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La monade come materia
Mappa dell'Unità
Questo non è il momento di esporre dettagliatamente la monadologia leibniziana, argomento più attinente al dibattito
metafisico che scientifico. Tuttavia vi sono in essa elementi che interessano molto da vicino la nostra Conversazione, a
cominciare da quel concetto di forza che è implicito nella concezione della monade. La dimostrazione fisico-matematica
che portò Leibniz a confutare il principio d’inerzia, introducendo nella materia un principio di attività, condusse il filosofo
tedesco ad affermare che “la sostanza è un essere capace d’azione”. Ma di che natura è tale attività? La forza che
agisce all’interno della monade non è di tipo cinetico, ovvero non è movimento nel senso in cui lo intendeva il
meccanicismo cartesiano. Essa ha invece le caratteristiche dei fenomeni psichici: è rappresentazione. In un certo
senso, ogni monade ha in sé la capacità di sentire (nel senso di “patire”, percepire) e di pensare.
Che relazione esiste dunque tra una rappresentazione e un’azione? Per Leibniz esse sono semplicemente le due facce
della stessa realtà.
Piccolo popolo – Tutto ciò è piuttosto oscuro.
Ermetis – Non tanto, a ben vedere. Leibniz scrisse: “se attribuiamo alla nostra mente una capacità intrinseca di
produrre azioni immanenti nulla vieterà di pensare che la stessa capacità appartenga anche alle altre anime o forme
delle sostanze. A meno che qualcuno pensi che, in tutta la natura, solo le nostre menti siano attive; ovvero, che ogni
capacità di agire immanentemente, anzi, per dir così, vitalmente sia connessa con l’intelligenza”.
Piccolo popolo – Cioè la monade “pensa”?
-Anche una cellula “pensa”?
-E come agisce il pensiero sulla materia?
Ermetis – La confusione nasce dalla nostra abitudine di chiamare “pensiero” qualsiasi cosa succeda nella nostra
mente. In realtà, il pensiero cosciente è una piccola parte dell’attività psichica. La maggior parte di essa è fatta di
percezioni e sensazioni di cui noi siamo inconsapevoli. Le monadi non sono tutte uguali tra loro, come i mattoni di cui è
composta una casa. Ciascuna di esse è diversa, e questa diversità dipende dal livello di rappresentazione di cui è
capace. I due estremi entro cui la capacità rappresentativa di una monade si esprime vanno dall’appercezione alla
percezione. La percezione è la pura capacità di sentire o di patire che troviamo in qualunque elemento naturale, una
capacità senza forma e senza distinzioni che potremmo identificare con l’inconscio. L’appercezione è invece la
coscienza elevata, ovvero la capacità di “sapere di sapere”, tipica del pensiero intelligente. Questa attività interna è ciò
che fa della materia qualcosa di vivo, di mutevole, dinamico. L’infinita diversità delle monadi è data dall’infinita diversità
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dei loro livelli di rappresentazione: questa “infinità” corrisponde pari pari all’infinita divisibilità dei corpi, vale a dire che tra
due livelli di percezione – uno “chiaro e distinto” e uno “oscuro e informe” – ne esistono infiniti di qualità intermedia. “
Natura non facit saltus”: tra uno stato naturale e l’altro – come tra il bocciolo e il fiore – esiste un’infinita continuità di stati
che i nostri sensi non possono cogliere; non succede mai, infatti, che il fiore appaia “improvvisamente” dopo il suo
sbocciare. E così, una cellula avrà un livello di appercezione molto basso e uno relativamente alto di percezione, una
pietra avrà una capacità percettiva infinitamente vicina a “zero” ma non uguale a zero, poiché se noi la riscaldiamo essa
si spacca (è “capace” cioè di modificarsi), mentre un essere umano avrà un altissimo livello di appercezione, sarà cioè
capace di pensare, ma anche di “patire” tutto ciò che “patiscono” le monadi meno evolute.
Piccolo popolo – Anche Hobbes però sosteneva che la mente agisce. Essa risponde in modo definito agli stimoli esterni
e produce le rappresentazioni.
