“STUDIO CELLULARE E MOLECOLARE DEL RIMODELLAMENTO OSSEO NEL MORBO CELIACO” DOTT. DARIO FORTUNATI DOTTORATO IN FISIOPATOLOGIA E CLINICA DELL’APPARATO SCHELETRICO (XVII CICLO) - UNIVERSITA’ “LA SAPIENZA” - ROMA DIRETTORE: PROF. ROBERTO SCANDURRA (DIP. SCIENZE BIOCHIMICHE) - UNIVERSITA’ “LA SAPIENZA” - ROMA RELATORE: PROF.SSA ANNA MARIA TETI (DIP. MEDICINA SPERIMENTALE) – “UNIVERSITA’ DELL’AQUILA" - L’AQUILA DOCENTI ESAMINATORI: PROF.SSA LUCIANA AVIGLIANO (DIP. MEDICINA SPERIMENTALE E SCIENZE BIOCHIMICHE) UNIVERSITA’ “TOR VERGATA” - ROMA PROF. FRANCESCO PUGLIESE (DIP. SCIENZE CLINICHE) UNIVERSITA’ “LA SAPIENZA” – ROMA PROF. ROBERTO SCANDURRA (DIP. SCIENZE BIOCHIMICHE) UNIVERSITA’ “LA SAPIENZA” - ROMA RIASSUNTO La malattia celiaca è associata ad alterazioni del metabolismo e a bassa densità di massa ossea. Considerando che la perdita di massa ossea nei celiaci possa essere dovuta a malassorbimento, nel corso del dottorato ho studiato alcuni aspetti che correlano la malattia celiaca all’osteopenia. Sono stati pertanto considerati due gruppi di pazienti celiaci, uno sottoposto a dieta priva di glutine e l’altro non sottoposto a dieta. Entrambi avevano una bassa densità di massa ossea. I livelli nelle urine di telopeptidi del procollagene (NTx) e di IL-6 risultavano più alti del normale nei pazienti celiaci non a dieta. I livelli di IL-1β, TNFα e TNFβ erano normali in tutti, quelli di IL-12 erano ridotti in tutti, e quelli di IL-18 erano ridotti solo nei celiaci a dieta. Il rapporto RANKL/OPG era elevato solo nei celiaci non a dieta. Cellule di sangue periferico di donatori sani, incubate in presenza di siero di pazienti celiaci non a dieta mostravano un consistente aumento del numero di osteoclasti. Inoltre i livelli di IL-18 risultavano diminuiti a seguito dell’incubazione con tale siero, mentre l’espressione di OPG era ridotta solo dopo incubazione con siero di celiaci non a dieta. Proliferazione, fosfatasi alcalina e capacità di mineralizzare la matrice risultavano fortemente aumentate in colture di osteoblasti incubate con siero di pazienti celiaci. Pertanto posso concludere che la perdita di massa ossea nella malattia celiaca potrebbe essere dovuta, oltre che a malassorbimento intestinale, anche ad uno sbilanciamento di citochine che regolano l’osteoclastogenesi e l’attività degli osteoblasti. 1 INTRODUZIONE Il tessuto osseo Lo scheletro, composto in gran parte da tessuto osseo, costituisce l’impalcatura interna dell’organismo, protegge i visceri e le parti molli, accoglie nelle sue cavità gli elementi emopoietici del midollo e rappresenta un importante deposito di calcio. L’osso (Fig. 1a) è una forma specializzata di tessuto connettivo, caratterizzato da cellule e da matrice extracellulare organica (fibre collagene e una sostanza amorfa composta di glicoproteine non collageniche e proteoglicani) ed inorganica (costituita principalmente da fosfato e carbonato di calcio). Per questa sua natura l’osso è un tessuto compatto, resistente ed altamente dinamico e grazie ad un continuo rimodellamento consente la regolazione dell’omeostasi di calcio (Ca2+) e di fosfato e la prevenzione di fratture da carico. Femore L’osso trabecolare é spugnoso, altamente vascolarizzato ed é presente nelle parti interne delle vertebre ed alle estremità delle ossa lunghe. Vertebra osso trabecolare osso corticale L’osso corticale é denso e compatto e costituisce il rivestimento esterno in particolare delle ossa lunghe. Fig. 1a Schematizzazione dei due diversi tipi di osso Il rimodellamento osseo Il rimodellamento osseo (Fig. 1b) è legato all’attività di due tipi cellulari; gli osteoblasti, di derivazione mesodermica, tondeggianti e mononucleati, che depongono osso, e gli osteoclasti, di derivazione monocito-macrofagica, multinucleati, che riassorbono l’osso (Harada et. al., 2003). BMU (Unità Multicellulare di Base) Riass. OSTEOBLASTI INATTIVI Neoform. OSTEOBLASTI ATTIVATI OSTEOCLASTO Quiescenza Quiescenza Attivazione Riassorbimento Inversione Neoformazione Fig. 1b Schematizzazione delle fasi del rimodellamento osseo 2 Per operare in modo coordinato gli osteoblasti e gli osteoclasti comunicano tra loro in maniera diretta tramite contatti cellula-cellula dovuti a interazioni ligando-recettore e, indirettamente, grazie alla secrezione di molecole solubili quali citochine, ormoni e fattori di crescita (Raisz, 1999; Goldring, 2003). Gli osteoblasti producono una serie di molecole tra le quali IL-1β, IL-6 e TNFα, le quali agiscono sui precursori degli osteoclasti inducendoli a proliferare (Fig. 2) (Ducy et al., 2000). L’interazione tra il recettore c-Fms e il suo ligando M-CSF induce l’esposizione sulla membrana dei preosteoclasti di una molecola, denominata RANK, che a seguito del legame con il suo ligando, RANKL, avvia la trasduzione del segnale indotta dal fattore di trascrizione NFkB. L’iperfosforilazione dell’inibitore IkB, la sua poliubiquitinazione e successiva degradazione ad opera del proteasoma, consente all’NFkB di migrare nel nucleo e attivare la trascrizione di geni specifici indispensabili per il completo differenziamento degli osteoclasti (Fig. 3) (Khosla, 2000). Gli osteoblasti e le cellule stromali producono anche un’altra molecola importante, l’osteoprotegerina (OPG), un recettore tronco, appartenente alla famiglia del TNF, privo del dominio transmembrana e quindi solubile (Teitelbaum, 2000; Boyle et al., 2003). L’OPG legandosi al RANKL inibisce l’osteoclastogenesi (Fig. 2). LINFOCITA T OSTEOBLASTO OSTEOBLASTO RAL RANKL sRANKL RANK OPG IL-1 -1 IL-6 IL6α TNF M-CSF TNFα c -FMS fms OSTEOCLASTOGENESI OSTEOCLASTOGENESI PRE-OSTEOCLASTO -OSTEOCLASTO OSTEOCLASTO Fig. 2 Interazioni cellulari e molecolari che portano al differenziamento degli osteoclasti CITOPLASMA P IKBα P50 PKCα P65 P IKBα P50 (UB)n P65 (UB)n IKBα P50 P65 P NFkB (UB)n IKBα P50 P65 PROTEASOMA P (UB)n IKBα TARGET TRASCRIZIONE NUCLEO Fig. 3 Via di trasduzione del segnale che coinvolge il fattore di trascrizione NFkB 3 Generalità sul morbo celiaco La malattia celiaca consiste in un’intolleranza alimentare permanente al glutine, una proteina contenuta in molti cereali, quali il frumento, la segale, l’avena e l’orzo. Nelle persone affette da celiachia questi alimenti provocano una reazione auto-immunitaria che danneggia gravemente la mucosa dell’intestino tenue, provocando l’atrofia dei villi intestinali (Fig. 4) con conseguente riduzione dell’assorbimento (Farrell et al., 2002). Paziente celiaco Controllo Fig. 4 Biopsie intestinali. Sono rappresentate due immagini di biopsie intestinali (A) di un paziente celiaco e (B) di un soggetto sano. Nel soggetto celiaco si riscontra una mucosa intestinale piatta e con pochi enterociti, a differenza dei soggetti sani dove i villi intestinali sono ben sviluppati e ricchi di cellule metabolicamente attive. La celiachia è una