1 “STUDIO CELLULARE E MOLECOLARE DEL - Padis

“STUDIO CELLULARE E MOLECOLARE
DEL RIMODELLAMENTO OSSEO NEL MORBO CELIACO”
DOTT. DARIO FORTUNATI
DOTTORATO IN FISIOPATOLOGIA E CLINICA DELL’APPARATO
SCHELETRICO (XVII CICLO) - UNIVERSITA’ “LA SAPIENZA” - ROMA
DIRETTORE: PROF. ROBERTO SCANDURRA (DIP. SCIENZE
BIOCHIMICHE) - UNIVERSITA’ “LA SAPIENZA” - ROMA
RELATORE: PROF.SSA ANNA MARIA TETI (DIP. MEDICINA
SPERIMENTALE) – “UNIVERSITA’ DELL’AQUILA" - L’AQUILA
DOCENTI ESAMINATORI:
PROF.SSA LUCIANA AVIGLIANO (DIP. MEDICINA SPERIMENTALE E
SCIENZE BIOCHIMICHE) UNIVERSITA’ “TOR VERGATA” - ROMA
PROF. FRANCESCO PUGLIESE (DIP. SCIENZE CLINICHE)
UNIVERSITA’ “LA SAPIENZA” – ROMA
PROF. ROBERTO SCANDURRA (DIP. SCIENZE BIOCHIMICHE)
UNIVERSITA’ “LA SAPIENZA” - ROMA
RIASSUNTO
La malattia celiaca è associata ad alterazioni del metabolismo e a bassa densità di massa
ossea. Considerando che la perdita di massa ossea nei celiaci possa essere dovuta a
malassorbimento, nel corso del dottorato ho studiato alcuni aspetti che correlano la
malattia celiaca all’osteopenia. Sono stati pertanto considerati due gruppi di pazienti
celiaci, uno sottoposto a dieta priva di glutine e l’altro non sottoposto a dieta. Entrambi
avevano una bassa densità di massa ossea. I livelli nelle urine di telopeptidi del
procollagene (NTx) e di IL-6 risultavano più alti del normale nei pazienti celiaci non a
dieta. I livelli di IL-1β, TNFα e TNFβ erano normali in tutti, quelli di IL-12 erano ridotti
in tutti, e quelli di IL-18 erano ridotti solo nei celiaci a dieta. Il rapporto RANKL/OPG
era elevato solo nei celiaci non a dieta. Cellule di sangue periferico di donatori sani,
incubate in presenza di siero di pazienti celiaci non a dieta mostravano un consistente
aumento del numero di osteoclasti. Inoltre i livelli di IL-18 risultavano diminuiti a
seguito dell’incubazione con tale siero, mentre l’espressione di OPG era ridotta solo
dopo incubazione con siero di celiaci non a dieta. Proliferazione, fosfatasi alcalina e
capacità di mineralizzare la matrice risultavano fortemente aumentate in colture di
osteoblasti incubate con siero di pazienti celiaci. Pertanto posso concludere che la
perdita di massa ossea nella malattia celiaca potrebbe essere dovuta, oltre che a
malassorbimento intestinale, anche ad uno sbilanciamento di citochine che regolano
l’osteoclastogenesi e l’attività degli osteoblasti.
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INTRODUZIONE
Il tessuto osseo
Lo scheletro, composto in gran parte da tessuto osseo, costituisce l’impalcatura interna
dell’organismo, protegge i visceri e le parti molli, accoglie nelle sue cavità gli elementi
emopoietici del midollo e rappresenta un importante deposito di calcio. L’osso (Fig. 1a)
è una forma specializzata di tessuto connettivo, caratterizzato da cellule e da matrice
extracellulare organica (fibre collagene e una sostanza amorfa composta di glicoproteine
non collageniche e proteoglicani) ed inorganica (costituita principalmente da fosfato e
carbonato di calcio). Per questa sua natura l’osso è un tessuto compatto, resistente ed
altamente dinamico e grazie ad un continuo rimodellamento consente la regolazione
dell’omeostasi di calcio (Ca2+) e di fosfato e la prevenzione di fratture da carico.
Femore
L’osso trabecolare é spugnoso,
altamente vascolarizzato ed é
presente nelle parti interne delle
vertebre ed alle estremità delle
ossa lunghe.
Vertebra
osso
trabecolare
osso
corticale
L’osso corticale é denso e compatto e
costituisce il rivestimento esterno in
particolare delle ossa lunghe.
Fig. 1a Schematizzazione dei due diversi tipi di osso
Il rimodellamento osseo
Il rimodellamento osseo (Fig. 1b) è legato all’attività di due tipi cellulari; gli osteoblasti,
di derivazione mesodermica, tondeggianti e mononucleati, che depongono osso, e gli
osteoclasti, di derivazione monocito-macrofagica, multinucleati, che riassorbono l’osso
(Harada et. al., 2003).
BMU (Unità Multicellulare di Base)
Riass.
OSTEOBLASTI
INATTIVI
Neoform.
OSTEOBLASTI ATTIVATI
OSTEOCLASTO
Quiescenza
Quiescenza
Attivazione
Riassorbimento
Inversione
Neoformazione
Fig. 1b Schematizzazione delle fasi del rimodellamento osseo
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Per operare in modo coordinato gli osteoblasti e gli osteoclasti comunicano tra loro in
maniera diretta tramite contatti cellula-cellula dovuti a interazioni ligando-recettore e,
indirettamente, grazie alla secrezione di molecole solubili quali citochine, ormoni e
fattori di crescita (Raisz, 1999; Goldring, 2003). Gli osteoblasti producono una serie di
molecole tra le quali IL-1β, IL-6 e TNFα, le quali agiscono sui precursori degli
osteoclasti inducendoli a proliferare (Fig. 2) (Ducy et al., 2000). L’interazione tra il
recettore c-Fms e il suo ligando M-CSF induce l’esposizione sulla membrana dei preosteoclasti di una molecola, denominata RANK, che a seguito del legame con il suo
ligando, RANKL, avvia la trasduzione del segnale indotta dal fattore di trascrizione
NFkB. L’iperfosforilazione dell’inibitore IkB, la sua poliubiquitinazione e successiva
degradazione ad opera del proteasoma, consente all’NFkB di migrare nel nucleo e
attivare la trascrizione di geni specifici indispensabili per il completo differenziamento
degli osteoclasti (Fig. 3) (Khosla, 2000). Gli osteoblasti e le cellule stromali producono
anche un’altra molecola importante, l’osteoprotegerina (OPG), un recettore tronco,
appartenente alla famiglia del TNF, privo del dominio transmembrana e quindi solubile
(Teitelbaum, 2000; Boyle et al., 2003). L’OPG legandosi al RANKL inibisce
l’osteoclastogenesi (Fig. 2).
LINFOCITA T
OSTEOBLASTO
OSTEOBLASTO
RAL
RANKL
sRANKL
RANK
OPG
IL-1
-1
IL-6
IL6α
TNF
M-CSF
TNFα
c -FMS
fms
OSTEOCLASTOGENESI
OSTEOCLASTOGENESI
PRE-OSTEOCLASTO
-OSTEOCLASTO
OSTEOCLASTO
Fig. 2 Interazioni cellulari e molecolari che portano al differenziamento degli osteoclasti
CITOPLASMA
P
IKBα
P50
PKCα
P65
P
IKBα
P50
(UB)n
P65
(UB)n
IKBα
P50
P65
P
NFkB
(UB)n
IKBα
P50
P65
PROTEASOMA
P
(UB)n
IKBα
TARGET
TRASCRIZIONE
NUCLEO
Fig. 3 Via di trasduzione del segnale che coinvolge il fattore di trascrizione NFkB
3
Generalità sul morbo celiaco
La malattia celiaca consiste in un’intolleranza alimentare permanente al glutine, una
proteina contenuta in molti cereali, quali il frumento, la segale, l’avena e l’orzo. Nelle
persone affette da celiachia questi alimenti provocano una reazione auto-immunitaria
che danneggia gravemente la mucosa dell’intestino tenue, provocando l’atrofia dei villi
intestinali (Fig. 4) con conseguente riduzione dell’assorbimento (Farrell et al., 2002).
