gruppo colon-retto
TARGET THERAPY
Dal Congresso Nazionale AIOM di Verona
Tumori: oggi un paziente su due vince la malattia "Investire su molecole
bersaglio e prevenzione"
La possibilità di vincere il tumore è cresciuta del 15% rispetto al 1985: in media oggi la sopravvivenza a cinque anni in
Italia è del 55%. Un paziente su due ce la fa. Ma non solo: è aumentata anche la percentuale di sopravvivenza a dieci
anni e sono oltre un milione e mezzo gli italiani che hanno sconfitto la malattia. Il merito è soprattutto della diffusione dei
programmi di screening e dell’avvento delle terapie a bersaglio molecolare, che ha segnato un’importante accelerazione.
La cellula neoplastica spesso resiste a terapie farmacologiche tradizionali come la chemioterapia o l’ormonoterapia: per
sviluppare molecole in grado di superare questo limite occorre conoscere a fondo la molteplicità degli eventi
biomolecolari che causano i tumori ma soprattutto i fenomeni che ne alimentano la crescita e lo sviluppo”. Uno degli
esempi paradigmatici è Bevacizumab, molecola che blocca il tumore impedendogli di fabbricarsi i vasi sanguigni che
sono necessari per fare arrivare alle cellule neoplastiche “l’energia” necessaria per crescere. Sono trascorsi solo 5 anni
dal primo studio registrativo ed oggi in Italia questo farmaco è già utilizzato per 4 tipi di tumore (mammella, colon-retto,
polmone e rene). “Si tratta del primo anticorpo monoclonale in grado di inibire la proteina VEGF (Vascular Endothelial
Growth Factor), uno dei mediatori chiave dell’angiogenesi, il meccanismo che consente al tumore di crescere e
diffondersi.
La parola d’ordine è affamare il tumore: Bevacizumab agisce prevenendo il collegamento delle cellule neoplastiche con i
vasi sanguigni , lasciandole senza “rifornimento”. Il colon-retto è stata la prima patologia in cui questa molecola ha
dimostrato di migliorare la sopravvivenza, se usato come trattamento di prima linea in combinazione con la
chemioterapia convenzionale. In seguito si è rivelata efficace anche per il trattamento dei tumori del rene, del polmone e
della mammella.. “Nel caso del carcinoma renale l’aggiunta di Bevacizumab all’interferone offre ai pazienti in stadio
avanzato la possibilità di migliorare la sopravvivenza libera da progressione di malattia. L’uso di dosi più basse di
interferone sembra inoltre consentire di mantenere i benefici del trattamento, migliorando la tollerabilità della terapia.
Quello del rene è un ottimo esempio che dimostra come si sia potuto, nell’arco di pochi anni, passare da una pressoché
totale assenza di terapie efficaci alla disponibilità di più farmaci registrati, o in via di registrazione, per il trattamento di
questa neoplasia (sono 5 oggi in Italia) grazie ai progressi della medicina molecolare ed alle bio-tecnologie”.
Nel cancro del polmone Bevacizumab, associato ad una chemioterapia a base di platino, ha consentito di ottenere un
aumento significativo della sopravvivenza superando la barriera di un anno, traguardo mai raggiunto in precedenza. “Nel
cancro della mammella è stato dimostrato che nelle donne con tumore della mammella metastatico trattate con
Bevacizumab la progressione di malattia rallenta in modo significativo. Questa neoplasia è forse quella che ha ottenuto i
più evidenti vantaggi in termini di riduzione della mortalità: oggi, se si scopre il cancro ai primi stadi, con trattamenti
multidisciplinari adeguati si ha una sopravvivenza a 10 anni sino al 95%. Il tumore mammario è inoltre, con il colon-retto,
il carcinoma per cui esistono maggiori evidenze sull'effetto preventivo e protettivo di dieta ed attività fisica, anche se
questo effetto è stato segnalato per altre neoplasie (es. stomaco, prostata).
