OLTRE IL DUOPOLIO, LA TV DIGITALE E LA BANDA LARGA. LA SFIDA DEL PIEMONTE Introduzione – Mario BARBI Premessa Prima di presentare il programma del Pd sul sistema delle Comunicazioni qualche parola sul titolo che abbiamo scelto per questo incontro. Oltre il duopolio: è una tendenza in atto, favorita dalla tecnologia, ma resta, come era, un risultato non scontato e quindi un obiettivo da perseguire attivamente. La tv digitale e la banda larga. E’ un accostamento voluto, non necessario, ma che proponiamo per pensare insieme questi due momenti distinti della mutazione tecnologica che investe il sistema delle comunicazioni. La tv digitale significa più canali, più piattaforme, un diverso modo di fare e di ricevere la televisione. Un diverso modo di essere telespettatori. La banda larga evoca la rete, l’accesso ad una offerta, anche televisiva, sconfinata e la possibilità per ogni utente di operare attivamente come “comunicatore” (basti pensare ai blog). Il passaggio tecnologico cambia il ruolo degli attori in campo. Ognuno può essere “emittente” ed “editore” di se stesso. Per questo abbiamo posto un accento nel sottotitolo sul “diritto di comunicare”, diritto inteso come una possibilità che deve essere offerto a tutti i cittadini in ugual modo. Il passaggio dalla tv analogica a quella digitale può essere una occasione per promuovere anche la diffusione della banda larga. Questa riflessione vorremmo cercare di calarla nella realtà del Piemonte. In un’epoca in cui la convergenza tecnologica crea un codice universale ed unico di trasmissione di qualsiasi genere di contenuto su qualsiasi mezzo o piattaforma di diffusione, è alla nostra portata un pluralismo sempre più ricco e una partecipazione attiva sempre più effettiva. E’ comunque in questa chiave che andrebbe letto e pensato oggi il primo periodo dell’articolo 21 della Costituzione: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Il programma del Pd Sono pochi punti, ma densi e impegnativi. Un primo punto, “il diritto alla banda larga”: lo troviamo nel paragrafo che riguarda lo sviluppo delle tecnologie di punta ed è inserito nel capitolo dedicato all’ “Ambientalismo del fare”, 5.4.c.. Contiene questo obiettivo: “l’effettiva possibilità di accesso alla rete a banda larga deve diventare un diritto riconosciuto a tutti i cittadini e a tutte le imprese, su tutto il territorio nazionale…” L’altro punto è il capitolo dodici del programma (Oltre il duopolio, la tv dell’era digitale), che si articola in quattro obiettivi: - superare il duopolio sapendo che questa è una tendenza favorita dall’aumento della capacità trasmissiva resa disponibile dalla tecnologia digitale, ma sapendo anche che occorre correggere gli eccessi di concentrazione delle risorse economiche; - da qui al 2012, data dello spegnimento dell’analogico, rimettere ordine nel sistema di assegnazione delle frequenze, secondo i principi europei di proporzionalità, non discriminazione, trasparenza e apertura ai nuovi entranti adottati per la transizione in Sardegna, modello da seguire anche nelle altre regioni; - riformare la Rai – assetto proprietario e governo della società – in modo da renderla in grado di ripensare il servizio pubblico nel nuovo ambiente tecnologico; - potenziare l’industria dei contenuti di qualità destinando a questo scopo una quota del 2% dell’intero fatturato pubblicitario delle reti televisive. Le riforme avviate dal Governo Prodi Vi è una perfetta coerenza tra il programma con cui il Pd si presenta alle elezioni e l’azione di riforma avviata in questo settore dal Ministro delle comunicazioni del Governo Prodi nei due anni 1 passati. Azione che, pur non avendo portato a termine l’esame delle proposte di legge presentate al Parlamento, ha tuttavia conseguito risultati di grande rilievo sia nel settore televisivo ed audiovisivo che nel settore delle telecomunicazioni. Il Governo ha perseguito nel settore due obiettivi strategici: 1. un sistema televisivo più aperto e pluralista mediante il disegno di legge antitrust per la TV e il