Paziente celiaco
Controllo
Fig. 4 Biopsie intestinali. Sono rappresentate due immagini di biopsie intestinali (A) di un paziente celiaco
e (B) di un soggetto sano. Nel soggetto celiaco si riscontra una mucosa intestinale piatta e con pochi
enterociti, a differenza dei soggetti sani dove i villi intestinali sono ben sviluppati e ricchi di cellule
metabolicamente attive.
La celiachia è una malattia piuttosto diffusa e la sua frequenza media nelle popolazioni
è di 1:250. A soffrirne maggiormente sono gli europei rispetto agli americani. Alto è
anche il numero di persone affette ma non diagnosticate, perché presentano sintomi
atipici, difficilmente riconoscibili. Nei bambini la celiachia si manifesta prevalentemente
con sintomi intestinali: diarrea cronica, vomito, inappetenza, gonfiore addominale e
steatorrea (perdita di grassi con le feci). L’esordio dei sintomi, in genere lento e
progressivo, avviene allo svezzamento, momento in cui, nella dieta dei bambini,
vengono introdotti i primi alimenti contenenti glutine. Il malassorbimento intestinale
può portare inoltre alla carenza di elementi importanti come il ferro, il calcio e le
vitamine e questo può causare un rallentamento nella crescita e anemia (Collin et al,
2002). I sintomi però regrediscono se viene instaurata una dieta priva di glutine.
L’atrofia dei villi intestinali e la steatorrea riducono l’assorbimento di calcio e vitamina
D3 trattenendoli nel lume intestinale. Il malassorbimento di calcio è anche determinato
da un abbassamento dei livelli di calbindina, una proteina che trasporta attivamente il
calcio attraverso l’epitelio intestinale. Nei bambini la malattia può comportare un
improvviso cambiamento del carattere; il soggetto diventa irritabile e disinteressato
all’ambiente che lo circonda, e comincia a rifiutare il cibo. Tutto questo, a lungo andare,
può alterare il suo equilibrio psichico e causare un ritardo nell’uso del linguaggio. Negli
adulti la malattia tende a presentarsi con sintomi atipici; debolezza muscolare, dolori
alle ossa, tendenza a fratture, alterazioni cutanee, afte, anemia. Questi sintomi sono
comuni a molte altre patologie e anche per questo motivo la celiachia spesso sfugge alla
diagnosi. Inoltre l’iperparatiroidismo secondario, seguito talvolta da ipocalcemia, può
indurre un’accelerazione del “turnover” osseo con una prevalenza di perdita d’osso che
può portare a forme di osteoporosi (Kemppainen et al, 1999; Selby et al. 1999;
Southerland & Valentine, 2001; Bianchi & Bardella, 2002).
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Meccanismi molecolari e genetica del morbo celiaco
La celiachia è oggi considerata una malattia auto-immune, vale a dire provocata da
un'alterata reazione immunitaria a carico dei tessuti dell’organismo. Nel caso della
celiachia la reazione autoimmune è scatenata dalla gliadina, una frazione del glutine. La
gliadina si lega ad un enzima presente in molti tessuti, la transglutaminasi tissutale
(TGt). Questo enzima, citoplasmatico e ubiquitario, viene secreto in risposta a stress e
lesioni tissutali e, di norma, catalizza il trasferimento del gruppo acilico tra un residuo
di glutammina e l’amino-gruppo di un residuo di lisina. Il risultato della reazione è la
formazione di un legame isopeptidilico tra i residui di glutammina e di lisina di due
proteine. Quando però il residuo di lisina non è disponibile, la reazione netta è una
deamidazione della proteina. (Koning, 2003; Dewar et al., 2004). Sembra che nella
malattia celiaca questa specifica deamidazione provochi una modificazione dei peptidi
di glutine e questo richiami popolazioni di linfociti Th1 che a loro volta rilasciano
citochine infiammatorie come il TNFα, l’IL-1, l’IL-6 e l’IFN-γ che provocano il danno
tissutale maggiormente della mucosa intestinale. Contemporaneamente linfociti Th2
stimolano i linfociti B a produrre anticorpi contro la tGTasi (Schuppan & Hahn, 2002).
Inizialmente viene alterata la struttura e la funzionalità degli enterociti, ma il danno può
estendersi al sistema nervoso, alla cute, ai denti, al fegato e al pancreas perché
l’attivazione incontrollata delle tGTasi con la conseguente produzione di nuovi antigeni,
stimolano il sistema immunitario a “difendersi”.
I meccanismi precisi che provocano il danno alla mucosa non sono ancora del
tutto chiari e sono attualmente oggetto di studio. Quello che sappiamo è che si verifica
una presenza massiccia di linfociti nella lamina propria, con prevalenza di linfociti T
helper CD4+ e, nell’epitelio sovrastante, di linfociti T citotossici CD8+. E’ stato, inoltre,
evidenziato un grosso aumento di espressione del recettore per l’IL-2, una molecola
responsabile della stimolazione della proliferazione dei linfociti.
La malattia celiaca ha la tendenza a presentarsi in più di un componente della
stessa famiglia e di conseguenza è stata supposta l’importanza di una predisposizione
genetica. La componente genetica della malattia celiaca è stata confermata attraverso lo
“screening” con anticorpi anti-gliadina di familiari di primo grado di pazienti celiaci. La
suscettibilità alla malattia celiaca è associata con geni che mappano nella regione del
sistema HLA. Condizione necessaria, ma non sufficiente, per sviluppare la celiachia, è
la presenza sulla membrana delle cellule immunocompetenti di una molecola HLA di
classe II formata da due particolari catene alfa e beta (il cosiddetto eterodimero HLA
corrispondente al fenotipo DQ2), codificate dagli alleli a0501 e b0201, in grado di
legare con alta affinità peptidi di gliadina e di presentarli a specifici linfociti T (Fig. 5a).
HLA DQ2 (o DQ8)
LINFOCITA
APC
Fig. 5a Schematizzazione dell’interazione tra il recettore del linfocita T e la molecola HLA sulla
membrana della cellula APC (Antigen Presenting Cell).
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L'eterodimero "celiaco" è sempre presente quando al DQ2 si associa il DR3 o il
complesso DR7/DR5. Nel primo caso, l'analisi di “linkage” mostra che i geni della
catena a e della catena b sono presenti sullo stesso cromosoma (configurazione “cis”).
Nel secondo caso i due geni si trovano su cromosomi diversi (configurazione “trans”):
la sequenza b0201 per la catena beta si trova sul cromosoma che esprime la specificità
sierologica DR7; la sequenza a0501 per la catena alfa, invece, si trova sul cromosoma
che esprime il DR5. In una minoranza dei celiaci (8%) la predisposizione è dovuta
all’associazione del DQ8 con il DR53, ugualmente dotato di alta affinità per la gliadina
(Fig. 5b). Solo una piccola parte dei soggetti con gli HLA descritti, presenti nel 40%
della popolazione mondiale, sono celiaci. Comunque l'assenza degli HLA tipici ha un
elevato valore predittivo negativo nella diagnosi di celiachia.
Alleli DQ2 (92%)
Aplotipo
DQ2-DR3
DR3
b 0201
a 0501
b 0201
a 0201
DR7
DR5
b 0301
a 0501
Alleli DQ8 (8%)
Configurazione
cis
DQ2-DR7/DR5
Configurazione
trans
Aplotipo
DQ8-DR53
DR53
b 0201
a 0501
Configurazione
cis
Fig. 5b Possibili combinazioni alleliche che predispongono alla malattia celiaca.