malattia piuttosto diffusa e la sua frequenza media nelle popolazioni è di 1:250. A soffrirne maggiormente sono gli europei rispetto agli americani. Alto è anche il numero di persone affette ma non diagnosticate, perché presentano sintomi atipici, difficilmente riconoscibili. Nei bambini la celiachia si manifesta prevalentemente con sintomi intestinali: diarrea cronica, vomito, inappetenza, gonfiore addominale e steatorrea (perdita di grassi con le feci). L’esordio dei sintomi, in genere lento e progressivo, avviene allo svezzamento, momento in cui, nella dieta dei bambini, vengono introdotti i primi alimenti contenenti glutine. Il malassorbimento intestinale può portare inoltre alla carenza di elementi importanti come il ferro, il calcio e le vitamine e questo può causare un rallentamento nella crescita e anemia (Collin et al, 2002). I sintomi però regrediscono se viene instaurata una dieta priva di glutine. L’atrofia dei villi intestinali e la steatorrea riducono l’assorbimento di calcio e vitamina D3 trattenendoli nel lume intestinale. Il malassorbimento di calcio è anche determinato da un abbassamento dei livelli di calbindina, una proteina che trasporta attivamente il calcio attraverso l’epitelio intestinale. Nei bambini la malattia può comportare un improvviso cambiamento del carattere; il soggetto diventa irritabile e disinteressato all’ambiente che lo circonda, e comincia a rifiutare il cibo. Tutto questo, a lungo andare, può alterare il suo equilibrio psichico e causare un ritardo nell’uso del linguaggio. Negli adulti la malattia tende a presentarsi con sintomi atipici; debolezza muscolare, dolori alle ossa, tendenza a fratture, alterazioni cutanee, afte, anemia. Questi sintomi sono comuni a molte altre patologie e anche per questo motivo la celiachia spesso sfugge alla diagnosi. Inoltre l’iperparatiroidismo secondario, seguito talvolta da ipocalcemia, può indurre un’accelerazione del “turnover” osseo con una prevalenza di perdita d’osso che può portare a forme di osteoporosi (Kemppainen et al, 1999; Selby et al. 1999; Southerland & Valentine, 2001; Bianchi & Bardella, 2002). 4 Meccanismi molecolari e genetica del morbo celiaco La celiachia è oggi considerata una malattia auto-immune, vale a dire provocata da un'alterata reazione immunitaria a carico dei tessuti dell’organismo. Nel caso della celiachia la reazione autoimmune è scatenata dalla gliadina, una frazione del glutine. La gliadina si lega ad un enzima presente in molti tessuti, la transglutaminasi tissutale (TGt). Questo enzima, citoplasmatico e ubiquitario, viene secreto in risposta a stress e lesioni tissutali e, di norma, catalizza il trasferimento del gruppo acilico tra un residuo di glutammina e l’amino-gruppo di un residuo di lisina. Il risultato della reazione è la formazione di un legame isopeptidilico tra i residui di glutammina e di lisina di due proteine. Quando però il residuo di lisina non è disponibile, la reazione netta è una deamidazione della proteina. (Koning, 2003; Dewar et al., 2004). Sembra che nella malattia celiaca questa specifica deamidazione provochi una modificazione dei peptidi di glutine e questo richiami popolazioni di linfociti Th1 che a loro volta rilasciano citochine infiammatorie come il TNFα, l’IL-1, l’IL-6 e l’IFN-γ che provocano il danno tissutale maggiormente della mucosa intestinale. Contemporaneamente linfociti Th2 stimolano i linfociti B a produrre anticorpi contro la tGTasi (Schuppan & Hahn, 2002). Inizialmente viene alterata la struttura e la funzionalità degli enterociti, ma il danno può estendersi al sistema nervoso, alla cute, ai denti, al fegato e al pancreas perché l’attivazione incontrollata delle tGTasi con la conseguente produzione di nuovi antigeni, stimolano il sistema immunitario a “difendersi”. I meccanismi precisi che provocano il danno alla mucosa non sono ancora del tutto chiari e sono attualmente oggetto di studio. Quello che sappiamo è che si verifica una presenza massiccia di linfociti nella lamina propria, con prevalenza di linfociti T helper CD4+ e, nell’epitelio sovrastante, di linfociti T citotossici CD8+. E’ stato, inoltre, evidenziato un grosso aumento di espressione del recettore per l’IL-2, una molecola responsabile della stimolazione della proliferazione dei linfociti. La malattia celiaca ha la tendenza a presentarsi in più di un componente della stessa famiglia e di conseguenza è stata supposta l’importanza di una predisposizione genetica. La componente genetica della malattia celiaca è stata confermata attraverso lo “screening” con anticorpi anti-gliadina di familiari di primo grado di pazienti celiaci. La suscettibilità alla malattia celiaca è associata con geni che mappano nella regione del sistema HLA. Condizione necessaria, ma non sufficiente, per sviluppare la celiachia, è la presenza sulla membrana delle cellule immunocompetenti di una molecola HLA di classe II formata da due particolari catene alfa e beta (il cosiddetto eterodimero HLA corrispondente al fenotipo DQ2), codificate dagli alleli a0501 e b0201, in grado di legare con alta affinità peptidi di gliadina e di presentarli a specifici linfociti T (Fig. 5a). HLA DQ2 (o DQ8) LINFOCITA APC Fig. 5a Schematizzazione dell’interazione tra il recettore del linfocita T e la molecola HLA sulla membrana della cellula APC (Antigen Presenting Cell). 5 L'eterodimero "celiaco" è sempre presente quando al DQ2 si associa il DR3 o il complesso DR7/DR5. Nel primo caso, l'analisi di “linkage” mostra che i geni della catena a e della catena b sono presenti sullo stesso cromosoma (configurazione “cis”). Nel secondo caso i due geni si trovano su cromosomi diversi (configurazione “trans”): la sequenza b0201 per la catena beta si trova sul cromosoma che esprime la specificità sierologica DR7; la sequenza a0501 per la catena alfa, invece, si trova sul cromosoma che esprime il DR5. In una minoranza dei celiaci (8%) la predisposizione è dovuta all’associazione del DQ8 con il DR53, ugualmente dotato di alta affinità per la gliadina (Fig. 5b). Solo una piccola parte dei soggetti con gli HLA descritti, presenti nel 40% della popolazione mondiale, sono celiaci. Comunque l'assenza degli HLA tipici ha un elevato valore predittivo negativo nella diagnosi di celiachia. Alleli DQ2 (92%) Aplotipo DQ2-DR3 DR3 b 0201 a 0501 b 0201 a 0201 DR7 DR5 b 0301 a 0501 Alleli DQ8 (8%) Configurazione cis DQ2-DR7/DR5 Configurazione trans Aplotipo DQ8-DR53 DR53 b 0201 a 0501 Configurazione cis Fig. 5b Possibili combinazioni alleliche che predispongono alla malattia celiaca. Considerando che nei pazienti celiaci la mucosa intestinale è l’organo bersaglio del meccanismo patologico innescato dalla gliadina, si ritiene che il difetto principale che conduce alla malattia celiaca risieda in una risposta immune abnorme indotta dalla mucosa intestinale nei confronti