disegno di legge di riforma della RAI; 2. lo sviluppo delle telecomunicazioni, avendo come bussola la riduzione del Digital Divide e la diffusione della banda larga su tutto il territorio nazionale. Sul primo punto. Ricordiamo che il sistema italiano della TV è stato e resta in grande misura fortemente condizionato dal duopolio Mediaset-Rai, soggetti che insieme hanno il massimo livello di concentrazione di audience, risorse economiche e di reti televisive in Occidente. Duopolio che la legge Gasparri nulla aveva fato per correggere, favorendone anzi la perpetuazione nel nuovo sistema digitale. Dal Governo, la transizione alla tecnologia digitale è stata invece intesa come lo strumento per aprire il sistema a nuovi operatori e per promuovere l’industria dei contenuti che, nell’era della convergenza, è fonte della ricchezza culturale di un Paese. Questo era il senso del DDL-Gentiloni che fissava al 2012 il termine dello spegnimento della tv analogica (come nel resto d’Europa, al 2012), termine assunto poi nella finanziaria 2008. Restano, a mio parere, del tutto attuali le previsioni del DDL Genitoloni che attengono alla introduzione di più stringenti limiti nel mercato della raccolta pubblicitaria, nonché le precise disposizioni intese a guidare il processo di transizione analogico-digitale secondo i principi di non discriminazione stabiliti dall’ordinamento comunitario e norme anticoncentrazione più efficaci nella distribuzione a regime delle frequenze televisive, così da ridurre il peso delle posizioni dominanti e delle barriere all’ingresso sul mercato TV. (Una breve nota sulle procedure di infrazione: il ddl 1825 è stato giudicato dall’Unione Europea idoneo – una volta convertito in legge – a sanare le distorsioni provocate dalla «legge Gasparri» del 2004 nella gestione delle frequenze; discorso a parte andrebbe fatto su una ulteriore procedura avviata sulla disciplina della pubblicità, considerata lacunosa in alcune definizioni di base, quali le telepromozioni e le televendite, e inefficace e carente sul terreno dei controlli e della vigilanza). Nel quadro delle politiche per la TV, l’altro progetto di riforma ha riguardato la Rai, con il DDL 1588 presentato al Senato il 22 maggio 2007, che perseguiva lo scopo di mettere la Rai in condizione di competere nella tv del futuro, recuperando autonomia e diversità dalla tv commerciale, e offrendo pluralismo e qualità da servizio pubblico. Oggi la RAI corre un doppio rischio. Da una parte, quello della paralisi decisionale dovuta alla instabilità del vertice aziendale prodotto dalla influenza dei partiti sull’azienda. Dall’altra parte, la perdita di identità in un sistema multipiattaforma e multicanale che diluisce e disperde la diversità e la riconoscibilità del servizio pubblico. Cinque pertanto gli obiettivi della proposta di legge: i) qualità, intesa come riqualificazione e valorizzazione della missione RAI; ii) autonomia, garantita da nuove regole di governance idonee ad allentare il controllo dei partiti sul servizio pubblico; iii) efficienza, cioè un assetto societario ed organizzativo moderno; iv) minore dipendenza dalla pubblicità, assicurata da una separazione tra le funzioni di servizio pubblico (finanziate dal canone) da quelle di TV commerciale (alimentate dalla pubblicità) e quelle di operatore di rete; v) innovazione, garantita da investimenti nella digitalizzazione. Infine, brevemente, il sostegno alle Tv locali. Per incentivare il pluralismo televisivo, il Governo ha anche assicurato alle emittenti tv locali consistenti contributi, pari a € 98 milioni nel 2006, € 128 milioni nel 2007, € 153 milioni nel 2008 e € 158 milioni nel 2009, con un progressivo, significativo aumento del sostegno pubblico (+50%) rispetto a quanto fatto nella precedente legislatura. Inoltre con la legge finanziaria 2008 sono state anche approvate nuove regole intese a garantire tempi più rapidi alla fase istruttoria di liquidazione dei contributi. 