Il problema delle onde stazionarie in antenna

A LTA F R E Q U E N Z A
a cura di Antonello Giovannelli*
Il problema delle onde
stazionarie in antenna
Trattiamo, in questa puntata, il problema delle onde stazionarie, eterna fonte di preoccupazione di
generazioni di tecnici. Il problema delle onde stazionarie, o, più in generale, della riflessione di potenza da
parte di un carico verso un generatore, si manifesta ogni qual volta il carico suddetto presenti
un’impedenza diversa da quella del generatore, o della linea di trasmissione, che lo alimenta.
Ing. e Prof. incaricato Compatibilità
Elettromagnetica Università di
Ferrara
[email protected]
Partiamo da lontano, definendo
l’impedenza caratteristica di una
linea di trasmissione.
Nel caso più generale possiamo
ritenere valida la relazione:
dove Zo rappresenta l’impedenza
caratteristica della linea, R la sua
resistenza superficiale per unità di
lunghezza dovuta all’effetto pelle
(la corrente ad alta frequenza
scorre sulla superficie esterna del
conduttore), g la resistenza di
dispersione del dielettrico per
unità di lunghezza (dovuta alla
non idealità del dielettrico posto
tra i conduttori), L rappresenta
l’induttanza per unità di
lunghezza, C la capacità tra i
conduttori per unità di lunghezza
ed f la frequenza. Se ipotizziamo
che la linea sia percorsa da un
segnale ad alta frequenza, allora,
poiché R e g aumentano con la
radice quadrata del valore di
frequenza, mentre L e C
aumentano quadraticamente, R e
g potranno essere trascurati, ed è
lecito considerare valida la
seguente relazione semplificata:
, ovvero
Poiché sia L che C sono
sostanzialmente indipendenti
dalla frequenza, possiamo
asserire che l’impedenza
caratteristica di una linea di
trasmissione non dipende dalla
frequenza, ma esclusivamente
dalle caratteristiche geometriche
e da quelle del dielettrico (che
determinano i valori di
induttanza e di capacità per unità
di lunghezza).
In una linea di trasmissione di
lunghezza infinita, la potenza
immessa alla sua sezione di
ingresso non tornerà mai
indietro. Può sembrare
un’affermazione strana, ma è
assolutamente ovvia per il
concetto stesso di lunghezza
infinita. Una linea di lunghezza
finita si comporta come se fosse
di lunghezza infinita nel solo caso
in cui venga terminata con un
carico di impedenza esattamente
uguale a quello caratteristico
della linea stessa. In tali
condizioni tutta la potenza verrà
assorbita dal carico e nulla
tornerà indietro verso il
generatore. Tale situazione si dice
“di carico adattato”. Nel
momento in cui il carico su cui è
terminata la linea presentasse un
valore diverso di impedenza,
avrebbe luogo il fenomeno della
riflessione di una parte della
potenza, che sarà tanto più
elevata quanto maggiore sarà la
differenza tra le impedenze.
Ragionando in termini di “onde”,
quella che viaggia dal generatore
verso il carico è definita
“incidente”, mentre quella che
torna indietro dal carico verso il
generatore è definita “riflessa”.
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A sinistra: wattmetro per la misura
della potenza diretta e riflessa
Se generatore, linea e carico
presentano il medesimo valore di
impedenza, allora si ha anche il
massimo trasferimento di
energia dal generatore al carico.
Sotto queste condizioni,
indicando con i pedici i ed L
rispettivamente le sezioni di
ingresso e di carico della linea di
trasmissione, si hanno le
relazioni:
;
La prima indica che il rapporto
tra la tensione all’ingresso della
linea e la corrente che la percorre
equivale alla sua impedenza
caratteristica; la seconda che il
rapporto tra la tensione in
corrispondenza del carico e la
corrente che lo attraversa
equivale al suo valore di
impedenza. Se l’impedenza Zo
della linea è uguale al valore ZL
del carico, consegue l’uguagliaanza
dal carico senza che si abbia
riflessione; in caso contrario
l’ultima uguaglianza non è più
verificata e si ha una riflessione di
potenza la cui entità dipende
dalla differenza tra i due membri
(ovvero tra Zo e ZL ).
