Classi e stratificazione sociale (note sul tema della lezione) Nelle scienze sociali, il concetto di stratificazione sociale è utilizzato per descrivere le diverse forme di disuguaglianze presenti in tutte le società e riconoscibili, in una prospettiva storica, in tutte le epoche. Il termine “stratificazione” evoca la presenza di strati, ovvero di raggruppamenti sociali che ricoprono posizioni diverse all’interno della società per ciò che attiene il controllo delle risorse (materiali e immateriali) che rivestono un valore discriminante nella stessa società e che hanno a che fare con il potere, la ricchezza ed il prestigio. I vantaggi (e gli svantaggi) che derivano dal coprire posizioni gerarchicamente differenti influenzano gli stili e le condizioni di vita, le opportunità, le relazioni sociali degli individui. I teorici sociali hanno tradizionalmente distinto tre sistemi fondamentali di stratificazione: casta, ceto e classi. Nei diversi periodi storici e nei diversi contesti sociali si riscontra la prevalenza ora di uno ora di un altro di questi sistemi di stratificazione, ma vi sono anche società in cui convivono sistemi di stratificazione differenti. Il modo in cui si manifesta la stratificazione sociale e le differenziazioni interne a ciascuno strato variano da società a società e da epoca ad epoca. All’interno di una stessa società, inoltre, i sistemi di stratificazione sociale variano nel tempo. Per descrivere i diversi sistemi di stratificazione sociale è essenziale fare riferimento a due concetti, quello di “status” e quello di “ruolo”. Per status si intende la posizione sociale di un individuo o di un gruppo di individui all’interno del sistema di relazioni che costituiscono la “struttura sociale”. Inizialmente il concetto di status è stato associato ad una condizione giuridica per indicare l’insieme di diritti e di doveri derivanti da una determinata posizione sociale. I teorici sociali hanno utilizzato il concetto di status anche per richiamare l’attenzione sul prestigio (positivo o negativo) assegnato ad una determinata posizione nella stratificazione sociale secondo una logica gerarchica. I teorici sociali hanno inoltre introdotto una distinzione tra status ascritti e status acquisiti. Gli status ascritti derivano sono quelli attribuiti sulla base della tradizione per diritto di nascita (ossia perché si appartiene ad una certa famiglia) o in ragione del genere cui si appartiene (motivo per cui in molte società del passato, e ancora oggi, si riscontrano diversi status tra uomini e donne, anche quando appartengono alle stesse famiglie). Gli status acquisiti, invece, derivano dall’impegno (professionale, sociale, culturale, ecc.) degli individui e sono propri dei sistemi di stratificazione sociale aperti, ossia che riconoscono la possibilità di una certa mobilità sociali degli individui o dei raggruppamenti degli individui. Le caste Il sistema di stratificazione sociale basato sulle caste presuppone sostanzialmente degli status ascritti, attribuiti cioè alla nascita in ragione dell’appartenenza ad una determinata famiglia. Di norma questo status è immutabile. Nella casta, cioè, di norma non si può entrare e non se ne può neanche uscire, tranne eccezioni basate sulla base dei privilegi riconosciuti alle caste superiori (esempio: lo schiavo che viene dichiarato libero dal suo padrone, acquisendo così un nuovo status). Uno dei più antichi sistemi di stratificazione sociale basato sulle caste è quello indiano in cui si distinguono quattro gruppi principali e in ulteriori sottocaste (=> possibili approfondimenti). I ceti Nell’utilizzo del termine che ne fa un teorico sociale quale Max Weber, il ceto indica il rango dell’individuo e dello strato cui egli appartiene e soprattutto lo stile di vita associato a questo rango. Ogni ceto sociale, dunque, si contraddistingue per una serie di modelli di comportamento, di valori, di modi di pensare spesso rafforzati da leggi e soprattutto convenzioni sociali oltre che da una implicita gerarchia in termini di prestigio e di diritti. Il sistema sociale basato sui ceti ha caratterizzato la storia europea dal periodo feudale all’età moderna basandosi sulla distinzione tra ceto superiore (aristocrazia e piccola nobiltà), clero, borghesia (grande e piccola borghesia, commercianti, artigiani) e contadini. Classi Nella interpretazione proposta da Karl Marx, le classi sociali sono quell’insieme di individui che occupano una posizione simile nella struttura economico-sociale che caratterizza ogni modo di produzione. Ciò che contraddistingue il sistema di stratificazione sociale basato sulle classi è lo stretto legame con il controllo delle risorse materiali e dei mezzi di produzione. Teoria del conflitto La teoria del conflitto è riconducibile all’interpretazione dei rapporti sociali di produzione proposta da Karl Marx nel descrivere in particolare le società basate su un’economia di tipo capitalistico. Secondo Marx, la società industriale è caratterizzata dal contrasto tra capitale e lavoro salariato, ossia tra borghesia e proletariato. Secondo Marx, i proprietari dei mezzi di produzione (i capitalisti) sfruttano i lavoratori salariati (proletariato) controllando i profitti dell’attività produttiva. Tutto ciò determina un contrasto interno alla società capitalistica che si traduce in un conflitto tra due classi antagoniste tra loro. Tale conflitto non è facilmente ricomponibile e superabile se non attraverso un’azione rivoluzionaria che consenta al proletariato di prendere consapevolezza della propria condizione e dei meccanismi di sfruttamento messi in atto dalla classe borghese. Marx nei suoi scritti prevede anche che tale rivoluzione potrà portare all’affermazione di un nuovo modello di società socialista basata sulla proprietà comune dei mezzi di produzione.