2 Tendenze nella distribuzione delle risorse economiche del sistema televisivo Vediamo ora l’evoluzione della distribuzione delle risorse nel settore dei media, per imprese. Mentre dal punto di vista dell’audience, il duopolio Rai-Mediaset resta assai solido (intorno all’8590%), dal punto di vista delle risorse si è fatto largo un terzo soggetto, SKY, che, quanto a mezzi economici, non è secondo né a Rai né a Mediaset (basta guardare i dati del 2007). La competizione si sposta nei mercati della pubblicità e delle pay-tv e verso il mercato dei diritti come leva per rafforzare le posizioni nei singoli mercati. Sempre più importante è quindi l’individuazione e la regolazione dei singoli mercati del sistema. Risorse complessive del settore Tv assorbite dalle imprese 2004 RAI canone pubblicità altro MEDIASET pubblicità pay tv altro SKY pubblicità pay-tv altro Telecom Italia Media pubblicità pay-tv altro Altre emittenti pubblicità pay-tv altro 1470 1040 31 2157 2157 0 1183 58 1125 113 113 0 392 377 15 2005 2.621 1.483 1.121 17 2.312 2.228 36 48 1.792 76 1.642 11 141 128 6 7 439 386 33 20 2006 2.650 1.491 1.133 26 2.286 2.149 84 53 2.190 128 2.030 31 162 129 10 22 491 372 97 22 var% 06/05 1,1 0,5 1,1 52,9 -1,1 -3,3 133,3 10,4 26,7 68,1 23,7 193,5 14,7 0,7 73,7 234,5 11,8 -3,7 193,9 10,0 2007 var% 07/06 2.738 3,3 1.559 4,6 1.144 1,0 35 34,6 2.830 23,8 2.406 1,1 425 405,4 2.500 350 2.150 14,2 173,4 5,9 264 149 48 67 63,1 15,5 380,0 205,9 Qualche osservazione ancora su questi dati. I ricavi pubblicitari per il 2007 (sia per RAI che per Mediaset) sono di nuovo in crescita ma molto moderata (1%), mentre i ricavi pay di Mediaset crescono molto (+400%). Mediaset sta chiaramente cercando di riequilibrare il suo portafoglio costruendo una posizione forte nella pay tv: fa leva sulla sua posizione dominante nel mercato televisivo in chiaro per entrare in quello a pagamento. Un dato preoccupante, che viene segnalato da operatori potenzialmente concorrenti, sarebbe la tendenza di Mediaset di fare contratti in esclusiva con molte major sottraendo dal mercato diritti non solo a svantaggio di SKY ma anche delle nuove piattaforme. Avrebbe per esempio comprato i diritti del VOD (Video-On-Demand) in modo da sottrarre l’utilizzo dei contenuti alle piattaforme IPTV. Anche Sky sta crescendo molto sia nel settore pay (+14%) che nella pubblicità: passa da 128 milioni a 350 milioni di raccolta pubblicitaria (forse c’entra anche l’ingresso in Auditel). 3 Se disaggreghiamo il mercato della pubblicità e quello della pay tv considerandoli separatamente la situazione si presenta così Evoluzione nella distribuzione delle risorse da Pay Tv 95,6% 91,4% 79,8% 2005 2006 2007 15,8% 2,3% 4,8% 4,5% 2,1% 3,8% Sky Mediaset Other bcasters In termini relativi SKY perde pesantemente posizioni e anche tutti gli altri broadcaster arretrano, Mediaset invece cresce in termini assoluti e relativi ed arriva a rappresentare il 15% del mercato pay. Si può ritenere che abbia funzionato e che stia funzionando la combinazione di limiti e obblighi imposti a SKY al momento della fusione delle due piattaforme satellitari operanti in Italia e lo sviluppo di altre piattaforme, quali il digitale terrestre, utilizzabili per offerte pay alternative. Evoluzione nella distribuzione delle risorse pubblicitarie 56,8%55,7%57,1% 60,0% 50,0% 40,0% 30,0% 28,6%29,4% 27,2% 2005 2006 2007 20,0% 13,1% 13,0% 12,7% 10,0% 1,5% 2,0% 3,0% 0,0% RAI Mediaset SKY altri Nel mercato pubblicitario invece non ci sono profondi sconvolgimenti, Mediaset tiene e avanza leggermente, mentre Sky riesce solo a passare dal 2 al 3% del mercato. Tutti gli altri diminuiscono le loro quote di mercato. A proposito del mercato pubblicitario, vale quanto detto più sopra: dei correttivi restano necessari. 