano d’opera veniva fornita dal Comune oppure era costituita da lavoratori volontari che
ottenevano la regolare retribuzione. Purtroppo vi persero la vita due nostri giovani concittadini.
Il 10 gennaio 1944 gli animi dei giuliesi furono scossi da un terribile avvenimento: la
fucilazione di Vincenzo Alleva che, incautamente, aveva tagliato il filo di una linea telefonica
per ricavarne un legaccio in modo da impedire il distacco di una ruota del carretto e tenere
insieme alcune masserizie che dalla marina stava salendo in paese.
~ iv ~
Presso la Feldgendarmeria operavano due gentili interpreti, entrambe studentesse
dell’Orientale di Napoli. Fatalmente mancarono nel momento che venne presa la decisione per
Alleva che, non sapendo spiegarsi, ebbe la sua triste sorte. Il cadavere fu tumulato nelle
immediate vicinanze della villa Migliori, sede del comando stesso, e fu impedito l’accesso al
luogo dell’esecuzione anche a persone di famiglia del defunto. Solo dopo diversi giorni fu
consentito alla famigliari rimuovere il cadavere per essere tumulato nel cimitero.
Al secondo piano del villino Ruffini, sulla via del Sole, si era sistemata la Ghestapo con un
soldato, un maresciallo ed un funzionario di nome Battistic o Bastianic che non ebbe alcuna
influenza sulla vita cittadina perché mai chiamata in causa da attentati o altre forme di
resistenza. A Giulianova, per quel che ricordo, una o due volte scesero i fascisti da Teramo. Il
giornale “Tempo Nuovo”, organo delle federazione fascista repubblicana, riportò le notizie di
qualche visita del Capo della Provincia, col. Vincenzo Ippoliti, in occasione di precedenti
scorrerie aeree nemiche. Solite visite di prammatica ai feriti ed elargizione di qualche sussidio.
Penso di essere nel giusto se scrivo che verso la fine di gennaio i tedeschi danneggiarono con
mine i due moli del porto, il fabbricato del mercato all’ingrosso del pesce e quello della “Casa
del Pescatore”. Quasi tutti i giorni assistevamo ad attacchi aerei su un inaffondabile
rimorchiatore armato della marina jugoslava con il quale erano rimpatriati, dopo l’8 settembre,
molti soldati italiani di base in Dalmazia. Il rimorchiatore era ancorato circa cento metri oltre il
gomito del porto nuovo ad una distanza di venti/venticinque metri dalla banchina. Per porre
fine a queste inutili incursioni ne fu disposto l’affondamento ma, per il fondale troppo basso, la
prua rimase fuori dell’acqua con l’intera sagoma ancora perfettamente visibile dall’alto. E i
padroni dell’aria continuarono nelle loro esercitazioni. Nel dopoguerra, richiesto dalla
~v~
jugoslavia, fu ancora apportatore di danni. Durante i lavori di recupero si verificò una
esplosione che ridusse a mal partito Ernesto Cataldi. Eravamo così abituati a seguire questi
bombardamenti che nessuno pensò a quanto accadde quel maledetto martedì, 29 febbraio
1944. Erano circa le 13 quando uno stormo di aerei americani lasciarono cadere in paese, nel
cuore del centro storico, il loro carico di distruzione. Le esplosioni furono tremende, diversi i
morti (credo undici, tra essi due della famiglia Gianuari e il Cav. Francesco Manocchia), molti i
feriti e qualcuno decederà entro pochi giorni a causa delle ferite riportate. La fortuna volle che
una bomba, dopo aver sfondato il tetto di una casa, ne uscisse dalla stessa per finire la sua
corsa contro la parete ovest della Chiesa della Misericordia con il percussore che si infilò in un
buco del muro senza trovare resistenza e, quindi, ricadere a terra inesplosa. Non so, neanche
approssimativamente, quanti si erano rifugiati all’interno della Chiesa ma, di certo, erano tanti.
Fu miracolo?
Nel periodo che stiamo osservando i decessi nella sola Giulianova furono un centinaio con
una forte percentuale per eventi bellici.
La voglia di colpire, distruggere aumentava tra le 12 e le 13,30. Gli italiani sono,
generalmente, a tavola mentre loro sono abituati, da sempre, al “pasto veloce”. Un panino con
polpetta oppure un lungo e fine salsicciotto con mezza “fronna” di insalata. Vi par niente la
differenza?
Pur avendo vissuto quei poco piacevoli momenti, con due sventagliate di mitraglia aerea
che mi coinvolsero in maniera diretta, non riesco a ricordare tutti i visi di quanti, giuliesi o
profughi, persero la vita a causa del terrorismo aereo. Con il passare del tempo le incursioni
divennero tanto frequenti che le sirene smisero di suonare lasciandoci convivere con le
macchine volanti che miravano agli obiettivi civili perché di militari non ne esistevano.
Nel frattempo, in qualità di commissario per l’amministrazione straordinaria del Comune
di Giulianova, in sostituzione del Col. Piccinini, fu nominato Ottone Robotti. Gli successe subito
dopo Michelangelo Breccia che rimase in carica sino a un giorno o due prima dell’arrivo degli
alleati. Firmò l’ultima deliberazione il 7 giugno 1944. Con provvedimento in data 26 aprile 1944
della prima Presidenza della Corte d’Appello degli Abruzzi “L’Aquila” fu fissata al 15 maggio la
data di inizio dell’attività della Pretura di Giulianova nella nuova sede di Mosciano S. Angelo.
