Osservatore Romano – 15 maggio 2004 L’ uomo tra esperienza e significato ARMANDO RIGOBELLO Fenomenologia ed ermeneutica sono inizialmente metodi, ma è molto difficile isolare il metodo da una visione del mondo che esso sottende, e da un modo di sentire la vita e la riflessione su di essa che lo hanno reso possibile e hanno costituito l'humus in cui si sono diffusi in vari ambiti della ricerca e quindi del sapere. In questo intreccio di due metodi, le fenomenologia e l'ermeneutica, che dovrebbero essere ben distinti ma che, nella riflessione filosofica sul vissuto, si ritrovano reciprocamente coinvolti si colloca il volume di Paolo Miccoli, Corpo dicibile. L'uomo tra esperienza e significato, Urbaniana University Press, Roma 2003. Un libro denso e ampiamente articolato che convoca attorno alla propria tesi testimonianze di una vasta e variegata cultura filosofica, letteraria, etico-politica, psicologica e sociologica. Il tema è«la struttura complessa dell'anthropos che si attesta come unità diversificata, spirito incarnato, corporeità desiderante, dimorfismo sessuale, linguaggio polimorfo». Si tratta di sviluppare questa ricerca «privilegiando prospetticamente il corpo» attraverso un'articolazione che parte dalla sessualità e dall'amore, dai bisogni e dai desideri per allargare poi la scena sulla società dell'età tecnologica tra meccanismo ed organicità, violenza e collaborazione. Una meta finale è delineare un «ethos della responsabilità per l'uomo europeo». Un livello di manifestazione e di verifica è il linguaggio che emerge dalla corporeità e delinea, tra esperienza e significati, un orizzonte di senso. Corporeità e linguaggio sono, elementi di riferimento nel discorso che Paolo Miccoli conduce innanzi con vivacità e coinvolgimento personale, corporeità e linguaggio che in qualche modo, più o meno direttamente, rinviano a fenomenologia e interpretazione. Opportunamente: nell'Introduzione l'Autore si richiama al pensiero di Gabriel Marcel: «Nella prospettiva ontologica del “corpo che noi siamo” Marcel fronteggia magistralmente tre nodi tematici dell’antropologia filosofica del secolo XX: 1) la storicità esistenziale dell’homo viator, 2) il sentimento del corpo che vieta l’oggettivazione funzionalistica della soggettività vivente, 3) l’approssimazione riguardosa dell’inesauribile mystère che l’uomo è» (pp. 9-10). Storicità, esistenziale implicita nella soggettività vivente e approccio al mistero sono ambiti in cui la fenomenologia è già interpretazione nei confronti di una pura descrizione oggettivistica, di un semplice referto naturalistico. Ciò è dovuto al modo nuovo in cui si pone il problema oggi, modo che ha la sua essenziale premessa nell’uso del metodo fenomenologico. In una prospettiva fenomenologia l’avvertimento della corporeità avviene alle soglie di una coscienza liberata da ogni presupposto, divenuta, mediante rigorose riduzioni, scenario neutro di presenze che si annunciano nella loro immediatezza. La corporeità è avvertita, all’interno di un semplice contesto coscienziale, senza contrapposizione alla spiritualità e addirittura senza riferimenti espliciti ad essa. L’avvertimento fenomenologico della corporeità è quindi la scoperta del nostro consistere sensibile concreto, colto, per così dire allo stato nascente. Antonio Rosmini, un secolo prima di Husserl, aveva elaborato la dottrina del «sentimento fondamentale corporeo». La prima nostra attività conoscitiva compirebbe il suo primo atto nell’aurorale percezione di consistere dentro un corpo, nel sentimento fondamentale corporeo appunto. A comprendere questa questione ci aiuta la lingua tedesca che, per indicare il corpo, usa due termini: Körper, il corpo come realtà materiale, che si constata attraverso i sensi, e Leib, che è il corpo come organicità, come oggetto di un'esperienza complessiva ed unitaria. Leib, più che il corpo è la condizione corporea, la corporeità. Husserl usa opportunamente l'espressione corporeità propria che specifica e precisa la natura di questa connotazione coscienziale poiché la prima ed originaria consapevolezza della condizione umana avviene in noi come avvertimento di quella corporeità che ci appartiene in prima persona. La consapevolezza del mondo esterno è, come osserva Rosmini, l'estensione di questo avvertimento. Di questa consapevolezza si discorre ampiamente nel volume di Paolo Miccoli, in particolare nel capitolo su Esperienza