A. A. 2007/2008 Introduzione ai circuiti
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Anno Accad. 2007/2008 II anno :Corso di Laurea in Ing. Informatica (DF-M)
Corso di
Introduzione ai circuiti
(prof.G.Lupò)
Diario delle Lezioni
Materiale didattico di riferimento (disponibile in rete nella cartella del Docente all’indirizzo
www.elettrotecnica.unina.it):
G. Lupò – Lezioni del Corso –
A. Maffucci – Esercizi di Elettrotecnica
Testo suggerito : M. de Magistris – G. Miano – Circuiti – Springer, ottobre 2007
Testi di consultazione :
L. DE MENNA Elettrotecnica ed. Pironti, Napoli 1998
S. BOBBIO, E. GATTI, Elettromagnetismo e Ottica, ed. Boringhieri, Torino, 1991
L.O. CHUA, C. DESOER, E. KUH, Circuiti lineari e non lineari, ed. Jackson,
Milano, 1991
F. BAROZZI, F. GASPARINI, Fondamenti di Elettrotecnica - Elettromagnetismo, ed. UTET, Torino, 1989
S. BOBBIO, Esercizi di Elettrotecnica, ed. CUEN, Napoli, 1995
G. MIANO – Introduzione ai circuiti (disponibile all’indirizzo indicato, tra i “Testi” nella cartella “Materiale Didattico”)
M. GUARNIERI – A. STELLA – Principi ed applicazioni di Elettrotecnica – Voll. I-II – Ed, Progetto Padova – Terza ed. 2004
Lezione del 25/09/07 (2h)
PREMESSA
Modello generale dell’elettromagnetismo
Il corso si colloca a valle delle formazione base derivante dai corsi di
Analisi Matematica e di Fisica di cui recepisce integralmente i contenuti. Si
consiglia l’apprendimento guidato dei corsi di Calcolo Numerico e Metodi
matematici svolti in parallelo. Si farà particolare riferimento ai concetti tipici
dell’Algebra Lineare, dei Campi vettoriali e scalari, della Geometria Analitica,
delle Funzioni di più variabili, dell’Integrazione di equazioni differenziali; si
consiglia, per quanto riguarda i corsi in parallelo, di seguire con particolare
attenzione gli approfondimenti sulle funzioni di variabile complessa e sulle
funzioni singolari, sull’integrazione numerica.
Si farà continuo riferimento ai principi fondamentali della meccanica
classica, della termodinamica, … con particolare riguardo ai concetti di potenza
ed energia. Si considereranno preliminari i principi di elettrologia e
magnetismo, sia per quanto riguarda la formulazione di modelli matematici che
la loro validazione sperimentali.
Si dovrà ricordare ancora che la massima sintesi dell’Elettromagnetismo
risiede nelle equazioni di Maxwell che, in forma integrale, si ricollegano anche a
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leggi sperimentali ben noti per le notevoli ricadute tecnologiche ed industriali
della seconda metà dell’Ottocento:
d
(1)  E  t dl    B  n dS  (legge dell’induzione elettromagnetica di Faraday-Neumann)
dt S


(2)
Q
 E  n d  

(3)
(legge di Gauss)
o
 B  n d  0
(legge di conservazione del flusso)

(4)