Tumori : oggi un paziente su due vince la malattia "Investire su molecule bersaglio e prevenzione"
ANTICORPI MONOCLONALI
Gli anticorpi monoclonali distruggono alcuni tipi di cellule tumorali, senza danneggiare in misura rilevante le cellule
normali. La loro funzione è quella di riconoscere certi tipi di proteine che sono presenti sulla superficie di alcune cellule
tumorali. Quando l’anticorpo monoclonale riconosce la proteina, si unisce saldamente ad essa (l’esempio potrebbe
essere il rapporto tra una chiave e la serratura: ogni chiave può infilarsi in una sola serratura). In questo modo stimola il
sistema immunitario dell’organismo ad aggredire le cellule neoplastiche e può anche indurre le cellule a distruggere se
stesse. A volte agli anticorpi monoclonali è attaccato un farmaco antitumorale o una sostanza radioattiva. Ciò ha lo
scopo di attuare il trattamento direttamente sulla cellula tumorale (terapia mirata).
Il RITUXIMAB è un anticorpo monoclonale, le sue indicazioni terapeutiche sono il Linfoma non Hodgking
chemioresistente o in ulteriore recidiva dopo chemioterapia o in mono terapia. Il Rituximab ha diverse tossicità e può
dare effetti collaterali a livello cardiologico (ipotensione, ipertensione, edema, aritmia, tachicardia); ematologico
(leucopenia, neutropenia, trombocitopenia, anemia, iperglicemia, aumento dell'LDH, ipocalcemia); dermatologica (Rash
cutaneo, prurito, angioedema, orticaria); gastrointestinale (Nausea, vomito, diarrea, dolore addominale, mucosite,
dispepsia, anoressia, calo ponderale, alterazione del gusto, disfagia); muscolo scheletrica (mialgia, artralgia); sistema
nervoso (Tremori, parestesie, ipoestesia, ansia, insonnia, agitazione); sistema respiratorio (broncospasmo, tosse,
dolore toracico, rinite); miscellanea (Febbre, brividi, fatigue, cefalea, sudorazioni notturne). L’accresciuto rischio di
contrarre infezioni è dato dalla temporanea diminuzione dei globuli bianchi può evidenziarsi pochi giorni dopo che siete
stati sottoposti al trattamento. Se ciò si verifica, sarete più esposti al rischio di contrarre infezioni.
Il TRASTUZMAB viene utilizzato nel carcinoma mammario metastatico con iperespressione di HER2, nel carcinoma
mammario in fase iniziale, dopo chirurgia, chemioterapia (neoadiuvante o adiuvante)e/o radioterapia. Le tossicità di
questo farmaco che si manifestano con reazioni allergiche e ipersensibilità è data dall’ipossia, insufficienza cardiaca,
vertigini, ansia, depressione, disturbi del sonno.
Il BEVACIZUMAB è un anticorpo monoclonale umanizzato. L'umanizzazione determina una più lunga emivita ed una
minore immunogenicità .
Si lega selettivamente e neutralizza l'attività biologica di VEGF, riducendo la vascolarizzazione dei tumori, quindi
inibendo lo sviluppo del tumore stesso.
L'attività del Bevacizumab è di tipo citostatico e può essere potenziata dalla combinazione con i chemioterapici. Il
principale utilizzo si ha per il carcinoma del colon retto metastatico usato in associazione con 5fluorouracile/calcio
levofolinato o 5fluorouracile/calcio levofolinato/irinotecan Altre patologie in cui può essere utlizzato sono il carcinoma
della mammella, carcinoma testa e collo, mesotelioma, carcinoma prostatico, carcinoma renale, carcinoma polmonare
non a piccole cellule. Oltre alle tossicità già elencate in precedenza si può manifestare la perforazione gastro
intestinale(in pazienti con carcinoma del colon-retto); a livello neurologico con ipertensione encefalica, parestesie,
cefalea, sindrome leucoencefalopatia posteriore reversibile (RPLS). La RPLS è un disturbo neurologico che può
manifestarsi con: cefalea, convulsioni, confusione, cecità , letargia e altri disturbi neurologici e visivi; a livello renale si
può avere proteinuria, spesso dose dipendente e non associata ad insufficienza renale.
L’ALEMTUZUMAB è utilizzata soprattutto per il trattamento dei pazienti affetti da leucemia linfocitica cronica B-cell
(CLL). Talvolta, si utilizza negli studi clinici miranti a valutare l’efficacia di questo trattamento per altri tipi di leucemia.
Attualmente, l’alemtuzumab è somministrato a soggetti che presentano una recidiva della CLL o che non rispondono
alla chemioterapia.
Il CETUXIMAB è un anticorpo monoclonale chimerico IgG1 specificamente diretto contro il recettore per l'epidermal
growth factor (EGFR).