della gliadina, grazie alla presenza di specifiche molecole HLA di classe II. Il meccanismo che correla l’espressione di questi particolari antigeni HLA con la malattia celiaca non è ancora chiaro, ma sono stati proposti diversi modelli: il primo prevede che gli antigeni HLA agiscano da recettori di superficie per virus o per sostanze tossiche, un secondo favorisce l’esistenza di un meccanismo secondo cui le molecole HLA mimerebbero la struttura molecolare di antigeni “non self” e per tale ragione 6 verrebbero riconosciute come tali ed attaccate dal sistema immunitario. Gli enterociti potrebbero essere direttamente coinvolti nella presentazione dell’antigene. A questo proposito è stato postulato che l’eterodimero DQ2 potrebbe selezionare un particolare set di TCR γδ coinvolto nella patogenesi della malattia. La risposta immune di queste cellule T porterebbe alle manifestazioni tipiche della malattia (Fig. 5c). Lundin e collaboratori hanno dimostrato che i pazienti celiaci presentano, sia nel sangue che a livello della mucosa intestinale, cellule T CD4+ che riconoscono peptidi derivati dalla gliadina e presentati dall’eterodimero DQ2. Altri studi hanno mostrato un aumento nella densità di linfociti nei pazienti con malattia celiaca e questo aumento sembra essere influenzato dall’eterodimero DQ2, per cui le cellule T CD4+ ricoprirebbero un ruolo chiave nella patogenesi della malattia celiaca (Sollid & Thorsby, 1993). Glutine Enterociti Aumento di permeabilità Inibitore delle tGTasi Membrana basale Lamina propria Deamidazione e cross-linking tGTasi Glutine deamidato APC IL-12 Distruzione della mucosa HLA DQ 2/8 APC matura TH1 CD4+ TH2 Linf. B Ig contro glutine e tGTasi Fig. 5c Rappresentazione schematica dell’interazione tra le proteine intestinali modificate dalle transglutaminasi e le cellule del sistema immunitario nel morbo celiaco. Diagnosi e trattamento del morbo celiaco La celiachia è relativamente facile da diagnosticare, una volta sospettata la sua presenza. L’esame diagnostico per eccellenza si effettua sul sangue e rivela la presenza degli autoanticorpi di transglutaminasi tissutale (Anti tGTasi), una volta denominati antiendomisio. Se positivo, l’esame degli autoanticorpi viene confermato dalla biopsia intestinale che, osservata al microscopio, evidenzia l’atrofia dei villi (Fig. 5b). L’unico trattamento oggi disponibile per curare la celiachia è l’eliminazione dalla dieta di tutti gli alimenti contenenti glutine. Dato che il glutine può essere presente in diverse preparazioni alimentari è molto importante che le persone celiache adottino una dieta alimentare personalizzata. 7 SCOPO DEL LAVORO Lo scopo di questo lavoro, svolto durante tre anni di dottorato, è stato lo studio di alcuni aspetti che correlano la malattia celiaca all’osteopenia. Esso ha comportato l’utilizzo di tecniche cellulari e molecolari. E’ ben noto che la malattia celiaca rappresenti un disordine autoimmune, caratterizzato da atrofia dei villi intestinali, innescato dall’ingestione di glutine in individui geneticamente suscettibili. Non si conosce altrettanto bene il meccanismo cellulare e molecolare per cui molti pazienti celiaci, pur non presentando i classici sintomi di malassorbimento intestinale, siano spesso soggetti a fratture. Questo studio ha portato all’identificazione nel siero dei pazienti celiaci di una serie di citochine, finemente regolate, che controllano il complesso circuito che coinvolge le cellule ossee, gli osteoblasti e gli osteoclasti, e le cellule del sistema immunitario, principalmente i linfociti T, responsabili dei danni provocati dall’ingestione di glutine. Lo sbilanciamento di alcune citochine, quali il RANKL, l’OPG, l’IL-12 e l’IL-18, prodotte da questi tre tipi cellulari, sarebbe alla base di fenomeni che indurrebbero nei pazienti celiaci un aumento del riassorbimento osseo rispetto alla formazione di quest ultimo, portando ad una perdita netta di massa ossea. METODOLOGIA SPERIMENTALE Pazienti Lo studio è stato condotto con il consenso informato dei pazienti e approvato dal Comitato Etico IRCCS dell’Istituto Auxologico del Policlinico di Milano. La diagnosi della malattia celiaca è stata effettuata dal Dipartimento di Gastroenterologia del Policlinico di Milano, dove i pazienti sono stati suddivisi in due gruppi. Di lì i pazienti sono stati indirizzati all’Istituto Auxologico di Milano, dove sono stati raccolti campioni di sangue ed urine e dove sono stati effettuati gli esami DXA. Lo studio non ha comportato sperimentazione in persone o animali. Sono stati utilizzati solamente campioni biologici (sangue periferico, urine e campioni d’osso) dai vari pazienti. I pazienti celiaci sono stati diagnosticati sulla base della positività ad alcuni “markers” sierologici, quali anticorpi contro la gliadina, l’endomisio e le transglutaminasi e alla risposta ad una dieta priva di glutine. I pazienti sono stati suddivisi in due gruppi. Il primo gruppo includeva soggetti in condizioni stabili e a dieta da almeno due anni. Del secondo gruppo facevano parte soggetti diagnosticati da poco e pertanto non ancora a dieta. Tutti i soggetti utilizzati nello studio erano adulti e tutte le donne (sia celiache, che sane) erano in pre-menopausa con un ciclo mestruale regolare. Nessuna delle donne era sotto terapia estrogenica. Il gruppo non differiva significativamente per quanto riguarda l’età, il peso, l’altezza e la BMI. Nessuno dei pazienti e dei soggetti sani era affetto da altre malattie che potessero influenzare il metabolismo osseo (Tab. A). Saggi enzimatici I livelli totali di calcio e fosfato, e i “markers” del “turnover” osseo sono stati misurati con metodi standard. Sono stati impiegati “kit” radioimmunologici per misurare i livelli di osteocalcina (Techno Genetics, Milano, Italia) e di 25(OH)D3 (DiaSorin Inc., Stillwater, MM, USA) nel siero, “kit ELISA” per misurare i livelli di telopeptidi del procollagene di tipo I (NTx) nelle urine (Ostex Inter. Inc., Seattle, WA, USA), di OPG e RANKL solubile (Biomedica Gruppe, Vienna, Austria) e di altre citochine (R&D Systems, Minneapolis, USA) e “kit” immunoradiometrici per misurare i livelli di PTH 8 (Diasorin Inc., Stillwater, MM, USA) e di 1,25(OH)2D3 (Nichols Istitute Diagnostic, San Juan Capistrano, CA, USA). Tabella A: Caratteristiche dei pazienti Studio Numero Sesso Età (anni) Età della diagnosi (anni) Sintomi di malassorb. (%) Dieta priva di glutine (mesi) Peso (Kg) Altezza (cm) BMI (Kg/m2) 21 17 F-4 M 32.0±7.5 - - - 62.0±10.3 167±7.8 22.6±3.9 Pazienti a dieta 25 19 F-5 M 35.7±7.9 24.8±15.3 40 39.7±28.8 62.3±9.9 166±8.0 22.7±4.3 Pazienti non a dieta 17 13 F-4 M 43±9.9 41.3±12.8 18 - 61.9±9.8 167±8.5 22.2±3.3 Controlli Dati presentati come media ± SD. F: Femmine, M: Maschi Valutazione della massa ossea La massa ossea è stata valutata tramite assorbimetria a