Considerando che nei pazienti celiaci la mucosa intestinale è l’organo bersaglio del
meccanismo patologico innescato dalla gliadina, si ritiene che il difetto principale che
conduce alla malattia celiaca risieda in una risposta immune abnorme indotta dalla
mucosa intestinale nei confronti della gliadina, grazie alla presenza di specifiche
molecole HLA di classe II.
Il meccanismo che correla l’espressione di questi particolari antigeni HLA con la
malattia celiaca non è ancora chiaro, ma sono stati proposti diversi modelli: il primo
prevede che gli antigeni HLA agiscano da recettori di superficie per virus o per sostanze
tossiche, un secondo favorisce l’esistenza di un meccanismo secondo cui le molecole
HLA mimerebbero la struttura molecolare di antigeni “non self” e per tale ragione
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verrebbero riconosciute come tali ed attaccate dal sistema immunitario. Gli enterociti
potrebbero essere direttamente coinvolti nella presentazione dell’antigene. A questo
proposito è stato postulato che l’eterodimero DQ2 potrebbe selezionare un particolare
set di TCR γδ coinvolto nella patogenesi della malattia. La risposta immune di queste
cellule T porterebbe alle manifestazioni tipiche della malattia (Fig. 5c). Lundin e
collaboratori hanno dimostrato che i pazienti celiaci presentano, sia nel sangue che a
livello della mucosa intestinale, cellule T CD4+ che riconoscono peptidi derivati dalla
gliadina e presentati dall’eterodimero DQ2. Altri studi hanno mostrato un aumento nella
densità di linfociti nei pazienti con malattia celiaca e questo aumento sembra essere
influenzato dall’eterodimero DQ2, per cui le cellule T CD4+ ricoprirebbero un ruolo
chiave nella patogenesi della malattia celiaca (Sollid & Thorsby, 1993).
Glutine
Enterociti
Aumento di
permeabilità
Inibitore
delle tGTasi
Membrana basale
Lamina propria
Deamidazione e
cross-linking
tGTasi
Glutine deamidato
APC
IL-12
Distruzione
della mucosa
HLA DQ 2/8
APC
matura
TH1
CD4+
TH2
Linf. B
Ig contro
glutine
e tGTasi
Fig. 5c Rappresentazione schematica dell’interazione tra le proteine intestinali modificate dalle
transglutaminasi e le cellule del sistema immunitario nel morbo celiaco.
Diagnosi e trattamento del morbo celiaco
La celiachia è relativamente facile da diagnosticare, una volta sospettata la sua presenza.
L’esame diagnostico per eccellenza si effettua sul sangue e rivela la presenza degli
autoanticorpi di transglutaminasi tissutale (Anti tGTasi), una volta denominati antiendomisio. Se positivo, l’esame degli autoanticorpi viene confermato dalla biopsia
intestinale che, osservata al microscopio, evidenzia l’atrofia dei villi (Fig. 5b).
L’unico trattamento oggi disponibile per curare la celiachia è l’eliminazione
dalla dieta di tutti gli alimenti contenenti glutine. Dato che il glutine può essere presente
in diverse preparazioni alimentari è molto importante che le persone celiache adottino
una dieta alimentare personalizzata.
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SCOPO DEL LAVORO
Lo scopo di questo lavoro, svolto durante tre anni di dottorato, è stato lo studio di alcuni
aspetti che correlano la malattia celiaca all’osteopenia. Esso ha comportato l’utilizzo di
tecniche cellulari e molecolari.
E’ ben noto che la malattia celiaca rappresenti un disordine autoimmune,
caratterizzato da atrofia dei villi intestinali, innescato dall’ingestione di glutine in
individui geneticamente suscettibili. Non si conosce altrettanto bene il meccanismo
cellulare e molecolare per cui molti pazienti celiaci, pur non presentando i classici
sintomi di malassorbimento intestinale, siano spesso soggetti a fratture.
Questo studio ha portato all’identificazione nel siero dei pazienti celiaci di una
serie di citochine, finemente regolate, che controllano il complesso circuito che
coinvolge le cellule ossee, gli osteoblasti e gli osteoclasti, e le cellule del sistema
immunitario, principalmente i linfociti T, responsabili dei danni provocati
dall’ingestione di glutine. Lo sbilanciamento di alcune citochine, quali il RANKL,
l’OPG, l’IL-12 e l’IL-18, prodotte da questi tre tipi cellulari, sarebbe alla base di
fenomeni che indurrebbero nei pazienti celiaci un aumento del riassorbimento osseo
rispetto alla formazione di quest ultimo, portando ad una perdita netta di massa ossea.
METODOLOGIA SPERIMENTALE
Pazienti
Lo studio è stato condotto con il consenso informato dei pazienti e approvato dal
Comitato Etico IRCCS dell’Istituto Auxologico del Policlinico di Milano. La diagnosi
della malattia celiaca è stata effettuata dal Dipartimento di Gastroenterologia del
Policlinico di Milano, dove i pazienti sono stati suddivisi in due gruppi. Di lì i pazienti
sono stati indirizzati all’Istituto Auxologico di Milano, dove sono stati raccolti campioni
di sangue ed urine e dove sono stati effettuati gli esami DXA. Lo studio non ha
comportato sperimentazione in persone o animali. Sono stati utilizzati solamente
campioni biologici (sangue periferico, urine e campioni d’osso) dai vari pazienti. I
pazienti celiaci sono stati diagnosticati sulla base della positività ad alcuni “markers”
sierologici, quali anticorpi contro la gliadina, l’endomisio e le transglutaminasi e alla
risposta ad una dieta priva di glutine. I pazienti sono stati suddivisi in due gruppi. Il
primo gruppo includeva soggetti in condizioni stabili e a dieta da almeno due anni. Del
secondo gruppo facevano parte soggetti diagnosticati da poco e pertanto non ancora a
dieta. Tutti i soggetti utilizzati nello studio erano adulti e tutte le donne (sia celiache,
che sane) erano in pre-menopausa con un ciclo mestruale regolare. Nessuna delle donne
era sotto terapia estrogenica. Il gruppo non differiva significativamente per quanto
riguarda l’età, il peso, l’altezza e la BMI. Nessuno dei pazienti e dei soggetti sani era
affetto da altre malattie che potessero influenzare il metabolismo osseo (Tab. A).
Saggi enzimatici
I livelli totali di calcio e fosfato, e i “markers” del “turnover” osseo sono stati misurati
con metodi standard. Sono stati impiegati “kit” radioimmunologici per misurare i livelli
di osteocalcina (Techno Genetics, Milano, Italia) e di 25(OH)D3 (DiaSorin Inc.,
Stillwater, MM, USA) nel siero, “kit ELISA” per misurare i livelli di telopeptidi del
procollagene di tipo I (NTx) nelle urine (Ostex Inter. Inc., Seattle, WA, USA), di OPG e
RANKL solubile (Biomedica Gruppe, Vienna, Austria) e di altre citochine (R&D
Systems, Minneapolis, USA) e “kit” immunoradiometrici per misurare i livelli di PTH
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(Diasorin Inc., Stillwater, MM, USA) e di 1,25(OH)2D3 (Nichols Istitute Diagnostic,
San Juan Capistrano, CA, USA).
Tabella A: Caratteristiche dei pazienti
Studio
Numero
Sesso
Età
(anni)
Età della
diagnosi
(anni)
Sintomi di
malassorb.
(%)
Dieta priva
di glutine
(mesi)
Peso
(Kg)
Altezza
(cm)
BMI
(Kg/m2)
21
17 F-4 M
32.0±7.5
-
-
-
62.0±10.3
167±7.8
22.6±3.9
Pazienti
a dieta
25
19 F-5 M
35.7±7.9
24.8±15.3
40
39.7±28.8
62.3±9.9
166±8.0
22.7±4.3
Pazienti non
a dieta
17
13 F-4 M
43±9.9
41.3±12.8
18
-
61.9±9.8
167±8.5
22.2±3.3
Controlli
Dati presentati come media ± SD.