Ermetis – La differenza con Leibniz è sostanziale. Il filosofo tedesco infatti nega recisamente ogni contatto tra l’esterno
e l’interno di una monade. L’attività di ogni monade è del tutto autonoma e indipendente dall’esterno. “La monade non
ha finestre”, come scrisse ironicamente lo stesso Leibniz, intendendo con ciò affermare che non esistono
“compenetrazioni” possibili tra due monadi, o “influssi” di qualsiasi tipo. In tal senso, il pensiero è azione, non reazione.
Piccolo popolo – Ma allora tutto rimarrebbe eternamente immobile!
Ermetis – Abbiamo visto che la speculazione filosofica è capace di grandi intuizioni, in grado di delineare scenari che
solo decenni o secoli dopo la scienza può dimostrare fondati. Ma non dobbiamo aspettarci miracoli. Il cosmo di
Giordano Bruno è incredibilmente vicino all’idea che oggi abbiamo di esso, ma per parlarne il filosofo nolano è costretto
ad usare un lessico alquanto improprio e arcaico rispetto alle esigenze di una corretta dimostrazione scientifica; e così
Hobbes ipotizza un’attività mentale che ha tutto l’aspetto della moderna neuro-fisiologia, ma con gli argomenti che il
vocabolario della filosofia e della scienza del suo tempo gli metteva a disposizione, e quindi del tutto inadeguati a dare
un fondamento scientifico alla sua teoria. In tal senso, Leibniz compie un ulteriore passo in avanti nella
rappresentazione della mente umana – come avremo modo di vedere nella Conversazione sull’inconscio -, ma è
scontato che egli non possa superare il limite che gli strumenti linguistici e sperimentali del suo tempo gli imponevano.
Lo stesso Kant, che più di tutti avanzò nel campo della moderna gnoseologia, aveva a disposizione un vocabolario
filosofico ancora fermo addirittura alle categorie aristoteliche.
Leibniz intuisce due grandi principi della scienza moderna e contemporanea, quelli del nesso tra materia e forza (o
energia) e della varietà degli stati rappresentativi (o mentali) la cui conferma richiese ben altri strumenti d’indagine che
non quelli disponibili nel XVII secolo. La sua idea era che la materia fosse intrinsecamente viva, o dinamica, capace cioè
di mutamenti interni; ma per spiegare come tali mutamenti danno luogo ai fenomeni meccanici fu costretto ancora una
volta – ma sarà l’ultima nell’intera storia della filosofia – a ricorrere al “Deus ex machina” del disegno divino. È la volontà
di Dio che, in forma di un’armonia prestabilita nell’eternità della Creazione, mette in relazione tra loro le infinite monadi: “
infatti Dio, comparando due sostanze semplici, trova, in ciascuna, ragioni che l’obbligano ad adattare a essa l’altra, e
quindi ciò che è attivo in certi riguardi è passivo da un altro punto di vista” .
Piccolo popolo – Che delusione!
-Invece di vedere il bicchiere mezzo vuoto, proviamo a vederlo mezzo pieno... pensate alla potenza del pensiero
umano, capace di immaginare realtà del tutto al di fuori della nostra esperienza e tuttavia così vicine allo stato dei fatti.
Questi filosofi hanno tracciato delle strade senza le quali la scienza non avrebbe progredito.
-Ma chi dice che la scienza non sia invece stata condizionata da quelle teorie, imboccando strade di ricerca sbagliate?!
discutetene
È facile
Vai alle verifiche In: Cioffi, Luppi, Vigorelli, Zanette, Il testo filosofico, 2, L’età moderna, Milano Bruno Mondadori,
1992, pag. 748
In: Cioffi, Luppi, Vigorelli, Zanette, Il testo filosofico, 2, L’età moderna, Milano Bruno Mondadori, 1992, pag. 753
appercezione - Termine filosofico introdotto da G. Leibniz per indicare l’atto riflessivo attraverso cui l’uomo diviene
consapevole delle sue percezioni, che di per sé possono anche rimanere inavvertite; l’a. è dunque il fondamento ultimo
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della coscienza e dell’io. I. Kant chiamò a. l’autocoscienza e a. pura (o originaria) quell’‘Io penso’ che «deve poter
accompagnare tutte le mie rappresentazioni», costituendo «l’unità trascendentale dell’autocoscienza». L’a. pura si
distingue dall’a. empirica, che è la coscienza nella totalità del suo contenuto, in cui l’Io penso è fuso col dato
dell’intuizione sensibile [Treccani.it].
