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24 ore di Krapp in un foglio
21 giugno 2013
FRONT
Digest quotidiano a cura della redazione di Krapp’s Last Post – www.klpteatro.it
I Canti esistenziali di Teatrino Giullare
di Davide Raitano
“Tu ombra, oltre la soglia stai, così calma così pensosa […] Come occhio illimitato, come tempo
non ancora nato, il silenzio attende”.
Immaginifiche suggestioni, dilemmi esistenziali e autentico onirismo vibrano all'unisono
materializzandosi nelle parole e nelle immagini di Giuliano Scabia nei suoi “Canti del guardare
lontano”, un'opera che si snoda fra teatro e poesia. Il testo viene trasposto in azione scenica dalla
compagnia Teatrino Giullare aprendo così la seconda giornata del festival I Teatri del Sacro di
Lucca.
L'ambizioso progetto coinvolge un ampio ventaglio di soluzioni stilistiche che rendono lo spettacolo
complesso sia in termini compositivi che interpretativi: dai burattini alle video-installazioni, dalle
musiche alla narrazione.
Tra i semipilastri in stile corinzio dell'arco scenico del Teatro San Girolamo, si intravede la
polivalente scenografia di Cikuska: un tronco piramidale ligneo, su cui sono praticate delle
aperture con battenti apparentemente animati da un vento immaginario.
Grazie ai giochi di luce e ai numerosi deittici presenti nel testo, la struttura pare assumere diversi
connotati funzionali alla performance: diventa il tetto di una casa, un deserto, un monte su cui
avventurarsi, una sorta di Ziqqurat che permette una connessione con l'infinito, col divino, l'“Eros
dalle ali d'oro”.
Sulla scena si snoda intanto il viaggio di un cavaliere con il suo destriero, burattini manovrati
abilmente dai due attori (Giulia Dall'Ongaro ed Enrico Deotti) su una dimensione costellata di
esplosioni particellari rese con video-installazioni, a sottintendere l'esplosione da cui tutto ebbe
origine, esplorando spazi infiniti, attraversando galassie, oltre i limiti del tempo e dello spazio,
cercando di ‘guardare lontano’. “Mio signore, dove sono le stelle? Dove sono i lontani orizzonti?”.
Dialoghi platonici dal sapore leopardiano, carichi di figure retoriche e rime baciate si instaurano tra il cavaliere e l'animale: “Dappertutto si può arrivare cavalcando
l'immaginazione”.
La scena è perennemente al buio. Gli attori, i burattini e gli oggetti vengono illuminati di volta in volta da uno spotlight che ne evidenzia le caratteristiche fisiche e le
espressioni mimiche, ma non permette di coglierne appieno i particolari. Ne risulta, nel complesso, uno spettacolo forse non ancora strutturato nei minimi particolari e
bisognoso di ulteriori rivisitazioni. Dal punto di vista organizzativo, i vari problemi tecnici relativi ad audio e video hanno reso scomodo il fluire ininterrotto dello spettacolo.
D'altro canto, in termini interpretativi, si è rischiato spesso di scivolare verso una perdita di incisività comunicativa a causa dell'introduzione di momenti in cui l'unica
protagonista della scena era la parola, rendendo quasi inefficiente l'intera realizzazione, come ad esempio l'eccessiva lista di nomi e personaggi storici, sicuramente
apprezzata se dimezzata.
Uno spettacolo, insomma, che presenta il coefficiente verbale dell'autore con espedienti scenici interessanti ma ancora da scandagliare.
“Mai ho visto una luce tanto intensa. Che sia Dio? Sono i numeri. Prima del tempo, infiniti, i numeri sono tutto, il moto generatore prima d'ogni pensiero”.