raggi X a doppia energia (DXA Hologic QDR 2000) a livello della colonna vertebrale lombare (L1-L4) e in tutto il corpo. La densità di massa ossea è stata espressa nei pazienti come Z-score. Reagenti per gli studi in vitro DMEM, L-glutammina, penicillina/streptomicina (Euroclone, Devon, UK), siero fetale bovino (HyClone, UT, USA), acido ascorbico (Roche Diagnostics, Germany), M-CSF e RANKL umano ricombinante (Peprotech, London, UK), tripsina (Difco, MI, USA), reagenti per l’RT-PCR (Invitrogen Life Technologies, USA), 3H timidina (Amersham Lifescience, Buckinghamshire, UK). Tutti gli altri reagenti (Sigma-Aldrich, MO, USA). Colture primarie di osteoclasti Il sangue periferico umano proveniente da donatori sani è stato diluito in soluzione salina bilanciata di HANK’s 1:1, stratificato con Histopaque 1077, centrifugato a 400g per 30 minuti, lavato due volte con una soluzione di HANK’s e centrifugato a 250g per 10 minuti. L’anello di cellule mononucleate “buffy coat” è stato raccolto con una pipetta di plastica Pasteur sterile e risospeso in terreno DMEM contenente L-glutammina 4mM, penicillina 100U/ml e streptomicina 100 µg/ml) con l’aggiunta del 10% di siero fetale bovino. Le cellule sono state piastrate in multiwell da 96 pozzetti ad una concentrazione di 3x106 cellule/cm2 e incubate a 37°C in atmosfera satura d’acqua al 5% di CO2. Dopo un’ora sono state eliminate le cellule non adese, e le restanti sono state coltivate per un periodo compreso tra 1 e 3 settimane in terreno contenente 10% di siero di pazienti celiaci o di controlli, in presenza di M-CSF 25 ng/ml, PTH(1-34) ricombinante 100 nM e RANKL a varie concentrazioni. Il terreno con i fattori di crescita è stato cambiato una volta alla settimana. 9 Saggio TRAP Le cellule sono state fissate per 15 minuti con PFA al 3% in tampone cacodilato 0.1M e lavate con lo stesso tampone. L’attività della fosfatasi acido tartrato resistente (TRAP) è stata rilevata istochimicamente mediante il “kit” #386 Sigma-Aldrich, seguendo le istruzioni fornite dalla ditta. Riassorbimento osseo Gli osteoclasti, una volta differenziati, sono stati tripsinizzati e ripiastrati su sezioni di osso bovino in presenza di M-CSF 10 ng/ml, PTH 100 nM e RANKL 0.5 ng/ml e 10% di siero di pazienti celiaci o di controllo. Le cellule sono state mantenute per due settimane, fissate e lavate come sopra descritto ed infine colorate con blu di toluidina all’1% per 4 minuti. Gli osteoclasti sono stati contati al microscopio a luce ordinaria e rimossi dalle sezioni mediante cicli di sonicazione in ipoclorito di sodio (NaClO) all’1% per 10 minuti e lavati in acqua bidistillata per 30 minuti. Le sezioni di osso sono state ricolorate con blu di toluidina per 4 minuti ed il numero di lacune presenti è stato valutato utilizzando il metodo di quantificazione descritto da Caselli e collaboratori. Colture primarie di osteoblasti Frammenti di osso sono stati ottenuti da donatori sani che avevano subito una frattura traumatica maxillo-facciale. Questi frammenti sono stati digeriti sequenzialmente con collagenasi tipo IV di Clostridium hystoliticum 1 mg/ml e tripsina allo 0.25% sciolte in una soluzione filtrata di HANK’s, in agitazione per 20 minuti a 37°C. La procedura è stata ripetuta due volte per 40 minuti alla stessa temperatura. Il surnatante è stato centrifugato a 1200 rpm per 5 minuti e il pellet cellulare è stato risospeso in terreno DMEM con antibiotici e siero bovino al 10%. Le cellule ottenute sono risultate positive al saggio della fosfatasi alcalina (ALP) ed esprimevano “markers” specifici degli osteoblasti quali il complesso PTH/PTHrP, il collagene di tipo I, l’osteocalcina, l’osteopontina, la sialoproteina II e il fattore di trascrizione Cbfa1/Runx2 (Ducy et al., 1997; Marzia et al, 2000). Proliferazione degli osteoblasti Gli osteoblasti sono stati piastrati in multiwell da 48 pozzetti, lasciati crescere fino al 70% di confluenza e mantenuti per 24 ore in terreno privo di siero. Il mezzo di coltura è stato successivamente rimosso e le cellule sono state trattate con terreno contenente il 5% di siero di pazienti celiaci o di controllo per 24 ore in presenza di 3H timidina 1 µCi/ml. Al termine dell’incubazione gli osteoblasti sono state lavati con PBS 1X e solubilizzati con SDS con aggiunta di BSA alla concentrazione finale di 0,1 mg/ml, utilizzata come proteina carrier. Il lisato è stato precipitato con TCA alla concentrazione finale del 10%. I campioni sono stati mescolati mediante “vortex”, incubati per 30 minuti a 4°C e centrifugati a 955g. I “pellet” sono stati ridisciolti in SDS 0,1% con l’aggiunta di liquido di scintillazione Istagel prima della conta al “beta-counter” (Beckman LS 6500). Attività della fosfatasi alcalina (ALP) Gli osteoblasti sono stati piastrati in multiwell da 96 pozzetti e fatti crescere fino al 70% di confluenza. Le cellule sono state coltivate in assenza di siero per 24 ore e 10 successivamente trattate per altre 48 ore con terreno contenente il 5% di siero di pazienti celiaci o di donatori sani. Al termine dell’incubazione è stata misurata l’attività della fosfatasi alcalina mediante “kit” #104 Sigma-Aldrich. Saggio di mineralizzazione Gli osteoblasti sono stati fatti crescere fino ad una confluenza del 70-80%. Il terreno di crescita è stato sostituito con terreno contenente DMEM, beta-glicerofosfato 10 mM, acido ascorbico 50 µg/ml e 5% di siero di pazienti celiaci o di donatori sani. Il terreno è stato sostituito ogni 3 giorni e la coltura è stata mantenuta per 3 settimane. Alla fine dell’incubazione, la presenza di noduli di mineralizzazione é stata messa in evidenza mediante la colorazione di Von Kossa. Quindi è stata effettuata un’analisi quantitativa utilizzando uno scanner-densitometro modello 670 (BioRad Laboratories). RT-PCR L’RNA totale è stato estratto seguendo il protocollo del fenolo acido (Chomczynski & Sacchi, 1987). La trascrizione inversa (RT) è stata effettuata in un volume finale di 20 µl utilizzando 1µg di RNA e 1µl di oligo dT. L’RNA è stato denaturato ad una temperatura di 70°C per 10 minuti. Successivamente sono stati aggiunti 4 µl di First Strand buffer, 2 µl di DTT 0.1M, 1µl di dNTP 10 mM, 1µl di inibitore di ribonucleasi e 1µl di enzima RNasi-H Reverse Trascriptasi Super ScriptTM II. La soluzione ottenuta è stata mescolata e incubata a 42°C per 52 minuti. Il c-DNA preparato è stato utilizzato per le reazioni di PCR, ciascuna effettuata in un volume finale di 50µl in presenza di dNTP alla concentrazione di 200 µM, di 1.5 mM di MgCl2, buffer 10X, 10 pMol di ciascun primer e di 1U di DNA Taq-Polimerasi (Tab. B). L’amplificazione è stata eseguita con un “termocycler” (Perkin Elmer GeneAmp 2400). I frammenti amplificati per PCR sono stati separati mediante elettroforesi su gel di agarosio all’1.5% contenente etidio bromuro. Infine è stata