F: Femmine, M: Maschi
Valutazione della massa ossea
La massa ossea è stata valutata tramite assorbimetria a raggi X a doppia energia (DXA
Hologic QDR 2000) a livello della colonna vertebrale lombare (L1-L4) e in tutto il
corpo. La densità di massa ossea è stata espressa nei pazienti come Z-score.
Reagenti per gli studi in vitro
DMEM, L-glutammina, penicillina/streptomicina (Euroclone, Devon, UK), siero fetale
bovino (HyClone, UT, USA), acido ascorbico (Roche Diagnostics, Germany), M-CSF e
RANKL umano ricombinante (Peprotech, London, UK), tripsina (Difco, MI, USA),
reagenti per l’RT-PCR (Invitrogen Life Technologies, USA), 3H timidina (Amersham
Lifescience, Buckinghamshire, UK). Tutti gli altri reagenti (Sigma-Aldrich, MO, USA).
Colture primarie di osteoclasti
Il sangue periferico umano proveniente da donatori sani è stato diluito in soluzione
salina bilanciata di HANK’s 1:1, stratificato con Histopaque 1077, centrifugato a 400g
per 30 minuti, lavato due volte con una soluzione di HANK’s e centrifugato a 250g per
10 minuti. L’anello di cellule mononucleate “buffy coat” è stato raccolto con una pipetta
di plastica Pasteur sterile e risospeso in terreno DMEM contenente L-glutammina 4mM,
penicillina 100U/ml e streptomicina 100 µg/ml) con l’aggiunta del 10% di siero fetale
bovino. Le cellule sono state piastrate in multiwell da 96 pozzetti ad una concentrazione
di 3x106 cellule/cm2 e incubate a 37°C in atmosfera satura d’acqua al 5% di CO2. Dopo
un’ora sono state eliminate le cellule non adese, e le restanti sono state coltivate per un
periodo compreso tra 1 e 3 settimane in terreno contenente 10% di siero di pazienti
celiaci o di controlli, in presenza di M-CSF 25 ng/ml, PTH(1-34) ricombinante 100 nM
e RANKL a varie concentrazioni. Il terreno con i fattori di crescita è stato cambiato una
volta alla settimana.
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Saggio TRAP
Le cellule sono state fissate per 15 minuti con PFA al 3% in tampone cacodilato 0.1M e
lavate con lo stesso tampone. L’attività della fosfatasi acido tartrato resistente (TRAP) è
stata rilevata istochimicamente mediante il “kit” #386 Sigma-Aldrich, seguendo le
istruzioni fornite dalla ditta.
Riassorbimento osseo
Gli osteoclasti, una volta differenziati, sono stati tripsinizzati e ripiastrati su sezioni di
osso bovino in presenza di M-CSF 10 ng/ml, PTH 100 nM e RANKL 0.5 ng/ml e 10%
di siero di pazienti celiaci o di controllo. Le cellule sono state mantenute per due
settimane, fissate e lavate come sopra descritto ed infine colorate con blu di toluidina
all’1% per 4 minuti. Gli osteoclasti sono stati contati al microscopio a luce ordinaria e
rimossi dalle sezioni mediante cicli di sonicazione in ipoclorito di sodio (NaClO) all’1%
per 10 minuti e lavati in acqua bidistillata per 30 minuti. Le sezioni di osso sono state
ricolorate con blu di toluidina per 4 minuti ed il numero di lacune presenti è stato
valutato utilizzando il metodo di quantificazione descritto da Caselli e collaboratori.
Colture primarie di osteoblasti
Frammenti di osso sono stati ottenuti da donatori sani che avevano subito una frattura
traumatica maxillo-facciale. Questi frammenti sono stati digeriti sequenzialmente con
collagenasi tipo IV di Clostridium hystoliticum 1 mg/ml e tripsina allo 0.25% sciolte in
una soluzione filtrata di HANK’s, in agitazione per 20 minuti a 37°C. La procedura è
stata ripetuta due volte per 40 minuti alla stessa temperatura. Il surnatante è stato
centrifugato a 1200 rpm per 5 minuti e il pellet cellulare è stato risospeso in terreno
DMEM con antibiotici e siero bovino al 10%. Le cellule ottenute sono risultate positive
al saggio della fosfatasi alcalina (ALP) ed esprimevano “markers” specifici degli
osteoblasti quali il complesso PTH/PTHrP, il collagene di tipo I, l’osteocalcina,
l’osteopontina, la sialoproteina II e il fattore di trascrizione Cbfa1/Runx2 (Ducy et al.,
1997; Marzia et al, 2000).
Proliferazione degli osteoblasti
Gli osteoblasti sono stati piastrati in multiwell da 48 pozzetti, lasciati crescere fino al
70% di confluenza e mantenuti per 24 ore in terreno privo di siero. Il mezzo di coltura è
stato successivamente rimosso e le cellule sono state trattate con terreno contenente il
5% di siero di pazienti celiaci o di controllo per 24 ore in presenza di 3H timidina 1
µCi/ml. Al termine dell’incubazione gli osteoblasti sono state lavati con PBS 1X e
solubilizzati con SDS con aggiunta di BSA alla concentrazione finale di 0,1 mg/ml,
utilizzata come proteina carrier. Il lisato è stato precipitato con TCA alla concentrazione
finale del 10%. I campioni sono stati mescolati mediante “vortex”, incubati per 30
minuti a 4°C e centrifugati a 955g. I “pellet” sono stati ridisciolti in SDS 0,1% con
l’aggiunta di liquido di scintillazione Istagel prima della conta al “beta-counter”
(Beckman LS 6500).
Attività della fosfatasi alcalina (ALP)
Gli osteoblasti sono stati piastrati in multiwell da 96 pozzetti e fatti crescere fino al 70%
di confluenza. Le cellule sono state coltivate in assenza di siero per 24 ore e
10
successivamente trattate per altre 48 ore con terreno contenente il 5% di siero di pazienti
celiaci o di donatori sani. Al termine dell’incubazione è stata misurata l’attività della
fosfatasi alcalina mediante “kit” #104 Sigma-Aldrich.
Saggio di mineralizzazione
Gli osteoblasti sono stati fatti crescere fino ad una confluenza del 70-80%. Il terreno di
crescita è stato sostituito con terreno contenente DMEM, beta-glicerofosfato 10 mM,
acido ascorbico 50 µg/ml e 5% di siero di pazienti celiaci o di donatori sani. Il terreno è
stato sostituito ogni 3 giorni e la coltura è stata mantenuta per 3 settimane. Alla fine
dell’incubazione, la presenza di noduli di mineralizzazione é stata messa in evidenza
mediante la colorazione di Von Kossa. Quindi è stata effettuata un’analisi quantitativa
utilizzando uno scanner-densitometro modello 670 (BioRad Laboratories).
