Perché il parapsicologo è interessato ai fenomeni di premorte

Perché il parapsicologo è interessato ai fenomeni di premorte **
Piero Cassoli
* Relazione tenuta al 1ø Congresso Internazionale di Studi delle
Esperienze di Confine", San Marino:16-18 Maggio 1997.
Il titolo di questa relazione è costituito da una domanda che mi sono
posto da quando sono giunti alla nostra attenzione i primi racconti di
persone che, dopo un gravissimo episodio che ha minacciato la loro vita,
hanno ripreso conoscenza e hanno raccontato ciò che hanno "vissuto"
durante il periodo in cui talora sono stati dichiarati defunti.
La risposta sembrerebbe ovvia. E forse lo É: la stragrande maggioranza
dei Parapsicologi si É interessata a questo impervio -e spesso ingratocampo di ricerche, perchè ha ritenuto insoddisfacenti le spiegazioni che
le religioni e la filosofia davano del fenomeno morte, e di ciò che può
succedere dopo di essa. Molti parapsicologi hanno sperato che lo studio e
la eventuale comprensione del significato dei fenomeni paranormali
potessero aiutarli a dare un senso all' evento pi— tragico e ineluttabile
che può capitare all' essere umano: la morte e conseguentemente la
perdita delle persone più care; la morte e il possibile, temuto
annullamento di se stessi.
Quindi ciò che raccontano coloro che dicono e credono di essere tornati
dall'al di l…, dopo una grave crisi quasi-mortale, può avere per molti
parapsicologi un interesse e una attrazione molto rilevante e non sempre
totalmente cosciente.. Un interesse quindi strettamente legato alle
motivazioni che ci ha spinti verso i nostri studi.
Ma io credo che l'interesse del parapsicologo per i fenomeni premortali
possa essere anche di diverso tipo - e certamente É il mio caso oggi, a
questo punto della mia ricerca e credo della ricerca in generale.
Poco fa ho detto "la maggioranza dei parapsicologi": Conosco degli
studiosi del paranormale che vi si sono dedicati semplicemente perchè
coinvolti da ciò che accadeva ad amici o anche a stretti familiari,che
presentavano fenomeni per loro inspiegabili e a volte sconvolgenti e sui
quali hanno sentito la necessità di indagare più a fondo. Conosco anche
altre motivazioni. Ma sono abbastanza convinto che la principale sia la
prima che ho citato: dare un senso,una spiegazione a uno dei più grandi
problemi escatologici: cosa significa morire e cosa ci accade dopo la
morte
.In seguito a molti sarà accaduto ciò che è successo anche a me: siamo
stati coinvolti prima dalla curiosità per quello che di misterioso ed
ignoto si nascondeva dietro a quei fenomeni,caratteristica questa comune
penso a tutti i ricercatori. Poi siamo stati presi, conquistati
dall'interesse scientifico per dei fatti che sembravano contraddire i più
noti e affermati dogmi o assiomi della Scienza, e proponevano la
ricerca di una causa che potesse spiegare se non perchè, almeno come
avvenivano quegli strani fenomeni.
A un certo punto della nostra ricerca, che io vivo in prima persona e
senza soluzione di continuità da circa 50 anni, É sembrato utile e
scientificamente corretto affermare che ogni ricerca che coinvolgeva i
problemi della morte e dell'esistenza dell'al di là, era
epistemologicamente impostata in modo errato. Quando si entrava nel
metafisico (oggi diremmo correttamente seguendo Popper, in un campo di
ricerca "non falsificabile") si usciva direttamente dal campo
scientifico. Dovevamo conseguentemente e coerentemente stralciare questo
argomento dai nostri programmi.
.Personalmente sono ancora convinto della correttezza di questa
impostazione. Cosa però che non mi ha impedito di andare a metter mano a
cose che forse rasenteranno un po' l'eresia.. Spero di sapere mantenere
l'equilibrio che finora ho sempre cercato di dimostrare.