effettuata un’analisi quantitativa normalizzando il segnale ottenuto da ciascuna amplificazione con quello del gene “house-keeping” della GAPDH. Tabella B: Primers e condizioni di PCR Gene Primers umani Condizioni di PCR Lunghezza amplificato (bp) IL-6 F 5’-ATGAACTCCTTCTCCACAAG-3’ R 5’-ACATTTGCCGAAGAGCCCTCAG-3’ 30 cicli: 94°C 1 min, 58°C 1 min, 72°C 1 min 636 IL-1β F 5’-ATGGCAGAAGTACCTGAGCTC-3’ R 5’- GGAAGACACAAATTGCATGGT-3’ 35 cicli: 94°C 1 min, 58°C 1 min, 72°C 1 min 810 TNFα F 5’-GGCCCCCAGAGGGAAGAG-3’ R 5’-AGACCCCTCCCAGATAGATG-3’ 35 cicli: 94°C 1 min, 58°C 1 min, 72°C 1 min 430 IL-12 F 5’-GAGTGATGAGCTATCTGAATGCTT-3’ R 5’-CCCTTCTTAGCAATTCATTCATG-3’ 32 cicli: 94°C 1 min, 54°C 1 min, 72°C 1 min 228 IL-18 F 5’-ACATAGGTCATGATCTCTGGACGT-3’ R 5’-GAAGATTCAAATTGCATCTTAT-3’ 35 cicli: 94°C 1 min, 58°C 1 min, 72°C 1 min 205 GAPDH F 5’-CTGCACCACCAACTGCTTAG-3’ R 5’-AGGTCCACCACTGACACGTT-3’ 30 cicli: 94°C 30 sec, 54°C 30 sec, 72°C 30 sec 272 OPG F 5’-TGCTGTTCCTACAAAGTTTACG-3’ R 5’-CTTTGAGTGCTTTAGTGCGTG-3’ 35 cicli: 94°C 1 min, 62°C 1 min, 72°C 1 min 435 RANKL F 5’-CCTTTTGCTCATCTCACTATT-3’ R 5’-AATGTTGGCATACAGGTAATA-3’ 30 cicli: 94°C 1 min, 50°C 1 min, 72°C 1 min 171 PTHrP F 5’-CCATCCAAGATTTACGGCGA-3’ R 5’-TCGAGAGCTCCAGCGACGTT-3’ 35 cicli: 94°C 1 min, 58°C 1 min, 72°C 1 min 370 11 Analisi statistica I dati ottenuti dai pazienti sono stati espressi come valor medio ± deviazione standard (SD). I dati in vitro sono stati espressi come media ± errore standard (SEM) di tre esperimenti indipendenti e valutati statisticamente mediante analisi della varianza ad una via (ANOVA) seguita dal test di Duncan’s. Le differenze tra i due gruppi di pazienti sono state inoltre valutate con il test t-Student. Le differenze tra i dati ottenuti sono state considerate significative ad un valore convenzionale di p<0.05. Relazioni tra le variabili studiate sono state valutate utilizzando il coefficiente di correlazione di Pearson e quando significative seguite dalla analisi di regressione semplice lineare. RISULTATI Densità di massa ossea (BMD) L’analisi della BMD ha evidenziato che essa era ridotta nel 40% dei pazienti celiaci a dieta (Z-score -1.6 ± -0.2) e in più dell’80% dei pazienti celiaci non a dieta (Z-score -2.0 ± -0.4). Analisi dei “markers” del turnover osseo Nei pazienti celiaci tutti i parametri del metabolismo minerale erano nella norma, tranne un aumento significativo dei livelli urinari dei telopeptidi N-terminali del procollagene di tipo I (NTx) nei pazienti non ancora a dieta, indice di un’attività di riassorbimento osseo. Questi pazienti presentavano elevati livelli di osteocalcina, PTH, 1,25(OH)2D3 rispetto ai pazienti celiaci a dieta. Nonostante ciò i livelli sono ancora da considerarsi nella norma, anche se al limite superiore. I livelli sierici di calcio erano normali in entrambi i gruppi (Tab. C). Tabella C: Markers del turnover osseo e ormoni legati al calcio Studio Pazienti a dieta Calcio sierico (mg/dl) Calcio urine Osteocalcina (mg/24h) (ng/ml) NTx urine (nM BCE/mM Cr) PTH sierico (pg/ml) 25(OH)D3 sierico (ng/ml) 1,25 (OH)2D3 sierico (pg/ml) 9.6±0.5 189±15 5.7±2.5 49.4±24.6 40.7±19 18.8±11 43.3±16.9 Pazienti non a dieta 8.8±0.3 273±19 a 9.9±5.7a 66.4±38a 67.2±30a 13.5±6.0 61.7±23.6a Valori normali 8.1-10.4 100-300 2-10 25-49 13-64 10-48 18-62 Dati presentati come media ± SD. p<0.005 non a dieta vs. a dieta a nMBCE/mMCr: nM “Bone Collagen Equivalents” / mM Creatinina* * La correzione dei livelli di telopeptidi del collagene nelle urine è una pratica comune per la normalizzazione dei dati e si basa sul filtrato glomerulare. La clearance della creatinina è appunto il metodo standard utilizzato. 12 Fattori regolatori delle cellule ossee presenti nel siero Per valutare se il siero dei nostri pazienti celiaci mostrasse una alterazione di fattori che regolano il turnover osseo abbiamo eseguito una serie di saggi ELISA per determinare la concentrazione di citochine rilevanti per il “turnover” osseo (Tab. D). I livelli di IL-1β, TNFα e TNFβ sono risultati normali in tutti i sieri. I livelli di IL-6 apparivano leggermente ridotti nei pazienti celiaci a dieta, mentre in quelli non a dieta risultavano significativamente aumentati. Inoltre i livelli di IL-12, una citochina inibitoria dell’osteoclastogenesi, erano ridotti in tutti i pazienti celiaci, e l’IL-18 solo nei pazienti a dieta. RANKL ed OPG erano entrambi aumentati nel siero dei pazienti celiaci non a dieta rispetto a quelli a dieta. Tabella D: Livelli di citochine nel siero Citochine Valore di P Controlli (CTL) Pazienti a dieta Pazienti non a dieta a 0.59±0.6 0.38±0.5 1.76±1.2 IL-1β 0.55±0.4 0.74±0.9 0.83±0.8 TNFα 1.10±0.3 1.49±1.1 2.09±1.4 TNFβ 22.0±20.0 12.4±10 11.4±8.0 IL-6 IL-12 b 2.95±1.5 1.32±1.7 0.98±1.2 IL-18 c 256.1±54 216.4±64 318.2±70 RANKL c 0.38±0.07 0.63±0.7 1.97±0.7 OPG a 1.38±0.3 2.12±0.9 3.05±1.1 Dati presentati come media ± SD. Analisi della varianza (“one-way” ANOVA) per i tre gruppi: a p <0.002; bp<0.03; cp <0.001 Duncan’s test tra i gruppi dove, l’analisi ANOVA ha mostrato differenze statisticamente significative: IL-6: p<0.05 non a dieta vs. a dieta e vs. CTL IL-12: p<0.01 non a dieta vs. CTL; p<0.05 a dieta vs. CTL IL-18: p<0.05 non a dieta vs. a dieta e vs. CTL RANKL: p<0.005 non a dieta vs. a dieta e vs. CTL OPG: p<0.01 non a dieta vs. a dieta e vs. CTL Osteoclastogenesi in vitro Sulla base dei risultati ottenuti con le citochine abbiamo ipotizzato che la formazione degli osteoclasti potesse essere stimolata se precursori mononucleati di sangue periferico fossero stati esposti a sieri dei pazienti. Per questo motivo abbiamo differenziato precursori monocito-macrofagici di sangue periferico umano con M-CSF, PTH e concentrazioni crescenti di RANKL, in presenza di siero di controllo al 10%. Come atteso, abbiamo notato un aumento progressivo dell’osteoclastogenesi proporzionalmente alla concentrazione di RANKL utilizzata, come indicato dalla intensa reazione di TRAP condotta sulle colture cellulari (Fig. 6). L’esposizione al siero di pazienti celiaci in presenza di una concentrazione ottimale di RANKL (30 13 ng/ml) non induceva alcuna ulteriore stimolazione dell’osteoclastogenesi. Tuttavia quando tali sieri erano somministrati alla frazione cellulare in presenza di concentrazioni subottimali di RANKL (0.5 ng/ml) si osservava un deciso incremento del numero di cellule TRAP-positive specialmente in presenza di siero di pazienti celiaci non a dieta. L’effetto era evidente dalla prima settimana di trattamento e si estendeva fino alla terza (Fig. 7a). Inoltre, poiché i nostri esperimenti sono stati condotti in presenza di PTH, l’iperparatiroidismo secondario non avrebbe potuto causare direttamente un aumento dell’ osteoclastogenesi nei nostri saggi. In modo simile la vitamina D3, da sola o in combinazione con il PTH, non sembra capace di tale stimolazione. 