RT-PCR
L’RNA totale è stato estratto seguendo il protocollo del fenolo acido (Chomczynski &
Sacchi, 1987). La trascrizione inversa (RT) è stata effettuata in un volume finale di 20
µl utilizzando 1µg di RNA e 1µl di oligo dT. L’RNA è stato denaturato ad una
temperatura di 70°C per 10 minuti. Successivamente sono stati aggiunti 4 µl di First
Strand buffer, 2 µl di DTT 0.1M, 1µl di dNTP 10 mM, 1µl di inibitore di ribonucleasi e
1µl di enzima RNasi-H Reverse Trascriptasi Super ScriptTM II. La soluzione ottenuta è
stata mescolata e incubata a 42°C per 52 minuti. Il c-DNA preparato è stato utilizzato
per le reazioni di PCR, ciascuna effettuata in un volume finale di 50µl in presenza di
dNTP alla concentrazione di 200 µM, di 1.5 mM di MgCl2, buffer 10X, 10 pMol di
ciascun primer e di 1U di DNA Taq-Polimerasi (Tab. B). L’amplificazione è stata
eseguita con un “termocycler” (Perkin Elmer GeneAmp 2400). I frammenti amplificati
per PCR sono stati separati mediante elettroforesi su gel di agarosio all’1.5% contenente
etidio bromuro. Infine è stata effettuata un’analisi quantitativa normalizzando il segnale
ottenuto da ciascuna amplificazione con quello del gene “house-keeping” della GAPDH.
Tabella B: Primers e condizioni di PCR
Gene
Primers umani
Condizioni di PCR
Lunghezza
amplificato (bp)
IL-6
F 5’-ATGAACTCCTTCTCCACAAG-3’
R 5’-ACATTTGCCGAAGAGCCCTCAG-3’
30 cicli: 94°C 1 min,
58°C 1 min, 72°C 1 min
636
IL-1β
F 5’-ATGGCAGAAGTACCTGAGCTC-3’
R 5’- GGAAGACACAAATTGCATGGT-3’
35 cicli: 94°C 1 min,
58°C 1 min, 72°C 1 min
810
TNFα
F 5’-GGCCCCCAGAGGGAAGAG-3’
R 5’-AGACCCCTCCCAGATAGATG-3’
35 cicli: 94°C 1 min,
58°C 1 min, 72°C 1 min
430
IL-12
F 5’-GAGTGATGAGCTATCTGAATGCTT-3’
R 5’-CCCTTCTTAGCAATTCATTCATG-3’
32 cicli: 94°C 1 min,
54°C 1 min, 72°C 1 min
228
IL-18
F 5’-ACATAGGTCATGATCTCTGGACGT-3’
R 5’-GAAGATTCAAATTGCATCTTAT-3’
35 cicli: 94°C 1 min,
58°C 1 min, 72°C 1 min
205
GAPDH
F 5’-CTGCACCACCAACTGCTTAG-3’
R 5’-AGGTCCACCACTGACACGTT-3’
30 cicli: 94°C 30 sec,
54°C 30 sec, 72°C 30 sec
272
OPG
F 5’-TGCTGTTCCTACAAAGTTTACG-3’
R 5’-CTTTGAGTGCTTTAGTGCGTG-3’
35 cicli: 94°C 1 min,
62°C 1 min, 72°C 1 min
435
RANKL
F 5’-CCTTTTGCTCATCTCACTATT-3’
R 5’-AATGTTGGCATACAGGTAATA-3’
30 cicli: 94°C 1 min,
50°C 1 min, 72°C 1 min
171
PTHrP
F 5’-CCATCCAAGATTTACGGCGA-3’
R 5’-TCGAGAGCTCCAGCGACGTT-3’
35 cicli: 94°C 1 min,
58°C 1 min, 72°C 1 min
370
11
Analisi statistica
I dati ottenuti dai pazienti sono stati espressi come valor medio ± deviazione standard
(SD). I dati in vitro sono stati espressi come media ± errore standard (SEM) di tre
esperimenti indipendenti e valutati statisticamente mediante analisi della varianza ad
una via (ANOVA) seguita dal test di Duncan’s. Le differenze tra i due gruppi di pazienti
sono state inoltre valutate con il test t-Student. Le differenze tra i dati ottenuti sono state
considerate significative ad un valore convenzionale di p<0.05. Relazioni tra le variabili
studiate sono state valutate utilizzando il coefficiente di correlazione di Pearson e
quando significative seguite dalla analisi di regressione semplice lineare.
RISULTATI
Densità di massa ossea (BMD)
L’analisi della BMD ha evidenziato che essa era ridotta nel 40% dei pazienti celiaci a
dieta (Z-score -1.6 ± -0.2) e in più dell’80% dei pazienti celiaci non a dieta (Z-score -2.0
± -0.4).
Analisi dei “markers” del turnover osseo
Nei pazienti celiaci tutti i parametri del metabolismo minerale erano nella norma, tranne
un aumento significativo dei livelli urinari dei telopeptidi N-terminali del procollagene
di tipo I (NTx) nei pazienti non ancora a dieta, indice di un’attività di riassorbimento
osseo. Questi pazienti presentavano elevati livelli di osteocalcina, PTH, 1,25(OH)2D3
rispetto ai pazienti celiaci a dieta. Nonostante ciò i livelli sono ancora da considerarsi
nella norma, anche se al limite superiore. I livelli sierici di calcio erano normali in
entrambi i gruppi (Tab. C).
Tabella C: Markers del turnover osseo e ormoni legati al calcio
Studio
Pazienti
a dieta
Calcio
sierico
(mg/dl)
Calcio urine Osteocalcina
(mg/24h)
(ng/ml)
NTx urine
(nM BCE/mM Cr)
PTH sierico
(pg/ml)
25(OH)D3
sierico
(ng/ml)
1,25
(OH)2D3
sierico
(pg/ml)
9.6±0.5
189±15
5.7±2.5
49.4±24.6
40.7±19
18.8±11
43.3±16.9
Pazienti
non a dieta
8.8±0.3
273±19 a
9.9±5.7a
66.4±38a
67.2±30a
13.5±6.0
61.7±23.6a
Valori
normali
8.1-10.4
100-300
2-10
25-49
13-64
10-48
18-62
Dati presentati come media ± SD.
p<0.005 non a dieta vs. a dieta
a
nMBCE/mMCr: nM “Bone Collagen Equivalents” / mM Creatinina*
* La correzione dei livelli di telopeptidi del collagene nelle urine è una pratica comune per la normalizzazione
dei dati e si basa sul filtrato glomerulare. La clearance della creatinina è appunto il metodo standard utilizzato.
12
Fattori regolatori delle cellule ossee presenti nel siero
Per valutare se il siero dei nostri pazienti celiaci mostrasse una alterazione di fattori che
regolano il turnover osseo abbiamo eseguito una serie di saggi ELISA per determinare
la concentrazione di citochine rilevanti per il “turnover” osseo (Tab. D). I livelli di
IL-1β, TNFα e TNFβ sono risultati normali in tutti i sieri. I livelli di IL-6 apparivano
leggermente ridotti nei pazienti celiaci a dieta, mentre in quelli non a dieta risultavano
significativamente aumentati. Inoltre i livelli di IL-12, una citochina inibitoria
dell’osteoclastogenesi, erano ridotti in tutti i pazienti celiaci, e l’IL-18 solo nei pazienti
a dieta. RANKL ed OPG erano entrambi aumentati nel siero dei pazienti celiaci non a
dieta rispetto a quelli a dieta.
Tabella D: Livelli di citochine nel siero
Citochine
Valore di P
Controlli
(CTL)
Pazienti
a dieta
Pazienti
non a dieta
a
0.59±0.6
0.38±0.5
1.76±1.2
IL-1β
0.55±0.4
0.74±0.9
0.83±0.8
TNFα
1.10±0.3
1.49±1.1
2.09±1.4
TNFβ
22.0±20.0
12.4±10
11.4±8.0
IL-6
IL-12
b
2.95±1.5
1.32±1.7
0.98±1.2
IL-18
c
256.1±54
216.4±64
318.2±70
RANKL
c
0.38±0.07
0.63±0.7
1.97±0.7
OPG
a
1.38±0.3
2.12±0.9
3.05±1.1
Dati presentati come media ± SD.