Il problema dell'esistenza di questi fenomeni così sconvolgenti e
coinvolgenti- quelli delle Esperienze Premortali- non É nuovo nella
storia dei popoli e della parapsicologia in particolare. William Barrett,
fisico ed uno dei padri fondatori della SPR inglese nel,1926 veniva
interessato per la prima volta ad una esperienza di questo tipo, per
l'interessamento della moglie, ginecologa. Essa era stata testimone di un
episodio relativo a una sua paziente, una certa signora Doris, che in
punto di morte aveva assunto una espressione sorridente e serena e aveva
detto che vedeva il papà e la sorella Vida che la chiamavano. La sorella
Vida era morta tre settimane prima, ma alla ammalata non era stato detto
nulla per non turbarla. Se attendibile, si trattava di una informazione
che Doris aveva ricevuto, durante una crisi premortale,per vie oggi
definite da noi paranormali.
Questi fenomeni compaiono abbastanza spesso nei racconti di "coloro che
sono tornati", ma in particolare compare in questo contesto, e con una
notevole frequenza, un fenomeno molto discusso e su cui É difficile
effettuare indagini: mi riferisco alla cosiddetta OBE o Esperienza
extracorporea.
Mi permetto qui di fare una digressione dalle intenzioni di questa mia
relazione. Digressione che penso potrà però coinvolgere molte persone.
Ricercando a fondo nella bibliografia mi sono meravigliato, così come
altri prima di me, nel constatare come le ricerche sulle esperienze
premortali siano iniziate così tardi. Sono iniziate solo attorno agli
anni 70 e per iniziativa entusiastica, ma metodologicamente discutibile,
di una psichiatra ormai ben conosciuta da chi si occupa di questo
argomento, Elisabeth Kubler-Ross.
Mi sono chiesto spesso: ma perchè il problema della morte, una delle
poche esperienze universali della nostra esistenza, la sola unica
certezza della nostra vita, É stato sempre così accuratamente esorcizzato
ed ignorato?. Ricordo ben chiaramente, negli ospedali, quegli squallidi
paraventi che mettevamo attorno al letto di un paziente morente. Era un
atto di egoistico abbandono e di rassegnazione. Questo triste rituale non
É totalmente scomparso, purtroppo.
E purtroppo la spiegazione non può essere che una. "Un occidentale tende
a considerare la credenza nell'al di là come prodotto di primordiali
paure in individui cui è stato negato il privilegio della conoscenza
scientifica." ( S.Grof e J. Halifax).
Aggiungo tristemente che la nostra filosofia materialista ci induce a
vedere la morte non come un possibile passaggio o, perchè no?, come una
fine anonima e tranquilla, ma come una sconfitta. Chi muore É un
perdente.
Presso molti popoli, alcuni non poi tanto primitivi, la morte, a
consolazione di chi va e di chi rimane, É un rito spesso collettivo,
dove il morente acquista un valore per la tribù, per il gruppo, spesso
addirittura una promozione sociale a spirito protettore e antenato
illustre. Presso la nostra civiltà occidentale gli estremi "compagni" di
viaggio di molti morenti sono tubi per fleboclisi, bombole di ossigeno,
polmoni artificiali o vari apparecchi di controllo delle funzioni vitali,
con tutti i loro bip bip, così anonimi, così infantili, così irridenti.
Per lenire le sofferenze psicologiche, cosa offre oggi la nostra
società, la nostra filosofia, la nostra religione con i suoi riti
formali, sbrigati in fretta da una figura a volte scialba e
disinteressata di un sacerdote?
A parziale ed umana scusante per tutto il corpo sanitario che accetta e
tacitamente convalida questi atteggiamenti, dirò che studi anche
recenti,(ma non necessari!), hanno dimostrato che gli psicoterapeuti
hanno rifiutato fino a pochi decenni fa di occuparsi dei morenti,perchè
avvertivano la inconscia paura della sofferenza fisica, della loro
precarietà biologica e della morte.