1,0 ** 800 * % Mult inucleated TRAP-posit ive cells RANKL/OPG 0,8 0,6 0,4 600 ** 400 150 * 100 * * * 50 0,2 0 0,0 CTL + dieta - dieta Fig. 6 Livelli sierici di RANKL e OPG Il rapporto RANKL/OPG é stato valutato nel siero di soggetti sani (CTL) oppure di pazienti celiaci tramite utilizzo di “kit” ELISA e risulta significativamente più elevato nel siero dei pazienti celiaci non ancora a dieta rispetto agli altri sieri. *p<0.0001 vs. CTL. CTL RANKL ng/ ml − CTL + + diet − - diet − 1 + − − 5 + − − 10 + − − 30 + − − 30 30 − − − + − + 0 .5 + − − 0 .5 0 .5 − − − + − + Fig. 7a Saggio TRAP. Cellule mononucleate di sangue Periferico (PBMC) di donatori sani sono state coltivate in un terreno contenente 25 ng/ml M-CSF, 100 nM PTH concentrazioni indicate di RANKL, in presenza del 5% di siero di soggetti di controllo (CTL) o di pazienti celiaci a dieta e non a dieta. Tre settimane dopo le cellule sono state fissate con PFA al 4% e saggiate per la presenza della fosfatasi acida tartrato resistente (TRAP). Gli osteoclasti sono stati contati e i dati ottenuti sono stati espressi come valor medio±SEM di tre esperimenti indipendenti.*p<0.05 vs. colture non trattate con RANKL. **p<0.05 vs. colture trattate con 0.5 ng/ml RANKL e siero di controllo. + dieta Fig. 7b. Saggio TRAP (3a settimana di coltura) 14 - dieta Riassorbimento osseo Per valutare se l’attività di riassorbimento osseo fosse stimolata dal siero dei pazienti celiaci, abbiamo tripsinizzato osteoclasti maturi ottenuti differenziando monociti di sangue periferico con M-CSF 25 ng/ml, PTH 100 mM e RANKL 30 ng/ml e li abbiamo ripiastrati su sezioni di osso bovino, in seguito incubate in presenza di concentrazioni subottimali di RANKL (0.5 ng/ml) e di sieri dei nostri pazienti. Il numero di lacune di riassorbimento era simile in tutte le condizioni usate (controllo, 100 ± 37, pazienti celiaci a dieta, 239 ± 123 e pazienti celiaci non a dieta, 182 ± 89). Tale risultato indica che i fattori contenuti nel siero dei pazienti celiaci stimolano l’osteoclastogenesi, ma non hanno effetto sul riassorbimento osseo (Figg. 8 e 9). + dieta 500 400 200 150 * CTL + dieta - dieta * * * 100 * 50 % Pit index - dieta Numero di cellule multinucleate TRAP-positive PAZIENTI CTL 300 200 100 0 CTL + dieta - dieta 0 1 2 3 Settimane Fig. 8 Osteoclastogenesi. Cellule mononucleate di sangue periferico (PBMC) di donatori sani sono state coltivate in un terreno contenente 25 ng/ml M-CSF, 100 nM PTH e 0,5 ng/ml di RANKL, in presenza del 5% di siero di soggetti di controllo o di pazienti celiaci a dieta e non a dieta. Le cellule sono state fissate con paraformaldeide ai tempi indicati e saggiate per la presenza della fosfatasi acida tartrato resistente (TRAP). Gli osteoclasti sono stati contati e i dati ottenuti sono stati espressi come valor medio + SEM di tre esperimenti indipendenti. *p<0.05 vs. CTL Fig. 9 Misurazione del Pit index. Osteoclasti maturi, differenziati in vitro a partire da cellule umane mononucleate di sangue periferico e poi incubate con 25 ng/ml M-CSF, 100 nM PTH e 30 ng/ml RANKL per tre settimane, sono stati staccati mediante una blanda tripsinizzazione e poi ripiastrati in ugual numero in pozzetti di una multiwell da 96 con sezioni di osso bovino e incubate con siero di controllo (CTL) e con siero di pazienti celiaci a dieta e non a dieta. Il trattamento è stato portato avanti per due settimane e alla fine le sezioni di osso sono state fissate ed analizzate per il Pit index. I dati sono stati espressi come media + SEM. Le differenze tra i gruppi non sono risultate statisticamente significative. Analisi delle citochine negli osteoblasti Gli osteoblasti svolgono un ruolo di primaria importanza nella regolazione dell’osteoclastogenesi sia mediante interazioni dirette con i precursori degli osteoclasti, sia mediante la produzione di fattori solubili. Per valutare se l’espressione di qualche 15 fattore potesse essere alterato dal siero dei pazienti celiaci, abbiamo coltivato osteoblasti da donatori sani e li abbiamo trattati per 24 ore con i nostri sieri per valutare l’espressione trascrizionale di specifiche citochine regolatrici dell’osteoclastogenesi. In queste condizioni sperimentali non abbiamo riscontrato modulazioni significative nei livelli di IL-6, IL-1β e IL-12 mentre i livelli di espressione dell’IL-18 e di OPG (Figg. 10 e 11) sono risultati ridotti in tutti i pazienti celiaci (IL-18) e solo nei pazienti celiaci non a dieta (OPG). Non è stata rilevata espressione di TNFα, PTHrP, RANKL (Tab. E). IL-18 OPG GAPDH 2,0 1,5 1,6 1,2 1,2 OPG/GAPDH IL-18/GAPDH GAPDH * 0,8 * 0,4 0,9 * 0,6 0,3 0,0 0,0 CTL + dieta - dieta CTL + dieta - dieta Figg. 10 e 11 Espressione di IL-18 e OPG. Osteoblasti primari umani sono stati incubati per 24 ore con il 5% di siero di controllo (CTL) oppure di pazienti celiaci a dieta e non a dieta. L’mRNA é stato estratto per eseguire una serie di RT-PCR ed è stata effettuata un’analisi densitometrica indicando il rapporto IL-18/GAPDH. Dati espressi come media dei valori ± SEM. *p<0.05 vs. CTL. Tabella E: Espressione di citochine negli osteoblasti Citochine Pazienti a dieta Pazienti non a dieta IL-1β Controlli (CTL) nr nr nr IL-6 0.88 ± 0.06 0.77 ± 0.06 0.80 ± 0.55 TNFα nr nr nr IL-12 0.77 ± 0.13 0.93 ± 0.10 0.96 ± 0.04 IL-18 1.50 ± 0.11 0.87 ± 0.12a 0.33 ± 0.12a PTHrP nr nr nr RANKL nr nr nr 1.07 ± 0.08 1.12 ± 0.11 0.70 ± 0.07b OPG Dati presentati come unità densitometriche arbitrarie/GAPDH (media±SEM) su tre esperimenti indipendenti. ap<0.02. bp<0.005. nr: non rilevabile 16 Attività degli osteoblasti in vitro Per determinare gli effetti dei sieri dei pazienti celiaci sugli osteoblasti abbiamo incubato osteoblasti primari umani di donatori sani con i vari sieri e saggiato la loro proliferazione cellulare, lo stadio di differenziamento e la capacità di deposizione della matrice. Il saggio di incorporazione della 3H timidina ha mostrato un aumento della proliferazione degli osteoblasti a seguito della loro incubazione con i sieri dei pazienti celiaci (Fig. 12). Inoltre l’analisi biochimica della fosfatasi alcalina ha mostrato un aumento significativo del differenziamento degli osteoblasti (Fig. 13) confermato anche da un’abbondante deposizione di matrice (Fig. 14), messa in evidenza mediante colorazione di Von Kossa. % Incorporazione di 3H-timidina 200 * p < 0.01 vs CTL ** ** 150 100 50 0 CTL CTL diet diet ++dieta - -dieta ____________________ Fig. 12 Proliferazione. Osteoblasti primari umani sono stati mantenuti 24 ore in assenza di siero e successivamente trattati con il 5% di siero di controllo (CTL) o di pazienti celiaci. La proliferazione é stata valutata mediante analisi dell’incorporazione di 3H-timidina in materiale TCA-precipitato. I dati sono espressi come media di tre esperimenti indipendenti ± SEM. *p<0.01 vs. CTL. 200 ** % Fosfatasi alcalina (ALP) * p < 0.005 vs CTL 150 100 50 0 CTL + dieta - dieta Fig. 13 Fosfatasi alcalina. Osteoblasti primari umani sono stati mantenuti 24 ore in assenza di siero e successivamente trattati con il 5% di siero di controllo (CTL) o di pazienti celiaci. L’attività della fosfatasi alcalina (ALP) é stata quindi misurata mediante saggio biochimico. I dati sono stati espressi come media di tre esperimenti indipendenti ± SEM. *p<0.05 vs. CTL. 17 400 * p < 0.001 vs CTL ** % Mineralizzazione 300 ** 200 100 0 CTL + dieta - dieta Fig. 14 Mineralizzazione. Osteoblasti primari umani sono stati trattati con il 5% di siero di controllo (CTL) o di pazienti celiaci, e mantenuti in coltura per tre settimane in presenza di acido ascorbico e βglicerofosfato per indurre la mineralizzazione della matrice. I noduli di mineralizzazione sono stati evidenziati mediante colorazione di Von Kossa. E’ stata quindi effettuata un’analisi quantitativa tramite densitometria e i dati sono stati espressi come media di tre esperimenti indipendenti ± SEM. *p<0.001 vs. CTL. DISCUSSIONE Il significato del turnover osseo è ancora oggi motivo di accesa discussione (Karsenty, 2003). Esso consente allo scheletro di adattarsi ai cambiamenti dovuti a sforzi meccanici, di riparare piccoli danni e di accumulare calcio e altri ioni essenziali per lo scambio con i liquidi extracellulari. E’ noto da tempo che nel controllo del rimodellamento osseo sono coinvolte, talvolta in modo ridondante, molte citochine e altri regolatori locali, (Raisz, 1999; Goldring, 2003; Firestein, 2003), nonchè molti tipi cellulari come osteoblasti, osteoclasti e cellule del sistema immunitario (Rodan & Martin, 2000; Jacobs et al., 2001; Goldring, 2002). I disordini gastrointestinali sono spesso associati con la perdita di massa ossea e si ipotizza che ciò sia dovuto in massima parte a malassorbimento intestinale, con conseguente alterazione locale e sistemica del controllo del calcio. L’ipotesi del coinvolgimento dell’iperparatiroidismo secondario dovuto a malassorbimento intestinale sembra essere inadeguata a spiegare tutti i casi di bassa massa ossea nei pazienti celiaci, spesso affetti da gravi danni scheletrici, ma senza sintomi intestinali evidenti (Southerland & Valentine, 2001; Bianchi & Bardella, 2002). Studi recenti hanno evidenziato un’elevata produzione di citochine nell’intestino dei pazienti celiaci (Kontaku et al.; 1996; Salvati et al., 2002), mentre altri studi ipotizzano che la bassa densità ossea potrebbe essere correlata con i livelli di citochine circolanti (Fornari et al., 1998), suggerendo che altre condizioni, oltre all’iperparatiroidismo secondario, possano contribuire alla perdita d'osso in questi pazienti. Tuttavia non è stato ancora dimostrato che livelli alterati di citochine circolanti possano agire direttamente sulle cellule ossee nel morbo celiaco, come invece accade in altre patologie infiammatorie, come l’artrite reumatoide (Gracie et al., 1999). 18 Il nostro studio mostra che, almeno nei pazienti celiaci analizzati, la bassa densità ossea (BMD) è associata ad alti livelli di telopeptidi del procollagene di tipo I (NTx), un “marker” di riassorbimento osseo. Ciò indica che l’equilibrio fra riassorbimento e formazione d'osso è a favore del riassorbimento. Anche se alcuni pazienti presentano un leggero aumento dei livelli di PTH, l’iperparatiroidismo secondario non sembra essere l’unica causa della perdita ossea nel nostro campione di pazienti. Infatti l’NTx e lo “Z-score” della massa ossea non correlano con i livelli di PTH, ma correlano con una serie di citochine stimolatorie degli osteoclasti. Inoltre, la concentrazione di PTH nel siero dei nostri pazienti non correla con i livelli di citochine suggerendo che queste non derivano da una risposta all’aumentato PTH. Dati preliminari, non pubblicati, ottenuti in un piccolo gruppo di pazienti affetti da un leggero iperparatiroidismo secondario cronico dovuto a carenza di vitamina D3, mostrano, in assenza di altre patologie, una correlazione tra PTH e livelli di IL-6; quindi è possibile che un’alterazione del PTH possa avere effetto sui livelli di citochine circolanti e contribuire alla perdita d’osso. Tuttavia questo non sembra essere il caso dei nostri pazienti celiaci, nei quali tale correlazione non e’ stata osservata. Gli alti, ma ancora nella norma, livelli di calcio escreto osservati nei pazienti non a dieta, fanno ipotizzare che l’aumentato riassorbimento osseo possa essere la causa principale della bassa densità ossea. Infatti, se ci fosse un non corretto assorbimento di calcio a causa di un danno agli enterociti, l’escrezione di calcio dovrebbe risultare ridotta nei pazienti non a dieta. Ciò accade generalmente nei pazienti celiaci che presentano sintomi intestinali evidenti, nei quali sono facilmente osservabili bassi livelli di calcio e alti livelli di PTH. Quindi, nel loro insieme, le nostre osservazioni favoriscono l’ipotesi che lo sbilanciamento di citochine sia un importante fattore che contribuisce all’aumento del riassorbimento osseo e alla conseguente perdita di massa ossea nel nostro gruppo di pazienti. I nostri esperimenti in vitro mostrano che i sieri dei pazienti celiaci agiscono direttamente sia sugli osteoclasti che sugli osteoblasti. Non sono stati riscontrati effetti tossici indotti dai sieri, come indicato dall’assenza di fenomeni apoptotici e dagli esiti prevalentemente stimolatori dell’attività delle nostre cellule in coltura (Fig. 7b). E’ interessante notare che mentre l’osteoclastogenesi è aumentata di circa quaranta volte dal trattamento con i sieri di pazienti celiaci rispetto ai sieri di controllo, la proliferazione, l’attività della fosfatasi alcalina e la mineralizzazione degli osteoblasti risultano aumentate solo di tre volte. Tutto questo è in accordo con gli alti livelli misurati di NTx nei pazienti e sembra confermare la maggiore influenza dei fattori sierici dei pazienti celiaci sugli osteoclasti piuttosto che sugli osteoblasti. Noi riteniamo che l’aumento dell’osteoclastogenesi non possa essere dovuto ad alti livelli di PTH nel siero dei nostri pazienti perché, anche se tali pazienti avevano un moderato iperparatiroidismo, abbiamo effettuato i nostri esperimenti mantenendo costanti i livelli di PTH in tutte le colture, trattandole con il frammento PTH(1-34) umano ricombinante. Risultati analoghi ed ugualmente negativi sono stati osservati aggiungendo la vitamina D3, sia da sola che in combinazione con il PTH. Il fatto che l’osteoclastogenesi fosse stimolata in presenza di concentrazioni subottimali di RANKL ci ha fatto ipotizzare che questo regolatore potesse essere alterato nei nostri pazienti. Infatti, la via di segnale che coinvolge RANK, RANKL e OPG rappresenta una pietra miliare per comprendere la fisiologia delle cellule ossee. Lo sbilanciamento dell’equilibrio