Le relazioni tra tensioni e
correnti nella linea sono regolate
dalle seguenti leggi:
a) La somma vettoriale della
tensione dell’onda incidente e
della tensione dell’onda riflessa è
uguale alla tensione sul carico;
b) Il valore del rapporto tra
tensione e corrente dell’onda
incidente è uguale a quello tra
tensione e corrente dell’onda
riflessa, ed equivale
all’impedenza caratteristica della
linea;
c) Il rapporto tra tensione e
corrente sul carico equivale al
valore di impedenza del carico;
d) Nel caso di carico resistivo e in
condizioni di adattamento
perfetto, in qualunque punto
della linea l’onda di tensione e
l’onda di corrente sono in fase.
Il rapporto tra la tensione
dell’onda incidente e la tensione
dell’onda riflessa viene
denominato “coefficiente di
riflessione”, che indichiamo con
K. Tale coefficiente si ricava
facilmente dalla relazione:
e tutta la potenza viene assorbita
•
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Nel caso in cui il carico sia
puramente resistivo la ZL può
essere sostituita da RL. Sotto tali
condizioni il coefficiente di
riflessione è rappresentato da un
numero reale; diversamente, da
un numero complesso.
Per descrivere lo stato di onda
stazionaria in una linea si usa
spesso il termine ROS, ovvero
Rapporto Onda Stazionaria, che
rappresenta il rapporto tra il
massimo e il minimo valore di
tensione o di corrente che
troviamo in una linea in caso di
disadattamento di impedenza sul
carico.
In condizioni di disadattamento
la tensione e la corrente non
assumono più valori costanti in
tutti i punti della linea, ma valori
variabili con andamento
sinusoidale di periodo pari a
mezza lunghezza d’onda. In altre
parole, ogni mezz’onda
ritroveremo il medesimo valore
di tensione o di corrente; ogni
quarto d’onda si alternerà un
massimo (ventre) o un minimo
(nodo), e i ventri (nodi) di
tensione saranno sempre sfasati
di un quarto d’onda rispetto ai
ventri (nodi) di corrente. In
conclusione, a ogni ventre di
tensione corrisponderà un nodo
di corrente e viceversa. La
posizione assoluta dei ventri e
dei nodi lungo la linea dipenderà
dalla natura del carico (resistivo,
capacitivo o induttivo).
Eseguendo un po’ di passaggi
matematici si ottiene che per
si ha ,
mentre per
si ha
.
Per ricavare la percentuale di
potenza che raggiunge il carico è
possibile utilizzare la seguente
formula:
E’ facile scoprire che se il ROS
vale 2, la potenza applicata al
carico è l’80% di quella
quanto la corrente non dovrebbe
comunque superare il valore
massimo che il componente può
erogare. Nel caso di un finale a
valvola, è relativamente semplice
riadattare l’uscita del circuito sul
nuovo valore di impedenza della
linea, almeno entro certi limiti. Per
gli apparati a stato solido può
presentarsi, in modo abbastanza
subdolo, un problema molto serio,
che è quello delle autoscillazioni.
Se l’amplificatore finale, a causa
dell’eccessivo guadagno o degli
adattamenti di impedenza di
ingresso e uscita non proprio
ottimali, non garantisce la
l’incondizionata stabilità, è
possibile (direi… frequente!) che si
inneschino autooscillazioni
difficilmente prevedibili. Da ultimo,
si noti che in condizioni di
disadattamento, non è detto che il
trasmettitore riesca ad erogare la
sua potenza nominale: la norma
europea ETS 300 384 richiede che
la potenza nominale venga erogata
su un carico che presenti un
disadattamento di impedenza
massimo di –16 dB (potenza
riflessa pari a un quarantesimo
della potenza diretta, ovvero 2.5%)
Maggiore “stress” della linea
di trasmissione: se si riflette sul
fatto che in condizioni di
disadattamento totale (corto
circuito o circuito aperto), i valori
di tensione e di corrente possono
risultare di valore doppio lungo la
linea di trasmissione, è facile
dedurre che questa potrebbe
danneggiarsi per rottura del
dielettrico tra i conduttori.