Analisi della varianza (“one-way” ANOVA) per i tre gruppi:
a
p <0.002; bp<0.03; cp <0.001
Duncan’s test tra i gruppi dove, l’analisi ANOVA ha mostrato differenze statisticamente significative:
IL-6: p<0.05 non a dieta vs. a dieta e vs. CTL
IL-12: p<0.01 non a dieta vs. CTL; p<0.05 a dieta vs. CTL
IL-18: p<0.05 non a dieta vs. a dieta e vs. CTL
RANKL: p<0.005 non a dieta vs. a dieta e vs. CTL
OPG: p<0.01 non a dieta vs. a dieta e vs. CTL
Osteoclastogenesi in vitro
Sulla base dei risultati ottenuti con le citochine abbiamo ipotizzato che la formazione
degli osteoclasti potesse essere stimolata se precursori mononucleati di sangue
periferico fossero stati esposti a sieri dei pazienti. Per questo motivo abbiamo
differenziato precursori monocito-macrofagici di sangue periferico umano con M-CSF,
PTH e concentrazioni crescenti di RANKL, in presenza di siero di controllo al 10%.
Come atteso, abbiamo notato un aumento progressivo dell’osteoclastogenesi
proporzionalmente alla concentrazione di RANKL utilizzata, come indicato dalla
intensa reazione di TRAP condotta sulle colture cellulari (Fig. 6). L’esposizione al
siero di pazienti celiaci in presenza di una concentrazione ottimale di RANKL (30
13
ng/ml) non induceva alcuna ulteriore stimolazione dell’osteoclastogenesi. Tuttavia
quando tali sieri erano somministrati alla frazione cellulare in presenza di
concentrazioni subottimali di RANKL (0.5 ng/ml) si osservava un deciso incremento
del numero di cellule TRAP-positive specialmente in presenza di siero di pazienti
celiaci non a dieta. L’effetto era evidente dalla prima settimana di trattamento e si
estendeva fino alla terza (Fig. 7a). Inoltre, poiché i nostri esperimenti sono stati
condotti in presenza di PTH, l’iperparatiroidismo secondario non avrebbe potuto
causare direttamente un aumento dell’ osteoclastogenesi nei nostri saggi. In modo
simile la vitamina D3, da sola o in combinazione con il PTH, non sembra capace di tale
stimolazione.
1,0
**
800
*
% Mult inucleated
TRAP-posit ive cells
RANKL/OPG
0,8
0,6
0,4
600
**
400
150
*
100
*
*
*
50
0,2
0
0,0
CTL
+ dieta
- dieta
Fig. 6 Livelli sierici di RANKL e OPG
Il rapporto RANKL/OPG é stato valutato
nel siero di soggetti sani (CTL) oppure di
pazienti celiaci tramite utilizzo di “kit”
ELISA e risulta significativamente più
elevato nel siero dei pazienti celiaci non
ancora a dieta rispetto agli altri sieri.
*p<0.0001 vs. CTL.
CTL
RANKL ng/ ml −
CTL
+
+ diet
−
- diet
−
1
+
−
−
5
+
−
−
10
+
−
−
30
+
−
−
30
30
−
−
−
+
−
+
0 .5
+
−
−
0 .5
0 .5
−
−
−
+
−
+
Fig. 7a Saggio TRAP. Cellule mononucleate di sangue
Periferico (PBMC) di donatori sani sono state coltivate
in un terreno contenente 25 ng/ml M-CSF, 100 nM PTH
concentrazioni indicate di RANKL, in presenza del 5% di
siero di soggetti di controllo (CTL) o di pazienti celiaci a
dieta e non a dieta. Tre settimane dopo le cellule sono state
fissate con PFA al 4% e saggiate per la presenza della
fosfatasi acida tartrato resistente (TRAP). Gli osteoclasti
sono stati contati e i dati ottenuti sono stati espressi come
valor medio±SEM di tre esperimenti indipendenti.*p<0.05
vs. colture non trattate con RANKL. **p<0.05 vs. colture
trattate con 0.5 ng/ml RANKL e siero di controllo.
+ dieta
Fig. 7b. Saggio TRAP (3a settimana di coltura)
14
- dieta
Riassorbimento osseo
Per valutare se l’attività di riassorbimento osseo fosse stimolata dal siero dei pazienti
celiaci, abbiamo tripsinizzato osteoclasti maturi ottenuti differenziando monociti di
sangue periferico con M-CSF 25 ng/ml, PTH 100 mM e RANKL 30 ng/ml e li abbiamo
ripiastrati su sezioni di osso bovino, in seguito incubate in presenza di concentrazioni
subottimali di RANKL (0.5 ng/ml) e di sieri dei nostri pazienti. Il numero di lacune di
riassorbimento era simile in tutte le condizioni usate (controllo, 100 ± 37, pazienti
celiaci a dieta, 239 ± 123 e pazienti celiaci non a dieta, 182 ± 89). Tale risultato indica
che i fattori contenuti nel siero dei pazienti celiaci stimolano l’osteoclastogenesi, ma
non hanno effetto sul riassorbimento osseo (Figg. 8 e 9).
+ dieta
500
400
200
150
*
CTL
+ dieta
- dieta
*
*
*
100
*
50
% Pit index
- dieta
Numero di cellule
multinucleate TRAP-positive
PAZIENTI
CTL
300
200
100
0
CTL
+ dieta
- dieta
0
1
2
3
Settimane
Fig. 8 Osteoclastogenesi. Cellule mononucleate
di sangue periferico (PBMC) di donatori sani
sono state coltivate in un terreno contenente
25 ng/ml M-CSF, 100 nM PTH e 0,5 ng/ml
di RANKL, in presenza del 5% di siero di
soggetti di controllo o di pazienti celiaci
a dieta e non a dieta. Le cellule sono state
fissate con paraformaldeide ai tempi indicati
e saggiate per la presenza della fosfatasi acida
tartrato resistente (TRAP). Gli osteoclasti sono
stati contati e i dati ottenuti sono stati espressi
come valor medio + SEM di tre esperimenti
indipendenti. *p<0.05 vs. CTL
Fig. 9 Misurazione del Pit index. Osteoclasti maturi,
differenziati in vitro a partire da cellule umane mononucleate
di sangue periferico e poi incubate con 25 ng/ml M-CSF, 100
nM PTH e 30 ng/ml RANKL per tre settimane, sono stati
staccati mediante una blanda tripsinizzazione e poi ripiastrati
in ugual numero in pozzetti di una multiwell da 96 con sezioni
di osso bovino e incubate con siero di controllo (CTL) e con
siero di pazienti celiaci a dieta e non a dieta. Il trattamento è
stato portato avanti per due settimane e alla fine le sezioni di
osso sono state fissate ed analizzate per il Pit index. I dati sono
stati espressi come media + SEM. Le differenze tra i gruppi
non sono risultate statisticamente significative.
Analisi delle citochine negli osteoblasti
Gli osteoblasti svolgono un ruolo di primaria importanza nella regolazione
dell’osteoclastogenesi sia mediante interazioni dirette con i precursori degli osteoclasti,
sia mediante la produzione di fattori solubili. Per valutare se l’espressione di qualche
15
fattore potesse essere alterato dal siero dei pazienti celiaci, abbiamo coltivato osteoblasti
da donatori sani e li abbiamo trattati per 24 ore con i nostri sieri per valutare
l’espressione trascrizionale di specifiche citochine regolatrici dell’osteoclastogenesi. In
queste condizioni sperimentali non abbiamo riscontrato modulazioni significative nei
livelli di IL-6, IL-1β e IL-12 mentre i livelli di espressione dell’IL-18 e di OPG (Figg.
10 e 11) sono risultati ridotti in tutti i pazienti celiaci (IL-18) e solo nei pazienti celiaci
non a dieta (OPG). Non è stata rilevata espressione di TNFα, PTHrP, RANKL (Tab. E).