 B  t dl     J  
o
S
o
E 
  n dS 
t 
(legge di Ampère-Maxwell)
dove Ē e B sono campi vettoriali (convenzionalmente indicati come “elettrico”
e “magnetico”, γ è una curva chiusa, Sγ è una superficie orlata da γ e Σ una
superficie chiusa. La (1) indica che la circuitazione del campo elettrico è pari alla
derivata temporale del flusso del campo magnetico attraverso una qualsiasi
superficie orlata da γ (la suerficie può essere generica per la proprietà (3) di
conservazione del flusso). La (2) indica che il flusso attraverso una superficie
chiusa (valutato con la normale orientata verso l’esterno) del campo elettrico è
pari alla carica elettrica in essa contenuta1. La (4) indica che la circuitazione del
campo magnetico è pari al flusso del campo vettoriale composto dalla densità di
corrente di conduzione J2 e dalla densità di corrente di spostamento3, legato alla
variazione temporale del campo elettrico4.
Forza di Lorentz
Su ogni carica q dotata di velocità v, in presenza di campo elettromagnetico,
agisce una forza
(5) F  q E  v  B 
Se la carica è ferma, il campo magnetico non ha effetti, per cui possiamo definire
il campo elettrico come una forza specifica (newton/coulomb)5 su una carica
La carica Q [C] può essere “puntiforme” ovverosia immaginata concentrata in un punto interno alla
superficie, oppure distribuita nel volume interno alla superficie con densità volumetrica ρ [C/m3], oppure
distribuita su una superficie interna (ad esempio un elettrodo) con densità superficiale σ [C/m2], oppure su
una linea interna con densità lineare λ[C/m]. La carica elementare, in questo corso, è quella associabile ad
un elettrone o ad un protone e vale ‫׀‬e‫=׀‬1.6 10-19C.
2
il campo densità di corrente è dato dal campo di velocità di migrazione (vedi avanti) delle cariche
moltiplicato per il valore della densità volumetrica della carica stessa (J=qNv=ρv). La natura di tali
cariche è del tutto generale, intendendosi comprese anche quelle “vincolate” agli atomi.
3
la densità di corrente di spostamento è significativa solo in presenza di campi variabili. In ogni punto
dello spazio (anche vuoto) D=εoE prende il nome di “spostamento elettrico” ed è direttamente correlabile
alla densità di carica superficiale sugli elettrodi e comunque alle cariche libere. Nel caso di presenza di
mezzi materiali, il campo di spostamento D=εE è collegabile alle distribuzione di cariche libere (ad es.
sugli elettrodi) e non alle cariche vincolate appartenenti al mezzo materiale.
4
Anche nel caso magnetico viente introdotto un campo ausiliario H (B=μH) riconducibile, in caso
stazionario, alle sole correnti “libere”.
5
Si ricorda che nel Sistema Internazionale (SI), adottato nel 1971, le unità di misura fondamentali sono il
metro (m), il kilogrammo (kg), il secondo (s), l’ampere (A), la candela e la mole. L’unità di misura
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ferma. In caso di moto, il campo magnetico produce un effetto ortogonale alla
velocità, per cui la particella necessariamente devia (vedi ad esempio le
applicazioni nelle grandi macchine quali il ciclotrone).
Nei casi ordinari di impiego industriale dell’energia elettrica il termine
mozionale è piccolo rispetto a quello elettrico (il campo elettrico varia da 0,1
V/m a 30 MV/m, B è dell’ordine del tesla e la velocità di migrazione è
dell’ordine di 0,1 mm/s).
Forza elettromotrice (f.e.m.)
Con tale termine (peraltro improprio trattandosi di una quantità scalare) si deve
intendere sempre la circuitazione del campo elettrico lungo una linea di
interesse. La forza elettromotrice dipende quindi dalla curva scelta (salvo che il
campo non sia conservativo, in tal caso è nulla); essa si misura in volt.
“elettrica” (A) viene definita dall’intensità di corrente che in pari valore interessa due conduttori paralleli
indefiniti e dà luogo ad una forza di attrazione o repulsione pari a 2 10 -7 N per metro.
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PARTE PRIMA – RETI DI BIPOLI
Tensione elettrica tra due punti A e B lungo una curva (aperta) : è l’integrale
del campo elettrico tra A e B lungo la linea  e si indica con VAB. Se l’integrale
non dipende dalla particolare curva, il campo è conservativo descrivibile con
una funzione scalare di punto (potenziale V(P)); in tal caso la tensione VAB= VAB
coincide con la differenza di potenziale (VA-VB)6. Ciò si verifica senz’altro nei
casi di campo stazionario (sono nulle tutte le derivate temporali nelle equazioni
di Maxwell). In generale, se consideriamo una curva ’ tra A e B la tensione VAB
differisce dalla tensione VAB’ di una quantità pari alla derivata (cambiata di
segno) del flusso del vettore campo magnetico attraverso una qualsiasi
superficie orlata dalla linea chiusa ’. Se tale quantità è piccola rispetto a VAB
[o a VAB’] il campo si dice quasi stazionario.
Forza magnetomotrice (f.m.m.)
Con tale termine si deve intendere la circuitazione del campo magnetico lungo
una linea (chiusa) di interesse. Dalla (4) risulta che essa dipende sia dai
fenomeni di conduzione che di spostamento associati alla suddetta linea chiusa.
La forza magnetomotrice dipende quindi in genere dalla curva; essa è una
quantità scalare e si misura in Tesla per metro7.
Tensione magnetica tra due punti A e B lungo una curva (aperta) : è
l’integrale del campo magnetico tra A e B lungo la linea  e si indica con TAB.
Essa dipende dalla linea anche in caso stazionario. Non si potrà quindi parlare
in generale di potenziale scalare magnetico, salvo limitare lo studio a
sottodomini linearmente connessi non interessari da correnti.
6
Più precisamente è possibile considerare una funzione potenziale scalare di punto V(P) detta potenziale
elettrico tale che
B
V  A  V A   E  t ds  V B  V AB  V A  VB  E  V (P) (*); tale funzione è definita a meno della
A
quantità arbitraria V(B); il punto B può essere convenzionalmente scelto su un riferimento convenzionale
(ad es. struttura portante metallica o “massa” o carcassa metallica di una apparecchiatura o di un veicolo –
treno,auto,aereo, nave etc -, una “terra” di un impianto di protezione terrestre – vedi “impianti di terra”-,
etc.) ed il valore del potenziale essere assunto convenzionalmente nullo. I potenziali elettrici dei vari
punti dello spazio o di un oggetto qualsiasi rappresentano quindi – da un punto di vista ingegneristico – le
tensioni misurate tra i punti stessi ed il riferimento. Nei domini illimitati il punto a potenziale nullo si pone
spesso – se possibile – all’infinito (se sono soddisfatte le condizioni di regolarità all’infinito).
N.B. Nella (*) il campo elettrico è visto come l’opposto del gradiente di V(P); il segno (-) è del tutto
arbitrario e convenzionale e corrisponde alla prassi di ordinare i potenziali “a decrescere” lungo le
linee di campo elettrico (indicate ed orientate con la convenzione di Faraday).
7
La f.m.m. viene frequentemente valutata a partire dal vettore H, la cui circuitazione è strettamente pari al
flusso di J; in tal caso, le sue dimensioni sono ampere per metro [Am].
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Voltmetro ideale: è lo strumento che realizza il calcolo della tensione elettrica;
l’indicazione dello strumento dipende in generale dalla curva  su cui esso si
immagina “disteso”8.
Tensiometro magnetico ideale: è lo strumento che realizza il calcolo della
tensione magnetica; l’indicazione dello strumento dipende in generale dalla
curva  su cui esso si immagina “disteso”.
Corrente Elettrica : fenomeno di migrazione (deriva, drift) di cariche elettriche;
tale “moto medio” (che avviene a velocità dell’ordine di 0.1 mm/s) va
nettamente distinto dal moto di agitazione termica (con valori istantanei della
velocità anche di km/s); detto moto medio viene indicato come corrente elettrica
di conduzione (in altri casi possono aversi correnti di convezione o correnti di
spostamento); al fenomeno possiamo quindi associare il campo vettoriale di
velocità di migrazione v delle particelle9.
Conduttori : materiali in cui possono aver luogo significativi fenomeni di
migrazione di carica; i conduttori più diffusi sono metalli; possono tuttavia
manifestarsi rilevanti fenomeni di conduzioni in altri materiali solidi, in liquidi
ed in particolari condizioni anche nei gas.
Isolanti : materiali che non consentono significativi fenomeni di migrazione di
carica; gli isolanti possono essere solidi, liquidi e gassosi; l’isolante ideale è il
vuoto assoluto.
Intensità della corrente elettrica: si considera una superficie S generica, per la
cui normale si fissi un orientamento arbitrario n; si considera la carica totale q
che attraversa S in un generico intervallo di tempo t10 nell’intorno di un
istante generico t*; il limite per t che tende a zero del rapporto q /t, se esiste,
è per definizione la intensità i(t*) della corrente elettrica attraverso la superficie
orientata considerata secondo il riferimento n. 11 A tale definizione si perviene
ovviamente anche attraverso il campo densità di corrente come flusso di J
attraverso S.
8
una realizzazione di voltmetro ideale potrebbe essere ottenuta distendendo una fibra ottica tra A e B
lungo la curva assegnata: la caratteristiche di una luce polarizzata entrante in A sono modificate dalla
presenza del campo elettrico lungo il percorso; la luce uscente da B contiene quindi una informazione
correlata all’integrale del campo elettrico lungo il percorso. I voltmetri reali sono molto meno sofisticati e
realizzati su più semplici principi (legge di Ohm,..).
9
si definisce il campo vettoriale densità di corrente di un fascio di cariche q di densità volumetrica n
(quindi con densità volumetrica ρ) dotate di velocità v come J=qnv=ρv [A/m2].
10
ovviamente la carica q si intende “letta e pesata” secondo il riferimento n: si valutano con un
coefficiente (+1) le cariche che si muovono attraverso S nel verso di n, con un coefficiente ( –1 ) le
cariche che si muovono nel verso opposto; ogni carica ha e mantiene ovviamente un proprio segno.
11
Se avessimo considerato un riferimento n’=-n avremmo ovviamente calcolato una intensità della
corrente elettrica secondo il riferimento n’, per cui l’intensità della corrente sarebbe stata I’=-I.
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Tratto di circuito filiforme: conduttore la cui lunghezza è molto maggiore della
dimensione media trasversale; nel caso di tratto a sezione costante, si può
ammettere che il campo di velocità v sia parallelo all’asse del conduttore.
Intensità della corrente elettrica nei circuiti filiformi: si considera una sezione
retta S di un conduttore filiforme, per la cui normale si fissi un orientamento
arbitrario n; si considera la carica totale q che attraversa S in un generico
intervallo di tempo t12 nell’intorno di un istante generico t*
Se il caso non è stazionario, occorrerà considerare, per ogni sezione, il valore
istantaneo dell’intensità della corrente i(t*)ΔS= limt0 =q/tΔS. Se il caso è
stazionario, non vi è variazione media della carica in moto in ogni volume; in
ogni punto è costante la velocità v di migrazione (non considerando il moto di
agitazione termica e il moto vario nell’intervallo tra due interazioni13). Si può
quindi ritenere che sia nulla, in media, la risultante delle forze che agiscono
sulla carica q in movimento, nel nostro caso la forza qE nel senso del moto ed
una “forza d’attrito equivalente” –kv diretta in senso opposto alla prima. Il
valore della intensità di corrente è lo stesso in ogni sezione del conduttore, a
patto di assumere riferimenti congrui. In caso di grandezze lentamente variabili
tali da considerare trascurabili la differenza tra le intensità di corrente valutata
in sezioni diverse, si parlerà di condizioni quasi-stazionarie.14
Misura della intensità della corrente elettrica nei circuiti filiformi:
l’amperometro ideale
Il calcolo dell’intensità della corrente elettrica può essere pensato effettuato da
uno strumento ideale (amperometro ideale) dotato di due morsetti 1-2, inseriti
idealmente nella sezione S ed ordinati in modo che 2 segua 1 nel verso di n.
Effetto Joule: l’interazione tra le cariche in moto con le altre particelle comporta
(tranne nel caso dei “superconduttori”) una cessione di energia. Il tratto di
conduttore si riscalda; la quantità di energia ceduta e trasformata in calore
nell’intervallo di tempo t dipende dalla carica trasportata e dalla natura e
ovviamente la carica q si intende “letta e pesata” secondo il riferimento n: si valutano con un
coefficiente (+1) le cariche che si muovono attraverso S nel verso di n, con un coefficiente ( –1 ) le
cariche che si muovono nel verso opposto; ogni carica ha e mantiene ovviamente un proprio segno.
13
per il rame tale tempo è dell’ordine di 10-14 s
14
la valutazione quantitativa della quasi-stazionarietà presuppone l’impiego di analisi perturbativa che per
ragioni di tempo non vengono sviluppate in questo corso (per un approfondimento vedasi il testo
consigliato del prof. De Menna). Un utile riferimento “ingegneristico” è dato dal confronto tra la minima
lunghezza d’onda associabile alla variazione del campo elettromagnetico e la massima estensione
dell’oggetto costituente l’apparecchiatura od il sistema elettrico da esaminare. Ad esempio alla frequenza
f=50 Hz, tipica delle alimentazioni elettriche industriali europee, corrisponde una lunghezza d’onda
λ=c/f= 6000 km: l’intero sistema elettrico italiano di distribuzione dell’energia elettrica si trova quindi in
condizioni quasi-stazionarie e si potrà parlare di bipoli. Viceversa, alla frequenza di trasmissione tipica
dei telefoni cellulari (f=2GHz) corrisponde una lunghezza d’onda di 15 cm; in tal caso potremo parlare di
tensioni e correnti solo nello “spazio” di pochi centimetri.
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geometria del tratto. Se q è la carica che ha attraversato ogni sezione S del
tratto A-B il lavoro compiuto dalle forze del campo è £=q E lAB [ = q (VAB) se
il campo è conservativo].
Potenza dissipata: la potenza messa in gioco dalle forze del campo e
trasformata (in questo caso) in calore si ottiene dal rapporto tra lavoro svolto e il
tempo di osservazione:
P= £/t =q (VAB) /t= (VA-VB) I.
Bipolo : modello di componente elettrico o di regione di spazio interessata da
corrente elettrica accessibile da due punti A-B (primo e secondo morsetto o
terminale) e per cui possa essere fissato un riferimento per la valutazione
dell'intensità di corrente I [ IAB oppure IBA] e un riferimento per la tensione V [VAB
oppure VBA].
Convenzioni: per un bipolo qualsiasi A-B è possibile abbinare in quattro modi i
riferimenti I e V; definiamo convenzione dell'utilizzatore l'abbinamento VAB-IAB o
l'abbinamento VBA-IBA e convenzione del generatore l'abbinamento VAB-IBA o
l'abbinamento VBA-IAB.
Caratteristica di un bipolo: legame V=f(I) oppure I=g(V), fissati gli abbinamenti
di cui sopra. Tale legame può essere anche non analitico.
Lezione del 27/09/2007 (3h)
Equivalenza di bipoli
Un bipolo A-B è equivalente ad un altro bipolo A’-B’ se, fissate due convenzioni
omologhe V-I e V’-I’ (ad esempio si considerano i riferimenti VAB-IAB per il primo
bipolo e VA’B’-IA’B’ per il secondo bipolo), i due bipoli hanno caratteristiche uguali.
Legge di Ohm : per un tratto A-B di conduttore metallico filiforme operante a
temperatura costante si verifica sperimentalmente con buona approssimazione
la relazione VAB=R IAB con R numero positivo (al limite nullo) e costante in un
ampio intervallo di valori di IAB. Il tratto A-B viene classificato come resistore; in
termini commerciali per resistore si intende un componente per le applicazioni
circuitali ed industriali (stufe, forni, scaldabagni, ...).
Considerando sempre il parametro R0, la legge di Ohm si scrive anche nei
seguenti modi:
VAB=-R IBA
VBA=-R IAB
VBA=R IBA
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Resistore ideale: Bipolo ideale A-B di caratteristica V=R I ( oppure I = G V) se
viene adottata la convenzione dell'utilizzatore o di caratteristica V= - R I (o I = GV) se viene adottata la convenzione del generatore sul bipolo A-B . Le costanti
positive R e G vengono chiamate resistenza e conduttanza del bipolo e si
misurano in ohm [] e siemens [S] rispettivamente. Per R=0 la tensione è nulla ,
qualunque sia I: siamo nel caso del bipolo cortocircuito ideale. Per G=0 (intensità
di corrente nulla per ogni V) definiamo il bipolo aperto ideale.
Generatore ideale di tensione
E' un bipolo ideale caratterizzato da una tensione ai morsetti A-B indipendente
dalla corrente I, qualunque convenzione sia stata adottata. La caratteristica è
quindi una retta parallela all'asse delle I. Il simbolo comunemente adoperato è
un pallino con un contrassegno (*,+,1, etc.) su un morsetto ( trattasi quindi di
bipolo ordinato) con indicazione numerica E [ valore della tensione valutata tra il
morsetto contrassegnato (primo morsetto) e l'altro (secondo morsetto)]. Il valore
E può essere positivo, negativo o nullo; al proposito si pone in evidenza che un
generatore di tensione nulla è equivalente ad un bipolo cortocicuito ( la
caratteristica è la stessa).
Generatore ideale di corrente
Trattasi di bipolo fondamentale, duale del generatore di tensione ideale, con
caratteristica I=I* (costante) qualunque sia la tensione ai morsetti. Il generatore
di corrente è un bipolo normale (non lineare) e non simmetrico. Si rappresenta
in genere con un cerchietto con barra trasversa e morsetti "ordinati". Un bipolo
aperto è equivalente ad un generatore di corrente nulla.
Serie e parallelo di bipoli
Due (o più) bipoli si dicono in serie diretta o semplicemente in serie se è possibile
stabilire per essi riferimenti congruenti per l’intensità di corrente I e riportabili
l'uno all'altro per continuità; in tal caso i valori dell’intensità di corrente sono
uguali; se sono riportabili per continuità riferimenti opposti, i valori sono
opposti e la serie si dirà contrapposta.
Se due o più bipoli in serie sono contigui, potrà essere valuatata la tensione V*
ai capi della serie e si potrà considerare un bipolo equivalente di caratteristica
V*-I.
Se consideriamo un bipolo AB ed un bipolo A’B’ connessi in serie dalla
coincidenza A’=B, assunti per i due bipoli riferimenti congruenti per l’intensità
di corrente, ad esempio tali che IAB=I=I’=IA’B’, il bipolo A-B’ equivalente alla serie
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AB-A’B’ (la serie si indica anche con il simbolo ABA’B’) avrà la caratteristica
I[IAB=I’=IA’B’],V[=VAB+V A’B’]
Due (o più) bipoli si dicono in parallelo diretto o semplicemente in parallelo se è
possibile stabilire per essi riferimenti congruenti per la tensione V; in tal caso i
valori della tensione sono uguali; se i riferimenti sono opposti, i valori della
tensione sono opposti e il parallelo si dirà contrapposto.
Se due o più bipoli in parallelo sono contigui, potrà essere valuatata l’intensità
di corrente I* ai morsetti di ingresso del parallelo e si potrà considerare un
bipolo equivalente di caratteristica V-I*.
Se consideriamo un bipolo A’B’ ed un bipolo A”B” connessi in parallelo dalla
coincidenza A’=A” e B’=B”, assunti per i due bipoli riferimenti congruenti per la
tensione, ad esempio tali che VA’B’=VA”B”, il bipolo A-B’ equivalente al parallelo
A’B’-A”B” (il parallelo si indica anche con il simbolo AB//A’B’) avrà la
caratteristica I[IA’B’+IA”B”],V[=VA’B’=VA”B”].
Partitore di tensione
Se consideriamo due resistori A’-B’ e A”B” di resistenza R’ ed R” in serie
(B'=A"), il bipolo equivalente ai morsetti A’-B” ha resistenza pari a R= R’+R”
(resistenza equivalente alla serie). Detta V la tensione tra A’ e B”, la tensione V’ tra
A’ e B’ è pari a [V R’/R], la tensione V” tra A” e B” è pari a [V R”/R]. In generale,
la tensione V si “ripartisce” tra resistori in serie secondo la relazione (detta del
partitore di tensione) [Vk=fVV] essendo Vk la tensione sul resistore k-mo; fV vien
detto fattore di partizione e vale Rk/R (dove R è la somma delle resistenze); il
segno dipende dalla scelta del riferimento Vk rispetto a V.
Classificazione dei bipoli:
- bipoli pilotati in tensione : nella caratteristica I=g(V) ad ogni valore della
tensione corrisponde un solo valore dell'intensità di corrente;
- bipoli pilotati in corrente : nella caratteristica V=f(I) ad ogni valore
dell'intensità di corrente corrisponde un solo valore della tensione;
- bipoli pilotati in tensione ed in corrente: caratteristica invertibile.
- bipoli simmetrici: caratteristica simmetrica g(V)=-g(-V) ovvero f(I)=-f(-I);
- bipoli inerti: la caratteristica passa per l'origine: g(0)=0 ovvero f(0)=0;
- bipoli lineari : se ad esempio V'=f(I') e V"=f(I"), si ottiene V=V'+V"=f(I')+f(I");
Bipoli normali
Vengono definiti normali i bipoli a caratteristica rettilinea nel piano V-I.
Esempi di bipoli ideali:
- bipolo resistore ideale : caratteristica lineare, inerte, simmetrica, invertibile.
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- bipolo corto-circuito ideale: per ogni valore di I, qualunque sia la convenzione
adottata, la tensione è nulla (caratteristica coincidente con l'asse delle I); tale
caratteristica lineare, inerte, simmetrica, non invertibile (bipolo pilotato in
corrente);
- bipolo aperto (o circuito aperto) ideale: per ogni valore di V, qualunque sia la
convenzione adottata, l'intensità di corrente è nulla (caratteristica coincidente
con l'asse delle V); tale caratteristica lineare, inerte, simmetrica, non invertibile
(bipolo pilotato in Tensione).
Il generatore reale di corrente è costituito dal parallelo di un generatore ideale
di corrente di valore pari alla corrente di corto circuito Icc, e del resistore di
resistenza Rg = VAbo/Icc (resistenza interna del generatore).
E’ chiaro quindi che ogni generatore reale di tensione può essere rappresentato
con un generatore reale di corrente e viceversa. I due schemi sono equivalenti
ai morsetti A-B.
Un generatore reale di corrente può essere cortocircuitato così come un
generatore reale di tensione può essere aperto.
Partitore di corrente
Se consideriamo due resistori A’-B’ e A”B” di conduttanza G’=1/R’ e G”=1/R” in
parallelo (A’=A”=A,B’=B”=B), il bipolo equivalente ai morsetti A-B ha
conduttanza equivalente pari a G=G’+G” (resistenza equivalente pari a
R=R’R”/[R’+R”]). Detta I l’intensità della corrente in ingresso al parallelo A-B,
l’intensità della corrente I’ tra A’ e B’ è pari a I’=I G’/G=I R”/R, l’intensità I” tra
A” e B” è pari a I”=I G”/G= I R’/R. In generale, l’intensità di corrente I si
“ripartisce” tra resistori in parallelo secondo la relazione (detta del partitore di
corrente) [Ik=fII] essendo Ik la corrente nel resistore k-mo; fI vien detto fattore di
partizione e vale Gk/G, , dove G è la somma delle conduttanze; il segno
dipende dalla scelta del riferimento Ik rispetto a I.
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Lezione del 2/10/2007 (2h)
Generatore reale di tensione
Nel tratto generatore di un circuito semplice si hanno interazioni tra le cariche
in migrazione e le altre particelle; si avrà quindi comunque una dissipazione
analoga a quanto avviene nei resistori. Se non c'è migrazione e la f.e.m. è
diversa da zero, vuol dire che il tratto utilizzatore è non conduttore (equivalente
ad un aperto); in questo caso la tensione VAB coincide numericamente con la
f.e.m.
Abbiamo quindi che un generatore reale di tensione può essere caratterizzato
dalla tensione a vuoto, corrispondente alla f.e.m. e dalla dissipazione, che in
prima approssimazione può essere schematizzata attraverso una resistenza R g
(resistenza interna del generatore). In realtà tale schematizzazione ha una
validità abbastanza limitata.
Nel nostro corso, il generatore reale di tensione è un bipolo costituito dalla
"serie" di un generatore ideale di tensione e di una resistenza Rg.
Un punto notevole della caratteristica di un generatore reale di tensione
(valutabile anche sperimentalmente su un generatore commerciale) si ottiene
collegando il bipolo generatore di tensione reale ad un bipolo corto-circuito
(nella realtà, ad un conduttore di resistenza molto più piccola di R g). Si ottiene
quindi il valore della intensità di corrente di corto-circuito.
E' evidente che non si può " collegare" un bipolo generatore ideale di tensione
ad un bipolo corto-circuito ideale, trovandosi in contraddizione le definizioni
dei due bipoli.
Generatore reale di corrente
Nel nostro corso, il generatore reale di c è un bipolorrenteo costituito dal
"parallelo" di un generatore ideale di corrente e di una resistenza Rg.
Un punto notevole della caratteristica di un generatore reale di corrente si
ottiene collegando il bipolo generatore ad un bipolo corto-circuito (nella realtà,
ad un conduttore di resistenza molto più piccola di Rg). Si ottiene quindi il
valore della intensità di corrente di corto-circuito, che risulterà pari, in valore
assoluto, alla intensità di corrente del generatore . La “tensione a vuoto” si
ottiene semplicemente come prodotto della intensità della corrente del
generatore e della resistenza Rg.
E' evidente che non si può " collegare" un bipolo generatore ideale di corrente
(non nullo) ad un bipolo aperto ideale, trovandosi in contraddizione le
definizioni dei due bipoli.
Punto di lavoro
Diario delle Lezioni
11
A. A. 2007/2008 Introduzione ai circuiti
pagina 12
Consideriamo un collegamento elementare tra due bipoli A-B e A’-B’ facendo ad
esempio coincidere A con A’ e B con B’. Consideriamo riferimenti congrui
(consideriamo ad esempio le grandezze VAB,IBA nel primo bipolo e VA’B’=VAB, IA’B’=IBA
nel secondo bipolo). Possono così essere confrontate le caratteristiche dei due bipoli per
verificare la possibilità di uno o più punti in comune. Questi vengono detti punti di
lavoro ed indicano i valori di tensioni e correnti compatibili con il collegamento. Se i
punti di lavori sono più d’uno, occorreranno ulteriori indagini per conoscere l’effettivo
funzionamento del collegamento (ad esempio potrebbe essere utile conoscere la “storia”
del collegamento oppure verificare la “stabilità” del punto di lavoro in relazione a
piccole variazioni o “perturbazioni” intorno ai valori di tensione e correnti).
Possono presentarsi casi estremi o “patologici”:
a) le due caratteristiche potrebbero non avere punti in comune (ad esempio il
collegamento tra due generatori ideali di tensione di valore diverso); in questo
caso il collegamento tra i bipoli è impossibile e non corrisponde a nessuna
situazione fisicamente realizzabile;
b) le due caratteristiche potrebbero avere infiniti punti in comune (si pensi al
collegamento tra due generatori ideali di tensione di pari valore); in questo caso
il collegamento è indeterminato (va bene qualsiasi intensità di corrente).
Nei casi patologici non ha quindi senso procedere al collegamento (astratto) di bipoli.
Da notare che i bipoli “reali” sono sempre collegabili e quindi l’uso di bipoli ideali per
la simulazione di circuiti reali va sempre considerata come una approssimazione, molto
spesso efficiente, ma applicabile sempre con le dovute attenzioni.
Principio di sostituzione
Se il punto di lavoro P della connessione tra un bipolo B1 ed un bipolo B2 è unico, esso
può essere identificato anche sostituendo ai bipoli suddetti due bipoli B1* e B2* le cui
caratteristiche comprendano il punto P e questi rappresenti ancora l’unico punto di
lavoro. Ad esempio, in una connessione generatore ideale di tensione(E)-resistore
ideale(R) che ha come punto di lavoro il punto P di coordinate (E, E/R), si può sostituire
al resistore un generatore di corrente ideale I*=E/R; il punto di lavoro P* della nuova
connessione ha le stesse coordinate del punto P.
Le sostituzioni sono sempre ammesse se il punto di lavoro è unico prima e dopo la
sostituzione. Attenzione quindi ai casi patologici.
Bipoli in regime variabile (quasi stazionario).
Se le grandezze sono variabili nel tempo, ma possiamo sempre parlare di una unica
determinazione per l’intensità della corrente e della tensione, parleremo di bipoli in
regime variabile quasi stazionario.
Definiamo resistore ideale in tali condizioni il bipolo per cui valga la relazione
v(t)=Ri(t) qualunque siano i valori di tensione e corrente e qualunque sia t.
Il resistore ideale viene per questo motivo definito bipolo adinamico.
Bipoli dinamici
Diario delle Lezioni
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Se la caratteristica del bipolo presenta un legame diretto (o attraverso un funzionale) con
la variabile tempo, il bipolo viene classificato come dinamico. Un bipolo dinamico, ad
esempio, può presentare un legame tra una grandezza e la derivata dell’altra.
Nel condensatore ideale l’intensità della corrente è proporzionale (con la convenzione
dell’utilizzatore, tramite il coefficiente C capacità) alla derivata della tensione.
Nell’induttore idea la tensione è proporzionale (con la convenzione dell’utilizzatore,
tramite il coefficiente L induttanza) alla derivata della corrente.
La tensione sul condensatore e l’intensità della corrente nell’induttore sono funzioni di
stato, legate all’energia immagazzinata. Per ricavare il valore in un istante generico t,
occorre conoscere il valore ad un istante di riferimento e l’integrale della intensità della
corrente nel condensatore e della tensione sull’induttore tra l’istante di riferimento e
l’istante t. Tali grandezze di stato risultano quindi continue nei casi ordinari e possono
essere considerate funzioni-memoria.
I bipoli suddetti sono lineari nelle relazioni differenziali, sono lineari nelle relazioni
integrali solo se scarichi nell’istante iniziale di riferimento .
Definiremo infatti condensatore ideale in condizioni quasi stazionarie il bipolo per cui
valga, con la convenzione dell’utilizzatore, la relazione i(t)=dq/dt=Cdv/dt dove la i è
correlata alla variazione della carica q sulle armature del condensatore; il condensatore è
quindi un bipolo dinamico, in quanto abbiamo una relazione differenziale tra tensione e
corrente. Il coefficiente C può essere in prima approssimazione considerato pari al
rapporto tra carica e tensione in condizioni stazionarie (capacità del condensatore).
L’ intensità di corrente in un condensatore è in relazione differenziale con la tensione.
Tale relazione è lineare, ma non è sufficiente a fornirci le informazioni per risalire al
valore della tensione; infatti, considerando la convenzione dell’utilizzatore, si ha in un
generico istante t1
t1
dvc
(*)
ic  C
 vc t1    ic dt  vc t o 
dt
t0
dove to è un qualsiasi istante di riferimento.
Si vede quindi che posso conoscere la tensione in un certo istante t1 solo se conosco il
valore della stessa in un istante precedente e l’andamento dell’intensità della corrente
nell’intervallo tra gli istanti to e t1.
Lezione del 4/10/07 (3h)
Si definisce induttore ideale in condizioni quasi stazionarie il bipolo per cui valga, con
la convenzione dell’utilizzatore, la relazione vL(t)=dΦ/dt=LdiL/dt dove la vL è correlata
alla variazione del flusso magnetico Φ “concatenato” con il bipolo in esame15;
l’induttore è quindi un bipolo dinamico, in quanto abbiamo una relazione differenziale
tra tensione e corrente. Il coefficiente L può essere in prima approssimazione
considerato pari al rapporto tra flusso ed intensità di corrente e tensione (induttanza
del’induttore).
La tensione ai capi di un induttore è quindi in relazione differenziale con l’intensità
della corrente. Tale relazione è lineare, ma non è sufficiente a fornirci le informazioni
15
tale induttore può essere realizzato considerando un avvolgimento con un numero elevato N di spire ed
assumendo che la distanza fisica tra i morsetti del bipolo sia trascurabile rispetto alla lumghezza
dell’avvolgimento formando cioè un percorso “quasi chiuso”. Per un esame più approndito delle
approssimazioni introdotte ed in genere per la valutazione delle condizioni di quasi-stazionarietà vedasi il
testo del prof . De Menna indicato per consultazione.
Diario delle Lezioni
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A. A. 2007/2008 Introduzione ai circuiti
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per risalire al valore dell’intensità di corrente; infatti, considerando la convenzione
dell’utilizzatore, si ha in un generico istante t1
t1
di L
(**)
vL  L
 i L t1    v L dt  i L t o 
dt
t0
dove to è un qualsiasi istante di riferimento.
Si vede quindi che posso conoscere l’intensità della corrente in un certo istante t1 solo se
conosco il valore della stessa in un istante precedente e l’andamento della tensione
nell’intervallo tra gli istanti to e t1.
Reti elettriche
Connessione significativa di bipoli elettrici.
Topologia delle reti
Lato: costituito da un bipolo o, volendo, dal bipolo equivalente alla serie o al parallelo
di più bipoli
Nodo: punto di connessione di più di due bipoli (si parla di nodo degenere se si
considera la connessione di due bipoli)
Maglia: definita dalla connessione di bipoli lungo un percorso chiuso
Grafo (non orientato): mappa della connessione dei bipoli; il grafo si dirà ridotto se non
vi sono connessioni in serie o in parallelo (o si sono considerati i bipoli equivalenti); un
grafo si dirà completo se è prevista la connessione tra tutti i nodi (un grafo potrà essere
sempre completato considerando bipoli aperti in luogo delle connessioni mancanti). Un
grafo ridotto e completo poggiante su n nodi ha un numero di lati pari a L=[n (n-1) /2]
Albero: struttura fondamentale della rete, che collega tutti gli n nodi della rete, senza dar
luogo a maglie; l’albero ha quindi (n-1) rami.
Coalbero: parte della rete complementare all’albero; il coalbero ha quindi L-(n-1) lati.
Grafo (orientato): su ogni lato è fissato un riferimento r-s dal nodo r al nodo s; si sceglie
su tutti i lati la stessa convenzione (ad esempio Vrs,Irs); opportuno per gli algoritmi di
calcolo.
Sistema fondamentale
Considerata una rete di L lati (su ognuno dei quali vi sia un bipolo per ognuno dei quali
è fissata la caratteristica V-I), risolvere la rete significa trovare i valori delle 2L
incognite tensioni e intensità di corrente. Occorre quindi definire un “sistema
fondamentale” risolvente; è necessario che questo sistema sia costituito da 2L relazioni
indipendenti. Un “pacchetto” di L relazioni indipendenti è dato dalle stesse relazioni
caratteristiche. Le altre relazioni saranno collegate ad elementi topologici della rete
(nodi e maglie); saranno quindi chiamate “equazioni topologiche”.
Equazioni ai nodi indipendenti ( I principio di Kirchhoff)
Ai singoli nodi si può esprimere un bilancio di carica: in condizioni stazionarie non vi
può essere accumulo di carica in ogni volume che comprende il nodo. Facendo
riferimento ad un fissato intervallo di osservazione, potremo esprimere quindi un
bilancio di intensità di corrente: la somma “ponderata” delle intensità di correnti che
Diario delle Lezioni
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interessano il nodo deve essere nulla, dove per “ponderare” le intensità basterà
moltiplicare per un coefficiente (+1) [ oppure (-1)] l’intensità I se il riferimento è
uscente dal nodo e per un coefficiente (-1) [(+1)] se il riferimento è entrante, per 0 se
quel riferimento non interessa il nodo.
Se si considera l’albero, è immediato constatare che le prime (n-1) equazioni ai nodi che
si scrivono sono indipendenti, mentre l’ultima è combinazione delle altre.
Equazione alle maglie indipendenti (II principio di Kirchhoff)
Per le singole maglie si può esprimere l’irrotazionalità del campo elettrico in condizioni
stazionarie. Potremo esprimere quindi un bilancio di tensioni considerando l’annullarsi
della circuitazione del campo elettrico lungo una maglia percorsa in senso orario
[antiorario]: la somma “ponderata” delle tensioni incognite che interessano la maglia
deve essere nulla, dove per “ponderare” le tensioni basterà moltiplicare per un
coefficiente (+1) la tensione V se il riferimento assunto per la tensione è congruente con
la circuitazione che si sta eseguendo e per un coefficiente (-1) nel caso contrario.
Se si considerano le maglie ottenute appoggiando all’albero i singolo lati del coalbero, si
ottengono [L-(n-1)] equazioni alle maglie indipendenti; si può costatare che ogni altra
equazione ottenuta considerando altre maglie è combinazione delle equazioni suddette.
Sistema fondamentale completo: soluzione
Una volta scritte le L equazioni caratteristiche e le L equazioni topologiche, ci si chiede
se il sistema fondamentale ammette soluzioni. Atteso che le equazioni topologiche sono
semplicissime equazioni lineari, potremo affermare che, se le caratteristiche sono
“normali”, il sistema ammette una ed una sola soluzione.
Se vi sono bipoli non lineari, occorrerà esaminare caso per caso le non linearità. In molti
casi il sistema ammette una ed una sola soluzione (e ad essa potrà pervenirsi
analiticamente con diversi metodi, ad esempio per sostituzione), in altre casi occorrerà
procedere per via numerica (esempio: metodo di Newton-Raphson) o con altri metodi
iterativi. In altri casi possono presentarsi soluzioni dipendenti dalla “traiettoria” nel
piano V-I.
Principio di sostituzione (vedi sopra)
Il principio di sostituzione è valido se la rete ammette una sola soluzione (sicuramente
quindi nel caso di bipoli normali). Le sostituzioni sono sempre ammesse se il punto di
lavoro è unico prima e dopo la sostituzione. Attenzione quindi ai casi patologici.
Teorema di scomposizione – Sovrapposizione degli effetti
Consideriamo una rete sostituita da bipoli “normali” (ossia a caratteristica rettilinea nel
piano V-I). In tal caso il sistema fondamentale è un modello algebrico lineare.
Se il sistema è lineare, può essere considerare una qualsiasi scomposizione del vettorecolonna dei termini noti e “scomporre” la soluzione X in tante soluzioni Xi. Una utile
scomposizione consiste nel considerare uno alla volta i termini noti relativi ai singoli
generatori, in quanto è molto più semplice risolvere una rete lineare alimentata da un
solo generatore. Quest’ultimo procedimento prende comunemente il nome di
sovrapposizione degli effetti.
Diario delle Lezioni
15
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Esercitazione sulla scrittura del sistema fondamentale
SEGUE UNA POSSIBILE PIANIFICAZIONE – PURAMENTE ORIENTATIVA
E NON VINCOLANTE - DEGLI ARGOMENTI SULLA BASE DI QUANTO
SVOLTO NELLO SCORSO ANNO ACCADEMICO.
Lezione dell’9/10/07 (2h)
Generatore equivalente di corrente (Teorema di Norton)
Consideriamo di nuovo una rete costituita da bipoli attivi e passivi (almeno uno attivo)
accessibile ai morsetti A-B (bipolo attivo A-B). Supponiamo sia di interesse la
cooscenza di una sola grandezza incognita ( o comunque di un numero molto limitato).
In tal caso non sarà necessario calcolare tutte le incognite, ma possiamo far ricorso a
bipoli equivalenti.
Al fine di valutare la caratteristica della rete suddetta ai morsetti A-B ( ossia valutare il
legame tensione corrente V-I), nel caso che la rete sia costituita da bipoli normali,
sappiamo che la soluzione esiste ed è unica. Possiamo quindi applicare il principio di
sostituzione; il bipolo di cui interessa conoscere la grandezza di interesse (tensione o
intensità della corrente) può essere sostituito con un generatore di tensione di valore pari
alla tensione di lato V. Applicando la sovrapposizione degli effetti alla rete così
modificata, avremo un contributo dei generatori all’interno della rete quando il
generatore di tensione intervenuto ò spento (ossia il ramo in esame è equivalente ad un
cortocircuiro) ed un contributo legato al generatore V (quando i generatori della rete
sono spenti) immediatamente collegabile alla resistenza equivalente vista dal generatore
V ossia della rete resa passiva, vista dai morsetti A-B.
La rete dai morsetti A-B può quindi essere considerata equivalente ad un bipolo
elementare costituito da un generatore reale di corrente ossia dal parallelo di un
generatore ideale di corrente Icc e di una resistenza Req (bipolo equivalente di Norton)
dove Icc è la “intensità della corrente di cortocircuito” nel tratto A-B ed Req è la
resistenza equivalente della rete “vista” ai morsetti A-B quando nella stessa rete sono
stati spenti tutti i generatori.
Il punto di lavoro effettivo è stabilito dal confronto della caratteristica del bipolo
equivalente di Norton con la caratterista del bipolo “esterno” (che può essere un bipolo
elementare [anche non lineare] o un altro bipolo equivalente [ovviamente lineare]).
Metodo dei Potenziali Nodali - Scrittura per ispezione del sistema ai potenziali
nodali - Conduttanze proprie e mutue
Se in una rete elettrica si assumono come incognite ausiliarie i potenziali degli n nodi
della rete (considerato un nodo di riferimento, avremo n-1 nuove incognite), la tensione
del lato posto tra il nodo r ed il nodo s sarà Vrs=Vr-Vs e la intensità di corrente, se il
bipoli sono normali, sarà sel tipo Irs=(Vr-Vs+Ers)/Rrs, dove Ers è il valore della tensione
del generatore (con il primo morsetto rivolto ad r) ed Rrs è la resistenza del lato. Le n-1
equazioni indipendenti per conoscere i potenziali nodali si potranno dedurre dal bilancio
delle correnti al nodo, scritto in funzione della differenza fra i potenziali nodali.
Se la rete ha due soli nodi A-B ed L lati, basterà scrivere, posto VB =0
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VAB  VA 