Le vie di trasduzione del segnale dipendenti dall'EGFR sono coinvolte nel controllo della sopravvivenza cellulare, della
progressione del ciclo cellulare, dell'angiogenesi, della migrazione cellulare e dell'invasione/metastasi cellulare. È
indicato come terapia del Carcinoma del colon-retto (CRC), carcinoma a cellule squamose di testa e collo (SCHNC),
carcinoma del polmone non a piccole cellule avanzato (NSCLC) e del carcinoma del pancreas.
Il TOSITUMOMAB appartiene ad una nuova classe di farmaci antitumorali che prendono il nome di anticorpi
monoclonali. Attualmente si usa solo negli studi clinici per il trattamento di una forma chiama iodio 131 attaccata alla
sua molecola. L’anticorpo monoclonale presente nel tositumomab è diretto verso una proteina che si trova sulla
superficie delle cellule B e lo iodio radioattivo dirige la radiazione direttamente su queste. In questo modo distrugge le
cellule B del linfoma. Purtroppo può distruggere anche alcune cellule normali.
Il presente Profilo Farmacologico prende in considerazione ADEPT, (terapia a base di enzimi attivatori di un profarmaco
accoppiati ad anticorpi monoclonali diretti contro antigeni specifici della superficie della cellula bersaglio). È utilizzato
negli studi clinici miranti a valutare l’efficacia del farmaco come nuovo trattamento per il tumore dell’intestino.
Questi farmaci sono in via di sviluppo, sono oggetto di ricerca attraverso varie fasi che prendono il nome di studi clinici, i
quali servono a stabilire qual è il dosaggio che consente di somministrarli in modo innocuo per il paziente, quali sono gli
effetti collaterali che i trattamenti possono indurre e per quali tipi di cancro possono essere indicati. Gli studi clinici
determinano, inoltre, quanto il nuovo farmaco è efficace e se lo è più dei trattamenti attualmente applicati o ancora se
combinato con questi può offrire al paziente ulteriori benefici.
In questa fase il farmaco è disponibile solo per un numero limitato di pazienti, di solito coloro che sono stati arruolati ad
uno studio clinico. In alcuni casi il nuovo farmaco può essere somministrato anche a singoli pazienti che sono stati
ritenuti idonei dai loro medici curanti.
Molti farmaci ritenuti promettenti potrebbero poi risultare meno efficaci dei trattamenti disponibili o dare adito ad effetti
collaterali tali da annullare i benefici. Per tale motivo, i medici e gli altri operatori sanitari sottopongono i pazienti che
sono in trattamento con un farmaco sperimentale a controlli rigorosi e frequenti per accertarne i progressi. Se siete in
trattamento con un preparato sperimentale, chiedete al vostro oncologo di spiegarvi tutto sul farmaco, sulle procedure
attuate e su come sarete tenuti sotto sorveglianza. In caso di dubbi, non esitate a chiedere all’oncologo spiegazioni e
consigli.
INIBITORI DELLE PICCOLE MOLECOLE
Gli inibitori delle piccole molecole sono farmaci che inibiscono generalmente le tirosin kinasi, un gruppo numeroso di
enzimi che trasferiscono i gruppi fosfato dalla adenosina alla tirosina e in tal modo iniziano il processo di proliferazione
cellulare e di neoformazione di vasi nei tessuti neoplastici. Questo farmaci vengono somministrati per os (eccetto il
bortezomib che richiede la somministrazione per via venosa) ed hanno un bersaglio meno specifico rispetto agli
anticorpi monoclonali in quanto le tirosin kinasi sono multipresenti. Uno dei farmaci più noti e usati è l'imatinib,
approvato per la terapia della leucemia acuta linfocitica, della leucemia mieloide cronica, dei tumori stromali
gastrointestinali, della mastocitosi sistemica e della sindrome ipereosinofila. Tra gli effetti collaterali si annoverano i rash
cutanei, l' aumento di peso, edema, pleurite, cardiotossicità e scompenso cardiaco, sintomi gastrointestinali come
nausea e vomito, artralgie, mielotossicità. Il gefitinib è usato nel cancro polmonare non a piccole cellule e può provocare
dermatiti acneiformi, diarrea, anoressia, pneumopatia interstiziale, aumento degli enzimi epatici. Il bortezomib è
approvato per la terapia del mieloma multiplo e del linfoma non Hodking tipo mantellare; i suoi effetti collaterali principali
sono la neuropatia periferica, la tossicità midollare, e sintomi gastrointestinali. Il dasatinib viene usato nella leucemia
mieloide cronica e nella leucemia linfoblastica acuta e annovera, tra gli effetti collaterali, rash cutaneo, diarrea,
ritenzione di fluidi, mielosoppressione, prolungamento del QT, flogosi delle mucose.