Alcuni precursori ed animatori, fra cui appunto la Kubler Ross,il gruppo
Sprint Grove del Maryland Psychiatric Research Center,(1974 e segg.)
hanno dato l'avvio a uno studio approfondito della psicoterapia, con
psichedelici e non, degli stati terminali e, quello che interessa
particolarmente, delle caratteristiche psicologiche degli stati intermedi
di cui qui ci occupiamo.
Le esperienze di Stanislav Grof e della Joan Halifax,preceduti nelle
loro ricerche, da personaggi come Aldous Huxley e i coniugi Gordon e
Valentina Wasson, si svolgono fra la fine degli anni 50 e gli anni 60.
Grof lascia Praga nel 1967, per trasferirsi, per chiamata, negli Stati
Uniti.. In altre parole siamo negli anni e dentro l'atmosfera della
rivoluzione scientifica, culturale, politica del '69. Tanti valori
cambiano, e con essi costumi, riti, credenze. Cambia naturalmente anche
l'interesse per la morte e il morire.
Debbo ammettere che io stesso, come medico, andai incontro ad un profondo
cambiamento. Basti pensare che non andavo mai a funerali dei miei
pazienti e che mi scusavo con me stesso o con altri dicendo che i
funerali rappresentavano la nostra sconfitta..
E' naturale, consequenziale ai fatti culturali e socio-politici di
quegli anni, che gli studi sulla morte e quelli in particolare sui
Fenomeni Premortali (EPM o NDE) ricevessero un impulso straordinario.
Una lettura del numero del GdM "Ritornati dalla morte" e soprattutto la
lettura attenta del libro fondamentale -qui in Italia- di Aureliano
Pacciolla, porteranno ad una aggiornatissima conoscenza di questi studi.
Ricorder• come tappe fondamentali i libri del medico Raymond Moody che
nel 1975 scrive "Life after Life" e due anni dopo "Alcune riflessioni
sulla Vita oltre la Vita". Nel 1977 Karlis Osis e Erlendhur Haraldsson,
due notissimi parapsicologi, fanno una ricerca su circa lOO0 casi in USA
e in India e fra l'altro "raccolgono dati sperimentali sufficienti per
dimostrare scientificamente che l'alcool, i farmaci, le varie droghe
leggere e pesanti non solo producono fenomeni diversi qualitativamente
dalle Esperienze Premortali, ma ne inibiscono i vissuti
tipici."(Pacciolla, pag.52).Altri AA. negli anni 80 cercheranno di
dimostrare il contrario.
Comincia anche la serie di ricerche tese a dimostrare che le differenze
culturali, religiose e geografiche, la causa e la durata delle
Esperienze Premortali, il tipo di rianimazione (E.A.Rodin,
neuropsichiatra, ne individua 10, di queste "variabili") non hanno
rilevanza sui contenuti di quelli che vengono chiamati i "Vissuti" delle
Esperienze Premortali. Non entro nei particolari di questi vissuti, che
fanno parte dell'analisi fenomenologica della NDE, come la gran luce,
la pace, la distorsione temporale, il tunnel, la visione panoramica della
vita, l'uscita dal corpo eccetera.
Il 1983 è un anno "storico" per queste ricerche. George Gallup Jr. fonda
la Gallup Poll Organisation, fa una sondaggio su scala nazionale in USA e
dice di aver riscontrato che 8 milioni di americani hanno riferito di
avere vissuto una Esperienza Premortale.
Nello stesso anno lo psichiatra B. Greyson pubblica sul "Journal of
Nervous and Mental Diseases" (Pag.369) la sua "Scala di Valutazione e
Classificazione della NDE".
Questa Scala è stata esaminata e studiata per conoscerne la validità.
Oggi i vari AA dicono che non si potrebbe fare una ricerca su questi
fenomeni senza applicarla.
Sono anch'io del parere che sia tuttora uno strumento valido, almeno per
separare tanta "spazzatura", che troviamo sparsa a piene mani in
convegni e librerie, da ricerche serie e documentate. Vi ho però
riscontrato delle deficienze che vorrei dire "assolute".