k'
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 Ek '
 k "  J k "
Rk '
(formula di Millmann)
1
k ' R
rs
dove il segno – viene inserito nel caso di generatore Ek’ con il primo morsetto rivolto
verso B e generatore di corrente rivolto verso A.
Nel caso di bipoli normali, la matrice del coefficienti A nell’equazione A V + B = 0
(dove V è il vettore delle incognite potenziali nodali, di dimensioni n-1) è costituita
dai termini di conduttanza propria sulla diagonale principale Grr , pari alla somma delle
conduttanze dei lati incidenti nel nodo r, resi passivi . I termini fuori diagonale (r-s)
vengono chiamati conduttanze mutue e rappresenta la conduttanza del lato considerato,
cambiata di segno.
In tal modo il sistema fondamentale può essere impostato per ispezione.
Le correnti di maglia
In una rete elettrica le maglie indipendenti (fondamentali) si ottengono
considerando uno alla volta i lati del co-albero da unire all’albero. A questi percorsi
chiusi associamo un riferimento Jk “prestato” per continuità dal riferimento per
l’intensità di corrente Ik fissato nel lato del coalbero e “prolungato” all’intera maglia. Le
intensità di corrente nei rami dell’albero si ottengono come semplici combinazioni delle
“correnti di maglia” Jk . I “percorsi” Jk entrano ed escono da ogni nodo per cui i bilanci
di corrente ai nodi, scritti in termini di Jk, si risolvono in identità:
Ia
2
1
1) I a  I b  I d  0  J a  ( J b )  ( J b  J a )
Id
Ja
2)  I a  I e  I f  0   J a  ( J a  J f )  J f
3)  I c  I d  I e  0  ( J f  J b )  ( J b  J a )  ( J a  J f )
Ie
Jb
Ib
(3.1).
Ic
4
3 Jf
Se consideriamo una rete lineare (costituita da bipoli normali), potremo scrivere, per un
lato r-s contenente un generatore reale (o ideale) di tensione
Vrs  Rrs I rs  Ers  Rrs   J k  Ers (3.2)
I termini della sommatoria sono moltiplicati per un coefficiente (-1) se il riferimento
della corrente di maglia è discorde da quello di Irs.
Nel caso trattasi di un lato del coalbero, la sommatoria si riduce ad un solo termine.
Diario delle Lezioni
17
If
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Il metodo delle correnti di maglia considera come incognite fondamentali le correnti di
maglia, in numero di L-(N-1), potendosi ricavare in modo molto semplice le tensioni e
le correnti nella rete.
Considerate le (3.1) e (3.2), le equazioni risolventi saranno le equazioni alle maglie,
scritte in termini di correnti di maglia. Se si scelgono correnti di maglia come sopra
indicato, esse daranno direttamente i valori delle correnti nei rami del coalbero.
Anche in questo caso le equazioni possono essere scritte per ispezione. La matrice dei
coefficienti sarà costituita sulla diagonale principale (Rii) dalla “resistenza di maglia”
ottenuta sommando le resistenze che si incontrano nei lati della maglia, i termini fuori
diagonale (Rij=Rji) rappresentano la somma dei valori delle resistenze dei lati comuni
alle maglie i e j, i termini noti sono collegati alle “tensioni a vuoto” di maglia, il tutto in
modo perfettamente duale al metodo dei potenziali nodali.
La presenza di un generatore di corrente ideale in un lato rende non immediatamente
praticabile il metodo per ispezione. Il lato che lo contiene però può essere scelto come
lato del coalbero e dar luogo ad una corrente di maglia di valore noto, per cui si riduce
l’ordine del sistema.
Il metodo delle correnti di maglia si ritrova particolarmente utile quando il numero delle
maglie è basso rispetto al numero dei lati e/o quando vi siano molti generatori di
corrente.
Ad esempio la figura poligonale sotto indicata (con numero di lati perimetrali del
poligono qualsiasi), alimentata da generatori di corrente, dà luogo ad una sola equazione
nella corrente di maglia J*, ricavandosi poi rapidamente tutte le grandezze (analogo del
teorema di Millmann):
J
 J
rs
Rrs    Ers
R
rs
dove il segno (-) va adoperato nel caso di discordanza tra il riferimento di J e il verso rs16
J
r
s
r
s
J
Non amplificazione delle tensioni
16
Si può controllare(in dualità alla precedente espressione di Millmann) che al numeratore compaiono le
“tensioni a vuoto (cioè per J=0)” per ogni lato e la somma delle resistenze di tutti i lati della maglia
interessata.
Diario delle Lezioni
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Considerata una rete di bipoli di cui uno solo attivo, si può dimostrare che la tensione ai
capi del bipolo attivo ha, in valore assoluto, il valore più elevato. Infatti, considerato un
generico nodo r interno alla rete (non collegato con il generatore), la somma delle
correnti uscenti dal nodo Irs è nulla; quindi alcuni termini sono positivi ed altri negativi.
Poiché i lati r-s incidenti sul nodo r contengono bipoli passivi (Vrs Irs0), avremo termini
positivi e negativi anche tra le tensioni Vrs. Ci sarà quindi almento un nodo s’ a
potenziale maggiore di r e un nodo s“ a potenziale minore. Potremmo quindi costruire
una “scaletta” di potenziali che avrà un massimo ed un minimo che corrisponderanno ai
morsetti del generatore: per questo lato non potremo ripetere il ragionamento suesposto
essendo necessariamente (anche per il teorema di conservazione delle potenze –vedi più
avanti) Vrs Irs0.
Non amplificazione delle correnti
Considerata una rete di bipoli di cui uno solo attivo, si può dimostrare che l'intensità di
corrente erogata dal bipolo attivo assume, in valore assoluto, il valore più grande
rispetto alle intensità di corrente negli altri lati. Infatti se consideriamo un generico
collegamento r-s tra due gradini contigui della “scaletta” dei potenziali, potremo
separare un insieme di nodi a potenziale maggiore di r ed un insieme di nodi a
potenziale minore di s. I collegamenti r*-s* tra i due insiemi sono interessati, per
costruzione, da intensità di corrente Ir*s* non negative per tutti i lati fuorchè per quello
(necessariamente presente) corrispondente al generatore, per cui sarà Ir*s*<0. Quindi
avremo un solo valore negativo, che sarà necessariamente in modulo maggiore degli
altri. Il ragionamento può estendersi a qualsiasi lato della rete.
Conservazione della potenza nelle reti elettriche
Considerato che in regime stazionario la tensione su un lato posto tra i lati r ed s può
essere espressa come differenza di potenziale ( Vrs = Vr - Vs ) e che vale la legge di
Kirchhoff ai nodi r ed s, si può facilmente dimostrare che è nulla la somma - estesa a
tutti i lati - delle potenze valutate con la stessa convenzione. Quindi è nulla la somma
delle potenze assorbite da tutti lati ed è nulla la somma delle potenze generate da tutti i
lati. Se non si è adottato per tutti i bipoli la stessa convenzione, la somma delle potenze
assorbite - estesa a tutti i lati per cui si è fatta la convenzione dell'utilizzatore - è pari
alla somma delle potenze erogate - estesa a tutti i lati per cui si è fatta la convenzione
del generatore -.
Potenze virtuali - Teorema di Tellegen
Se si considerano due reti con ugual grafo (in sostanza con lo stesso numero di nodi) e
con le stesse convenzioni sui lati omologhi (r-s,r'-s'), possiamo ugualmente dimostrare
che la somma delle potenze virtuali VrsIr's' estesa a tutti le possibili connessioni è nulla (I
teorema di Tellegen).
Lezione del 11/10/2007 (3h)
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Teorema di reciprocità
Come applicazione del teorema di Tellegen consideriamo da un lato una rete resistiva
R alimentata da un generatore di tensione Ea (per semplicità, ideale) situato nel lato a e
l’intensità di corrente Ib in un ramo b (per semplicità: un cortocircuito) e dall’altro la rete
R’ modificata rispetto alla precedente solo nella posizione del generatore Eb’, che
trovasi nel lato b’ omologo di b ed in cui si prende in considerazione l’intensità di
corrente Ia’ nel lato a’ omologo di a. La convenzione tra Ea e Ia’sia congrua con la
convenzione tra Eb’ e Ia (ad es. dell’utilizzatore).
Applicando il teorema di Tellegen alle due reti avremo:
V I
k
'
k
 0  E a I a'   Vk I k'  0  I b'
'
lati
V I
'
k k
 0  0  I a   Vk' I k Eb'  I b
'
lati
dove la sommatoria con apice è estesa a tutti i lati delle reti meno i lati a e b (a’ e b’);
per questi lati, costituiti dagli stessi resistori; sarà VI’=RI I’=RI’ I=V’I e quindi
Ea I’a = E’b Ib
In particolare se i due generatori erogano lo stesso valore della tensione, le due intensità
di corrente sono uguali. Posso quindi calcolare la corrente in un ramo di una rete
alimentata da un solo generatore “spostando” il generatore proprio in quel ramo e
calcolando l’intensità di corrente nel ramo dove si trovava originariamente il generatore.
Si può riscrivere il teorema rimuovendo le ipotesi semplificative anzidette ed anche
considerando l’alimentazione con un generatore di corrente.
Caratteristiche degli N-poli
Una rete accessibile da N morsetti (poli)1,2..,N prende genericamente il nome
di N-polo; una rete accessibile da N coppie (porte) di morsetti ordinati (1-1’),(22’),...,(N-N’) prende il nome di N-bipolo; una rete accessibile da N m-ple di morsetti (11’-1”-...-1(m)),..., (N-N’-N”-...-N(m)) prende il nome N-m-polo. Nel caso di una sola
coppia di morsetti ordinati si ritrova il noto bipolo.
La caratterizzazione degli N-bipoli può essere effettuata a partire dalla scelta della
convenzione sulle singole porte (ad esempio può essere scelta per tutte le porte la
convenzione dell’utilizzatore). Le singole porte possono poi essere alimentate con
generatori di tensione o di corrente.
La caratterizzazione dell’ N-polo viene in genere effettuata fissando per l’intensità
della corrente elettrica un riferimento congruente su tutte le porte (ad esempio un
riferimento entrante); poichè la rete rappresenta una struttura limitata, le intensità di
corrente, supposto un funzionamento stazionario, sono tra loro dipendenti. Per il
principio di conservazione della carica sarà infatti
N
I
k 1
k
0
(1)
Nella scelta della caratterizzazione dell’N-polo – su base corrente o su base tensione – si
dovrà tener conto sia della (1) che della conservazione del campo elettrico stazionario.
Sono previste per i generatori due configurazioni fondamentali: nella configurazione
concatenata i morsetti dei generatori sono collegati in sequenza tra i poli 1_2,2_3,
Diario delle Lezioni
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pagina 21
3_4…,(N-1)_N,N_1, nella configurazione stellata un morsetto del generatore è
collegato al polo k e l’altro ad un morsetto esterno O (centro stella) in comune con gli
altri generatori.
L’alimentazione in corrente non potrà prevedere quindi N generatori stellati di
corrente di valore arbitrario I1,I2,…,IN: l’N-mo è dipendente dagli altri N-1. Possono
viceversa essere previsti N generatori arbitrari di corrente concatenati J12,J23,…,JN1.
L’alimentazione in tensione non potrà prevedere N generatori concatenati di tensione
V12,V23,…,VN1 di valore arbitrario, essendo nulla la somma dei loro valori. Possono
viceversa essere previsti N generatori di tensione stellati E1,E2,…,EN di valore arbitrario,
collegati ad un centro stella esterno comune.
Ci limiteremo in questa sede alla caratterizzazioni di N-poli lineari passivi alimentati da
generatori di tensione stellati. La caratterizzazione di N-poli lineari passivi alimentati da
generatori di corrente concatenati risulta estendibile per dualità.
Le intensità delle correnti I1,I2,…,IN (dette anche correnti di linea) possono essere
ottenute come somma dei contributi dei singoli generatori E1,E2,…,EN (di valore
arbitrario); tali contributi, trattandosi di rete lineare, sono proporzionali a valori
E1,E2,…,EN ; i coefficienti di proporzionalità sono omogenei a conduttanze e saranno
indicati con Gjk, dove l’indice j si riferisce alla linea (al polo) e k al generatore di
tensione stellata; per j=k tale coefficiente ha il significato ordinario di conduttanza
equivalente ai morsetti del generatore k (quando gli altri generatori sono spenti) e,
pertanto, prende il nome di conduttanza propria o autoconduttanza del polo j; nei casi
in cui j è diverso da k, si parlerà di conduttanza mutua tra i poli j e k.
Le relazioni tra correnti di linea e tensioni stellate
I1=G11E1+G12E2+…+G1NEN
I2=G21E1+G22E2+…+G2NEN
…………………………….
(2)
IN=GN1E1+GN2E2+…+GNNEN
può essere riscritta in forma matriciale
I  G  E
(3)
dove I rappresenta l’array delle correnti di linea ed E l’array (colonna) delle tensioni
stellate. La (3) ricorda la legge di Ohm per il bipolo.
La matrice delle conduttanze
G11 G12
G
G22
G  21
..
..
GN1 GN 2
.. G1N
.. G2 N
.. ..
.. G NN
(4)
gode delle seguenti proprietà :
-
ha rango inferiore a N ed il suo determinante è nullo: la matrice non è
invertibile;
-
gli elementi della diagonale principale (autoconduttanze) sono quantità non
negative;
Diario delle Lezioni
21
A. A. 2007/2008 Introduzione ai circuiti
pagina 22
-
le conduttanze mutue non possono essere quantità positive: se ad esempio G12
fosse positiva, si avrebbe, alimentando con un generatore E2=1 V, una intensità
di corrente positiva I1 secondo il riferimento entrante del polo 1; avremmo
quindi, nella rete resistiva alimentata dal solo generatore E2, un nodo interno a
potenziale inferiore al potenziale del secondo morsetto del generatore, in
contraddizione con la proprietà di non amplificazione delle tensioni;
-
per la proprietà di non amplificazione delle correnti, nel caso appena detto,
l’intensità I1 non potrà mai essere superiore in valore assoluto alla intensità I2; si
avrà quindi GjkGjj;
-
il calcolo di Gjk e di Gkj si effettua su schemi reciproci, quindi Gjk=Gkj;
-
considerando che la (1) deve valere qualunque siano i valori delle tensioni dei
generatori stellati, si ricava dalla (2) che la somma di tutti i coefficienti di una
colonna (e quindi di riga) è nulla17.
In definitiva, il numero degli elementi “essenziali” di una matrice delle conduttanze si
ottiene considerando che la matrice è simmetrica e che gli elementi della diagonale
principale possono ottenersi a partire dalle conduttanze mutue di riga o colonna; esso
vale quindi (N2-N)/2 ossia N(N-1)/2 . Tale numero corrisponde alle combinazioni senza
ripetizione di N elementi su due posti e quindi al numero di lati in un grafo ridotto
completo con N nodi propri.
Possiamo quindi pensare di associare ad un N-polo una rete equivalente che si ottiene
considerando un grafo ridotto completo attestato su N nodi, ciascuno corrispondente ad
un polo; la figura che si genera viene chiamata poligono completo.
Si può facilmente mostrare che se si parte da un N-polo strutturato come poligono
completo con resistori di resistenza Rjk tra i poli j e k, la conduttanza mutua Gjk di tale
N-polo è pari a –1/Rjk.
In altri termini, vi è una corrispondenza biunivoca tra gli elementi Gjk di mutua
conduttanza tìdi un N-polo e le resistenze Rjk di un poligono completo di resistori.
Quindi possiamo “trasformare” un N-polo qualsiasi in un poligono completo di resistori
di N vertici18.
N-bipoli
Ricordiamo che una rete accessibile da N coppie (porte) di morsetti ordinati (11’),(2-2’),...,(N-N’) prende il nome di N-bipolo (N-porte).
La caratterizzazione degli N-bipoli può essere effettuata a partire dalla scelta della
convenzione sulle singole porte (ad esempio può essere scelta per tutte le porte la
convenzione dell’utilizzatore). Le singole porte possono poi essere alimentate con
generatori di tensione o di corrente. Non vi è alcun vincolo per le tensioni e le correnti.
Poiché l’unica autoconduttanza deve essere non negativa, si conferma che il valore assoluto delle
conduttanze mutue, non positive, deve essere inferiore al valore della autoconduttanza; in particolare, se
quest’ultima è nulla, saranno nulli tutti gli elementi di colonna o di riga .
17
N.B. Se l’autoconduttanza è nulla, il polo corrispondente è “isolato” dagli altri.
E’ da notare che con tale “trasformazione” scompaiono tutti i nodi interni della rete originaria. Se si
volessero avere indicazioni, ad esempio, sui potenziali dei nodi interni, occorrerebbe ricavare tali valori a
parte.
18
Diario delle Lezioni
22
A. A. 2007/2008 Introduzione ai circuiti
pagina 23
Nella scelta della caratterizzazione dell’N-bipolo – su base corrente o su base
tensione – si potrà procedere come per l’N-polo, ricordando che non ci sono vincoli per
i generatori.
Sono previste per i generatori due configurazioni fondamentali (alimentazione in
corrente e alimentazione in tensione) ed altre ibride (generatori di corrente su alcune
porte e di tensione su altre).
L’alimentazione fondamentale in corrente prevede quindi N generatori di corrente di
valore arbitrario I1,I2,…,IN.
L’alimentazione fondamentali in tensione prevede N generatori di tensione
V1,V2,…,VN di valore arbitrario applicati alle N porte
Ci limiteremo in questa sede alla caratterizzazioni di N-bipoli lineari passivi nelle
configurazioni fondamentali, sottolineando però che vi sono configurazioni ibride di un
certo rilievo e diffusione, il cui modello è facilmente ricavabile.
Le relazioni tra correnti e tensioni alle porte (alimentazione su base tensione) è la
seguente
I1=G11V1+G12V2+…+G1NVN
I2=G21V1+G22V2+…+G2NVN
…………………………….
(2)
IN=GN1V1+GN2V2+…+GNNVN
che può essere riscritta in forma matriciale
I  G V
(3)
dove I rappresenta l’array delle correnti ed V l’array (colonna) delle tensioni.
La matrice delle conduttanze
G11 G12
G
G22
G  21
..
..
GN1 GN 2
.. G1N
.. G2 N
.. ..
.. G NN
(4)
gode delle seguenti proprietà :
-
ha rango stavolta uguale a N (il suo determinante non è nullo): la matrice è
invertibile;
-
gli elementi della diagonale principale (autoconduttanze) sono quantità non
negative;
-
le conduttanze mutue possono essere quantità positive o negative;
-
per la proprietà di non amplificazione delle correnti, l’intensità Ik non potrà mai
essere superiore in valore assoluto alla intensità Ij, dove sia considerato un
generatore; si avrà quindi GjkGjj;
-
il calcolo di Gjk e di Gkj si effettua su schemi reciproci, quindi Gjk=Gkj;
Diario delle Lezioni
23
A. A. 2007/2008 Introduzione ai circuiti
pagina 24
In definitiva, il numero degli elementi “essenziali” di una matrice delle conduttanze si
ottiene considerando che la matrice è simmetrica; esso vale quindi [N+ (N2-N)/2] ossia
N(N+1)/2 .
Poichè la matrice è invertibile, si può anche considerare la relazione
V  G
1
 I  R  I
dove la matrice delle resistenze è l’inversa della matrice delle conduttanze. E’ appena il
caso caso di notare che l’elemento Rij non è l’inverso di Gij; basti pensare, tra l’altro
che gli elementi della matrice delle conduttanze vengono ricavati in condizioni di
cortocircuito su N-1 porte gli elementi delle resistenze in condizione di aperto su N-1
porte.
Lezione del 16/10/2007 (2h)
Doppi bipoli
Nel caso di due coppie di morsetti la matrice delle conduttanze e quella delle resistenze
avranno 3 elementi indipendenti (due di auto e uno di mutua).
Il modello su base corrente
V1  R11 I 1  Rm I 2
V2  Rm I 1  R22 I 2
porta a considerare uno schema equivalente a T (T1 o T2 a seconda che sia Rm positivo
o negativo), in cui
Ra
Ra
Rb
Rc  R m
1
Ra  R11  Rm
1’
R
1
2
2
1
1’
2’
1’
2’
Rc
Rc
2’
Rb
2
Rb  R22  Rm
T2
T1
Il modello su base tensione
I 1  G11V1  GmV2
I 2  GmV1  G22V2
porta a considerare uno schema equivalente a Π (Π1 o Π2 a seconda che sia Gm
negativo o positivo), in cui
Gc  G m
Ga  G11  Gm
Gb  G22  Gm
Gc
Gc
2’
1
1
2
Ga
1’
Gb
2’
Π1
Diario delle Lezioni
Ga
Gb
1’
2
Π2
24
A. A. 2007/2008 Introduzione ai circuiti
pagina 25
Grandezze di stato
Dalle caratteristiche integrali si deduce che se le tensioni applicate agli induttori e le
intensità di corrente nei condensatori sono limitate (come nei casi reali), la tensione sui
condensatori e la corrente negli induttori sono grandezze continue. Infatti se
consideriamo la condizione t1 to , avremo che gli integrali nelle caratteristiche, estesi
ad intervalli infinitesimi, sono infinitesimi. In altri termini avremo
lim vc t 0     vc t 0    lim vc t 0     vc t 0    vc t 0 
 0
 0
 0
 0
lim i L t o     i L t o    lim i L t o     i L t o    i L t o 
La tensione sul condensatore è in ogni istante legata all’energia elettrostatica
immagazzinata dal condensatore e l’intensità di corrente nell’induttore è legata
all’energia magnetica immagazzinata dall’induttore
1
1 2
2
wes (t )  Cvc
wm  Lil
2
2
Tali grandezze sono legate quindi allo stato energetico del bipolo e per tale motivo
vengono spesso indicate come “grandezze di stato”.
Tali grandezze di stato sono continue: se non lo fossero, avremmo discontinuità
dell’energia, o meglio una variazione finita dell’energia in un intervallo infinitesimo; ciò
implicherebbe la capacità del bipolo di assorbire o erogare potenza illimitata; ciò non è
concepibile nei casi pratici.
Generatori di potenza infinita saranno introdotti formalmente, come vedremo nel
seguito, per l’analisi più ampia dei transitori nelle reti con modelli lineari.
Si definisce ordine di una rete l’ordine del sistema (algebrico-)differenziale completo
associato alla rete in esame. L’ordine di una rete è quindi pari al numero di equazioni
differenziali indipendenti del sistema fondamentale.
Se una rete ha solo resistori (o bipoli adinamici) essa sarà di ordine zero.
Se una rete ha un solo condensatore o un solo induttore, comparirà una sola relazione
differenziale e quindi avremo una rete del primo ordine.
Se una rete ha più condensatori e/o induttori e/o parametri mutui (capacitivi e/o
induttivi) occorrerà una analisi più attenta della rete per individuare il numero delle
equazioni indipendenti. Ad esempio, occorrerà evidenziare la eventuale presenza di
condensatori o induttori in serie o in parallelo. La “memoria” è legata ad esempio alla
sola tensione su un condensatore, anche se questo può essere a sua volta visto come
l’equivalente di condensatori in serie o in parallelo.
In una rete dinamica di ordine N, ogni grandezza y(t) può essere rappresentata da una
equazione differenziale di ordine N; il teorema di Cauchy richiede la conoscenza di N
“condizioni” iniziali, cioè il valore iniziale della y(t) e delle sue (N-1) derivate. La
ricerca delle condizioni iniziali – come vedremo – potrà essere condotta a partire dai
dati iniziali, ovverosia dai valori di N grandezze di stato.
Diario delle Lezioni
25
A. A. 2007/2008 Introduzione ai circuiti
pagina 26
Nel caso di reti di ordine zero, non sia ha ovviamente necessità di valutare alcuna
condizione iniziale (rete “immediata”).
Nel caso di rete di ordine N lineare, la soluzione è del tipo
N
y (t )   k i e it  y p (t )
i 1
dove la sommatoria rappresenta l’integrale generale dell’omogenea associata, λ la
soluzione dell’equazione algebrica associata; i valori delle N costanti “arbitrarie” k si
particolarizzano attraversi le condizioni iniziali; l’integrale particolare yp(t) si ricava
dalla conoscenza del termine noto (“forzante”) dell’equazione differenziale.
L’Analisi matematica ci fornisce numerosi strumenti per la identificazione dell’integrale
particolare; osserviamo tuttavia che, nei casi di interesse dell’Ingegneria, per la presenza
di inevitabili parametri dissipativi, le λ sono negative19 o a parte reale negativa per cui
l’integrale particolare viene a identificarsi con la soluzione a “tempi lunghi” ossia con la
soluzione “a regime”; questa è di immediata identificazione nei casi ricorrenti di regime
stazionario e sinusoidale.
Esempio di rete del primo ordine (circuito RC serie) :
+
R
e
C
VC
iC
File ERC.m:
Calcolare vc(t) ed ic(t) nei seguenti casi:
Primo caso (figura 1): e(t)=0 per t<0, e(t)=E=10 V per t>0; C=1 nF; R=0,1 -1–10 
Secondo caso (fig. 2): e(t)=-E=-10V per t<0, e(t)=E=10 V per t>0; C=1 nF; R=0,1 1–10 
Terzo caso (fig. 3): e(t)=-E=-10V per t<0, e(t)=E sen ωt (E=10 V; ω=314 rad/s) per
t>0; C=1 nF; R=0,1 -1–10 
Quarto caso (fig. 4): e(t)=E sen ωt (E=10 V; ω=314 rad/s) per t<0, e(t)=E=
e(t)=Ecos ωt per t>0; C=1 nF; R=0,1 -1–10 
La soluzione è del tipo
vc (t )  k v e
ic (t )  k i e