Anche la Scuola Industriale si trasferì a Mosciano S. Angelo ma solo per pochi giorni. Subito
~ vi ~
dopo riprese, se così si può dire, il corso di studi nel vecchio palazzo.
Si arrivò ai primi di giugno con le informazioni radio che avvertivano della imminente
ritirata tedesca sulla fascia adriatica. Sul Tirreno, nella notte tra il 17 e 18 maggio, il fronte
cominciò a muoversi verso nord e Roma fu raggiunta, dalla V armata americana, nel tardo
pomeriggio del 4 giugno.
Le retroguardie tedesche continuarono nelle distruzioni demolendo con mine tutti i ponti
della rotabile e della ferrovia “Pescara-Ancona” nonché quelli lungo la strada per Teramo.
Distrutti i macchinari della segheria Silvio Sechini in via Cupa, fatto saltare il ponte sul fiume
Tordino, danneggiate le linee elettriche, minati diversi fabbricati, compreso l’albergo “Lido”,
abbattuti molti alberi costeggianti la statale n. 16 e razziato il possibile.
Il 12 giugno perse la vita Flaviano Poltrone, ucciso dai guastatori per essersi opposto al
furto del proprio cavallo. In questi ultimi giorni fu proprio nelle campagne che si verificò il
maggiore accanimento delle truppe in ritirata. Cercavano di prendere qualsiasi cosa a portata
di mano compresi i cani con le bestie, le biciclette e veicoli con cavalli. Una nota del Comune
riporta che ben 135 contadini subirono ruberie di vario tipo.
E qui vale la pena raccontare la fine astuzia di alcuni nostri contadini che attaccavano i
buoi al carro in maniera contraria alle loro abitudini. Il risultato voluto ed ottenuto era che il
carro non si muoveva. Grande scorno dei nazisti che, non avendo capito il giuoco, si
allontanavano con le pive nel sacco e fra mille imprecazioni.
Gli ultimi giorni trascorsero senza avvenimenti degni di nota. Il 17 giugno, in paese, si
~ vii ~
udì un suono di fanfara militare. Erano polacchi e inglesi. Le altre razze seguirono subito dopo
come pure gli “affari” che continuarono per molto tempo. All’imbocco di Corso Garibaldi, da
una camionetta, furono lanciate sigarette, cioccolato e gomma da masticare. Si rispose con
una coppa di spumante.
Giulianova ha fama di organizzatrice di grandi festività in onore di Maria Santissima dello
Splendore nei giorni 20-21 e 22 aprile che culminano nella processione seguita sempre da una
immensa moltitudine di fedeli.
Nel 1944 questi festeggiamenti mancarono per lo stato di guerra che vietava gli
assembramenti. Anche se tale divieto non fosse esistito si sarebbe avuta la materiale
impossibilità dell’affluenza dei forestieri accorsi ogni anno in gran numero.
Ci furono messe solenni al Convento dei Cappuccini, tradizionalmente legato alla
Madonna, e nelle Chiese del Paese. Furono innalzate preci per chiederne la Santa protezione.
La processione, se fosse stato possibile, avrebbe seguito il suo secolare itinerario e le
circostanti campagne si sarebbero vuotate per l’accorrere in paese di gente abituata, da
tempo immemorabile, a seguire in preghiera la Madonna affinché voglia intercedere per un
normale svolgimento della vita. Mancarono le bancarelle, le lunghe caramelle filate a mano, le
noccioline, i lupini, le giostre, l’antica corsa dei cavalli, la banda, per meglio dire le bande, i
fuochi d’artificio e... l’aria di festa. La guerra imponeva le sue dure leggi ed era già tanto che
Giulianova soffrisse meno di molte altre località semidistrutte e con gli abitanti ridotti allo
stato di animali impauriti.
Mancò la visita pastorale del Vescovo di Teramo e del Suo seguito ma, quasi per incanto,
non si ebbero attacchi aerei. Forse Maria Santissima dello Splendore volle dare una mano,
stendere un velo di protezione sulla Sua fedelissima città per aiutarla a superare quel mese e
mezzo, o poco più, che ancora mancava alla fine del suo calvario.
Rimarginate le ferite ripresero i festeggiamenti in onore della Madonna, seppure in tono
minore, l’anno seguente che, guarda la combinazione, determinerà anche la fine della guerra.
Il 22 aprile 1945 cadde di domenica e la radio aveva già annunciato che il giorno precedente
Bologna era stata raggiunta dai gruppi di combattimento “Legnano” e “Friuli” che
combattevano a fianco dell’88a armata.
In capo a pochi giorni la guerra vera e propria, intesa nel senso più lato della parola,
ebbe termine.
Iniziò il periodo della ricostruzione, tornarono i nostri prigionieri sopravvissuti, tornarono
le giornate di festa dedicate alla Madonna Santissima dello Splendore con la intensa, sentita
partecipazione di tutti i giuliesi e con il ritorno gioioso in paese di quanti, per ragioni di lavoro,
abitano lontano dalla nostra incantevole Giulianova.
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