LEIBNIZ Lavoro realizzato da Laura Mirabella IV D a.s. 2016/2017 Gottfried Wilhelm Leibniz nacque il 21 giugno 1646 a Lipsia e morì il 14 novembre 1716 a Hannover. Leibniz giunse a riconoscere che è unico l’elemento ultimo che compone sia il mondo dello spirito, sia il mondo dell’estensione. Intorno al 1696 egli introdusse il concetto e la parola monade. La monade è un atomo spirituale, una sostanza semplice, senza parti e quindi priva di estensione o di figura e indivisibile; quindi la monade non si può disgregare ed è eterna, soltanto Dio può crearla o annullarla. Ogni monade è diversa dall’altra. In quanto sostanze semplici e immateriali, le monadi non possono influenzarsi a vicenda. Hanno due modalità di conoscenza: la percezione (oscura e confusa) e l’appercezione (chiara e distinta). Infine, le monadi, sono regolate dall’armonia prestabilita, ossia un accordo perfetto tra gli eventi che accadono in ciascuna di esse. L’identità degli indiscernibili è un principio metafisico secondo cui in natura non vi possono essere due cose tra loro uguali; infatti se ci fossero due sostanze indiscernibili essere coinciderebbero e sarebbero un’unica ed identica cosa. Egli distinse due tipi di materia: Materia prima, che è la potenza passiva che è nella monade; Materia seconda, che è costituita da un aggregato di monadi il quale è tenuto assieme e diretto da una monade superiore. “ Nihil est in intellectu, quod non fuerit in sensu, excipe: nisi ipse intellectus” “Non vi è nulla nell’intelletto, che non sia stato nel senso, eccepisci: se non l’intelletto stesso” Con questa celebre frase, Leibniz intendeva dire che l’anima dispone per proprio conto di “categorie” che i sensi non potrebbero fornirle. LA TEODICEA Con il termine “teodicea” Leibniz indica la “giustificazione di Dio” cioè il tentativo razionale di scagionarlo dall’accusa di essere responsabile del male che affligge il mondo. Secondo il filosofo, in Dio esistono una volontà antecedente, che vuole il bene in sé e una volontà conseguente,che vuole il meglio possibile. Inoltre, Dio ammette il libero arbitrio e permette il male e il peccato come mezzi per raggiungere il meglio. Infine, la predeterminazione divina non è necessitante, ma inclinante, cioè che le scelte dell’uomo rimangono libere e responsabili.