t

 vcp (t )
t

 icp (t )
  RC
Osserviamo che nel primo caso la tensione sul condensatore è sempre nulla per t<0, nel secondo e terzo
caso è pari a -10 V, nel quarto caso è sinusoidale e vale
19
In caso contrario, anche in assenza di generatori, avremmo una crescita dell’”energia” del sistema.
Diario delle Lezioni
26
A. A. 2007/2008 Introduzione ai circuiti
pagina 27
j
1
1


 

1


 1 
C  v (t )  E
C
C
Vc  E
sen t   arctg 
sen   arctg 
c
   vc (0)  E
 
2
2
j
2

RC
2


 RC  


 1 
 1 
R
2
2
R 
R 


C
 C 
 C 

L’integrale particolare nel primo e nel secondo caso vale E=10V, nel terzo caso vale
j
1


 1 
C
Vcp  E C  vcp (t )  E
sen t   arctg 
 
2
j
2

RC



 1 
R
R2  

C
 C 

nel quarto caso
j
1


 1 
C
Vcp  E C  vcp (t )  E
cos t   arctg 

2
j
2

RC  


1


R
R2  

C
 C 

In tutti i casi la costante vale
k v  vc (0)  vcp (0)
Osserviamo ancora che nel primo caso l’intensità di corrente è sempre nulla per t<0 nei primi tre casi, nel
quarto caso è sinusoidale e vale

E
E
 1   L’integrale particolare nel primo e nel secondo
Ic 
 ic (t ) 
sen t  arctg 
 
2
j
 RC  

 1 
R
2
R 

C
C


caso è nullo, nel terzo caso vale
I cp 
E
j
R
C
 icp (t ) 

 1 
sen t  arctg 
 

RC



 1 
R2  

 C 
E
2
nel quarto caso
I cp 
E
R
j
C
 icp (t ) 

 1 
cos t  arctg 
 
2

RC



 1 
R2  

 C 
E
In tutti i casi la costante vale
k i  ic (0)  icp (0) 
e(0)  vc (0)
 icp (0)
R
Diario delle Lezioni
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pagina 28
Lezione del 18/10/06 (3h)
Esempi di reti del primo ordine (R-L)
iL
+
R
e
VL
Dinamica delle reti – sistema fondamentale – Dati iniziali
Il sistema fondamentale per una rete di l lati consta di l equazioni topologiche (sempre
algebriche) e di l equazioni caratteristiche di cui n=nL+nC equazioni differenziali relativi
a nL ed nc induttori e condensatori indipendenti.
Nel caso di sistema lineare, la soluzione è nota a meno di n costanti arbitrarie, che
andranno valutate in base al teorema di unicità di Cauchy, cioè in base alla
determinazione del valore della funzione e delle sue n-1 derivate.
Considerato lo zero come istante di riferimento, indicheremo con 0- e 0+
rispettivamente due istanti infinitamente vicini allo zero da sinistra e destra e con f(0-)
ed f(0+) il limite sinistro e destro della funzione f(t) nel punto zero.
Condizioni iniziali -Determinazione delle costanti arbitrarie
Per ricavare le condizioni iniziali della funzione (in genere non si tratta di una funzione
a memoria) si considera la scrittura (foto) del sistema all’istante 0+.
In tale istante sono incognite quasi tutti i valori tranne quelli delle n funzioni di stato,
note dallo 0-.Inoltre sono incogniti i valori allo 0+ delle n derivate che compaiono nelle
caratteristiche dinamiche. In definitiva abbiamo n equazioni ai valori (algebrici) delle
(l-n) grandezze e delle n derivate allo 0+. Il sistema è determinato e quindi siamo in
grado di conoscere allo 0+:
- i valori delle n grandezze di stato;
- i valori delle l-n grandezze non di stato
- i valori delle n derivate prime delle grandezze di stato.
Doppi bipoli dinamici
Consideriamo un doppio bipolo ed una relazione del tipo
di1
di
M 2
dt
dt
di
di
v 2  M 1  L2 2
dt
dt
v1  L1
Tale relazione è tipica del mutuo induttore ideale; in tale componente possono
essere considerati i flussi di campo magnetico concatenati con due circuiti: il flusso
concatenato con un circuito avrà un contributo collegato alla corrente del primo circuito
Diario delle Lezioni
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A. A. 2007/2008 Introduzione ai circuiti
pagina 29
(flusso di autoinduzione) ed un contributo legato alla corrente dell’altro circuito (flusso
di mutua induzione).
 1  L1i1  M 12i2
 2  M 21i1  L2 i2
Si può dimostrare che i due coefficienti di mutua sono uguali e che
M 2  L1 L2
Nel caso sia M 2  L1 L2 (condizione di accoppiamento perfetto) l’energia magnetica
1
1
wm (i1 , i2 )  L1i12  L2 i22  Mi1i2
2
2
diventa un quadrato perfetto ed è facile vedere che essa è nulla per infinite coppie di
valori delle intensità delle correnti. In tali casi cioè il campo magnetico è nullo in tutto
lo spazio.
Vedremo più avanti che il mutuo induttore è in genere un doppio bipolo dinamico del
secondo ordine, riducibile ad uno del primo ordine nel caso di accoppiamento perfetto
ed addirittura approssimato, sotto alcune ipotesi, da un doppio bipolo di ordine zero.
Lezione del 23/10/07 2h
Grandezze periodiche
Metodo simbolico – Operatori complessi
Operatori di impedenza e di ammettenza
Le funzioni periodiche del tempo a(t) sono caratterizzate da un periodo T tale che, per ogni t, sia
a(t)=f(t+kT) con k intero qualsiasi. L’inverso del periodo f=1/T viene detto frequenza; f si misura in hertz
[inverso del secondo].
Le funzioni periodiche sono caratterizzate da un valore massimo (o picco positivo) e da un valore
minimo20, da un valore medio nel periodo e da un valore medio quadratico ( rms: root mean square) o
valore efficace nel periodo
Amedio 
1
T

t 0 T
t0
a(t )dt
Arms  Aeff  A 
1
T
t0 T
a
2
(t )dt
t0
Le funzioni periodiche a valor medio nullo si dicono alternative.
Una funzione alternativa rettangolare ha il valore efficace coincidente con il valore massimo.
Una funzione sinusoidale del tipo
 2