Altri inibitori delle tirosin kinasi sono l'erlotinib (tumore polmonare non a piccole cellule e cancro del pancreas), il
lapatinib (tumore mammario con sovraespressione di HER2), il sorafenib (tumore renale a cellule chiare, carcinoma
epatocellulare), il sunitinib (carcinoma renale a cellule chiare, tumori stromali gastrointestinali).
L’IMATINIB (disponibile in capsule) è una sostanza prodotta artificialmente ed è utilizzata nel trattamento di pazienti
affetti da alcune forme di leucemia (in particolare la leucemia mieloide cronica, LMC) e una forma rara di tumore noto
come tumore stromale gastrointestinale (GIST). Può essere utilizzato anche per trattare altre forme tumorali all’interno
di uno studio clinico sperimentale. L’imatinib inibisce i segnali all’interno delle cellule neoplastiche, bloccando una serie
di reazioni chimiche che sono alla base della crescita e riproduzione delle cellule. I fattori di crescita si attaccano a delle
particolari proteine presenti sulla superficie di alcune cellule, dando in tal modo inizio a una serie di reazioni chimiche
all’interno della cellula che ne favoriscono la crescita e la riproduzione. Nei pazienti affetti da LMC o GIST, le cellule
presentano una proteina recettore danneggiata, che invia il segnale di crescita e riproduzione alle cellule anche in
assenza di un fattore della crescita. L’imatinib identifica il recettore danneggiato e vi si aggancia, bloccando così lo
sviluppo delle cellule. Proprio perché blocca il segnale della ‘crescita’, l’imatinib è detto anche inibitore della traduzione
del segnale. La sostanza chimica bloccata si chiama tirosinchinasi. Di conseguenza l’imatinib è anche detto inibitore
della tirosin-chinasi. A riguardo degli effetti collaterali, oltre a quelli già citati per gli anticorpi monoclinali, si possono
verificare l’edema periorbitale e del viso; molti pazienti aumentano di peso a causa della ritenzione idrica; aumento della
lacrimazione degli occhi.
Il GEFITINIB (disponibile in capsule) inibisce i segnali all’interno delle cellule neoplastiche, bloccando una serie di
reazioni chimiche che sono alla base della crescita e riproduzione delle cellule. Si definisce anche inibitore della
traduzione del segnale. Sulla superficie di molte cellule neoplastiche sono presenti strutture dette recettori del fattore di
crescita umano dell’epiderma (RFCE), le quali consentono al fattore di crescita umano dell’epiderma, una proteina
presente nell’organismo, di agganciarvisi. Quando il fattore della crescita epidermica (FCE) si aggancia al recettore, un
enzima chiamato tirosinchinasi dà origine all’interno della cellula a dei processi chimici che la fanno crescere e
riprodurre. Il gefitinib si aggancia al recettore FCE all’interno della cellula, impedendogli in tal modo di attivarsi. Di
conseguenza, la cellula non può riprodursi. Il gefitinib, dunque, è potenzialmente in grado di arrestare la crescita delle
cellule. Da alcuni studi clinici è emerso che il gefitinib riduce sensibilmente il volume del tumore in alcuni pazienti con
malattia in stadio avanzato che sono già stati sottoposti ai trattamenti standard applicati alla forma tumorale da cui sono
affetti. Tuttavia, in altri casi il farmaco non ha prodotto alcun effetto. Quando un farmaco riduce il volume di un tumore,
l’effetto potrebbe non essere permanente e il tumore potrebbe riprendere a crescere dopo qualche tempo. Per tale
motivo, si stanno conducendo altri studi clinici su vasta scala per valutare esattamente l’efficacia del trattamento, i suoi
effetti collaterali e il dosaggio più sicuro da somministrare. Precedenti studi clinici hanno rivelato che nei pazienti le cui
cellule neoplastiche presentano molti recettori FCE, il tumore si sviluppa più rapidamente e le probabilità che si diffonda
ad altre parti dell’organismo, formando così metastasi, sono più elevate. I recettori FCE si trovano su molte cellule
neoplastiche, tra cui quelle del tumore polmonare non a piccole cellule, del carcinoma mammario, dei tumori del colon e
del retto, e del cancro della prostata. In teoria, il gefitinib potrebbe essere utilizzato per il trattamento di tutte queste
forme tumorali, ma, finora, ha prodotto la massima efficacia solo nel trattamento del tumore polmonare non a piccole
cellule. Dai risultati degli studi clinici attualmente in corso, si capirà se è efficace anche nel trattamento di altri tumori.