RANKL/OPG osservato nei nostri pazienti, potrebbe contribuire all’aumento dell’osteoclastogenesi in vitro (Rodan & Martin, 2000; Khosla, 2001; Buckley & Fraser, 2002; Boyle et al., 2003; Ritchlin et al., 2003). La fonte di RANKL e OPG potrebbe essere rappresentata dagli stessi osteoblasti, ma non solo. Infatti, abbiamo osservato in vitro che la trascrizione di OPG é inibita in risposta a fattori nel siero dei pazienti celiaci. Tuttavia, riteniamo che altre fonti possano 19 contribuire ad alterare il delicato equilibrio RANKL/OPG nei pazienti, e fra queste le cellule del sistema immunitario (Goldring & Gravallese, 2000; Jacobs et al., 2001; Firestein, 2003) note per la loro capacita’ di produrre RANKL solubile (Mizuno et al., 2002). Infatti nel siero dei nostri pazienti celiaci, entrambe le citochine risultano aumentate, ma il RANKL lo è maggiormente dell’OPG. Negli osteoblasti l’OPG risulta ridotta dal siero dei pazienti celiaci e il trascritto del RANKL non è rilevabile in nessuna delle condizioni sperimentali utilizzate. Questa ultima osservazione non deve meravigliare in considerazione del fatto che è risultata altamente riproducibile anche in altri laboratori che usano osteoblasti umani. L’equilibrio RANKL/OPG sembra risultare corretto nei pazienti celiaci a dieta perché in questi ultimi esso é molto simile a quello osservato nei controlli, anche se entrambe le citochine hanno valori ancora elevati. Di conseguenza l’attività osteoclastogenica del siero dei pazienti celiaci a dieta é notevolmente più bassa rispetto a quella manifestata dal siero dei pazienti celiaci non a dieta. Inoltre l’attività di riassorbimento osseo in osteoclasti differenziati con metodo standard e successivamente trattati con i nostri sieri risulta poco aumentata in presenza del siero dei pazienti celiaci suggerendo che l’osteoclastogenesi possa essere influenzata più dell’attività degli osteoclasti maturi. Pertanto un aumento del numero di osteoclasti potrebbe portare ad un aumento del riassorbimento malgrado l’attività delle singole cellule rimanga inalterata. Bisogna notare però che la stimolazione della formazione degli osteoclasti indotta dal siero dei pazienti celiaci in presenza di 0.5 ng/ml di RANKL é di gran lunga maggiore rispetto a quella dei controlli in presenza di concentrazioni ottimali di RANKL. Ciò suggerisce che in queste specifiche condizioni sperimentali ci possa essere l’effetto di altri regolatori. Meccanismi aggiuntivi sono inoltre suggeriti dall’attivita’ stimolatoria residua degli osteoclasti in colture esposte al siero di pazienti a dieta in cui il rapporto RANKL/OPG e’ identico a quello dei controlli. Molte altre citochine stimolatorie degli osteoclasti non risultano alterate e non sono modulate negli osteoblasti esposti a questi sieri. Fornari e collaboratori hanno per esempio mostrato alti livelli di IL-1β e IL-6 in pazienti celiaci, ridotti in caso di dieta, e che i livelli nel siero di IL-6 sono negativamente correlati con la perdita di massa ossea. Anche nel nostro studio l’IL-6 risulta aumentata nei pazienti non ancora a dieta, sebbene sia diminuita in quelli celiaci a dieta da lungo tempo, mentre i livelli di IL-1β non variano in maniera significativa. Al momento non abbiamo una spiegazione per questa differenza, ma riteniamo che un ruolo importante possano averlo fattori genetici, differenze razziali, e la diversa sensibilita’ dei metodi utilizzati nei due studi. E’ noto che il rimodellamento osseo possa essere influenzato tanto dalle citochine stimolatorie, quanto da quelle inibitorie, come l’IL-12 e l’IL-18, rilasciate da cellule del sistema immunitario e soggette ad una regolazione piuttosto complessa e ancora non completamente chiarita. Nel nostro studio abbiamo osservato che l’IL-12 e l’IL-18 sono inibite sia pure con una certa variabilità e con qualche differenza fra i loro livelli nei sieri dei nostri pazienti e la loro regolazione trascrizionale negli osteoblasti. Questo suggerisce che fonti aggiuntive possano essere coinvolte nello sbilanciamento delle citochine, ad esempio le stesse cellule del sistema immunitario. E’ stato ipotizzato che l’effetto inibitorio dell’IL-12 e dell’IL-18 sull’osteoclastogenesi possa essere sinergico. E’ inoltre noto che entrambe le citochine partecipano alla produzione di altri fattori inibitori dell’osteoclastogenesi (Horwood et al., 2001; Yamada et al., 2002); l’IL-18, ad esempio, agisce sui linfociti T stimolandoli a produrre e rilasciare il GM-CSF (Horwood et al., 1998) ed entrambe le citochine collaborano alla produzione dell’IFN-γ (Gracie et al., 1999; Hayashi et al., 2002). Il GM-CSF e i membri della famiglia degli IFN sono noti per il loro effetto inibitorio nei confronti dell’osteoclastogenesi. Da notare che i livelli nei sieri di queste due citochine sono diversi nei pazienti celiaci a 20 dieta e non a dieta e di conseguenza diverso sarà il contributo di ciascuna citochina all’osteoclastogenesi complessiva. Uno studio di tali molecole negli osteoblasti, anche a livello proteico, potrebbe sicuramente fornire ulteriori indicazioni ed aumentare le già ben documentate conoscenze circa la loro regolazione nel sistema immunitario ed il loro ruolo nella funzione delle cellule ossee. Studi ulteriori e comparazioni con fenomeni riscontrati in pazienti affetti da altre malattie gastrointestinali, come il morbo di Crohn (Siffledeen et al., 2004) potrebbero chiarire la correlazione tra osteopenia, citochine infiammatorie e, dove fosse riscontrato, malassorbimento. In conclusione, nonostante sia ancora necessario chiarire numerosi aspetti, il nostro studio ha permesso di evidenziare che il siero dei pazienti celiaci stimola direttamente l’attività degli osteoblasti e degli osteoclasti in vitro. Noi ipotizziamo che la maggiore stimolazione della formazione degli osteoclasti rispetto alla funzione degli osteoblasti possa avere un ruolo importante nell’accelerazione della perdita d'osso nei pazienti celiaci e che il maggior contributo potrebbe essere dovuto all’aumento del rapporto RANKL/OPG e alla diminuzione dei livelli di IL-12 e IL-18. Inoltre i risultati ottenuti suggeriscono che il semplice studio dei “markers” del turnover osseo nei pazienti potrebbe aiutare a comprendere gli effetti diretti di fattori del siero sull’attività degli osteoclasti e degli osteoblasti. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI 1. Bianchi M.L. & Bardella M.T. Bone and celiac disease. Calcif. Tissue Int. 71:465-471 (2002) 2. Boyle W.J., Simonet W.S., Lacey D.L. Osteoclast differentiation and activation. Nature 423:337-342 (2003) 3. Buckley K.A., Fraser W.D. Receptor activator for NFkB and osteoprotegerin: regulators of bone physiology and immune responses/potential therapeutic agents and biochemical markers. 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