a(t ) AM sen
t     AM sen2ft     AM sent   
T

è periodica di periodo T, frequenza f e pulsazione , fase iniziale , è alternativa ed il suo valore efficace
è pari a
Aeff 
AM
2
 0,707... AM
Il punto di nullo più prossimo allo zero è l’istante t*=-/. Pertanto se =0 la funzione è tipo seno, se
=/2 la funzione è del tipo coseno.
Una funzione b(t)=BMsen(t+) è sfasata dell’angolo (-) rispetto ad a(t); se tale angolo è positivo, b(t)
è sfasata in anticipo rispetto a a(t), se è negativo è sfasata in ritardo rispetto ad a(t); se il suddetto angolo
di sfasamento è nullo, le due grandezze si dicono in fase, se l’angolo di sfasamento è  le due grandezze
si dicono in opposizione di fase, se l’angolo è /2 le due grandezze si dicono in quadratura (in anticipo
o ritardo).
20
Ovviamente una funzione costante è un caso banale di funzione periodica.
Diario delle Lezioni
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A. A. 2007/2008 Introduzione ai circuiti
pagina 30
Osserviamo che se consideriamo la somma o la differenza di due funzioni sinusoidali della stessa
pulsazione otteniamo una grandezza sinusoidale della stessa pulsazione; moltiplicando una funzione
sinusoidale per una costante positiva [negativa] abbiamo una funzione sinusoidale della stessa pulsazione
in fase [in opposizione di fase]; derivando rispetto al tempo una funzione sinusoidale abbiamo una
funzione sinusoidale della stessa pulsazione in quadratura in anticipo.
Poiché il sistema fondamentale prevede relazioni del tipo anzidetto, se ne deduce che una soluzione
sinusoidale di pulsazione  è compatibile con un sistema in cui i generatori (i termini noti) siano
sinusoidali della stessa pulsazione; applicando il principio di identità dei polinomi trigonometrici, si può
anche concludere che la soluzione è unica; tutte le grandezze incognite hanno pulsazione .
Le grandezze si diversificano quindi solo per l’ampiezza e la fase iniziale; possiamo quindi stabilire una
corrispondenza biunivoca tra le funzioni sinusoidali e le coppie ordinate di numeri reali (numeri
complessi) ossia i punti del piano cartesiano:
a(t )  AM sent     ( AM , )  A ( Ax  AM cos , Ay  AM sin  )  AM e j  Ax  jAy
L’operatore di Eulero ej, formalmente definito come (cos+jsen), è un operatore di rotazione:
applicandolo ad un vettore Ā (fasore) del piano della rappresentazione – corrispondente della grandezza
sinusoidale a(t)- si ottiene un vettore ruotato di α. Se in particolare α=/2, si ha ej=j; un’altra rotazione di
/2 porta al vettore opposto ad Ā: infatti ej=j2=-1; una ulteriore rotazione di /2 ci porta ad una rotazione
complessiva ej3=j3=-j corrispondente ad una rotazione (“negativa”) di -/2: e-j/2=-j=1/j; una ulteriore
rotazione di /2 ci riporta sul vettore originario: ej2=j4=1
Alle operazioni di addizione, sottrazione e moltiplicazione per costante nel dominio nel tempo
corrispondono addizione, sottrazione e moltiplicazione per costante nel dominio della
rappresentazione simbolica. All’operazione di derivazione corrisponde una moltiplicazione per jω
ovvero una rotazione di /2 ed una modifica dell’ampiezza.
N.B. Nella corrispondenza la coppia ordinata di numeri reali può essere sostituita (per tutti i fasori) da un
valore univocamente legato all’ampiezza (ad esempio il valore efficace) e da un riferimento angolare
qualsiasi.
Operatori complessi
In generale le operazioni tra fasori corrispondono ad una rotazione e modifica di ampiezza. L’operatore
che le descrive avrà la forma
M  M e j  M x  jM y  M cos  jMsen
con M modulo dell’operatore,  argomento dell’operatore.
Circuito R-C in regime sinusoidale
Se consideriamo un circuito semplice costituito da un generatore ideale di tensione e(t)=E Msen(ωt+), un
resistore di resistenza R ed un condensatore di capacità C, potremo ricavare per la corrente erogata dal
generatore l’espressione
e(t )  v R (t )  vc (t )  E  VR  Vc
v R  Ri R
 VR  RI
dvc
 I c  jCVc
dt
X
jarctg c
EM
E
R
I 
 I M e ja 
e
 ic (t ) 
2
2
R  jX c
R  Xc
ic  C
EM
R 2  X c2
sen(t  arctg
Xc
)
R
dove Xc=1/ωC è la reattanza capacitiva.
Operatori di impedenza e ammettenza
Nel metodo simbolico, il legame tra tensione e corrente per un bipolo si esprime nella forma (legge di
Diario delle Lezioni
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A. A. 2007/2008 Introduzione ai circuiti
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Ohm alle grandezze simboliche, convenzione dell’utilizzatore):
V  Z I oppure I  YV
(***)
(operatori di impedenza e di ammettenza)
V V e j V
Z   M j  M e j (   )  Ze j  R  jX
I
IM
IM e
I
I
1
R
X
Y   M e j (   )  Ye j  e  j  G  jB  2
j 2
2
V VM
Z
R X
R X2
L’argomento φ, per motivi che vedremo in seguito, prende il nome di angolo di potenza. La parte reale R
dell’operatore di impedenza è l’operatore di resistenza, il coefficiente della parte immaginaria X è
l’operatore di reattanza. L’impedenza si misura in ohm.
La parte reale G dell’operatore di ammettenza è l’operatore di conduttanza; il coefficiente
dell’immaginario è l’operatore di suscettanza. L’ammettenza si misura in siemens. Da notare che G non è
l’inverso di R e B non è l’inverso di X.
Nel caso del resistore ideale si ha Ż=R+j0,
tensione è in fase con l’intensità di corrente.
Y  G  j 0 , con R=1/G pari al valore di resistenza. La
Nel caso dell’induttore ideale si ha Ż=0+j(XL),
Y  0  j ( BL ) , dove XL=L è la reattanza induttiva
(mentre BL=1/L è la suscettanza induttiva). La tensione è in quadratura ed in anticipo rispetto
all’intensità di corrente.
Nel caso del condensatore ideale si ha Ż=0+j(-XC), Y  0  j ( BC ) , dove XC=1/C è la reattanza
capacitiva (mentre BC=C è la suscettanza capacitiva). La tensione è in quadratura ed in ritardo rispetto
all’intensità di corrente.
Queste considerazioni inducono ad interpretare l’operatore di impedenza come una “serie” formata da un
resistore ideale R e da un reattore ideale X (=X L-XC), ovvero, con un grado di libertà, come un circuito
RLC serie; l’operatore di ammettenza può essere a sua volta interpretato come un “parallelo” formato da
un resistore ideale di conduttanza G e da un reattore ideale di suscettanza B (=B C-BL), ovvero, con un
grado di libertà, come un circuito RLC parallelo.
Data la relazione tra i due operatori, si deduce che ad ogni circuito RLC serie corrisponde un circuito
RLC parallelo21.
I casi X=0 e B=0 corrispondono ai circuiti risonanti (serie e parallelo) equivalenti a resistori ideali.
Se R=X=0 siamo in presenza di un bipolo corto-circuito ideale.
Se G=B=0 siamo in presenza di un bipolo aperto ideale.
La (***) può essere scritta per qualsiasi bipolo formalmente rappresentabile, non solo del tipo RLC. Può
essere scritta anche per un generatore reale o ideale: in tal caso il bipolo non può essere ricondotto ad un
circuito equivalente RLC.22
Lezione del 25/10/2007 (3h)
Circuiti risonanti
Un circuito in regime sinusoidale, comunque complesso, nel quale siano presenti resistenze, induttanze e
capacità e un solo elemento attivo si dice in risonanza quando rispetto al generatore che lo alimenta si
comporta come un circuito puramente ohmico.
Consideriamo per semolicità il circuito RCL serie illustrato in Fig.1.F
21
22
Ovviamente con diversi valori di R,L,C (>0) e con un grado di libertà sulla scelta di L e C.
Può tuttavia essere rappresentato da un circuito RLC se risulta R0, G0.
Diario delle Lezioni
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A. A. 2007/2008 Introduzione ai circuiti
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Fig. 1 – Circuito RLC serie.
Consideriamo il funzionamento in regime sinusoidale di tale circuito.
Il fasore
Eˆ
.
Iˆ  I m e j rappresentativo della corrente i(t )  I m sen(t   ) è dato da Iˆ 
Z eq
ˆ
Dove E
 Em
rappresenta il fasore relativo alla tensione del generatore
e(t)  Em sen(t)
e
1  è l’impedenza equivalente della serie del resistore, dell’induttore e del


Zeq  R  jL 

C 
condensatore.
Il modulo del fasore corrente è:
Im 
(1)
Em
2
1 
L 

R2  

C 
Consideriamo, ora, l’andamento del modulo della corrente I m al variare della pulsazione ω. È immediato
verificare che il valore del modulo Im tende a zero per ω→0 e per ω→ 
valore massimo in corrispondenza della pulsazione caratteristica del circuito:
0 
1
LC
(2)
La pulsazione (2) prende il nome di pulsazione di risonanza. E’ facile verificare che per tale valore della
pulsazione la parte immaginaria dell’impedenza Z eq è uguale a zero, perché la reattanza del condensatore
è l’opposta di quella dell’induttore, e quindi il modulo di Z eq assume il valore minimo.
Il valore della corrente alla pulsazione di risonanza è quindi uguale a
Em
, cioè, alla corrente che si
R
avrebbe se nel circuito vi fosse solo il resistore. Inoltre, alla risonanza è immediato verificare che la
tensione del condensatore
VˆC
è l’opposto di quella dell’induttore
VˆL , e quindi la tensione sul resistore è
uguale a quella del generatore.
In definitiva, alla pulsazione di risonanza il circuito, rispetto alla tensione che lo alimenta, si comporta
come se fosse puramente ohmico (la serie L-C è equivalente ad un cortocircuito).
Si osservi che valgono analoghe considerazioni per il circuito RLC parallelo. In questo caso tuttavia al
posto della corrente va considerata la tensione sui tre carichi in parallelo (alla risonanza il parallelo LC si
comporta come un circuito aperto).
I circuiti risonanti, almeno da un punto di vista di principio, sono quelli che si utilizzano nelle
telecomunicazioni quando si voglia selezionare un segnale di un data frequenza presente in tutto lo spettro
che il sistema ricevente raccoglie. La selezione avviene facendo variare la frequenza di risonanza del
sistema ricevente che si “accorda” con la frequenza cercata grazie al fatto che a quella frequenza si ha un
picco di corrente.
Occorre tuttavia ricordare, soprattutto nel caso di impianti di potenza, la tensione sul condensatore e
sull’induttore –RLC serie- [l’intensità di corrente nel caso del circuito parallelo] potrebbe assumere valori
elevati e quindi pericolosi. Infatti si può mostrare che il valore efficace della tensione sul condensatore
[dell’intensità di corrente nell’induttore nel caso parallelo] è, alla pulsazione di risonanza, pari al valore
efficace della tensione del generatore moltiplicato per il fattore di merito
Qs 
o L
R

1
o RC
[Q p  o RC 
R
]
o L
che può assumere valori molto elevati per R tendente a zero [per R tendente a infinito]23.
23
Si potrebbe verificare tuttavia che valore più elevato della tensione non si ha in corrispondenza della
pulsazione di risonanza, ma in un intorno tanto più piccolo quanto maggiore è Q.
Diario delle Lezioni
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A. A. 2007/2008 Introduzione ai circuiti
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Un circuito RLC può quindi assumere il ruolo di amplificatore passivo 24, non valendo più in generale le
ipotesi di non amplificazione valide il regime stazionario25.
La relazione (1) può essere riportata in una curva universale di risonanza, valida per qualsiasi circuito
RLC, in cui si riporta in ordinata il rapporto I(ω)/ I(ω o) tra il valore efficace della intensità di corrente alla
pulsazione generica e il valore efficace alla pulsazione di risonanza; in realtà si fa riferimento – in ascissaal prodotto dello scostamento relativo

  0
0
dalla pulsazione di risonaza per il fattore di merito
Qo. Sulla curva risultante può identificarsi agevolmente la banda passante del circuito 26.
Potenze in regime sinusoidale
Consideriamo un bipolo di morsetti r-s funzionante in regime sinusoidale. Consideriamo la potenza
istantanea assorbita dal bipolo:
p rs t   v rs t   irs t   VMrs sin t   rs I Mrs sin t   rs  
VMrs I Mrs
cos rs   rs   cos2t   rs   rs  
2
 Vrs I rs cos rs   rs   cos2t   rs   rs  

[W]
 Vrs I rs cos rs   cos2t  2 rs   rs   Pmrs  p frs (t )
La potenza istantanea quindi in genere non è una grandezza sinusoidale, ma è caratterizzabile da un
valore medio Pm (detto potenza media, attiva o reale) e da una potenza fluttuante sinusoidale a
pulsazione doppia.
L’energia assorbita da un bipolo in un intervallo t pari ad un multiplo intero del periodo risulta pari a
Pmt, in quanto il contributo della potenza fluttuante è nullo. Se l’intervallo t non fosse esattamente pari
ad un multiplo intero di periodi, il contributo all’energia assorbita fornito dalla potenza fluttuante sarebbe
tanto più trascurabile quanto più t è grande rispetto al periodo.
La potenza fluttuante è tuttavia significativa. Basti pensare che essa ha un valore massimo superiore o
uguale alla potenza media e che, ad esempio, considerando un bipolo reale, le sollecitazioni meccaniche
sono legate alla potena istantanea. Ad esempio all’albero di un motore potrebbe essere applicata una
coppia istantanea anche superiore alla coppia media; ciò porterebbe ad una sollecitazione di torsione
intollerabile ovvero ad una sollecitazione “a fatica” che limiterebbe le prestazioni meccaniche a lungo
termine.
Nel caso di bipoli resistivi, la potenza media è pari a RI 2, dove I è il valore “efficace” (come se
considerassimo un caso stazionario), mentre nel caso di bipoli induttore (=π/2) e condensatore (=-π/2)
la potenza media è nulla . Per un circuito RLC l’angolo di potenza  è compreso tra –π/2 e π/2 ed il
fattore di potenza cos tra 0 ed 1. Se risulta cos<0 siamo sicuramente in presenza di un generatore o di
un bipolo attivo (un bipolo si dirà passivo se in ogni condizione di funzionamento la potenza media
assorbita risulterà non negativa).
La potenza apparente (che compare sulla targa dei dispositivi) è definita come prodotto del valore
efficace della tensione per il valore efficace della corrente e si misura in VA (voltampere); essa è una
quantità positiva ed è da intendersi come potenza di dimensionamento, in quanto il suo valore è
proporzionale al volume occupato dal dispositivo (assumendo che in prima approssimazione la distanza
tra i morsetti sia proporzionale alla tensione e la sezione dei conduttori sia proporzionale all’intensità
della corrente) e quindi al suo costo.
24
Continueremo a parlare di bipolo passivo se la potenza media assorbita risulta non negativa.
Si può mostrare che la proprietà di non amplicazione continua a valere anche in regime sinusoidale per
le reti resistive e per le reti RL o RC, oppure solo L o solo C.
26
Si definisce banda passante l’intervallo di frequenza – ad esempio intorno alla frequenza di risonanza –
in cui il valore efficace della grandezza in esame non diminuisce oltre un certo valoreFissando questo
valore a 1/√2=0,707.. si definisce in acustica ed in elettronica la banda a 3 dB (il decibel è pari al
logaritmo in base 10 dell’attenuazione e serve a “adattare” la valutazione della grandezza alla risposta
dell’orecchio umano).
25
Diario delle Lezioni
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A. A. 2007/2008 Introduzione ai circuiti
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Lezione del 30/10/2007 (2h)
Per ogni bipolo si può introdurre una grandezza complessa formale, detta potenza complessa, che abbia
come modulo la potenza apparente e come argomento l’angolo di potenza . Essa si può ottenere
moltiplicando il fasore della tensione per il coniugato del fasore dell’intensità di corrente
~
Prs  Vrs I rs  Vrs e jrs I rs e  jrs  Vrs I rs (cos  rs  jsen rs )  Prs  jQrs
La grandezza Qrs prende il nome di potenza reattiva e si misura in VAr (voltampere reattivi).
Poichè la potenza complessa è una potenza virtuale (le correnti coniugate soddisfano per loro conto al 1°
principio di Kirchhoff), per il teorema di Tellegen essa si conserva27. Ne consegue la conservazione delle
potenze reattive in una rete.28
Rifasamento
La potenza reattiva Q assorbita da un bipolo è, in genere, dello stesso ordine di grandezza della potenza
media P; nel caso di bipolo passivo, la potenza reattiva ci dà indicazione se il bipolo è prevalentemente di
tipo ohmico-induttivo (Q>0) o di tipo ohmico-capacitivo (Q<0).
Il dimensionamento di un bipolo è legato alla potenza apparente
A  VI  P 2  Q 2
29
Per ottimizzare tale dimensionamento – a parità di potenza media in gioco e quindi di energia –
occorrebbe che fosse Q=0. Tutti i bipoli dovrebbero essere modificati in maniera da avere tensione e
correnti in fase. Ciò è in linea di principio possibile se tutti i generatori ideali sono in fase o in
opposizione di fase. In tal caso sarebbe possibile30 “aggiungere” (in serie o in parallelo) una reattanza tale
che la reattanza (o suscettanza) equivalente sia nulla, ossia i bipoli siano risonanti (rifasamento locale
serie o parallelo).
In genere questa soluzione risulta economicamente molto gravosa. Dal punto di vista industriale, un
compromesso si ottiene considerando l’utenza (quasi sempre di tipo ohmico induttivo con angolo di
potenza >26°) nel suo complesso ed inserendo un bipolo (condensatore in parallelo al carico) in maniera
che l’Ente fornitore dell’energia elettrica (es. ENEL) “veda” un fattore di potenza cosL>0,9 (G<26°).
Dal bilancio di potenza complessa o da considerazioni sul diagramma vettoriale delle grandezze
simboliche otteniamo che il valore della capacità necessaria a rifasare un carico di potenza P sotto
tensione V vale
C
P(tg  tg L )
V 2
Reti di bipoli reattivi
Osserviamo che l’operatore di reattanza di un induttore ideale e quello di un
condensatore ideale sono funzioni monotone crescenti della pulsazione.
L’operatore di reattanza di un bipolo LC serie vale
1
X ( )  L 
C
Come si può controllare, anche in questo caso X è una funzione strettamente crescente
della pulsazione nell’intervallo (0,+∞): per valori tendenti a zero (dalla destra), X tende
a -∞; X tende a +∞ per valori della pulsazione tendenti a ∞; X si annulla alla pulsazione
di risonanza (serie)
Nel collegamento generatore-utilizzatore, ad esempio, la potenza reattiva erogata dal generatore “si
adegua” alla potenza reattiva assorbita dall’utilizzatore; ciò sarà molto importante per il dimensionamento
del bipolo generatore, come vedremo appresso.
28
Ovviamente si conservano la potenza istantanea, la potenza media e la potenza fluttuante.
29
Infatti la “distanza” tra i morsetti e tra gli elementi fisici del bipolo dipende dalla tensione, mentre la
sezione dei conduttori dipende dall’intensità della corrente; quindi il “volume” ed il costo del bipolo
dipendono dalla potenza apparente.
30
In base al principio di conservazione della potenza reattiva
27
Diario delle Lezioni
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A. A. 2007/2008 Introduzione ai circuiti
  0 
pagina 35
1
LC
La pulsazione di risonanza costituisce uno zero per la funzione X(ω).
L’operatore di reattanza di un bipolo LC parallelo vale
1
L
C
X ( ) 
1
 L
C
Come si può controllare, anche in questo caso X è una funzione strettamente crescente
della pulsazione nell’intervallo (0,+∞): per valori tendenti a zero (dalla destra), X tende
a 0 per valori positivi; X tende a 0 valori negativi, per per valori della pulsazione
tendenti a ∞; X non è definita (discontinuità di seconda specie) alla pulsazione di
risonanza (parallela o antirisonanza)
1
  0 
LC
assumendo valori positivi infinitamente grandi a sinistra della pulsazione di
antirisonanza ed negativi (in valore assoluto) infinitamente grandi a destra.
La pulsazione di antirisonanza costituisce un polo per la funzione X(ω).
Si può dimostrare (per induzione o attraverso il cosiddetto teorema di Foster31) che se
abbiamo una qualsiasi connessione di induttori e condensatori (bipoli reattivi) facenti
capo ai morsetti A-B, l’operatore di reattanza equivalente ai morsetti A-B è funzione
strettamente crescente della pulsazione negli intervalli (aperti) tra i poli. C’è quindi, a
partire da pulsazioni molto basse fino a pulsazioni infinitamente grandi, una alternanza
tra poli e zeri.
Lezione del 6/11/07 (2h)
Sistema trifase : Per sistema polifase in regime sinusoidale si intende un collegamento
di n-poli (vedi lezione n.3) attraverso n linee o fasi. Le tensioni tra i poli si dicono
concatenate. Il sistema di trasmissione e distribuzione dell’energia elettrica in Italia è un
sistema trifase, a vari livelli di tensione32. Esistono, per diverse applicazioni, sistemi
con un numero di fasi superiore, in genere un multiplo di tre (6,12,48,…).
Sistema puro e spurio : Un sistema di collegamento polifase che prevede un numero di
generatori ed utilizzatori pari alle fasi si dice puro; in tal caso la somma delle correnti di
linea è sempre nulla; un collegamento tra triangoli o in genere poligoni è sempre un
31
Si può prendere a riferimento il teorema di Cohn per le reti in regime stazionario che stabilisce che la
resistenza equivalente ai morsetti AB di una rete resistiva non decresce al variare in aumento della
resistenza di un ramo qualsiasi; poiché l’operatore di reattanza di un bipolo elementare è funzione
strettamente crescente della pulsazione, basterà applicare la regola di derivazione delle funzioni composte
(in realtà occorrerà anche considerare che in una rete reattiva, alimentata da un solo generatore, le correnti
sono in fase o in opposizione).
32
I generatori (sistemi di produzione) lavorano a 10-15kV; le lunghe linee dorsali (sistema di
trasmissione) lavorano fino a 380 kV, la distribuzione avviene in media tensione (20kV), l’utilizzazione
domestica avviene a bassa tenzione (380V). I valori si riferiscono alle tensioni concatenate.
Diario delle Lezioni
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A. A. 2007/2008 Introduzione ai circuiti
pagina 36
sistema puro; se gli n-poli sono a stella, è possibile collegare tra loro con un (n+1)-mo
conduttore ( neutro) i centri stella. In questo caso il sistema si dice spurio; ad esempio,
il sistema trifase di distribuzione in bassa tensione in Italia è un sistema spurio: oltre ai
tre conduttori di fase R-S-T è disponibile un quarto conduttore “neutro” N (oltre ad un
eventuale altro conduttore di protezione P). Il sistema di distribuzione in media tensione
è invece un sistema puro, con tre sole linee.
In un sistema spurio le correnti di linea non dipendono dai carichi (impedenze) delle
altre linee.
Sistemi non equilibrati
Nel caso di sistemi spuri, le correnti di linea sono valutati direttamente dalle tensioni
stellate dei generatori.
Nel caso dei sistemi puri e di carico a triangolo, le correnti di lato sono valutate
direttamente a partire dalle tensioni concatenate.
Nel caso dei sistemi puri e del carico a stella, senza considerare la possibile
trasformazione a triangolo, le correnti di linea possono essere valutate come
 E k  VOu Og 

Ik  



Zk


valutando la tensione tra i centri stella del carico e dei generatori con l’espressione di
Millmann.
E
k Z k
k
VOu OG 
1
k Z
k
Sistemi simmetrici ed equilibrati: un sistema polifase si dice simmetrico (diretto o
inverso) se le tensioni di alimentazione sono simmetriche (diretto o inverso) , ossia se i
moduli sono uguali ed ogni tensione è in ritardo (in anticipo per la simmetria inversa) di
2π/n rispetto alla tensione che la precede nella sequenza. Se le tensioni sono
simmetriche, i fasori rappresentano un poligono regolare di n lati. Se anche le correnti di
linea sono simmetriche, il sistema si dice equilibrato.
In un sistema simmetrico ed equilibrato l’intensità di corrente nell’eventuale conduttore
neutro è nulla.
Potenza nei sistemi trifase: in un sistema trifase simmetrico ed equilibrato la potenza
fluttuante erogata dai generatori è nulla. La potenza istantanea quindi coincide con la
potenza media: la sollecitazione meccanica legata alla coppia istantanea non ha quindi
un termine di “fatica”, determinando così prestazioni ottimali per quanto riguarda la
“vita” delle parte meccaniche rotanti.
Un sistema trifase simmetrico ed equilibrato consentirebbe, a parità di energia
trasmessa, un risparmio del 50% sui conduttori rispetto a tre sistemi monofasi. In un
sistema spurio, il carico è di norma “quasi” equilibrato, il conduttore neutro può essere
realizzato della stessa sezione dei conduttori di fase e quindi si ha un risparmio di 1/3
rispetto a tre sistemi monofase.
Teorema di Aron: in un sistema trifase puro (anche dissimmetrico e squilibrato), la
potenza complessa (così come la potenza istantanea) può essere calcolata valutando le
tensioni rispetto ad un riferimento qualsiasi O* (teorema di Aron o della invarianza
della potenza rispetto al centro stella). Infatti
Diario delle Lezioni
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A. A. 2007/2008 Introduzione ai circuiti

pagina 37





~
~
~
~
~
~
P  E1' I 1  E 2' I 2  E3' I 3  E1*  VO*O ' I 1  E 2*  VO*O ' I 2  E3*  VO*O ' I 3 
~
~
~
~ ~ ~
~
~
~
 E1* I 1  E 2* I 2  E3* I 3  VO*O ' I 1  I 2  I 3  E1* I 1  E 2* I 2  E3* I 3
prendendo come riferimento una fase k , essa può essere quindi espressa con somma di
solo due termini considerando il prodotto del fasore delle tensioni concatenate di una
delle due linee rispetto alla terza linea k con il coniugato del fasore della corrente della
linea.
Per la misura della potenza media e della potenza reattiva in un sistema puro bastano
quindi due wattmetri e due varmetr33i.