IL-18
OPG
GAPDH
2,0
1,5
1,6
1,2
1,2
OPG/GAPDH
IL-18/GAPDH
GAPDH
*
0,8
*
0,4
0,9
*
0,6
0,3
0,0
0,0
CTL
+ dieta
- dieta
CTL
+ dieta
- dieta
Figg. 10 e 11 Espressione di IL-18 e OPG.
Osteoblasti primari umani sono stati incubati per 24 ore con il 5% di siero di controllo (CTL) oppure di
pazienti celiaci a dieta e non a dieta. L’mRNA é stato estratto per eseguire una serie di RT-PCR ed è stata
effettuata un’analisi densitometrica indicando il rapporto IL-18/GAPDH. Dati espressi come media dei
valori ± SEM. *p<0.05 vs. CTL.
Tabella E: Espressione di citochine negli osteoblasti
Citochine
Pazienti a dieta
Pazienti non a dieta
IL-1β
Controlli
(CTL)
nr
nr
nr
IL-6
0.88 ± 0.06
0.77 ± 0.06
0.80 ± 0.55
TNFα
nr
nr
nr
IL-12
0.77 ± 0.13
0.93 ± 0.10
0.96 ± 0.04
IL-18
1.50 ± 0.11
0.87 ± 0.12a
0.33 ± 0.12a
PTHrP
nr
nr
nr
RANKL
nr
nr
nr
1.07 ± 0.08
1.12 ± 0.11
0.70 ± 0.07b
OPG
Dati presentati come unità densitometriche arbitrarie/GAPDH (media±SEM) su tre esperimenti
indipendenti. ap<0.02. bp<0.005. nr: non rilevabile
16
Attività degli osteoblasti in vitro
Per determinare gli effetti dei sieri dei pazienti celiaci sugli osteoblasti abbiamo
incubato osteoblasti primari umani di donatori sani con i vari sieri e saggiato la loro
proliferazione cellulare, lo stadio di differenziamento e la capacità di deposizione della
matrice. Il saggio di incorporazione della 3H timidina ha mostrato un aumento della
proliferazione degli osteoblasti a seguito della loro incubazione con i sieri dei pazienti
celiaci (Fig. 12). Inoltre l’analisi biochimica della fosfatasi alcalina ha mostrato un
aumento significativo del differenziamento degli osteoblasti (Fig. 13) confermato anche
da un’abbondante deposizione di matrice (Fig. 14), messa in evidenza mediante
colorazione di Von Kossa.
% Incorporazione di 3H-timidina
200
* p < 0.01 vs CTL
**
**
150
100
50
0
CTL
CTL
diet
diet
++dieta
- -dieta
____________________
Fig. 12 Proliferazione. Osteoblasti primari umani sono stati mantenuti 24 ore in assenza di siero e
successivamente trattati con il 5% di siero di controllo (CTL) o di pazienti celiaci. La proliferazione é
stata valutata mediante analisi dell’incorporazione di 3H-timidina in materiale TCA-precipitato. I dati
sono espressi come media di tre esperimenti indipendenti ± SEM. *p<0.01 vs. CTL.
200
**
% Fosfatasi alcalina (ALP)
* p < 0.005 vs CTL
150
100
50
0
CTL
+ dieta
-
dieta
Fig. 13 Fosfatasi alcalina. Osteoblasti primari umani sono stati mantenuti 24 ore in assenza di siero e
successivamente trattati con il 5% di siero di controllo (CTL) o di pazienti celiaci. L’attività della
fosfatasi alcalina (ALP) é stata quindi misurata mediante saggio biochimico. I dati sono stati espressi
come media di tre esperimenti indipendenti ± SEM. *p<0.05 vs. CTL.
17
400
* p < 0.001 vs CTL
**
% Mineralizzazione
300
**
200
100
0
CTL
+ dieta
- dieta
Fig. 14 Mineralizzazione. Osteoblasti primari umani sono stati trattati con il 5% di siero di controllo
(CTL) o di pazienti celiaci, e mantenuti in coltura per tre settimane in presenza di acido ascorbico e βglicerofosfato per indurre la mineralizzazione della matrice. I noduli di mineralizzazione sono stati
evidenziati mediante colorazione di Von Kossa. E’ stata quindi effettuata un’analisi quantitativa tramite
densitometria e i dati sono stati espressi come media di tre esperimenti indipendenti ± SEM. *p<0.001 vs.
CTL.
DISCUSSIONE
Il significato del turnover osseo è ancora oggi motivo di accesa discussione (Karsenty,
2003). Esso consente allo scheletro di adattarsi ai cambiamenti dovuti a sforzi
meccanici, di riparare piccoli danni e di accumulare calcio e altri ioni essenziali per lo
scambio con i liquidi extracellulari. E’ noto da tempo che nel controllo del
rimodellamento osseo sono coinvolte, talvolta in modo ridondante, molte citochine e
altri regolatori locali, (Raisz, 1999; Goldring, 2003; Firestein, 2003), nonchè molti tipi
cellulari come osteoblasti, osteoclasti e cellule del sistema immunitario (Rodan &
Martin, 2000; Jacobs et al., 2001; Goldring, 2002).
I disordini gastrointestinali sono spesso associati con la perdita di massa ossea e
si ipotizza che ciò sia dovuto in massima parte a malassorbimento intestinale, con
conseguente alterazione locale e sistemica del controllo del calcio. L’ipotesi del
coinvolgimento dell’iperparatiroidismo secondario dovuto a malassorbimento intestinale
sembra essere inadeguata a spiegare tutti i casi di bassa massa ossea nei pazienti celiaci,
spesso affetti da gravi danni scheletrici, ma senza sintomi intestinali evidenti
(Southerland & Valentine, 2001; Bianchi & Bardella, 2002).
Studi recenti hanno evidenziato un’elevata produzione di citochine nell’intestino
dei pazienti celiaci (Kontaku et al.; 1996; Salvati et al., 2002), mentre altri studi
ipotizzano che la bassa densità ossea potrebbe essere correlata con i livelli di citochine
circolanti (Fornari et al., 1998), suggerendo che altre condizioni, oltre
all’iperparatiroidismo secondario, possano contribuire alla perdita d'osso in questi
pazienti. Tuttavia non è stato ancora dimostrato che livelli alterati di citochine circolanti
possano agire direttamente sulle cellule ossee nel morbo celiaco, come invece accade in
altre patologie infiammatorie, come l’artrite reumatoide (Gracie et al., 1999).
18
Il nostro studio mostra che, almeno nei pazienti celiaci analizzati, la bassa
densità ossea (BMD) è associata ad alti livelli di telopeptidi del procollagene di tipo I
(NTx), un “marker” di riassorbimento osseo. Ciò indica che l’equilibrio fra
riassorbimento e formazione d'osso è a favore del riassorbimento. Anche se alcuni
pazienti presentano un leggero aumento dei livelli di PTH, l’iperparatiroidismo
secondario non sembra essere l’unica causa della perdita ossea nel nostro campione di
pazienti. Infatti l’NTx e lo “Z-score” della massa ossea non correlano con i livelli di
PTH, ma correlano con una serie di citochine stimolatorie degli osteoclasti.
Inoltre, la concentrazione di PTH nel siero dei nostri pazienti non correla con i
livelli di citochine suggerendo che queste non derivano da una risposta all’aumentato
PTH. Dati preliminari, non pubblicati, ottenuti in un piccolo gruppo di pazienti affetti
da un leggero iperparatiroidismo secondario cronico dovuto a carenza di vitamina D3,
mostrano, in assenza di altre patologie, una correlazione tra PTH e livelli di IL-6; quindi
è possibile che un’alterazione del PTH possa avere effetto sui livelli di citochine
circolanti e contribuire alla perdita d’osso. Tuttavia questo non sembra essere il caso dei
nostri pazienti celiaci, nei quali tale correlazione non e’ stata osservata.