Per esempio ho valutato secondo questa Scala una mia esperienza
accadutami a 18 anni, durante un’anestesia, e che mai avevo pensato di
classificarla come una NDE, anche se il ricordo era rimasto indelebile
nella mia mente. La valutazione di questo mio caso supera i lO punti
della Scala di Greyson, quando sono sufficienti 7 punti per supporre che
un soggetto abbia vissuto una Esperienza Premortale e 10, per ritenerla
quasi sicura. Ma io non ero stato assolutamente in punto di morte e‚
anche oggi, non ritengo che quella esperienza possa considerarsi una NDE.
Gli studi proseguono tuttora fra atteggiamenti e interpretazioni caute ed
organicistiche del fenomeno, fenomeno che comunque nessuno nega, e
interpretazioni di tipo spiritualeggiante .
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Durante questo Stato di Coscienza fortemente alterato, o modificato che
dir si voglia, che è la Esperienza Premortale, compaiono con una notevole
costanza statistica delle OBE o Esperienze Fuori del Corpo.
Riservo per un altro esame il fatto che alcuni soggetti dopo questa
esperienza raccontano di avere iniziato a presentare fenomeni di tipo
paranormale. Alcuni addirittura dicono che si sono sviluppate in loro
capacità pranoterapeutiche. Quello che mi interessa di mettere in
evidenza qui è quanto ho tratto dalla casistica che compare nel libro di
Aureliano Pacciolla. Ecco i dati:
Nel 1980 Greyson e Stevenson rilevarono che il 75% del loro campione
aveva avuto una OBE.
Ring nel 1980 riscontrò che nel suo campione il 37% aveva sperimentato la
separazione dal proprio corpo fisico con la possibilità di osservare ciò
che avveniva nelle vicinanze, fra cui anche cose o avvenimenti che non
sarebbero stati visibili se l'osservazione fosse partita dal corpo fisico
stesso.
Nel 1981 O.G. Gabbard pubblica sul "Journal of Mervous and Mental
Diseases" una relazione su due inchieste che hanno coinvolto 1500
persone. Di queste, 339 hanno dichiarato di avere avuto una OBE e 33 una
Esperienza Premortale. L'A. osserva:" La confusione che si crea in questa
ricerca è che l'EPM ha caratteristiche analoghe ad altre esperienze, ma è
unica soprattutto dal punto di vista della separazione della mente dal
corpo che sembra essere il fattore chiave, che più di ogni altro
influenza il cambiamento di credenze"(del soggetto che l'ha vissuta)".
Nel 1982 É la volta del cardiologo M.B. Sabom. Si dice "tirato per i
capelli" ad interessarsi dell'argomento, spinto da una sua collega
dell'Università Emory ad Atalanta. C'É il solito scetticismo di inizio.
Ma su 1090 pazienti su cui Sabom ha indagato e che hanno avuto una crisi
quasi fatale, con perdita di coscienza (dato per me fondamentale), il 30%
ha avuto una OBE.
Nel 1983 George Gallup Jr. trova che fra i suoi soggetti il 28% ha avuto
una OBE.
Nel 1983 Greyson applica la sua Scala a 89 casi: il 35% riporta una OBE.
Nel 1988 Moody riporta sul suo "La vita oltre la vita" una tabella di
confronto fra i dati di K.Ring e P. Friedmann all'Università di
Northridge in California: Ring riscontra il 35% di OBE e Friedmann il 66.
Nel 1989 un parapsicologo molto noto, ma di affidabilità scientifica
incerta, Scott Rogo asserisce che, per lui, due sono le caratteristiche
fondamentali, perchè si possa sostenere che un vissuto è una Esperienza
Premortale: essere veramente vicini alla morte fisica e percepirsi fuori
del proprio corpo.
Nel 1990 Paola Giovetti riferisce di avere trovato nel suo campione lO
casi di OBE.