Trasformatore ideale
Trattasi di un doppio bipolo ideale, caratterizzabile con parametri ibridi o, più
semplicemente dalle relazioni v1/v2=a , i1/i2=-1/a (a - detto rapporto di trasformazione- è
numero reale diverso da zero). Esso può essere letto come trasformatore di tensione e/o
di corrente. Le tensioni e le correnti s’intendono costanti o variabili nel tempo. Il
trasformatore ideale è trasparente alla potenza istantanea.
Per numerose applicazioni, si considera il funzionamento in regime sinusoidale. In tal
caso, il trasformatore ideale si mostra trasparente alla potenza complessa. Il
trasformatore ideale si comporta anche come trasformatore d’impedenza: se Zu è
un’impedenza collegata alla seconda porta, l’impedenza equivalente alla prima porta
vale Z1eq=a2Zu.
Lezione del 8/11/07 (3h)
Circuiti accoppiati – Accoppiamento perfetto – rete equivalente
L’accoppiamento magnetico tra due circuiti di coefficienti di autoinduzione L1, L2 e
mutua induzione M è valutato dal coefficiente k=M/√ L1L2. Tale coefficiente è in valore
assoluto non superiore all’unità, dovendo essere non negativa l’energia magnetica,
funzione quadratica delle correnti, con parametri L1, L2,M .
Per k=±1, l’accoppiamento si dice perfetto: l’energia magnetica è nulla (il campo
magnetico è nullo in tutto lo spazio) anche se le correnti non sono nulle, ma nel rapporto
│ i1/i2│= √L2 /L1.
Due circuiti accoppiati possono essere studiati con il modello del doppio bipolo, matrice
Z. Nel caso di accoppiamento perfetto, il doppio bipolo è equivalente ad un
trasformatore ideale con un induttore L1 [L2] in parallelo sulla prima [seconda] porta.
Tale doppio bipolo è equivalente quindi in genere ad un trasformatore di tensione e non
è trasparente alla potenza reattiva; per quanto riguarda le correnti, rispetto ad un
33
Il wattmetro ideale è uno strumento che presenta due coppie ordinate di morsetti (amperometrici e
voltmetrici) ed è preposto quindi alla misura del prodotto dei valori istantanei della tensione e della
intensità della corrente secondo i riferimenti prescelti ( quindi la potenza assorbita o erogata da un bipolo,
ma anche una potenza virtuale, se le due grandezze non si riferiscono allo stesso bipolo). Tra gli
strumenti reali analogici citiamo storicamente il wattmetro elettrodinamico (tuttora in uso) dove per
ragioni meccaniche l’indicazione dello strumento si può attestare sul valore medio del prodotto delle due
grandezze misurate e quindi –ad esempio- sulla potenza media; con qualche modifica è possibile misurare
la potenza reattiva (varmetri). In ogni caso, è possibile realizzare anche wattmetri registratori della
potenza istantanea (meccanici od elettronici). Con tecniche digitali è vviamente possibile registrare i
valori istantanei delle grandezze e quindi dare continue indicazioni sulla potenza media, sulla potenza
reattiva, sulla potenza complessa, sulla potenza apparente. Tali valutazioni “on-line” consentono la
gestione del sistema attraverso idonei processori (ad es. nel “rifasamento controllato”).
Diario delle Lezioni
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A. A. 2007/2008 Introduzione ai circuiti
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trasformatore ideale, è presente la corrente a vuoto alla prima [seconda] porta. Tale
corrente sarà nulla se alla seconda [prima] porta è collegato un bipolo cortocircuito: in
tal caso il doppio bipolo si comporta come un trasformatore di corrente, ma ambedue le
tensioni sono nulle.
L’intensità della corrente a vuoto è tanto più trascurabile quanto più grande è la
reattanza ωL1 rispetto al modulo di Z1eq=a2Zu
Se l’accoppiamento non è perfetto possiamo considerare la scomposizione L1=L1‘+L1”
e L2= L2‘ + L2“ tali che tra L1 “ e L2“ vi sia la condizione di accoppiamento perfetto.
Una delle due induttanze L’ può essere scelta ad arbitrio (ad esempio nulla).
Un doppio bipolo circuito accoppiato è in genere del secondo ordine; nel caso di
accoppiamento perfetto è del primo ordine. Il trasformatore ideale è di ordine zero.
Dinamica delle reti – sistema fondamentale – Dati iniziali
Riprendendo quanto già detto in precedenza, il sistema fondamentale per una rete di l
lati consta di l equazioni topologiche (sempre algebriche) e di l equazioni caratteristiche
di cui n=nL+nC+2nM equazioni differenziali relativi a nL ed nc induttori e condensatori
indipendenti, nonché di nM doppi bipoli ad accoppiamento magnetico non perfetto.
Nel caso di sistema lineare a coefficienti costanti, la soluzione è nota a meno di n
costanti arbitrarie, che andranno valutate in base al teorema di unicità di Cauchy, cioè in
base alla determinazione del valore della funzione e delle sue n-1 derivate.
Considerato lo zero come istante di riferimento, indicheremo con 0- e 0+
rispettivamente due istanti infinitamente vicini allo zero da sinistra e destra e con f(0-)
ed f(0+) il limite sinistro e destro della funzione f(t) nel punto zero.
Condizioni iniziali -Determinazione delle costanti arbitrarie
Per ricavare le condizioni iniziali della funzione (in genere non si tratta di una funzione
a memoria) si considera la scrittura (foto) del sistema all’istante 0+.
In tale istante sono incognite quasi tutti i valori tranne quelli delle n funzioni di stato,
note dallo 0-.Inoltre sono incogniti i valori allo 0+ delle n derivate che compaiono nelle
caratteristiche dinamiche. In definitiva abbiamo n equazioni ai valori (algebrici) delle
(l-n) grandezze e delle n derivate allo 0+. Il sistema è determinato e quindi siamo in
grado di conoscere allo 0+:
- i valori delle n grandezze di stato;
- i valori delle l-n grandezze non di stato
- i valori delle n derivate prime delle grandezze di stato.
Se occorre conoscere le derivate prime delle grandezze non di stato o le derivate
seconde delle grandezze di stato, basta considerare il sistema di 2l equazioni ottenuto
derivando una ad una le equazioni del sistema fondamentale.
In questo sistema derivato, letto allo 0+, conosciamo le derivate delle grandezze di stato
dal ragionamento precedente e quindi possiamo conoscere allo 0*:
- i valori delle derivate delle l-n grandezze non di stato
- i valori delle n derivate seconde delle grandezze di stato.
Tale ragionamento può essere ripetuto fino a conoscere il valore iniziale della derivata
di ordine (n-1).
Diario delle Lezioni
38
A. A. 2007/2008 Introduzione ai circuiti
pagina 39
La suddetta formulazione può essere espressa direttamente in forma “circuitale”. Lo
schema elettrico corrisponde infatti al sistema fondamentale e può essere letto in ogni
istante, in particolare allo 0+.
La “foto” del sistema allo 0+ vede quindi i valori delle funzioni note (in genere i
generatori) valutate allo 0+ ed i valori delle grandezze di stato note in quanto continue
dallo 0-.
Per il principio di sostituzione, possiamo quindi inserire al posto dei condensatori
generatori di tensione v(0-), al posto degli induttori, generatori di corrente.
La rete in tal modo diventa “resistiva” e ad essa possono essere applicate tutte le
proprietà delle reti lineari. Possono essere quindi ricavate tutte le grandezze della rete
allo (0+). Restano altresì determinate i valori iniziali delle derivate prime delle
grandezze di stato.
Al sistema fondamentale “derivato” corrisponde lo schema “derivato” con gli stessi
bipoli (generatori e resistori), con tensioni e correnti “derivate”; i valori delle derivate
per i generatori sono noti dal primo sistema. Possono quindi essere ricavate le altre
grandezze derivate.
Si procede in tal modo qualunque sia l’ordine del sistema.
Lezione del 13/11/07 (2 h)
Esercitazione sulla determinazione delle costanti arbitrarie in un sistema del terzo
ordine
Determinazione delle frequenze naturali e dell’integrale
Il principio di sostituzione ci permette di “truccare” la foto del sistema non solo allo 0+
(per la determinazione delle costanti arbitrarie), ma in qualsiasi istante t, sostituendo ai
condensatori un generatore di tensione vc(t) e agli induttori un generatore di corrente
iL(t). La rete diventa in questo modo resistiva e possono essere facilmente valutate, con
gli ordinari metodi:
a) le intensità di corrente ic(t) nei condensatori;
b) le tensioni vL(t) sugli induttori.
Queste grandezze risulteranno quindi in relazione algebrica con le grandezze dei
“generatori”, in particolare con le vc(t) e le iL(t); le relazioni differenziali potranno essere
quindi organizzate come segue:
dvc

ic (t )  C dt  a1vc (t )  a 2 i L (t )  a3 x g (t ) ( )

di
v L (t )  L L  b1vc (t )  b2 i L (t )  b3 x g (t )
( )
dt

dove sono indicate le costanti di proporzionalità dei singoli contributi dovuti ai
generatori noti [indicati genericamente con xg(t)] e ai generatori fittizi corrispondenti ai
condensatori ed agli induttori. Da notare che dalle relazioni del tipo (α) si possono
esprimere le correnti negli induttori in funzione delle tensioni sui condensatori e della
loro derivata prima:
dv
1 

i L (t )   a1vc (t )  C c  a3 x g (t ) 
a2 
dt

La sostituzione, nelle equazioni del tipo (β) di una relazione di questo tipo e della sua
derivata
Diario delle Lezioni
39
A. A. 2007/2008 Introduzione ai circuiti
pagina 40
dx g 
d 2 vc
di L
1  dvc

  a1
 C 2  a3
dt a2  dt
dt 
dt
porta ad equazioni differenziali nelle sole vc ;in un circuito con una sola L ed una sola C,
ad una equazione del secondo ordine in vc
dx g 
 dvc
d 2 vc
dv
1 

 a1
  b1vc (t )  b2
 C 2  a3
 a1vc (t )  C c  a3 x g (t )   b3 x g (t )
dt 
a2 
dt
dt

 dt
a b  b2 a3 
d 2 vc La1  b2 C  dvc a 2 b1  b2 a1 
La dx g


vc (t )  2 3
x g (t )  3
2
LC
dt
LC
LC
LC dt
dt
L’integrale particolare, nella vc, può essere valutato a partire dal secondo membro di
quest’ultima equazione, con gli ordinari metodi dell’Analisi matematica; ricordiamo
che, nel caso di regime stazionario o sinusoidale, tale integrale può essere valutato
per vie più brevi (es. con il metodo simbolico).
Per quanto riguarda le frequenze naturali, esse possono essere ricavate dalla
equazione algebrica associata all’omogenea delle (α)-(β), ossia
 dvc
C dt  a1vc (t )  a 2 i L (t )  0 ( ' )
 di
 L L  b1vc (t )  b2 i L (t )  0
( ' )
 dt
C  a1
 a2
 CL2  ( La1  Cb2 )  a1b2  b1 a 2   0
 b1
L  b2
1
L
a2
a b  b a 
( La1  Cb2 )
 ( La1  Cb2 ) 

 
  1 2 1 2
2 LC
2 LC
LC


2
1, 2
N.B. Occorre ricordare che, nei circuiti dissipativi, tali radici devono risultare negative o
a parte reale negativa.
Diario delle Lezioni
40
A. A. 2007/2008 Introduzione ai circuiti
pagina 41
Lezione del 15/11/06 (3h)
L’esame di una grandezza di risposta y(t) (tensione o corrente in un ramo) ad una
grandezza di ingresso o forzamento x(t) (generatore di tensione o di corrente) può essere
condotta su una rete che abbia le seguenti proprietà:
a) sia tempo-invariante, ossia non si verificano variazioni nella topologia della rete
o nel valore dei parametri caratteristici [ se la rete è tempo-variante, occorrerà
restringere l’esame della dinamica in ogni intervallo in cui la rete sia tempoinvariante ];
b) sia lineare, ossia costituita da bipoli la cui caratteristica risponda a requisiti di
linearità; se una rete è costituita da bipoli fondamentali resistori, induttori
(inizialmente scarichi) e condensatori (inizialmente scarichi), la rete è lineare;
c) sia passiva, ossia vi sia solo un generatore (ingresso); se vi sono più generatori
(più ingressi), la risposta potrà valutarsi dalla somma dei contributi legati ai
singoli ingressi, se la rete è lineare.
Nei casi suddetti la risposta prende il nome di evoluzione forzata: essa dipenderà dalla
topologia della rete e dal forzamento. Se vi sono più forzamenti, l’evoluzione forzata
sarà pari alla somma dei contributi dei singoli forzamenti.
Nel caso di reti non a riposo nell’istante iniziale di osservazione della dinamica e
sottoposte a forzamento nullo, la risposta prende il nome di evoluzione libera.
Se la rete non è a riposo, essa non è lineare; infatti, nella caratteristica tensione-corrente
dei bipoli a memoria C ed L (convenzione dell’utilizzatore)
t1
dvc
(*)
ic  C
 vc t1    ic dt  vc t o 
dt
t0
t
vL  L
1
di L
 i L t1    v L dt  i L t o 
dt
t0
(**)
occorre precisare il “valore iniziale” della variabile di stato; le relazioni suddette sono
lineari solo se tale valore è nullo.
Se la rete non è a riposo e il forzamento è nullo, potremo tuttavia considerare, ai fini del
calcolo della evoluzione libera per t>0, la rete a riposo allo 0-, inserendo in parallelo ai
condensatori [scarichi] un generatore impulsivo di corrente di valore Qo=C Vo pari alla
carica sulle armature del condensatore per t=0 ed in serie agli induttori [scarichi] un
generatore impulsivo di tensione di valore pari al flusso iniziale ossia LIo. Tale
generatore fittizio, nullo per t<0 e per t>0, ricostruirà allo 0+ le condizioni di carica del
bipolo. E’ possibile dimostrare, utilizzando le equazioni del sistema fondamentale e
valutazioni basate sul bilanciamento degli impulsi, che il generatore impulsivo di
corrente [di tensione] caricherà il solo condensatore indipendente in parallelo [induttore
indipendente in serie] e nessun altro bipolo a memoria nella rete.
In generale, quindi, se la rete non è a riposo potremo considerare, ai soli fini della
risposta per t>0, la rete a riposo per t<0 ed aggiungere ai forzamenti ordinari tanti
generatori impulsivi fittizi quanti sono gli elementi a memoria carichi.
I contributi dei generatori impulsivi ricostruiranno l’evoluzione libera, mentre i
contributi dei forzamenti formeranno l’evoluzione forzata.
Avremo quindi in generale che la risposta è pari alla somma dell’evoluzione libera e
dell’evoluzione forzata.
Nella caratterizzazione dinamica delle reti assumono un ruolo fondamentale sia le
soluzioni della equazione algebrica associata all’omogenea (esprimibili come frequenze
naturali k o attraverso le costanti di tempo k =-1/k, reali o complesse coniugate) sia
Diario delle Lezioni
41
A. A. 2007/2008 Introduzione ai circuiti
pagina 42
l’integrale particolare. Poiché le soluzioni k sono negative o a parte reale negativa
nei circuiti reali (dissipativi), l’integrale particolare può essere costituito, se
individuabile, dalla soluzione secolare (a tempo infinito) ossia dalla soluzione a regime
(es. stazionario, sinusoidale, periodico, etc). Nel caso di forzamento polinomiale,
esponenziale o cisoidale (ossia costituito da una combinazione di funzioni esponenziali,
trigonometriche ed iperboliche), la soluzione secolare sarà del tipo polinomiale,
esponenziale o cisoidale; il principio di identità applicato al sistema differenziale ci
permette di valutare completamente l’integrale particolare e quindi l’integrale completo.
Laddove il forzamento non fosse del tipo suddetto o addirittura non esprimibile
analiticamente (si pensi ad esempio ad una tensione indotta da un fulmine o, più
semplicemente, al segnale derivante da un microfono), l’evoluzione delle grandezze
nella rete potrà essere ricondotta a delle risposte “canoniche” ossia a forzamenti tipo
(“standard”).
Forzamenti-tipo fondamentali sono la sollecitazione “a gradino” e la sollecitazione “ad
impulso”. La prima sembra più “accessibile” anche dal punto di vista sperimentale, la
seconda si presenta più adatta ad una formulazione analitica compatta. Rientrano nelle
sollecitazioni-tipo gli impulsi di ogni ordine, ricavabili per derivazione successiva della
funzione a gradino, nel senso delle distribuzioni.
La funzione a gradino
Per una utile presentazione della funzione a gradino (che ci
meglio la funzione impulsiva), consideriamo una funzione
derivabile del tipo
 0 per t  (t 0  )

 1
U  (t  t 0 )
(t  t 0 ) per (t 0  )  t  (t 0  )
2


 1 per t  (t 0  )

permetterà di interpretare
continua e generalmente
U
1
 t0 
t
Definiamo funzione a gradino di valore unitario applicato nel punto t0 la funzione
 0 per t  (t 0  )

U (t  t 0 )
 lim 0 U  (t  t 0 )
  1 per t  (t  )
0

La funzione a gradino risulta discontinua nel punto di applicazione34.
Funzione impulsiva
Consideriamo la funzione
P
 0 per t  (t 0  )

1/(2)
 1
P (t  t 0 )
per (t 0  )  t  (t 0  )
 2
 0 per t  (t 0  )