L’ERLOTINIB è un inibitore selettivo della tirosina chinasi del recettore del fattore di crescita epidermico EGFR/HER1.
L'EGFR è coinvolto nell'attivazione dell'attività tirosin chinasica intracellulare, la quale determina l'attivazione di una
cascata biochimica di trasduzione del segnale attraverso diverse molecole, che ha come risultato finale la proliferazione
delle cellule tumorali, l'espressione di fattori proangiogenetici, l'inibizione dell'apoptosi, l'invasione e la
metastatizzazione. Questo recettore è sovraespresso nel carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) e in altri
tipi di tumore ed è correlato con una maggiore aggressività tumorale ed una prognosi sfavorevole. Le sue indicazioni
terapeutiche sono quindi il carcinoma polmonare non a piccole cellule localmente avanzato o metastatico, dopo
fallimento di almeno un precedente regime chemioterapico. Nel prescrivere Erlotinib, devono essere tenuti in
considerazione i fattori associati ad un aumento della sopravvivenza. Il trattamento non ha dimostrato vantaggi in
termini di sopravvivenza o altri effetti clinicamente rilevanti in pazienti con tumori EGFR-negativi. Gli effetti collaterali
oltre a quelli già citati per gli altri farmaci antitumorali, si hanno in prevalenza a livello epatico con valori anomali dei test
di funzionalità epatica (incrementi di ALT, AST e di bilirubina), il più delle volte di entità lieve o moderata, di natura
transitoria o associati a metastasi epatiche. Altre manifestazioni si verificano a livello polmonare con interstiziopatia
polmonare grave (ILD).
Il DASATINIB (disponibile in compresse) è un substrato ed un inibitore del CYP3A4 ed è quindi un inibitore della
protein-chinasi.
L'uso concomitante di dasatinib e di prodotti medicinali che inducono l'attività di CYP3A4 (per es. H2 antagonisti (es.
famotidina), inibitori della pompa protonica (es.omeprazolo), desametasone, fenitoina, carbamazepina, rifampicina,
fenobarbital o Hypericum perforatum, anche noto come erba di San Giovanni) può ridurre significativamente
l'esposizione al dasatinib, aumentando potenzialmente il rischio di fallimento terapeutico. Pertanto, in pazienti che
ricevono SPRYCEL si deve scegliere la somministrazione contemporanea di agenti terapeutici alternativi con minore
potenziale di induzione del CYP3A4. Quindi, H2 antagonisti e inibitori della pompa protonica non sono raccomandati e i
prodotti contenenti alluminio idrossido/magnesio idrossido devono essere somministrati fino a 2 ore prima o 2 ore dopo
la somministrazione di dasatinib.