Nel 1990 Owens, Cook e Stevenson su "The Lancet" pubblicano una ricerca
su 58 casi: il 68% riferisce una OBE.
Amche nella ricerca del prof. Pacciolla i 14 soggetti che hanno raggiunto
nella Scala di Greyson i valori più alti, hanno evidenziato la voce che
si riferisce alla "separazione dal corpo".
Potrei anche finire qui ribadendo che l'esperienza extracorporea (OBE) É
stata sempre di estremo interesse per gli studiosi di Parapsicologia, e
che avere trovato un campo in cui questo fenomeno sembra prodursi con una
relativamente alta frequenza non può non interessarli. Avrei data la mia
risposta al titolo del mio intervento che avevo posto sotto forma
interrogativa.
Ma desidero approfondire brevemente questo fenomeno: la OBE appunto.
Fin dalle ricerche e dalla esperienze dei vecchi magnetizzatori sono
stati riferiti casi di quella che poi Albert De Rochas ha chiamato
_Exteriorisation de la motricitè" ed "Exteriorisation de la Sensibilitè".
Secondo questi autori esiste il 'corpo fisico', composto di sostanza
organica, e per lo meno un altro corpo 'fluidico', che sarebbe una specie
di 'doppio' del corpo fisico, invisibile, costituito da pura energia.
Come fa il pensiero a non associare a questa ipotesi i concetti
informativi della medicina energetica cinese? Questo _Doppio" o _Corpo
Astrale" sarebbe possibile, in certe particolari situazioni, (Stati
Alterati di Coscienza) esteriorizzarlo. Così esteriorizzato, sarebbe
capace di avvertire ogni tipo di stimolo sensoriale portato su di lui e
di effettuare movimenti di oggetti a distanza. Nel contempo il corpo
fisico perderebbe le corrispondenti facoltà e farebbe soltanto da
rivelatore di ciò che succede -o che avverte- il corpo astrale.
Naturalmente oggi, nell'ambito della Parapsicologia scientifica, cui
avrei l'ambizione e il desiderio di continuare ad appartenere, questi
concetti sono ritenuti solo curiosità storiche e vera archeologia del
pensiero magico. Se qualcuno azzarda qualche dubbio sulla possibilità che
qualcosa di simile corrisponda a verità, viene bollato per lo meno di
eresia o di sconfinamento nel campo del metafisico, che sempre, per
definizione, non è esplorabile con i metodi della scienza.
Comunque, la convinzione che tendo ad avere che i fenomeni di OBE siano
una realtà non spiegabile se non con la esistenza di un quid che si
esteriorizza dal corpo umano,, mi hanno indotto a ricordare i lunghi
annosi studi di questi nostri precursori e a collegare il tutto con i
dati che emergono da un'altro campo di studi che mi è congeniale e in cui
tuttora mi dibatto - con sempre minor lena ed entusiasmo- quello della
pranoterapia.
I problemi che investono la tematica dei Guaritori, che sono oltretutto
diversi da paese a paese, sono molteplici e non ho mancato di elencarli e
discuterli quasi tutti: anche recentemente ho scritto per esteso sul GdM
delle varie posizioni, legali e giuridiche, che i vari paesi adottano nei
riguardi della cosiddetta Medicina Alternativa in generale e della
Pranoterapia in particolare. Di tutti questi problemi forse quello
fondamentale ed anche il più pregnante per la Ricerca è il seguente.
Premetto che i risultati positivi di alcuni pranoterapeuti sarebbero
facilmente documentabili, se la classe medica fosse capace di un atto di
generoso disinteresse scientifico e facesse quello che ho cercato di fare
per tanto tempo e inutilmente da solo. E cioè di convalidare questi
risultati. Si può farlo, clinicamente, in modo molto convincente.
Ma veniamo alla domanda o al problema cui accennavo pocanzi: "Questi
risultati sono frutto di suggestione, sono complessivamente opera
dell'effetto placebo o di un quid che il pranoterapeuta sprigiona dal
proprio corpo?"