Tale funzione può essere considerata la derivata dalla funzione U.
Una proprietà notevole della funzione suddetta è la seguente

 P (t  t 0 )dt 

t0  
 P (t  t

0
 t0 
t
)dt 1
t0  
Al tendere a zero di , il valore di P tende ad infinito.
34
Si è soliti assegnare alla funzione a gradino nel punto di discontinuità il valore 0,5, desunto dalla U Δ.
Diario delle Lezioni
42
A. A. 2007/2008 Introduzione ai circuiti
pagina 43
La funzione impulsiva unitaria del 1° ordine (impulso di Dirac nell’istante t0) viene
definita nel modo seguente:
 0 per t  t 0

b
1 se t 0  (a, b)
 (t  t 0 ) 

(
t

t
)
dt


0

 0 se t 0 (a, b)
a
Nell’ambito della teoria delle distribuzioni, la funzione impulsiva può essere considerata
la derivata della funzione a gradino.
La funzione P può essere considerata come la differenza tra due funzioni a gradino,
uno di valore 1/2 applicato in t0- e l’altro di valore -1/2 applicato in t0+.
Possiamo quindi pensare di reiterare il procedimento precedente ed arrivare alla
definizione di impulso del 2° ordine (doppietto, costituito da due impulsi del primo
ordine “contigui” e di segno opposto, di valore illimitato) e degli impulsi di ordine
superiore.
Lezione del 20/11/07 (3h) Integrale di convoluzione – Risposta Impulsiva
Campionamento di una funzione f(t)
Consideriamo una funzione f(t) generalmente continua e derivabile. Volendo
descrivere tale funzione in un intervallo (0,t1) si può immaginare di suddividere
l’intervallo in N sottointervalli di ampiezza = t1/N e di considerare la funzione
f*(t) (di tipo “a scaletta) di valore costante nei sottointervalli e pari al valore
della funzione f(t) nell’estremo sinistro.
f(t)
f*(t)
1
k

k+
1
t1
La funzione f*(t) si “compone” con funzioni “finestra” del tipo P(t-k), ma di
ampiezza pari al valore che la funzione f(t) ha nell’estremo sinistro del
sottointervallo:
N
f * (t )   f ( k )  P (t   k )  
k 1
Per N, 0 e f*(t)f(t). Pertanto possiamo concludere che la funzione f(t)
può essere descritta, nell’intervallo suddetto, attraverso i “campioni” f() “filtrati”
da impulsi di Dirac35:
In realtà in questa presentazione non viene considerato il campione nello zero [nell’estremo destro t 1].
Per tener conto di tale campione, occorre considerare inizialmente non il valore nell’estremo sinistro ma al
centro del sottointervallo e considerando di estendere “temporaneamente” l’intervallo (0, t1) di /2 a
sinistra dello zero e a destra di t1. L’espressione del campionamento diventa
35
f (t ) 
t1 
 f ( )   t   dt
0
Diario delle Lezioni
43
A. A. 2007/2008 Introduzione ai circuiti
pagina 44
t1
f (t )   f ( )   t   dt
0
Risposta forzata (integrale di convoluzione)
Considerata una rete lineare passiva, tempo-invariante, a riposo all'istante to,
sollecitata dal forzamento f(t) (in tensione o corrente), la risposta (tensione o
corrente di lato) yf(t) (evoluzione forzata) può quindi essere espressa, per ogni
istante t>to, dalla sovrapposizione “contemporanea” dei contributi dovuti ai
termini componenti la f(t) e quindi dall'integrale di convoluzione
t
y f (t ) 
 f ( )  ht   d
t0
dove h(t-) è la risposta ad un forzamento impulsivo unitario centrato nell'istante
generico  (to<<t)36.
Se la rete non è a riposo, essa può essere ricondotta ad una rete a riposo
considerando degli opportuni “forzamenti impulsivi” per la ricostruzione delle
variabili di stato. La risposta a questi forzamenti fittizi (a forzamento f(t)=0)
rappresenta l’evoluzione libera per cui, per una rete non a riposo, la risposta y(t) è
la somma dell’evoluzione libera e dell’evoluzione forzata:
y (t )  y f (t )  y libera (t ) .
L’uso della funzione impulsiva permette quindi:
a) di introdurre propedeuticamente generatori fittizi (impulsivi) per ricostruire “in
un attimo” lo stato di non-riposo di una rete; se abbiamo interesse a conoscere
l’evoluzione delle grandezze per t>0, basterà inserire in parallelo ad un
condensatore C (nella realtà carico ad una tensione Vo all’istante t=0, ma che
supponiamo scarico per t<0) un generatore di corrente
i (t )  CVo (t ) 37
ovvero basterà inserire in serie ad un induttore L (nella realtà carico ad una intensità di
corrente Io all’istante t=0, ma che supponiamo scarico per t<0) un generatore di tensione
e (t )  LI o (t ) 38
b) di determinare la risposta impulsiva h(t) ad un generico forzamento f(t) applicato ad
una rete a riposo, tramite l’integrale di convoluzione.
36
poiché vale il principio di causalità (ossia la risposta non può dipendere dal forzamento futuro), h(t-) è

nulla per t>t1 e l'integrale di convoluzione può essere riscritto come
y f (t ) 
 f ( )  ht   d

In tal modo al condensatore viene trasferita, nell’intervallo (0-,0+) una carica Qo=CVo; tale operazione
(si ripete,fittizia) è indipendente dalla presenza del resto della rete, come si potrà anche verificare dagli
esercizi rsposti nell’ultimo paragrafo di questa nota. Si sottolinea comunque che in questa “simulazione”
perdiamo tutta l’informazione sull’evoluzione reale delle grandezze fino allo 0- (consideriamo la rete
perfettamente a riposo) ed anche nell’intervallo infinitesimo (0-,0+), in cui le grandezze di stato
raggiungono i valori effettivi.
38
In tal modo nelll’induttore viene creato , nell’intervallo (0-,0+) un flusso concatenato Φ=LIo; tale
operazione (si ripete,fittizia) è indipendente dalla presenza del resto della rete, come si potrà anche
verificare dagli esercizi rsposti nell’ultimo paragrafo di questa nota.
37
Diario delle Lezioni
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A. A. 2007/2008 Introduzione ai circuiti
pagina 45
Si vuole nel seguito riportare alcune considerazioni generali sulla h(t), che
possono essere di aiuto nelle applicazioni per la determinazione della stessa.
Seguiranno alcuni esercizi per la valutazione della risposta impulsiva basati
essenzialmente sulla osservazione che, nel sistema fondamentale, devono essere
bilanciati gli impulsi di tensione e corrente ( ossia non è possibile che in
un’equazione compaia un solo termine impulsivo); basteranno semplici
considerazioni per distinguere le grandezze impulsive da quelle non impulsive e
per valutare eventuali discontinuità delle grandezze di stato.
1. RETI DI ORDINE ZERO
Si consideri una rete costituita da soli resistori39. Essa è di ordine zero (nel
sistema fondamentale non vi sono relazioni differenziali).
E' immediato riconoscere che per un forzamento impulsivo unitario f(t)=(t), ogni
risposta h(t) è impulsiva (fig.1); è da sottolineare che h(t)=0 per t>0, essendo la
rete senza memoria.
f(t)= (t)
y(t)=h(t)=k (t)
h
fig.1
Quindi la risposta forzata generica è la "copia modificata" attraverso il fattore di
riporto kh (dimensionale o adimensionale a seconda dei casi)
t
yf (t)   f ( )   t   d  k h f(t )
t0
f(t)
y(t)= =k f(t)
h
fig.2
2. RETI DEL I ORDINE
Si considerano i due casi rilevanti:
a) un solo bipolo condensatore di capacità C (fig.3a);
b) un solo bipolo induttore di induttanza L (fig.3b)40;
39
ed altri bipoli, n-poli o n-bipoli di ordine zero quali il trasformatore ideale.
Il caso del mutuo induttore ad accoppiamento perfetto si riconduce immediatamente al caso del singolo
induttore:
40
Diario delle Lezioni
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A. A. 2007/2008 Introduzione ai circuiti
pagina 46
C
L
A
A
B
f(t)= (t)
y(t)=h(t)=k (t)
h
B
f(t)= (t)
y(t)=h(t)=k (t)
h
a)
b)
fig.3
Nel caso a) si può affermare, salvo le eccezioni di cui appresso, che l'impulso in
ingresso carica il condensatore. Infatti la rete a monte dei morsetti AB è resistiva e ad
essa si può sostituire il bipolo equivalente di Norton (fig.4a); l'intensità di corrente del
generatore equivalente di Norton e la tensione che si ritrova immediatamente ai capi del
condensatore valgono rispettivamente
iABcc(t)= kABN (t)
k
v AB  0    ABN
C
dove kABN è il dovuto fattore di riporto sul lato AB; quindi, considerando l'intervallo di
tempo (0-,+)
t
t


k
k
CR
v AB t   ABN  e eq  ABN  e c
C
C


v t 
k
k
CR
i AB t   k ABN  t   AB  k ABN  t   ABN  e eq  k ABN  t   ABN  e c
R eq
CR eq
c
t
t
vAB
A
L
C
iAB
B
iAB
ReqAB
f(t)=
 (t)
A
B
f(t)=
 (t)
y(t)=h(t)=k (t)
h
ReqAB
y(t)=h(t)=k (t)
h
e oAB
iccAB
a)
b)
fig.4
L
A
2
A
M =L1L2
B
L1
B
a
f(t)=
 (t)
y(t)=h(t)=k (t)
h
f(t)=
 (t)
a)
y(t)=h(t)=k (t)
h
b)
Diario delle Lezioni
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pagina 47
Avendo completato l'esame delle grandezze nel ramo AB, si consideri la generica
risposta h(t); essa conterrà in genere un termine impulsivo ed un termine smorzato
(fig.5a):
ht   k h  t   h0  e

t
c
 k h  t   k c v AB 0    e

t
c
t

k k
 k h  t   c ABN  e c
C
Il termine impulsivo contiene il dovuto fattore di riporto kh; esso sarà nullo se la risposta
è la tensione sul condensatore ovvero qualsiasi grandezza della rete che si può
immaginare "in parallelo" al condensatore (come la resistenza equivalente del bipolo
equivalente di Norton); negli altri casi tale fattore si determina in una rete di ordine zero,
ottenuta sostituendo al condensatore un corto circuito41. Il fattore kc si ottiene invece
considerando il “riporto” della tensione sul condensatore alla grandezza di uscita
prescelta (anche in questo caso il calcolo del riporto viene effettuato su una rete di
ordine zero, in cui tra l’altro il forzamento, valutato dallo 0+, è nullo per definizione)42.
Il fattore kABN dipende invece dalla posizione del condensatore rispetto al forzamento.
L
C
δ(t)
ht   k h t   k c v AB 0    e

δ(t)
t
ht   k h  t   k L i AB 0    e
c
a
b
fig.5
Le tensioni e correnti della porzione di rete N" nella fig.6a certamente non contengono
termini impulsivi, mentre le grandezze della porzione N' sono genericamente
interessati da termini impulsivi. Una più profonda analisi topologica è necessaria per
meglio determinare il comportamento della porzione N'.
A
N'
f(t)= (t)
N"
N'
B
L
B
N"
f(t)= (t)
C
risposte impulsive
A
risposte non impulsive
risposte impulsive
risposte non impulsive
b)
a)
fig.6
E' tuttavia da sottolineare che vi sono casi banali e "patologici":
- se la corrente di cortocircuito iABcc(t) è nulla (perchè la tensione a vuoto ai morsetti
AB è nulla: ad es. parallelo con un cortocircuito o condensatore inserito sulla diagonale
di un ponte di Weathstone bilanciato), la rete è di ordine zero e senza memoria ( il
condensatore non si carica);
- se lo stesso condensatore è alimentato con un generatore di tensione impulsivo, il
condensatore si carica ad una tensione impulsiva, la corrente nel condensatore è
un'impulso del secondo ordine, le grandezze nella rete sono impulsive come in una rete
di ordine zero e la rete non ha memoria.
41
La sostituzione con un cortocircuito è legittimata dal fatto che la tensione sul condensatore è comunque
limitata e quindi “trascurabile” rispetto alle altre tensioni impulsive presenti nella rete.
42
In altri termini, la tensione sul condensatore è la sola tensione nota, da “ripartire”.
Diario delle Lezioni
47

t
L
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pagina 48
Trattasi, come si vede, di casi marginali.
Anche nel caso b) si può affermare che l'impulso in ingresso carica l'induttore. Infatti la
rete a monte dei morsetti AB è resistiva e ad essa si può sostituire il bipolo equivalente
di Thévénin (fig.4b); la tensione del generatore equivalente di Thévénin e la intensità
della corrente che si ritrova immediatamente nell'induttore valgono rispettivamente
voAB(t)= kABT (t)
iAB(0+)= kABT /L
dove kABT è il dovuto fattore di riporto sul lato AB; quindi, considerando l'intervallo di
tempo (0-,+)
t
tR
k ABT  Leq k ABT   L
i AB t  
e

e
t
L
L
k ABT R eq  tReq
k ABT   L
L
v AB t   k ABT t   R eq i AB t   k ABT t  
e
 k ABT t  
e
L
L
Avendo completato l'esame delle grandezze nel ramo AB, si consideri la generica
risposta h(t); essa conterrà in genere un termine impulsivo ed un termine smorzato :

t

t
t

k k
ht   k h  t   h0  e
 k h  t   k L i AB 0    e
 k h  t   L ABT  e  L
L
il termine impulsivo contiene il dovuto fattore di riporto kh; esso sarà nullo se la risposta
è la tensione sul condensatore ovvero qualsiasi grandezza della rete che si può
immaginare "in serie" dall'induttore (come la resistenza equivalente del bipolo
equivalente di Thévénin); negli altri casi tale fattore si determina in una rete i ordine
zero, ottenuta sostituendo all’induttore un circuito aperto. Il fattore kL si ottiene invece
considerando il “riporto” corrente dell’induttore alla grandezza di uscita prescelta
(anche in questo caso il calcolo del riporto viene effettuato su una rete di ordine zero, in
cui tra l’altro il forzamento, valutato dallo 0+, è nullo per definizione). Il fattore k ABT
dipende invece dalla posizione dell’induttore rispetto al forzamento.
Le tensioni e correnti della porzione di rete N" nella fig.6b certamente non contengono
termini impulsivi, mentre le grandezze della porzione N' sono genericamente
interessati da termini impulsivi. Una più profonda analisi topologica sarebbe necessaria
per migliorare l'analisi del comportamento della porzione N'.
E' tuttavia da sottolineare che anche qui vi sono casi banali e "patologici":
- se la tensione a vuoto è nulla (perché la corrente di cortocircuito nel ramo AB è nulla:
ad es. serie con un circuito aperto o induttore inserito sulla diagonale di un ponte
bilanciato), la rete è di ordine zero e senza memoria ( l'induttore non si carica);
- se lo stesso induttore è alimentato con un generatore di corrente impulsivo, esso si
carica ad una corrente impulsiva, la tensione sull'induttore è un impulso del secondo
ordine, le grandezze nella rete sono impulsive come in una rete di ordine zero e la rete
non ha memoria.
L
L
3. RETI DI ORDINE SUPERIORE
Si possono considerare i seguenti casi fondamentali:
a) reti con due condensatori C1 e C2;
b) reti con due induttori L1 ed L2;
c) reti resistive con un accoppiamento magnetico non perfetto M;
d) reti con un induttore ed un condensatore.
Diario delle Lezioni
48
A. A. 2007/2008 Introduzione ai circuiti
pagina 49
Nei primi due casi non si considereranno i casi di bipoli in serie o parallelo, in quanto si
rientrerebbe in problemi del primo ordine.
Nel caso a) si consideri il caso fondamentale di forzamento impulsivo di corrente Qo(t)
su C1 (fig.3.1). In tal caso C1 si carica istantaneamente alla tensione di valore Qo/C1,
mentre C2 non si carica in quanto le correnti nella rete N” non possono essere impulsive.
La tensione su C2 resta quindi continua. La suddetta osservazione vale anche per il caso
del tipo d) descritto dalla fig. 3.2; in questo vaso infatti, non potendo essere impulsive
neanche le tensioni in N”, non si può dar luogo ad una brusca variazione della corrente
nell’induttore, che resta quindi continua.
Nel caso b) si consideri il caso fondamentale di forzamento impulsivo in tensione o(t)
su L1 (fig.3.3). In tal caso L1 si carica istantaneamente alla corrente di valore o/L1,
mentre L2 non può caricarsi istantaneamente in quanto tutte le tensioni in N” sono
limitate. La corrente in L2 resta quindi continua. La suddetta osservazione vale anche per
il caso del tipo d) descritto dalla fig. 3.4; in questo vaso infatti, non potendo essere
impulsive neanche correnti in N”, non si può dar luogo ad una brusca variazione della
tensione sul condensatore, che resta quindi continua.
In generale, nei casi di tipo a) [di tipo b)] occorrerà considerare se le correnti [le
tensioni] nei condensatori [sugli induttori] prodotti dai generatori impulsivi di tensione e
di corrente siano o meno impulsive. Per avere questa informazione, ricordando che le
grandezze di stato – escluso i casi patologici – possono avere nello zero al più un salto
limitato e quindi trascurabile rispetto all’impulso, basterà considerare al posto dei
condensatore [degli induttori] un generatore di tensione [di corrente] di valore
trascurabile e valutare in una rete “praticamente” resistiva la distribuzione delle correnti
[delle tensioni] relativi ai rami dove sono ubicati i suddetti generatori di valore
trascurabile. Se le correnti [le tensioni] risulteranno impulsive di valore Ak, si avranno
dei corrispondenti salti di tensione [di corrente] pari a Ak/Ck [Ak/Lk]. Tali considerazioni
possono essere estese anche a casi più complessi. Ad esempio, in fig. 3.5A (in fig.3.5B è
disegnata la rete resistiva associata) l’induttore L1 si carica al valore
 R2  R3
,
i L1 (0) 
L1 R1  R2  R3
il condensatore C1 al valore
1

vC1 (0) 
,
C1 R1  R2  R3
l’induttore L2 al valore
R2

,
i L2 (0) 
L1 R1  R2  R3
mentre il condensatore C2 non si carica nello zero perchè interessato da corrente di
intensità limitata.
I casi del tipo c) rientrano nei casi di due induttori, potendo per un accoppiamento
mutuo non perfetto considerare una rete equivalente contenente un trasformatore ideale
(senza memoria) e quattro induttanze fittizie L’1,L”1,L’2,L”2 (L1=L’1+L”1; L2=L’2+L”2) di
cui una (L’1 o L’2) può essere scelta arbitrariamente mentre L”1 ed L”2 danno luogo ad
una accoppiamento perfetto (ossia ad una sottorete del primo ordine).
Si può controllare che i casi a),b),c) danno luogo a frequenze naturali (o a costanti di
tempo) reali e distinte.
Diario delle Lezioni
49
A. A. 2007/2008 Introduzione ai circuiti
pagina 50
Le considerazioni sopra esposte possono essere facilmente estese a reti di ordine
superiore contenenti:
a’) un numero qualsiasi di condensatori;
b’) un numero qualsiasi di induttori;
c’) un numero qualsiasi di mutui accoppiamenti ed induttori;
d’) un numero qualsiasi di condensatori, induttori e mutui accoppiamenti.
In particolare, si può notare che la configurazione di fig.3.6 “protegge” la rete N” da
impulsi di tensione, la rete di fig.3.7 protegge la rete N” da impulsi di corrente.
Considerando gli impulsi come “disturbi”, le due figure presentano un primo esempio di
“filtri”. Ovviamente il filtro va opportunamente dimensionato.
i=Q0δ(t)
N”
C1
fig.3.1
i=Q0δ(t)
C2
N”
fig.3.2
Error!
C1
L
N”
fig.3.3
L1
v=Φδ(t)
L2
N”
L1
v=Φδ(t)
C2
Fig.3.4
A)
+
Φδ(t)
R1
C1
L1
L2
R2
R3
Diario delle Lezioni
C2
50
A. A. 2007/2008 Introduzione ai circuiti
pagina 51
fig.3.5
B)
+
Φδ(t)
R1
C1
L1
L2
R2
R3
C2
N”
L
C
fig.3.6
v=Φδ(t)
i=Q0δ(t)
N”
fig.3.7
L
C
Conclusioni
La metodologia tipica di valutazione della risposta impulsiva può essere parallelamente
riportata sia per la risposta al gradino (dove potranno essere rapidamente distinte le
grandezze discontinue da quelle continue –non solo di stato-), sia per la risposta a
sollecitazioni impulsive di ordine superiore.
La convenienza di approfondire il caso degli impulsi del primo ordine sta sia nel
considerare tali sollecitazioni di ampio interesse applicativo (basti pensare ai disturbi
transitori veloci introdotti nei circuiti elettrici -tali disturbi sono ovviamente intesi quali
ingressi indesiderati-), oppure, di converso, ai segnali digitali, che sono ingressi voluti di
breve durata e che vogliamo siano riportati nella rete quali grandezze di notevole
intensità rispetto ai “rumori” di varia origine).
L’ulteriore convenienza dell’impiego delle funzioni impulsive risiede nella semplicità
delle trasformate integrali lineari quali quella £ di Laplace in cui risulta