percezione - il termine può designare sia ogni esperienza conoscitiva, ogni attività intellettuale, in antitesi alle operazioni
della volontà (tale è, per es., il sign. che ha perceptio nella terminologia di Cartesio), sia l’atto cognitivo con cui si
avverte la realtà di un determinato oggetto, e che è distinto, secondo alcuni, dalla semplice sensazione, in quanto
implica, pur nella sua rapidità, un processo di organizzazione e interpretazione (anche alla luce di ricordi e passate
esperienze) di sensazioni diverse: p. interna, relativa ai proprî atti o stati di coscienza; p. esterna, relativa al mondo
esteriore; piccole p. (o p. insensibili), nella filosofia di Leibniz, quelle di cui il soggetto non ha consapevolezza.
La forza di cui parla Leibniz appartiene al corpo, ma non è materia.
Di cosa si tratta? Per spiegarlo, egli ricorre alle monadi, punti di forza reali ed animati, capaci di attività. Ogni monade
ha una capacità di agire che consiste nel percepire. Cioè ogni monade può sentire e pensare.
Quindi la materia è viva, mutevole.
Una pietra avrà bassa capacità percettiva, un fiore più elevata. L’uomo è anche dotato di capacità appercettiva. Cioè
l’intelligenza.
Si tratta, di nuovo, di una grande intuizione, che solo nei secoli verrà sviluppata. Rifletti. Prova a chiedere ad un
bambino cos’è l’universo. Ti risponderà come può. Con le parole che conosce. Ma se osservi bene, ciò che dice è molto
simile a ciò che dici tu, che sei più grande ed hai studiato. armonia prestabilita - Concezione fondamentale del sistema
filosofico di Leibniz. Suo presupposto sono le difficoltà nascenti dalla rigida separazione cartesiana della res cogitans (il
soggetto pensante, l’anima) dalla res extensa (la cosa, la realtà sensibile, e in particolare il corpo), che rende
inintelligibili i rapporti tra le due e quindi il processo della conoscenza e dell’azione. Leibniz intende risolvere tali difficoltà
concependo l’Universo come un sistema di monadi, ciascuna delle quali contiene in sé come rappresentazione, implicita
o esplicita, la totalità delle altre, e svolge tale rappresentazione in modo congruo allo svolgersi di quelle di tutte le altre
monadi, pur senza influire direttamente su di esse e senza subirne l’influsso. Tale congruenza è possibile solo in base a
un’a. p., secondo la quale le monadi siano state create e predeterminate da Dio, «Monade delle monadi». L’a. p. è
quindi un ordine voluto da Dio che regola le relazioni tra le monadi e che accorda di conseguenza anche l’attività
dell’anima a quella del corpo secondo il principio del meglio: i corpi seguono le leggi dell’efficienza, le anime le leggi
della finalità, ma Dio ha regolato l’armonia tra i due regni. Si stabilisce così una completa armonia tra il regno fisico della
natura e il regno morale della grazia, tra Dio architetto e Dio legislatore, in modo tale che il mondo fisico realizzi i fini del
mondo morale. La questione è: è la filosofia che ha anticipato le scoperte scientifiche, o è la scienza che ha portato
avanti delle idee? Valutate le diverse conseguenze che le due ipotesi comportano. Per accedere agli esercizi, crea il
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scienza. Sesta giornata
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In questa unità
Testo: Storia delle idee
Autore: Maurizio Châtel
Curatore: Maurizio Châtel
Metaredazione: Erica Pellizzoni
Editore: BBN
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