4 Transizione alla Tv digitale Ritornando all’azione di Governo, ricordiamo la fondamentale decisione adottata dal Ministro delle Comunicazioni di realizzare - in collaborazione con Agcom – un “Database” delle frequenze che, presentata nel giugno 2006, è stata completato in soli 12 mesi ed a giugno 2007 ha consentito di avere finalmente una fotografia completa e dettagliata della “giungla” dei circa 25.000 impiantifrequenza TV in Italia. Nel promuovere la transizione verso la tv digitale, il Governo Prodi si è distinto in modo chiaro dalla linea seguita dai governi di centrodestra, assumendo come vincolante il principio della neutralità tecnologica. Ricordiamo che il mero finanziamento dei decoder, adottato dal precedente Governo, fu sanzionato dalla Commissione UE proprio per la violazione di quel principio. Gli strumenti di questa nuova politica sono stati: l’avvio della sperimentazione del digitale in Sardegna e in Valle d’Aosta, con la migrazione anticipata su piattaforma digitale di una rete per broadcaster; protocolli d’intesa con Piemonte e Trentino per l’avvio di ulteriori sperimentazioni digitali in queste regioni; la costituzione del Comitato nazionale “Italia Digitale”, organismo in cui sono presenti tutti gli attori ed i soggetti interessati per definire e coordinare le attività necessarie alla realizzazione dello switch-off digitale; finanziamento della Rai con fondi “ad hoc” per lo sviluppo delle infrastrutture digitali TV; agevolazione fiscale 2007 per l’acquisto di televisori con decoder integrato e, a partire dal 2008, attraverso un processo concordato con le industrie di settore, la messa fuori commercio dei televisori privi di decoder digitale incorporato entro il marzo 2009. Nel contesto della transizione al digitale, richiamiamo il fatto che il piano della Sardegna prevede modalità tecniche tali (SFN - reti isofrquenziali, condivise dall’Autorità per le Comunicazioni) da rendere possibile la soddisfazione non solo delle esigenze di tutti gli operatori nazionali e locali, nel rispetto degli impegni internazionali assunti nella Conferenza di Ginevra del 2006, ma anche la individuazione di due reti ulteriori integralmente libere che potranno essere assegnate a nuovi entranti. Il passaggio alla tv digitale (lo switch-over) sta dunque avvenendo. Vediamo come nella diffusione delle piattaforme di accesso e nella distribuzione delle risorse tra le diverse piattaforme. Considerando che il totale di famiglie che ricevono la tv analogica è di circa 22 milioni, il satellite (DTH) e il digitale terrestre (DTT), come si vede, fanno la parte del leone, mentre quella che volgarmente si chiama tv via internet (IPTV), e che presuppone un accesso alla banda larga, è ancora molto indietro e cresce a ritmi lenti. 4.500 4.270 4.000 3.900 3.500 3.000 DTT 2.500 IPTV 2.000 DTH 1.500 1.000 500 168 20 7 Q 10 7 Q 06 42 00 6 Q Q 3 06 Q 2 06 Q 1 05 Q 4 05 Q 3 05 Q 2 05 1 Q Q 4 04 0 5 In termini di TV complessiva, Satellite e DTT hanno entrambe raggiunto una penetrazione di circa il 19% ed il 17%: complessivamente quasi la metà delle famiglie ha gia accesso alla TV digitale mentre l’IPTV gioca un ruolo molto marginale. Per quanto riguarda la distribuzione delle risorse tra le piattaforme questa è la situazione: Analogico terrestre pubblicità canone totale DTT pay pubblicità canone totale satellite DTH pubblicità pay-tv totale IPTV TOTALE crescita 2007/2006 2004 2005 2006 2007 3.603 1.437 5.040 3.600 1.382 4.982 3.267 1.288 4.555 3.026 1.276 4.302 -7,4 15 84 33 132 75 263 101 440 191 516 203 910 473 672 283 1.428 147,4 58 1.125 1.183 76 1.642 1.718 128 2.030 2.158 350 2.150 2.500 173,4 40 54 69 81 17,4 6.395 7.193 7.692 8.311 % -0,9 -5,6 51,8% 30,4 39,4 56,9 17,2% 5,9 30,1% 1,0% *Canone e pubblicità dei canali terrestri sono attribuiti proporzionalmente ad analogico e digitale terrestre sulla base della penetrazione rispettiva in una logica di switch-over. In pochi anni, dal 2004 al 2007, la quota dell’anologico terrestre è passata da poco meno dell’80% a poco più del 50%. In questo periodo, che ha visto il satellite incrementare di quasi il 150% la propria quota, anche il digitale terrestre DTT sta crescendo a ritmi molto serrati: raddoppia quasi ogni anno in termini di valore, grazie anche al contributo della pay tv. Il satellite, che cresce comunque ancora in modo rilevante, mostra una crescita meno pronunciata (sta quasi arrivando ad un livello fisiologico di saturazione). TLC – Banda larga e digital divide Sul secondo punto, relativo alle telecomunicazioni, va sottolineato l’impegno profuso dal governo per favorire la crescita di questo comparto strategico della nostra economia, avendo come principale obiettivo la riduzione del “digital divide”, ancora presente su circa un terzo del territorio italiano. Uno dei risultati più significativi dell’attività svolta dal Governo nel campo delle Telecomunicazioni è rappresentata dal bando di assegnazione dei diritti d’uso delle frequenza WiMax, dopo che il Ministero della Difesa ha accolto la proposta del Ministero delle Comunicazioni di trasferire ad uso civile le frequenze nella banda 3.4 - 3.6 GHz, permettendo così di metterne a gara il loro utilizzo. Gara che si è conclusa positivamente con ottimi risultati. Il WiMax consentirà di ridurre il divario digitale e metterà a disposizione dei cittadini italiani più banda larga. L’obiettivo, lo ripetiamo, è garantire il diritto all’accesso alla rete come servizio universale. E’ utile ricordare due strumenti utilizzati dal Governo per promuovere questa politica. 6 Il Comitato Banda Larga (20 dicembre 2006) incaricato di individuare le strategie di contrasto al digital divide. Sono stati predisposti i Piani Territoriali Nazionali per la Banda Larga, successivamente approvati dalla Conferenza permanente Stato Regioni. Con questo strumento è stato possibile stipulare il 7 novembre 2007 con la Regione Emilia Romagna un primo accordo per la banda larga nei territori a divario digitale, cui seguiranno a breve altri analoghi. Infratel. L’impegno per la infrastrutturazione tecnologica del Paese, si avvale, a livello operativo, del lavoro di Infratel, società a capitale pubblico il cui compito, come previsto dall’articolo 7 della legge 14 maggio 2005, n. 80 (interventi per la diffusione delle tecnologie digitali), è quello di realizzare il programma Larga Banda sul territorio nazionale grazie ad un monte di risorse finanziarie per 400 milioni di euro, 50 dei quali stanziati con l’ultima legge finanziaria. Ulteriori risorse sono messe a disposizione da Regioni ed enti locali. In Italia, ad oggi, quasi 6 milioni di cittadini (all’incirca il 10% dell’intera popolazione) vivono in condizioni di digital divide di lungo periodo. Il programma Larga Banda prevede attualmente, nel complesso, la costruzione di 1900 km di rete (essenzialmente fibra, ma anche soluzioni wireless, in prospettiva anche attraverso la tecnologia Wi-Max) in oltre 200 comuni delle regioni del Mezzogiorno. Tutta questa attività è stata messa in opera per buona parte nel corso del 2007. E nel 2007 è stato anche deciso di estendere il piano degli interventi anche alle regioni del centro-nord, in particolare sul presupposto che la gran parte delle 350mila piccole e medie aziende in divario digitale sono ivi allocate. E’ in questo contesto che si inquadrano i progetti di sinergia fra Infratel e la Regione Lazio, e a breve, con la Regione Piemonte. Nonostante tutto quanto si sta facendo, resta da recuperare molto terreno. I dati sulla banda larga pubblicati ultimamente dalla Commissione Europea mostrano che l’Italia è ancora indietro rispetto agli altri paesi e si piazza intorno al 20° posto tra i paesi OCSE e al 13° tra i paesi UE. In Europa, i migliori sono Danimarca, Paesi Bassi e Svezia (penetrazione della banda larga sopra il 30%), mentre Regno Unito, Francia, Belgio e Lussemburgo hanno tassi di penetrazione intorno al 21-22%. L’Italia è ancora intorno al 17,2%, al di sotto della media europea. Secondo dati più recenti, ufficiosi, l’Italia sarebbe arrivata ad una penetrazione intorno al 20%. Quindi, cresciamo. Ma anche gli altri non stanno fermi. 