C`è dell`enfasi oggi sulla comunicazione. Comunicare sembra

NOESIS - BERGAMO
INCONTRI DI FILOSOFIA
LA PAROLA
Silvano Petrosino
2014 - 2015
LA PAROLA, DISVELAMENTO DELLA
PERSONA
C’è dell’enfasi oggi sulla comunicazione. Comunicare sembra qualcosa d’immediato, naturale,
spontaneo. Se qualcosa s’inceppa, si dice, è perchè non usiamo gli strumenti adatti, quelli di ultima
generazione. Si promette una comunicazione veloce, per tutti , con tutti, sempre, dovunque. Ma
sono termini che fanno parte del lesssico della magia. C’è troppa ideologia attorno alla
comunicazione, e come ogni ideologia, sotto si nasconde qualcosa.
Usiamo parole per trasmettere informazioni, per ottenere ciò che interessa, non per condividere o
mettere in comune. La comunicazione crea problemi perchè siamo posti di fronte all’altro. La
comunicazione ci obbliga a distinguere tra significato e senso: il significato è subito accessibile,
basta districarsi con la lingua, il senso è opaco, enigmatico, ostico, “un abisso invalicabile”.
Nell’ Ulisse di Joyce marito e moglie, Leopold e Molly, si ritrovano alla fine della lunga
giornata a letto, uno vicino all’altro, ma mai così lontani. Indifferenti, non si parlano, come è da un
pò che non fanno l’amore. Di mezzo c’è la morte del loro bimbo. Molly a letto - l’altro dorme trova però la forza di reagire. Sogna un domani nuovo: si alzerà presto, andrà al mercato, comprerà
la roba che piace al marito, preparerà il pranzo, e, perchè no! si metterà quelle mutandine col pizzo,
per farsi di nuovo desiderare.
Nella Bibbia molte volte Dio si arrabbia con l’”uomo di dura cervice”, perchè non capisce: “Sii
puro!” dice Dio, ma l’uomo fraintende e fa le abluzioni”. E Dio: “Non intendevo così!”
C’è discrepanza tra significato e senso. Cappuccetto rosso parla al lupo travestito. Capisce che
qualcosa non va : “Nonna, che braccia lunghe che hai!” “E’ per abbracciarti meglio” “Ma nonna
che occhi grandi che hai!”...
La comunicazione è drammatica, è piena di equivoci. Come nella scenetta tra moglie e marito
di ritorno a casa, chiusi in un reciproco mutismo che allarma lei. Si sente in colpa per le parole di
troppo che ha detto davanti alla madre di lui. Invece lui è preoccupato per la sconfitta della squadra
del cuore.
Il senso della parola deriva dalle proprie esperienze. Le parole trascinano un mondo, non basta
decifrarle , occorre capire il mondo che sta dietro.
“Un pensiero sbrigliato che non sia regolato da nessun freno della ragione come quello degli
stolti e dei pazzi rende loquacissimi. Infatti costoro profondono ogni cosa così come viene loro alle
labbra. La penetrazione acutissima nell’intimo delle cose e il largo accoglimento nel pensiero di
molti e gravi argomenti rendono talvolta infecondi gli ingegni più chiari e più eccellenti. Essi
infatti non trovano le parole appropriate per esprimere cose tanto grandi” (Vives, teologo
spagnolo, 1538).
Il tempo dell’uomo non è l’istante; l’istante è la reazione che non comunica. Il tempo dell’uomo
è storia e pazienza.
Freud ha capito che l’altro è dentro di noi. Si tende a ingannare se stessi. Il lavoro dello
psicanalista è rintracciare la verità nelle menzogne che il paziente dice. Questo richiede fatica.
E’così anche per il poeta. Per Flaubert scivere la frase su Emma Bovary “chiuse la porta” è
difficilissimo. Si tratta di scegliere la parola giusta nell’irrompere di tante altre. Tante sono in noi le
ombre, le incertezze, le paure.
Vien da dire: “Fermati e rifletti!”
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A cura di Mauro Malighetti