Canti del guardare lontano
dal libro omonimo di Giuliano Scabia
diretto e interpretato da Teatrino Giullare
scene, oggetti, costumi: Cikuska
video: Valeria Bertozzi
produzione: Teatrino Giullare
con il sostegno di I Teatri del Sacro
durata: 1h
applausi del pubblico: 2'
Visto a Lucca, Teatri del Sacro, l'11 giugno 2013
Url articolo: http://www.klpteatro.it/i-canti-esistenziali-di-teatrino-giullare
I Teatri del Sacro: http://www.iteatridelsacro.it/
Articolo pubblicato su klpteatro.it il 20/06/2013
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Copyright © 2013 Krapp's Last Post
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Un progetto editoriale Winnie & Krapp
24 ore di Krapp in un foglio
21 giugno 2013
BACK
Digest quotidiano a cura della redazione di Krapp’s Last Post – www.klpteatro.it
A Lucca il teatro è Sacro - 2^ parte
di Mario Bianchi
Mentre nella prima parte de I Teatri del Sacro, festival che si è tenuto a Lucca dal 10 al 16
giugno, al centro di molti spettacoli vi erano state domande, richieste di speranza, dubbi sul proprio
essere e sul proprio divenire, il leitmotiv di diversi spettacoli della seconda parte di questa bella
manifestazione, che ha avuto sempre un crescente successo di pubblico, sono state l'elaborazione
del lutto, la mancanza e la presenza dell'invisibile.
A cominciare da “Un po' di Eternità”, l'intensa creazione dedicata a “Osip Mandel’štam”
da Celesterosa.
Qua Silvio Castiglioni e Silvia Pasello, con la regia diGiovanni Guerrieri, sulla drammaturgia
di Andrea Nanni, che già lo aveva visitato qualche anno fa, rendono omaggio al grande poeta
russo, mettendo in scena “un amoroso dialogo con l'invisibile” tra il poeta e sua moglie Nadežda,
“l'amica mendicante” custode dei versi del marito, mandati a memoria per eludere la censura
sovietica.
In verità lo spettacolo consta di due bellissimi sommessi monologhi, recitati in mezzo a una selva
di valigie-lapidi, a testimoniare il continuo errare del poeta, costretto per il suo anelito di libertà ad
essere recluso agli occhi del mondo.
Una storia di mancanza e dolore è anche quella raccontata in “Stava la madre” di Sandro
Mabellini, dove Angela Demattè e Giulia Zeeti, su un testo della stessa Demattè, sono le pie
donne, due semplici comparse di un film hollywoodiano, sotto una finta croce, che si
contrappongono e uniscono in un apparente banale dialogo quotidiano (contrappuntato dalle
canzoni di Ambrogio Sparagna, mescolate a canti popolari) che si fa sempre più serrato,
pregnante di tragico e corrisposto senso del dolore.
In “Chi resta” di Proxima Rex invece il tema della mancanza è riferito alla perdita di un familiare dovuto ad una strage o a un delitto di mafia, e si innesta in un interessante
progetto drammaturgico di Carmelo Rifici, partito da reali testimonianze sul campo, in cui Roberto Cavosi, Angela Demattè, Renato Gabrielli e lo stesso Rifici mettono
in scena il medesimo sentimento, coniugato con accenti diversi. In questo modo tutti i temi ad esso collegati, divisi in vero e proprio catalogo di approccio, ben espresso da
un gruppo di eccellenti attori e dalla presenza muta e significante di una telecamera, si riversano sulla coscienza degli spettatori: la ricerca di giustizia, l'impossibilità della
riconciliazione ma allo stesso modo la necessità del perdono, soprattutto, sempre però connessi con il bisogno assoluto della memoria. Tutto questo sino al bellissimo
finale, dove su una danza colma di asperità fanno da cornice le parole di quelli che sono rimasti.
In “Memorare”, di e con Ilaria Drago su drammaturgia e regia Tiziano Panici e della stessa Drago, è la mancanza della figura del Cristo a farsi presente sulla scena nella
vicenda di Maddalena, metà santa e metà puttana.
Lo spettacolo è anch'esso davvero diviso a metà, dove nella prima parte, la narrazione dell'incontro con il Cristo è rappresentato attraverso una banalità di accenti e di
parole davvero sconcertante, mentre nella seconda parte, per fortuna, quando Ilaria Drago-Maddalena si sente defraudata dell'amato, si colora di momenti di grandissimo
teatro, uno dei vertici da ricordare del festival.