40,0 35,0 34,2 34,4 PB FIN 35,6 31,2 30,0 23,3 23,8 EU 15 FRA DE 25,0 20,0 17,1 18,3 25,4 25,6 25,7 LUX BE UK 20,0 15,0 10,0 5,0 0,0 ITA ES SW DK In molti paesi lo Switch-Over televisivo dall’analogico al digitale, svolto in condizioni di effettiva neutralità tecnologica, ha svolto un ruolo molto forte di spinta alla diffusione della banda larga. In Italia invece lo switchover è stato finora condizionato fortemente dagli operatori storici come il passaggio da analogico terrestre a digitale terrestre e lo sviluppo della banda larga non ne ha 7 beneficiato. Questa tendenza, se non corretta, può determinare la perdita di un occasione importante per l’adeguamento tecnologico dell’Italia, la penetrazione delle tecnologie informative e la riduzione del digital divide. Conclusioni La nostra azione è sempre stata orientata ad assicurare il pluralismo dell’offerta informativa e non solo informativa, ma anche culturale e di svago, come condizione necessaria per promuovere una cittadinanza attiva e consapevole. Nel sistema delle Comunicazioni che cambia noi intendiamo muoverci secondo le linee del programma che abbiamo illustrato e indichiamo gli orientamenti seguenti come riferimenti per ulteriori approfondimenti e riflessioni: 1. diritto alla cittadinanza elettronica Lo spegnimento della tv analogica può rappresentare una occasione per promuovere la diffusione delle tecnologie di comunicazione avanzate e di reti di comunicazione elettronica che consentano alle famiglie di esercitare un effettivo diritto di cittadinanza elettronica essendo allo stesso tempo un’importante occasione di iniziativa imprenditoriale. Va osservato in proposito, a scanso di equivoci, che la televisione digitale terrestre non può rappresentare lo strumento per superare il digital divide e fornire servizi interattivi di base ai cittadini, che invece deve passare necessariamente attraverso l’estensione di reti a banda larga e dunque l’individuazione delle tecnologie (wired e wireless) che consentano una diffusione universale del servizio di accesso e delle iniziative necessarie per lo sviluppo delle infrastrutture, lo sviluppo di servizi informatici avanzati da parte delle pubbliche amministrazione, i programmi di alfabetizzazione informatica dei cittadini. 2. ruolo del servizio pubblico nel nuovo contesto digitale La RAI deve accogliere la sfida lanciata dalla digitalizzazione delle reti e trasformarsi progressivamente da operatore verticalmente integrato, che utilizza il proprio posizionamento storico sulla rete terrestre e che privilegia una piattaforma, in una impresa culturale in grado di diffondere i propri contenuti di qualità su tutte le reti e su tutte le piattaforme disponibili, sperimentando un nuovo concetto di “universalità del servizio pubblico” che non appare più soddisfatto dai criteri, seppure ampli, di copertura delle nuove reti digitali terrestri. La RAI dovrebbe dunque ripensare il suo posizionamento strategico nel nuovo contesto di mercato affermando la propria specificità di produttore di contenuti di servizio pubblico, di informazione, di intrattenimento e di cultura, in progressiva indipendenza dal modo in cui i contenuti stessi vengono veicolati. L’esperienza inglese (dove l’OFCOM ha lanciato un dibattito per la trasformazione della BBC in un Public service content provider) può rappresentare un interessante riferimento per il dibattito italiani sul servizio pubblico. 3. garantire pluralismo e diversità culturale nel nuovo contesto La transizione al digitale favorisce il superamento ma non elimina di per sè gli squilibri che hanno caratterizzato finora il panorama televisivo e che rischiamo di perpetuarsi anche nel nuovo contesto. Se la “scarsità” delle reti e le barriere di accesso alle reti stesse è di fatto superato dalle numerose tecnologie di diffusione disponibili, gli operatori storici hanno ancora molte leve per limitare lo sviluppo di operatori alternativi. Nella nuova legislatura un’attenzione particolare dovrà essere volta a far si che la transizione al nuovo si realizzi garantendo al contempo questo riequilibrio. Gli strumenti immaginati finora (limiti alla concentrazione delle risorse economiche e tecniche) restano necessari, ma vanno integrati con misure nuove adattate al nuovo contesto. * Tabelle, elaborazione da dati AGCom 28.03.2008 8