Dasatinib deve essere somministrato con cautela in pazienti che hanno o possono sviluppare prolungamento
dell'intervallo QTc. Tra questi sono inclusi i pazienti con ipopotassiemia o ipomagnesiemia, pazienti con sindrome
congenita del QT lungo, pazienti in terapia con medicinali antiaritmici o altri prodotti medicinali che portano al
prolungamento del QT e in terapia con alte dosi cumulative di antraciclina. L'ipopotassiemia o l'ipomagnesiemia devono
essere corrette prima della assunzione di Dasatinib. La sua indicazione terapeutica si ha per la Leucemia mieloide
cronica (LMC), in fase cronica, accelerata o in fase blastica con resistenza o intolleranza ad una precedente terapia
comprendente imatinib mesilato. Il Disatinib è utilizzato anche nella Leucemia linfoblastica acuta (LLA) con cromosoma
Philadelphia positivo (Ph+) ed LMC in fase blastica linfoide con resistenza o intolleranza ad una precedente terapia. Il
Dasatinib ha tossicità comuni agli altri inibitori delle piccole molecole. A livelo ematologico il trattamento con SPRYCEL
è associato ad anemia, neutropenia e trombocitopenia. In concomitanza si ha un aumento delle transiminasi, della
bilirubina e si determina ipocalcemia. E' importante effettuare ogni settimana un emocromo completo per i primi due
mesi ed in seguito ogni mese o secondo le indicazioni cliniche. Si possono avere quindi complicanze gastrointestinali
quali emorragia (associata a trombocitopenia), ascite (associata a ritenzione di liquidi), diarrea, nausea, vomito, dolore
addominale, distensione addominale, mucosite, stomatite, dispepsia. A livello cardiaco si può verificare versamento
pericardico (associato a ritenzione di liquidi), prolungamento dell'intervallo Q-T (ripolarizzazione cardiaca ventricolare
prolungata - intervallo QT-), aritmia, insufficienza cardiaca congestizia. A livello respiratorio, versamento pleurico
(associato a ritenzione di liquidi), edema polmonare non-cardiogenico, dispnea, tosse secca.
Il BORTEZOMIB è un inibitore del proteosoma 26S (complesso polipeptidico) altamente selettivo. Tale farmaco
èpecificatamente indicato per inibire l'attività chimotripsinosimile del proteosoma 26S svolge un ruolo essenziale nel
controllo del ricambio di specifiche proteine, mantenendo quindi l'omeostasi nelle cellule. L'inibizione del proteosoma
26S impedisce questa proteolisi mirata e influisce sulla trasmissione del segnale all'interno della cellula, che si traduce
nella morte della cellula cancerosa. La sua forma farmaceutica è disponibile in fiale da 3,5mg in polvere liofilizzata.
Viene somministrato endovena a bolo in 3-5secondi seguito da un lavaggio con soluzione fisiologica mediante catetere
venoso periferico o centrale. Si utilizzano le normali procedure per lo stravaso, solo in caso di dolore si somministrano
antinfiammatori non steroidei. La sua indicazione terapeutica è il Mieloma multiplo in progressione in pazienti già trattati
con altri farmaci e non responsivi; che siano già stati sottoposti o non siano candidabili a trapianto di midollo osseo. La
trombocitopenia è l'effetto tossico più comune seguito da neutropenia ed anemia. Si può verificare l'alterazione dei
valori di calcio, sodio, potassio, magnesio e fosfati. Possibilità di ipoglicemia o iperglicemia. A livello gastrointestinale,
dermatologico i sintomi sono comuni ai farmaci citati in precedenza. Può manifestarsi una tossicità epatica con possibili
alterazioni degli enzimi epatici e della fosfatasi alcalina. A livello neurologico si può avere l’insorgenza di neuropatia
periferica caratterizzata da sensazione di bruciore, iperestesia, ipoestesia, parestesia, malessere e dolore neuropatico
alle mani e ai piedi.
Altri sintomi possibili simil-influenzali sono: cefalea, irrequietezza, stato confusionale, perdita di attenzione, depressione,
vertigini, senso di debolezza, convulsioni. Si segnalano anche visione offuscata e dolori oculari. Altre tossicità sono
quelle comuni di disturbi generali come, sensazione di affaticamento accompagnata da astenia e debolezza, mialgia,
dolore osseo e crampi muscolari.
Il SORAFENIB (disponibile in compresse) è un inibitori delle protein-chinasi, esso inibisce la crescita di un ampio
spettro di tumori umani trapiantati in topi atimici, determinando anche una riduzione dell'angiogenesi tumorale.. E’
indicato per il trattamento del Carcinoma a cellule renali avanzato dopo fallimento terapeutico ad una precedente
terapia a base di interferone alfa o interleuchina-2, o che sono considerati non idonei a ricevere tale terapia. Tale
farmaco è incompatibile nei pazienti in terapia con warfarin o fenprocumone. Questi devono essere monitorati
regolarmente per variazioni nel tempo di protrombina, INR o episodi di sanguinamento di rilevanza clinica.
