o animali: la magia. Gli antichi Egizi la chiama

c u l t u r a
o animali: la magia. Gli antichi Egizi la chiamavano heka, ovvero governare le potenze. Attraverso la sfera magica avrebbero cercato di
contrastare le forze occulte, come la morte o
l’insorgere di una malattia, le azioni che la natura gli avrebbe palesato sotto forma animale
o di eventi. Ne sono la riprova i numerosi testi
lasciati in eredità dagli stessi antichi Egizi e gli
innumerevoli oggetti, da loro prodotti, utilizzati per tale scopo. Per non far riferimento al
solito e pluricitato papiro Westcar, la propensione per la sfera magica è confermata da
molti altri documenti come, a titolo esemplificativo e assolutamente non esaustivo, il papiro
Ieratico di Torino 54003, un bell’esempio di
come la sfera magica compenetrasse quella
della vita quotidiana e in particolare la medicina; questo documento contiene, infatti, consigli e interventi pratici per risolvere problemi
fisici, come proteggersi gli occhi o l’estrazione
di una spina di pesce conficcata in gola.
Atro documento scritto su papiro, che alterna
azioni a invocazioni, è il Papiro Vindob 3873
conservato al Kunsthistoriches Museum di
Vienna. Redatto sia in ieratico sia in demotico,
questo documento contiene la descrizione minuziosa delle azioni che i sacerdoti avrebbero
dovuto compiere durante il lutto causato dalla
morte del toro Hapi, la divinità incarnata sotto
forma animale; compiendo i riti adeguati, i sacerdoti avrebbero garantito all'animale di continuare la sua vita divina nell’altro mondo.
In questo contesto si può anche citare il famoso trattato che segnò la fine delle ostilità
tra Egizi e Hittiti, stipulato nell’anno 21 del
regno di Ramesse II con il grande capo di
Khatti, Khattusuli: una parte dell’accordo,
scritto sui muri di Karnak, riporta chiaramente
una maledizione per chi non avesse rispettato
l’accordo: “riguardo a queste parole che sono
scritte […] quanto a colui che non le custodirà,
mille dei del paese di Khatti con mille dei del
paese d’Egitto distruggeranno la sua casa, la
sua terra, i suoi servi. Ma quanto a colui che
custodirà queste parole e non le dimenticherà
mille dei del paese di Khatti con mille dei del
paese d’Egitto faranno sì che egli sia sano e faranno sì che viva, insieme con le sue case, con
la sua terra, con i suoi servi”.
Altri esempi come quelli citati finora forniti direttamente dagli antichi Egizi sono innumerevoli, ma la distanza temporale che ci separa
dalla loro redazione e il nostro attuale approccio culturale non consentono di percepire, con
le giuste sfumature, il potere che veniva attribuito alla magia. Un buon tramite di comprensione, pur con il dovuto margine di distorsione
concettuale, è fornito dal mondo greco-romano.
Ma questo è un altro discorso.
Torniamo alla pigrizia. Se in molti non fossero
stati pigri, probabilmente, ma non ne sono così
sicuro, non avrei assistito ad alcune di queste
scene che ora condivido con voi.
Mi capita di frequentare con una certa regolarità il Museo di antichità Egizie di Torino.
Anche adesso che è soggetto a una vera e propria rivoluzione allestitiva. Ogni volta che
entro colgo un aspetto nuovo di qualche reperto. E’ sempre una sorpresa. Un particolare
sfuggito, un segno geroglifico non notato, una
decorazione di un vaso non vista con attenzione.
Anche altri elementi attraggono la mia curiosità: i comportamenti delle persone di fronte
a quella mole di reperti dietro o fuori le vetrine. Come non sentirsi piccoli di fronte ai cinque metri e sedici centimetri della statua in
arenaria che rappresenta Seti II?
Oltre all’appassionato, al curioso, al distratto,
esiste un’altra categoria di pubblico che frequenta il museo: l “esoterico a tutti i costi”.
Ognuno è ben libero di pensare, credere e vivere la propria vita come meglio crede, e allo
stesso tempo, però, deve essere libero di accettare lo stupore di chi assiste ad alcune
scene, soprattutto se rientrano nell’ordine
della caricatura.
Non sto a ricordare tutte le teorie che sono fiorite intorno al potere delle piramidi o degli oggetti “energettizanti” made in Antico Egitto,
ma voglio sottolineare come il fascino che
esercitano alcuni di questi reperti, possa ravvivare o introdurre nuovi riti da attuare quando
ci si trova nelle loro vicinanze. La parte del
leone, ovviamente, viene svolta dalle statue, a
seguire i sarcofagi e poi altri oggetti di diversa
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