e significato del «corpo appartentivo», consapevolezza tematizzata in una pluralità di piani e di complicazioni culturali. La «coappartenenza di uomo e mondo» ci collega con la «fisicità mondana», ma d'altra parte tale fisicità viene riportata a dimensione umana giacché l'uomo trascende il mondo «in dignità»: «Strutturati corporalmente di elementi organici, noi siamo apparentati vitalmente con terra, aria, fuoco. «Interagiamo con gli elementi della natura per mantenere l'equilibrio funzionale del nostro organismo. Ma questi stessi elementi - conclude Miccoli -, trascesi culturalmente, consentono, l'umana “distanza” dalle cose e la loro intervallata rappresentazione e frequentazione "simbolica” che inaugura la prospettiva del sapere» (p. 128). Un altro aspetto del tema del volume sul corpo dicibile è naturalmente quello della sessualità e viene affrontato fin dal primo capitolo: Humana condicio. Sessualità e amore. Nel contesto drammatico del nostro tempo e nella lotta quasi disperata per il significato, la sessualità diventa al limite una droga, una parentesi esaltante ed effimera. In ogni caso pone problemi che richiedono nuove categorie di interpretazione, apre una problematica antropologica in termini diversi da quelli tradizionali. Anche in questo campo la premessa fenomenologica ha un suo ruolo notevole in quanto, per enucleare le molteplici questioni di senso che sono implicite nel contesto della sessualità, occorre esplicitare nel fenomeno sessuale un suo eidos significante e su cui si può anche costruire significati fittizi. Occorre distinguere un volto naturalistico della sessualità dal significato di cui è portatrice o dall'allusione di significato cui può dar luogo. L’uso pubblico o politico del privato è un esempio di complicazione politica radicale della sessualità. Femminismo, liberazione sessuale, accettazione o superamento del diverso, programmazione politica della procreazione o della sterilizzazione costituiscono un insieme di problemi inquietanti e complessi per una filosofia morale dedotta dalla rinnovata prospettiva semantica. Paradossalmente, allo stesso tempo, si aprono nuove vie all'argomentazione, sulla spiritualità umana, sulla perfezione in rapporto al significato della castità, e quindi alle sue motivazioni. Anche prescindendo dall'esercizio fisico della sessualità, il suo eidos, il suo significato fondamentale, può realizzarsi come sacrificio, che è dono di disponibilità, come rinuncia che allarga i confini dell'intervento caritativo. Partendo dalla prima forma di socialità, scoperta nelle radici stesse dell'esistenza, si può giungere ai livelli più alti del discorso. Abbiamo tradotto con parole e con alcune considerazioni nostre la prospettiva che caratterizza il lavoro di Paolo Miccoli dovendo restringere il discorso a una sobria sintesi concettuale. Le pagine del volume sono molto più ricche di numerosissimi riferimenti a pensatori contemporanei e ai loro interpreti, come si può cogliere anche nelle numerose note che, di per sé, forniscono una essenziale bibliografia sui singoli argomenti. Ritorniamo, per concludere, ai tre nuclei tematici che Marcel indica per una prospettiva ontologica della corporeità: l'incipit fenomenologico finisce per inscriversi in una ontologia ermeneutica. L'homo viator è quello che sempre mette in discussione lo scenario in cui esso si muove, senza radicarsi in alcuno sfondo fisso, investito da una dinamica della precarietà ove diventano impossibili le definizioni astratte e quindi l'oggettivazione naturalistica. Ciò determina un rischio ma anche un guadagno speculativo, una alterità ed insieme una connessione tra esperienza e significato. Il termine significato, acquista qui il valore di senso, di orizzonte di senso. In questo orizzonte si delinea un altro cerchio concentrico ove la condizione ontologica diventa espressione, ossia il linguaggio e le varie comunità di linguaggio. Attorno a queste dimensioni ontologiche, che sono anche parametri morali, luoghi dell'espressione di autenticità, Paolo Miccoli colloca la sua appassionata indagine che si muove tra riferimenti ai più svariati contributi culturali in cui coglie elementi convergenti con proprio messaggio. Un’antropologia che il volume propone è di spessore ontologico aperta ad una pluralità di voci. Il tutto in una prospettiva che le apre ad un trascendimento, ad una possibile interpretazione di Trascendenza.