Le sostanze che sono induttori dell'attività enzimatica (es. rifampicina, Hypericum perforatum anche noto come l’Erba di
San Giovanniâ, fenitoina, carbamazepina, fenobarbitale e desametasone) possono aumentare il metabolismo di
sorafenib da parte di CYP3A4 e UGT1A9 e in questo modo ridurne la concentrazione. Queste sostanze devono essere
somministrate in concomitanza con sorafenib solo dopo un'attenta valutazione del rapporto rischio/beneficio. Il
trattamento con il sorafenib può dare tossicità a livello dermatologico, ematologico, gastrointestinale, muscolo
scheletrico come gli inibotori delle tiron-chinasi già citati. A livello cardiologico possono causare ipertensione, ischemia
miocardicae l’infarto. A riguardo del sistema nervoso si possono manifestare depressione e neuropatia sensoriale
periferica.
Il SUNITINIB (disponibile in capsule) è un inibitore delle protein-tirosin chinasi. E’ usato per il trattamento dei tumori
stromali del tratto gastrointestinale (GIST) non operabili e/o metastatici dopo fallimento di un trattamento con imatinib
mesilato dovuto a resistenza o intolleranza. E’ utilizzato anche per il carcinoma renale avanzato e/o metastatico
(MRCC) dopo fallimento di una terapia con interferone alfa o interleuchina-2. anche per questo farmaco la
somministrazione concomitante di induttori potenti del CYP3A4 come la rifampicina, desametasone, fenitoina,
carbamazepina, rifampicina, fenobarbital o Hypericum perforatum conosciuto anche come Erba di S. Giovanni possono
ridurre le concentrazioni plasmatiche di sunitinib. La combinazione con gli induttori del CYP3A4 deve pertanto essere
evitata. Se ciò non è possibile, può essere necessario aumentare il dosaggio di sunitinib.
La somministrazione concomitante di inibitori potenti del CYP3A4 come ketoconazolo, ritonavir, itraconazolo,
eritromicina, claritromicina, succo di pompelmo possono aumentare le concentrazioni plasmatiche di sunitinib. Si
raccomanda di scegliere un trattamento concomitante alternativo con nessun potenziale o con un potenziale minimo di
inibire il CYP3A4. Se ciò non è possibile, può essere necessario ridurre il dosaggio di sunitinib.
I pazienti in trattamento concomitante con anticoagulanti (per es. warfarin, acenocumarolo)possono essere
periodicamente monitorati mediante una conta ematica completa (piastrine), i fattori di coagulazione (PT/INR) ed un
esame obiettivo.
I pazienti devono essere sottoposti a screening per l'ipertensione e controllati in modo appropriato. Si raccomanda la
sospensione temporanea del trattamento in pazienti con grave ipertensione non controllata con trattamento
farmacologico. Il trattamento può riprendere quando l'ipertensione è adeguatamente controllata.
I pazienti devono essere attentamente monitorati per i segni e sintomi clinici dello scompenso cardiaco durante il
trattamento con Sunitinib. In pazienti che non presentano fattori di rischio cardiaco, deve essere presa comunque in
considerazione una valutazione della frazione di eiezione ventricolare al basale.
I pazienti che presentano sintomi indicativi di ipotiroidismo devono essere sottoposti a monitoraggio di laboratorio della
funzionalità tiroidea e devono essere trattati in base a quanto previsto dalla pratica clinica standard. Le tossicità di tale
farmaco possono manifestarsi a livello dermatologico con alterazione del colore della cute, che può essere dovuta al
colore del principio attivo (giallo),depigmentazione dei capelli o della cute, secchezza, ispessimento o screpolatura della
cute, bolle o rash cutaneo occasionale del palmo delle mani o della pianta dei piedi. A livello gastrointestinale si hanno
mucositi, disgeusia (alterazione del gusto), nausea, diarrea, stomatite, dispepsia, vomito, perforazioni gastrointestinali
(rare), anoressia, dolore addominale. Cardiologicamente si possono manifestare ipertensione, riduzioni della frazione di
eiezione ventricolare sinistra e al di sotto del limite inferiore del normale, prolungamento dell'intervallo QT, embolia
polmonare, trombosi venosi profonda.
Gli effetti collaterali nell'uso della Target Therapy presso l'unità lavorativa in cui opero"Medicina7" dell''Ospedale
Molinette.
Nella mia esperienza lavorativa è stato utilizzato l'anticorpo monoclonale Rituximab, gli effetti collaterali maggiormente
riscontrati, nonostante la preparazione a tale farmaco, sono stati: manifestazioni allergiche, quali prurito; dolori
crampiformi ed emoraggie.