Il problema è stato sempre vivacemente dibattuto fra quelli che erano
chiamati "fluidisti" e quelli che erano definiti "psicologisti".
Esaminando gli Atti (Proceedings) delle Riunioni annuali della
Parapsychological Association, compaiono relazioni di studi di
laboratorio che mettono in evidenza l'azione dell'uomo su sistemi che per
definizione non possono essere sospettati di suggestionabilità: azione su
enzimi, su semi di piante, su cultura di cellule, su funghi, sul
movimento di piccoli animali. Ma quello che mi ha fatto infine propendere
per la interpretazione che ipotizza l’esistenza di un quid che passa dal
corpo dell'uomo a qualcosa -un evidenziatore- che sta fuori di esso,
sono stati gli esperimenti lunghi e coscienziosi effettuati qui in Italia
da Alberto Ansaloni e Patrizia Vecchi. Essi hanno compiuto numerose
ricerche sul comportamento dell'idrolisi del tricloruro di Bismuto in
Ossicloruro e della velocità di precipitazione di sali di Oro prima e
dopo l’applicazione delle mani di una pranoterapeuta. In seguito la
stessa persona ha cercato di influire, e positivamente, sulla cosiddetta
Velocità di Sedimentazione delle Emazie.
In questi esperimenti viene usata acqua per produrre le soluzioni su cui
agire. E questo mi ha fatto ricordare un esperimento che spesso viene
passato stranamente sotto silenzio: un famoso parapsicologo, famoso non
foss'altro che per avere condotto la battaglia per la nostra entrata
nella Associazione Americana per il Progresso delle Scienze, Douglas
Dean, ha effettuato delle ricerche sull'acqua che era stata trattata da
un famoso pranoterapeuta. L'acqua su cui il guaritore aveva imposto le
mani, serviva per innaffiare una cultura di semi di orzo e doveva
influenzarne la crescita. L'esperimento ebbe esito positivo. D'altra
parte questo è uno dei modi più semplici per esaminare in via preliminare
se un soggetto ha doti pranoterapeutiche ed è indicativo solo se condotto
con una metodologia accurata. Douglas Dean riscontrò per due volte una
variazione nello spettro di assorbimento dell'Infrarosso, che lui e i
suoi colleghi riferirono ad una alterazione dei legami idrogeno ossigeno
dell'acqua stessa.
Non voglio fare della facile ironia, ma è molto difficile pensare che in
tutto ciò che ho brevemente ricordato, giochi la suggestione.
Sono quindi passato, negli ultimi tempi, dalla parte di coloro che
pensano che tutti questi fenomeni siano prodotti da un quid che
esteriorizziamo in certe particolari situazioni.
Di qui il passo a pensare che questo quid sia poi in definitiva quello
che causa i fenomeni parapsicologici è stato molto breve. So benissimo
cosa mi si obbietterà. Credo però che non avrò per ora molte frecce al
mio arco per difendere la mia posizione, quando mi si obbietterà che sto
pericolosamente sconfinando nel metafisico e che quindi non sarà mai
possibile dimostrare che la esteriorizzazione non esiste (Ipotesi non
falsificabile). So anche che ci sarà qualcuno che dirà che non merita
neppure di obbiettarmi qualcosa.
Eppure io sono convinto che se i ricercatori cominceranno ad interessarsi
attivamente di coloro che hanno fenomeni di OBE e ne
andranno alla
ricerca e li sperimenteranno, potranno raggiungere cospicue prove
indirette della correttezza di questa mia ipotesi.
Penso che tutte le altre strade che si stanno tentando per costruire un
modello per interpretare in qualche modo i fenomeni paranormali siano
ancora molto, molto lontani dalla realtà.
Ecco perchè il parapsicologo è interessato anzi, deve interessarsi alle
Esperienze Premortali.
NOTA:
€
da " Quaderni di Parapsicologia" -
†
( n.1-1998)