Allora sì Maddalena che pulisce la croce del suo Gesù, appena crocefisso in una luce livida, cercando il suo amato in un dialogo disarmato e disarmante tra il pubblico e
forse trovandolo, diventa figura che si nobilita con un senso di pietà finalmente condivisa.
Diverse le grandi prove di attrice viste a Lucca.
In “In canto e in veglia” Elena Bucci si fa splendida interprete, accompagnata dai sommessi quanto bellissimi suoni miscelati con interventi elettronici dal vivo di Raffaele
Bassetti, del sentire e della compassione dei presenti davanti alla morte.
Lo spettacolo presenta una drammaturgia composita, fatta di ricordi personali, di racconti registrati ed elaborati, di brani di testi sacri e letterari, nel “tentativo di risentire
l’emozione e il senso di riti collettivi perduti davanti al mistero della morte”.
Sempre più brava Elena Bucci, ai limiti qualche volta di un esercizio di stile, che si conferma attrice di primaria grandezza nel panorama italiano.
Altra straordinaria prova di attrice l'abbiamo avuta in “Passione” di Tib Teatro, in cui Daniela Nicosia dirige, sotto il segno della croce, nella rilettura teatrale di “Passio
Laetitiae et Felicitatis”, romanzo di Giovanni Testori, una grande Maddalena Crippa, qui con il fratello Giovanni.
Ambientato in una cupa Brianza, narrata con il linguaggio tutto reinventato tipico di Testori, porta in scena la scandalosa vicenda umana di Felicita ed del suo disperato
bisogno di amore.
Un linguaggio così poeticamente forte che rende le situazioni, anche le più indicibili, pervase da un alone di santità.
“Una parola che comprende e abbraccia il dolore, una parola che è passio, passione nel suo significato originario di travaglio, pena, sofferenza, sia nell’atto dell’essere
scritta che in quello dell’essere proferito con l'inscindibile rapporto tra colui che scrive e colei che è scritta” sottolinea Daniela Nicosa, che riesce benissimo ad adattare il
testo per la scena, conferendogli dignità con una regia nel medesimo tempo discreta ed accorta.
Mentre molto diverse tra loro sono state le ultime due proposte del festival,
“Genesi”, liberamente tratto da "Io ti domando" di Giusi Quarenghi, dove il nascere del mondo attraverso le domande di un bambino è narrato compiutamente dalla voce
di Ferruccio Filipazzi, dal violoncello di Walter Prati e dalle immagini create con potente fantasia sulla sabbia da Massimo Ottoni, e “Croce e fisarmonica” diCarlo
Bruni e Enrico Messina, dove quest’ultimo, complici la fisarmonica ed il contrappunto di Mirko Lodedo, rende un intenso omaggio a don Tonino Bello, pastore salentino,
vescovo di Molfetta, irriducibile difensore della pace e degli ultimi.
Tra gli spettacoli delle compagnie amatoriali ci piace segnalare “Guasco”, in cui i bravi e volonterosi attori delFranco Agostino Festival, sotto la guida di Marcello
Chiarenza e dei suoi prodigi scenici, narrano i guasti compiuti dall'uomo per distruggere il creato, ispirandosi ad un romanzo di Christa Wolf.
Chiudiamo il resoconto di questo festival così particolare sottolineando la performance di un'altra attrice straordinaria (nel vero senso della parola), l'asina Geraldina,
protagonista dello spettacolo del Teatro degli Acerbi “Dio e la manutenzione dell'anima”, che con il suo accompagnatore Claudio Zanotto Contino prende per mano il
pubblico per condurlo in viaggio lungo la Via Francigena, ripercorrendo idealmente 900 chilometri dal Monginevro a Roma.
Sulle mura di Lucca, il diario di questo viaggio immaginario, concepito dal maestro Luciano Nattino, prende vita attraverso il resoconto immaginifico di alcune delle sue
tappe, e così anche gli spettatori compiono una esperienza formativa di gioiosa e ricca condivisione.
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