Tabella 1: andamento
della potenza assorbita dal
Questo, in realtà, è un
carico in funzione del
guasto che potrebbe
valore di ROS
prodursi anche nel filtro
passa basso di uscita o nei
punti della cavità (in caso di
valvola) già soggetti ad
elevate differenze di
potenziale. In
corrispondenza dei ventri di
corrente nella linea, poiché
la potenza che si perde in un
conduttore è proporzionale
al quadrato della corrente,
avremo inoltre un forte
aumento delle perdite, con
surriscaldamento dei
conduttori ed ulteriore
collettore. Il caso opposto, ovvero
diminuzione della percentuale di
di un ventre di corrente, è in
potenza che raggiunge il carico.
generale meno pericoloso in
complessiva; se il ROS vale 3 la
percentuale scende al 60%, e
così via. Evidentemente, quando
il ROS vale uno abbiamo il 100%
della potenza trasferita al carico,
siamo cioè in condizioni di
perfetto adattamento di
impedenza.
Facciamo un piccolo esempio di
calcolo: supponiamo di avere un
carico da 75 ohm invece che da
50 ohm; il ROS varrà
dettaglio.
Perdita di potenza: la quota di
potenza che si perde è, in realtà,
modesta fino a che l’impedenza
del carico non si discosta di molto
dai 50 ohm standard. I sistemi di
antenna moderni difficilmente
presentano disadattamenti tali da
rendere significativa la perdita di
potenza. Si consideri che, in
generale, i trasmettitori per
broadcast sono dotati di
protezione contro valori di
potenza riflessa superiore al 10%
di quella diretta.
Funzionamento non ottimale
del generatore: abbiamo già
visto che in caso di disadattamento
di impedenza lungo la linea si
instaura un sistema di nodi e di
ventri di tensione e di corrente. Il
caso, in genere, più pericoloso è
quello in cui, a causa della
combinazione tra lunghezza del
cavo di antenna e della tipologia
del disadattamento (carico
resistivo, o con componente
capacitiva o induttiva), in
corrispondenza della sezione della
linea dove è collegato il
trasmettitore viene a posizionarsi
un ventre di tensione. Questo
vorrebbe dire che in quel punto si
ha un incremento del valore di
tensione RF rispetto al valore
nominale che si avrebbe in assenza
di potenza riflessa, con possibile
danneggiamento del dispositivo,
MOSFET o bipolare che sia, per
eccesso di tensione in
corrispondenza del drain, o del
ovvero 75/50, cioè 1.5.
La potenza percentuale applicata
al carico sarà pari a :
abbiamo perso il 7.7% della
potenza disponibile. La
corrispondenza tra valore di ROS e
potenza perduta viene in genere
illustrata in apposite tabelle (vedi
tabella 1).
Tutti i discorsi fatti fino ad ora si
semplificano ulteriormente nel
caso in cui si intenda ragionare
direttamente in termini di potenza
riflessa anziché di ROS o di
coefficiente di riflessione. Allora, si
potranno utilizzare misuratori di
potenza (vedi immagine a pagina
16) con scale calibrate
direttamente in W, o strumenti
analoghi in grado di fornire
un’indicazione in dB della potenza
riflessa rispetto allo “0 dB” della
potenza diretta. Fatta chiarezza
(speriamo!) sul significato del ROS
(traducibile in
inglese con VSWR),
cerchiamo di capire
quali problemi
possono presentarsi
in caso in cui
l’impianto
d’antenna (o più in
generale il carico
che si alimenta)
presenti un valore di
ROS diverso da uno.
I problemi che si
presentano sono
fondamentalmente
di tre categorie:
perdita di potenza in
trasmissione, regime
di funzionamento non ottimale del
generatore, maggiore “stress” della
linea di trasmissione. Vediamo in
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