£ (t )  F ( s)    (t )e  st dt  1
0
L’applicazione di trasformate di tale tipo al sistema fondamentale di una rete lineare lo rende algebrico;
con le debite attenzioni, si possono quindi definire in questo caso (analogamente a quanto visto in regime
sinusoidale) operatori quali impedenze ed ammettenze e si potranno ancora applicare proprietà e
teoremi fondamentali quali sovrapposizione degli effetti ed equivalenze di bipoli attivi e passivi.
Diario delle Lezioni
51
A. A. 2007/2008 Introduzione ai circuiti
pagina 52
L’allievo informatico troverà nel seguito dei suoi studi la sistematica applicazione di metodi operatoriali
del tipo suddetto, che potranno avvalersi di numerosi e consolidati algoritmi di calcolo automatico.
Ci è sembrato utile in questa sede – data anche la ristrettezza del tempo a disposizione –
insistere, per motivi di formazione, sull’analisi della risposta impulsiva nel dominio del
tempo, che consente una verifica diretta della sintesi personale dell’allievo sulla
dinamica delle reti lineari.
Lezione del 22/11/07 (3h)
Trasformata di Laplace
La trasformata di Laplace è un operatore lineare che fa corrispondere ad una funzione
del tempo f(t) – nulla per t<0 - una funzione di variabile complessa
F ( s)  £ f t  

 f (t ) e
 st
dt
0
s    j
Il valore minimo di α, se esiste, per cui l’integrale converge è detto ascissa di
convergenza. Valgono le seguenti relazioni fondamentali
£c1 f1 t   c 2 f 2 t   c1 F1 s   c 2 F2 s 
 df 
£    s F ( s )  f (0)
 dt 
£ (t )  1


£  ( 2 ) (t )  s
£U (t ))  
 
£ e s1t

1
s
1

s  s1

£ e t sent    
 cos   ( s   ) sen
s   2  

£[ f (t ) * g (t )]  £[  f ( ) g (t   ) d ]  F ( s ) G ( s )
0
Le relazioni suddette sono particolarmente utili nell’analisi dei circuiti in regime
dinamico e possono costituire un utile riferimento – senza aggravio di calcoli - per
l’antitrasformazione.
E’ infatti facilmente controllabile che il sistema fondamentale di una rete lineare è £trasformabile se sono £-trasformabili le caratteristiche dei generatori.
Possiamo quindi considerare una rete simbolica alle £-trasformate; le relazioni tensionicorrenti sono quindi ricavabili dalla risoluzione di un sistema algebrico, in cui compare,
tra i coefficienti, l’operatore s.
Si potranno applicare il principio di sostituzione, i metodi semplificati ed in genere tutti
i teoremi basati sulla linearità quali sovrapposizione, generatore equivalente, ecc.
Diario delle Lezioni
52
A. A. 2007/2008 Introduzione ai circuiti
pagina 53
Il legame tra un forzamento d’ingresso x e una grandezza di interesse y (uscita) per una
rete tempo-invariante, a riposo per t<0, lineare ed alimentata da un solo generatore potrà
quindi essere da un operatore formale (funzione di trasferimento)
Y ( s)
H ( s) 
X ( s)
che, per quanto detto a proposito della convoluzione, risulta essere la trasformata della
risposta impulsiva.
La funzione di trasferimento risulta anche interpretabile quale operatore formale di
impedenza, ammettenza (o, in generale, immettenza), a seconda delle grandezze in
esame. L’ operatore di impedenza per un resistore vale R, quello per un induttore vale
sL; l’operatore di ammettenza per un condensatore vale sC.
Se la rete è a riposo per t<0, è pienamente soddisfatta la condizione sulla f(t) ai fini
della £-trasformazione. In tal caso la Y(s) risulta essere la trasformata dell’evoluzione
forzata.
La funzione di trasferimento, data la linearità del sistema, risulta essere un rapporto di
polinomi in s, con grado del numeratore N(s) in genere inferiore al grado del
denominatore43. L’antitrasformazione è immediata se si considerano le radici del
polinomio al denominatore (reali e distinte e/o complesse coniugate, con le loro
molteplicità)44 .
In caso di rete non a riposo, la tensione del condensatore e l’intensità di corrente
nell’induttore, allo 0+, non potranno essere considerate nulle, quindi le relazioni
 dv 
£ic (t )  C £  c   I c ( s)  sCVc ( s)  Cvc (0)
 dt 
 di 
£v L (t )  L£  L   VL ( s)  sLI L ( s)  Li L (0)
 dt 
possono essere interpretate circuitalmente, rispettivamente, come un generatore di
corrente costante (rispetto a s) in parallelo ad un condensatore di ammettenza sC e come
un generatore di tensione costante (rispetto ad s) in serie ad un induttore di impedenza
sL.
Nel dominio del tempo, questo modello corrisponde all’attivazione di corrispondenti
generatori impulsivi che istantaneamente caricano condensatori e induttori scarichi.
Esercizi sull’applicazione della £-trasformata ai circuiti elettrici.
Lezione del 27/11/07 (2h)
43
Per averne una idea, basta pensare alla regola di Kramer, per cui la risoluzione di un sistema lineare si
ottiene tramite il rapporto di due determinanti contenenti il parametro s; se i generatori “noti” sono
regolari, le loro trasformate abbassano il grado del numeratore rispetto a quello del denominatore. Se i
generatori sono impulsivi del primo ordine, la funzione di trasferimento può avere la forma
H ( s) 
N ( s)
( s)
( s)
 Q( s ) 
 As  B 
D( s )
D( s )
D( s )
dove nel quoziente Q(s) compare il termine B se la risposta impulsiva contiene un termine impulsivo di
valore B; il coefficiente A vale L nel caso di tensione (uscita) sull’induttore di induttanza L con ingresso
impulsivo unitario in corrente; il coefficiente A è pari a C nel caso di corrente (uscita) nel condensatore di
capacità C con ingresso in tensione impulsivo. In questi due casi siamo in presenza di un impulso del
secondo ordine (doppietto); per curiosità, il sistema non ha memoria. In tutti gli altri casi A vale zero.
Ovviamente resta un rapporto di polinomi in cui al numeratore c’è un resto.
m
44 1  N ( s ) 


N ( k ' )  ' t
N ( s)
t mr
£ 
 £ 1 

e   e  t  Br
 ......

m
m
2
2 m 
(m  r )!
k"
r 1
 D( s) 
 ( s  s1 )    ( s  s r )    ( s  as  b )  k ' D' ( k ' )
k
1
k"
r
Diario delle Lezioni
53
A. A. 2007/2008 Introduzione ai circuiti
pagina 54
Esercitazione sul regime stazionario e sinusoidale
Lezione del 29/11/07(3h)
Esercitazione
Lezione del 4/12/07 (3h)
ULTERIORI ESEMPI ED ESERCIZI SULLA RISPOSTA IMPULSIVA
1. Carica istantanea di un condensatore scarico C e di un induttore scarico L45
ik
i
A
ic
v
C
Vk
i(t)=CVoδ(t)
L
e(t)=LIoδ(t)
VL
a)
b)
Nel caso a) l’impulso di corrente del generatore deve essere “bilanciato” da
almeno un altro termine nell’equazione al nodo A; la corrente ik nella rete non
può essere impulsiva (escluso i casi patologici di generatore di tensione ideale o
di altro condensatore in parallelo): in tal caso infatti se la rete fosse resistivo e/o
induttiva, la tensione v sarebbe impulsiva (del primo o secondo ordine) e quindi
ic sarebbe di ordine superiore e non bilanciabile nel nodo A. Quindi ik è
trascurabile (nello zero) rispetto a i e ic ; la tensione v sul condensatore diventa:
0
0
0
1
1
1
v(0)   ic dt   idt   CV0 (t )dt V0
C 0
C 0
C 0
Nel caso b) l’impulso di tensione del generatore deve essere “bilanciato” da
almeno un altro termine nell’equazione alla maglia; la tensione vk ai capi della
rete non può essere impulsiva (escluso i casi patologici di generatore di corrente
ideale o di altro induttore in serie): in tal caso, infatti, se la rete fosse resistiva e/o
capacitiva, la corrente i sarebbe impulsiva (del primo o secondo ordine) e quindi
vL sarebbe di ordine superiore e non bilanciabile nella maglia. Quindi vk è
trascurabile (nello zero) rispetto a e e vL ; lacorrente nell’induttore diventa:
0
0
0
1
1
1
i(0)   v L dt   edt   LI 0 (t )dt I 0
L 0
L 0
L 0
2) Nei casi non riconducibili agli schemi a) e b) di cui sopra, occorre valutare
caso per caso il bilanciamento degli impulsi; nel caso di reti non elementari,
potrà essere di notevole aiuto la considerazione che le tensione sui condensatori
è limitata e quindi, nell’ambito di un bilancio di impulsi, il condensatore può
essere considerato un … “quasi” cortocircuito; inoltre l’intensità della corrente
Notare che, in relazione alle fissate grandezze di stato, sui generatori “impulsivi” va applicata la
convenzione del generatore.
45
Diario delle Lezioni
54
A. A. 2007/2008 Introduzione ai circuiti
pagina 55
negli induttori, per la presenza di generatori impulsivi, potrà al più avere un salto
limitato e quindi l’induttore può essere considerato un “quasi-aperto”. Se
l’intensità della corrente nei “cortocircuiti” è impulsiva di valore Q, il
condensatore di capacità C si caricherà alla tensione Vo=Q/C; se la tensione ai
capi degli “aperti” è impulsiva di valore Φ, l’intensità di corrente nell’induttore
di induttanza L avrà un salto Φ/L.
Esempio A) Calcolare i1(t) – La rete è a riposo per t<0.
R
R1
R2
e=Φδ(t)
V1
i2
C1
C2
V2
i1 i1
L’espressione generale della risposta è la seguente:
i1 (t )  A (t )  k1e 1t  k 2 e 2t
I valori di λ1 e di λ2 si ricavano dall’equazione caratteristica46; i valori di k1 e k2 si
ricavano “fotografando” la rete allo 0+ e ricavando i valori in tale istante della
intensità di corrente i1(t) e della sua derivata. Per tale “fotografia” occorre
conoscere gli effetti dell’impulso, ossia quali elementi a memoria si sono caricati
allo 0+.
Con riferimento a grandezze impulsive (nello zero), i due condensatori sono
assimilabili a “cortocircuiti” e quindi i due resistori risultano in parallelo; i1 è
impulsiva e carica il condensatore al valore
0
0
0
1
1
R2
 (t )
1
R2
1
v1 (0) 
i
dt

dt

 (t )dt 
1


C1
C1 0  R1  R2 R  R1R2
R1  R2
0
C1
Analogamente si carica l’altro condensatore:
0
0
R1
1
1
 (t )
1
v 2 (0  ) 
46
C2
 i dt  C  R
2
0
1 0
RR
1  R2
R 1 2
R1  R2
dt 
C2
0
0
RR1  RR2  R1R2
R2
C1 RR1  RR2  R1R2
R1
R1
1
 (t )dt 
C 2 RR1  RR 2  R1 R2
1  RR 2  R1 R 2
 RR
0
Nel nostro caso
1, 2 
 R  R1 C1  R  R2 C 2  
R  R1 C1  R  R2 C 2 2  4C1C 2 RR1  RR 2  R1 R2 
2C1C 2 RR1  RR 2  R1 R2 
Diario delle Lezioni
55
A. A. 2007/2008 Introduzione ai circuiti
pagina 56
La “foto” allo 0+ è la seguente
R
R1
R2
V2
V1
i1
i2
da cui


 V1
i1 (0)  k1  k 2  
RR 2
 R1 
R  R2

 

 

V2
R   v1 0  R  R 2   v 2 0  R



 
RR1 R  R1 
RR1  RR 2  R1 R 2
  R 2 

R  R1
 

 RR1 R 2 ( R  R 2 ) 
 R 2  R  R 2 
R1
1
1







2
2
2 
C1 ( RR1  RR 2  R1 R 2 )
C 2 ( RR1  RR 2  R1 R 2 )
C1
( RR1  RR 2  R1 R 2 )  C 2

47
Il circuito bloccato allo 0+ per il calcolo della seconda condizione iniziale è il
seguente
R
R1
R2
V’2
V’1
i’1


 V '1
'
i1 (0)  1 k1   2 k 2  

RR 2
 R1 
R  R2

 

 

'
'
V2
R   v1 0  R  R2   v ' 2 0  R


 
RR1 R  R1 
RR1  RR 2  R1 R2
  R2 

R  R1
 

47
Se le tre resistenze hanno ugual valore R e le due capacità ugual valore C, si ha
  R 2 2R 2 

1
1
 , con carica e scarica


i 0    i 0   

;  
;  
; k  0; k  
1
2
9R 4  C
C 
9 R 2C
1
RC
2
3RC
1
2
9 R 2C 2
“simultanea” dei due condensatori, che (solo) in questo caso risultano sottoposti sempre alla stessa
tensione e quindi possono considerarsi in parallelo. Per il calcolo della costante di tempo τ2 basterebbe
quindi considerare la capacità del “parallelo” pari a 2C e la resistenza vista dal detto parallelo, pari a
3R/2. Ritroviamo quindi   (2C )( 3 R)  3RC   1 . L’altra costante di tempo comparirebbe
2
2
2
esplicitamente (k1≠0) se i due condensatori, nelle stesse condizioni, non sono inizialmente caricati a
tensioni di valore uguale.
Diario delle Lezioni
56
A. A. 2007/2008 Introduzione ai circuiti
pagina 57
dove
 RR1 R2 ( R  R2 ) 



C1
 C2

 RR 2 R1 ( R  R1 ) 
i (0  )



v 2' 0    2


2 
C2
C2
C 2 ( RR1  RR 2  R1 R2 )  C1

v1' 0   
i1 (0)


C1
C1 ( RR1  RR 2  R1 R2 ) 2
==========================================================
Esempio b)
R
R1
R2
iL vL
e=Φδ(t)
V1
C1
L
i1
La corrente nell’induttore è limitata, quindi quel ramo può considerarsi “aperto”. Il
condensatore si carica al valore
v1 (0) 
1
C1
0
 i1dt 
0
1
C1
0
 (t )
1

dt 
C1 R1  R2
1  R2
R
0
Tuttavia anche la tensione sull’”aperto” è impulsiva, a causa della corrente impulsiva su
R1; quindi l’induttore si carica al valore
i L (0) 
0
0
0
1
1
1 R1 (t )
1 R1
v
dt

R
i
dt

dt 
L
11



L 0
L 0
L 0 R1  R2
L R1  R2
Lezione del 6/12/07 (2h)
Il circuito RLM
Consideriamo la dinamica di una rete contenente un doppio bipolo mutuo induttore
(fig.1). Quanto visto a suo tempo per tale doppio bipolo in regime sinusoidale,
utilizzando anche il doppio bipolo trasformatore ideale, può essere facilmente esteso al
dominio del tempo, ricordando che il trasformatore ideale è di tipo adinamico (di ordine
zero).
+
Ru
L1, L2 ,M
Ru
E(t)
Fig.1
Diario delle Lezioni
57
A. A. 2007/2008 Introduzione ai circuiti
pagina 58
Si ha infatti, nel caso di accoppiamento perfetto, detto a il rapporto di trasformazione
del trasformatore ideale e considerando l’intensità io della corrente a vuoto
primaria(fig.2)
v1 1 i1'
1
 ;   ; i1  i1'  io ;
v 2 a i2
a



di1
di
d
d
d
M 2 
L1i1  M  ai1'  L1i1  M  ai1   aMio   ( L1  aM )i1  aMio 
dt
dt dt
dt
dt
 d  M
di
di
d
d   i


v2  M 1  L2 2 
M (i1'  i0 )  L2 i2   M   2  i0   L2 i2   (  L2 )i1  Mio 
dt
dt dt
dt   a


 dt  a
Ponendo a  L1  M
si ha
M
L2
v1  L1


d
aMio 
di
v1 dt

 a ; v1  L1 o
d
v2
dt
Mio 
dt
e quindi la rete di fig.1 (sempre nell’ipotesi di accoppiamento perfetto) si può ricondurre
allo schema di fig.3.
i’1
2
1
i2
i1
v1
V2
a
io
e(t)
2’
1’
E
(t)Fig.2
-E
i’1
R1
2
1
i2
i1
+
L1
v1
a
V2
io
e(t)
2’
1’
Fig.3
In assenza di altri bipoli a memoria, la rete è del primo ordine. La variabile di stato,
continua nei casi ordinari di grandezze limitate, è la corrente io, combinazione delle
correnti al primario e al secondario, misurabile direttamente solo a secondario aperto.
Diario delle Lezioni
58
R
Ru
A. A. 2007/2008 Introduzione ai circuiti
pagina 59
Vediamo un esempio: supponiamo (fig.3) che la tensione del generatore sia pari a (-E)
per t<0 e pari a (+E) per t>0. Valutiamo l’intensità di corrente i1(t). Avremo
t  0 v1 (t )  L
di1
E (t )  v1  E 
 0; i1 

dt
R1
R1
per t  0
io (0)  io (0)  i1 (0)  
i0 (t )  k1e

R*
t
L

E
;
R1
E (t )  v1 E
E
; i0 (t ) t   i1 (t ) t  

R1
R1
R1
R* 
R1 Ru'
dove Ru'  a 2 Ru
'
R1  Ru
R*
 t 
E
2E
E 
k1  i 0 ( 0  ) 

; i0 (t ) 
1  2e L1 


R1
R
R1 

R*
R*
di
v (t )
2 ER *  L1 t '
2 ER *  L1 t
v1 (t )  L1 0 
e ; i1 (t )  12
 2
e
dt
R1
a Ru a Ru R1
i1 (t )  i1' (t )  i0 (t ) 
E
R1
R*
 t

2 R * 
L1
1  2 
1

2
e


 a Ru 
R*
2 ER *  L1 t
i2 (t )  ai  
e
aRu R1
'
1
Nel caso di accoppiamento non perfetto, potremo sempre ricondurci al caso
dell’accoppiamento perfetto “spacchettando” i coefficienti di autoinduzione. Avremo
M  L1 L2
L1  L1'  L"1
L2  L'2  L"2
M 2  L"1 L"2
In tal caso la rete diventa come in fig.4. Nonostante la presenza di 3 induttori, la rete è
del 2° ordine48. Se conosciamo le correnti (misurabili) i1 ed i2, conosciamo
immediatamente la io
L’2
i’1
R1
2
1
L’1
+
i2
i1
L”1
v1
a
V2
R
io
e(t)
2’
1’
Fig.4
salvo la presenza di altri bipoli a memoria indipendenti all’esterno del doppio bipolo. E’ appena il caso di notare che,
comunque, eventuali induttori esterni “in serie” (cioè interessati da i1 o da i2) non modificano l’ordine della rete
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Diario delle Lezioni
59
A. A. 2007/2008 Introduzione ai circuiti
pagina 60
Lezione del 11/12/07 (2h)
Esercitazione sul regime stazionario, sinusoidale e dinamico
Lezione del 13/12/07 (3h)
Esercitazione sul regime stazionario, sinusoidale e dinamico
Diario delle Lezioni
60