Gli alti, ma ancora nella norma, livelli di calcio escreto osservati nei pazienti non a
dieta, fanno ipotizzare che l’aumentato riassorbimento osseo possa essere la causa
principale della bassa densità ossea. Infatti, se ci fosse un non corretto assorbimento di
calcio a causa di un danno agli enterociti, l’escrezione di calcio dovrebbe risultare
ridotta nei pazienti non a dieta. Ciò accade generalmente nei pazienti celiaci che
presentano sintomi intestinali evidenti, nei quali sono facilmente osservabili bassi livelli
di calcio e alti livelli di PTH. Quindi, nel loro insieme, le nostre osservazioni
favoriscono l’ipotesi che lo sbilanciamento di citochine sia un importante fattore che
contribuisce all’aumento del riassorbimento osseo e alla conseguente perdita di massa
ossea nel nostro gruppo di pazienti.
I nostri esperimenti in vitro mostrano che i sieri dei pazienti celiaci agiscono
direttamente sia sugli osteoclasti che sugli osteoblasti. Non sono stati riscontrati effetti
tossici indotti dai sieri, come indicato dall’assenza di fenomeni apoptotici e dagli esiti
prevalentemente stimolatori dell’attività delle nostre cellule in coltura (Fig. 7b). E’
interessante notare che mentre l’osteoclastogenesi è aumentata di circa quaranta volte
dal trattamento con i sieri di pazienti celiaci rispetto ai sieri di controllo, la
proliferazione, l’attività della fosfatasi alcalina e la mineralizzazione degli osteoblasti
risultano aumentate solo di tre volte. Tutto questo è in accordo con gli alti livelli
misurati di NTx nei pazienti e sembra confermare la maggiore influenza dei fattori
sierici dei pazienti celiaci sugli osteoclasti piuttosto che sugli osteoblasti. Noi riteniamo
che l’aumento dell’osteoclastogenesi non possa essere dovuto ad alti livelli di PTH nel
siero dei nostri pazienti perché, anche se tali pazienti avevano un moderato
iperparatiroidismo, abbiamo effettuato i nostri esperimenti mantenendo costanti i livelli
di PTH in tutte le colture, trattandole con il frammento PTH(1-34) umano ricombinante.
Risultati analoghi ed ugualmente negativi sono stati osservati aggiungendo la vitamina
D3, sia da sola che in combinazione con il PTH.
Il fatto che l’osteoclastogenesi fosse stimolata in presenza di concentrazioni
subottimali di RANKL ci ha fatto ipotizzare che questo regolatore potesse essere
alterato nei nostri pazienti. Infatti, la via di segnale che coinvolge RANK, RANKL e
OPG rappresenta una pietra miliare per comprendere la fisiologia delle cellule ossee. Lo
sbilanciamento dell’equilibrio RANKL/OPG osservato nei nostri pazienti, potrebbe
contribuire all’aumento dell’osteoclastogenesi in vitro (Rodan & Martin, 2000; Khosla,
2001; Buckley & Fraser, 2002; Boyle et al., 2003; Ritchlin et al., 2003). La fonte di
RANKL e OPG potrebbe essere rappresentata dagli stessi osteoblasti, ma non solo.
Infatti, abbiamo osservato in vitro che la trascrizione di OPG é inibita in risposta a
fattori nel siero dei pazienti celiaci. Tuttavia, riteniamo che altre fonti possano
19
contribuire ad alterare il delicato equilibrio RANKL/OPG nei pazienti, e fra queste le
cellule del sistema immunitario (Goldring & Gravallese, 2000; Jacobs et al., 2001;
Firestein, 2003) note per la loro capacita’ di produrre RANKL solubile (Mizuno et al.,
2002). Infatti nel siero dei nostri pazienti celiaci, entrambe le citochine risultano
aumentate, ma il RANKL lo è maggiormente dell’OPG. Negli osteoblasti l’OPG risulta
ridotta dal siero dei pazienti celiaci e il trascritto del RANKL non è rilevabile in nessuna
delle condizioni sperimentali utilizzate. Questa ultima osservazione non deve
meravigliare in considerazione del fatto che è risultata altamente riproducibile anche in
altri laboratori che usano osteoblasti umani. L’equilibrio RANKL/OPG sembra risultare
corretto nei pazienti celiaci a dieta perché in questi ultimi esso é molto simile a quello
osservato nei controlli, anche se entrambe le citochine hanno valori ancora elevati. Di
conseguenza l’attività osteoclastogenica del siero dei pazienti celiaci a dieta é
notevolmente più bassa rispetto a quella manifestata dal siero dei pazienti celiaci non a
dieta.
Inoltre l’attività di riassorbimento osseo in osteoclasti differenziati con metodo
standard e successivamente trattati con i nostri sieri risulta poco aumentata in presenza
del siero dei pazienti celiaci suggerendo che l’osteoclastogenesi possa essere influenzata
più dell’attività degli osteoclasti maturi. Pertanto un aumento del numero di osteoclasti
potrebbe portare ad un aumento del riassorbimento malgrado l’attività delle singole
cellule rimanga inalterata.
Bisogna notare però che la stimolazione della formazione degli osteoclasti
indotta dal siero dei pazienti celiaci in presenza di 0.5 ng/ml di RANKL é di gran lunga
maggiore rispetto a quella dei controlli in presenza di concentrazioni ottimali di
RANKL. Ciò suggerisce che in queste specifiche condizioni sperimentali ci possa
essere l’effetto di altri regolatori. Meccanismi aggiuntivi sono inoltre suggeriti
dall’attivita’ stimolatoria residua degli osteoclasti in colture esposte al siero di pazienti a
dieta in cui il rapporto RANKL/OPG e’ identico a quello dei controlli.
Molte altre citochine stimolatorie degli osteoclasti non risultano alterate e non sono
modulate negli osteoblasti esposti a questi sieri. Fornari e collaboratori hanno per
esempio mostrato alti livelli di IL-1β e IL-6 in pazienti celiaci, ridotti in caso di dieta, e
che i livelli nel siero di IL-6 sono negativamente correlati con la perdita di massa ossea.
Anche nel nostro studio l’IL-6 risulta aumentata nei pazienti non ancora a dieta, sebbene
sia diminuita in quelli celiaci a dieta da lungo tempo, mentre i livelli di IL-1β non
variano in maniera significativa. Al momento non abbiamo una spiegazione per questa
differenza, ma riteniamo che un ruolo importante possano averlo fattori genetici,
differenze razziali, e la diversa sensibilita’ dei metodi utilizzati nei due studi.
E’ noto che il rimodellamento osseo possa essere influenzato tanto dalle
citochine stimolatorie, quanto da quelle inibitorie, come l’IL-12 e l’IL-18, rilasciate da
cellule del sistema immunitario e soggette ad una regolazione piuttosto complessa e
ancora non completamente chiarita. Nel nostro studio abbiamo osservato che l’IL-12 e
l’IL-18 sono inibite sia pure con una certa variabilità e con qualche differenza fra i loro
livelli nei sieri dei nostri pazienti e la loro regolazione trascrizionale negli osteoblasti.
Questo suggerisce che fonti aggiuntive possano essere coinvolte nello sbilanciamento
delle citochine, ad esempio le stesse cellule del sistema immunitario. E’ stato ipotizzato
che l’effetto inibitorio dell’IL-12 e dell’IL-18 sull’osteoclastogenesi possa essere
sinergico. E’ inoltre noto che entrambe le citochine partecipano alla produzione di altri
fattori inibitori dell’osteoclastogenesi (Horwood et al., 2001; Yamada et al., 2002);
l’IL-18, ad esempio, agisce sui linfociti T stimolandoli a produrre e rilasciare il GM-CSF
(Horwood et al., 1998) ed entrambe le citochine collaborano alla produzione dell’IFN-γ
(Gracie et al., 1999; Hayashi et al., 2002). Il GM-CSF e i membri della famiglia degli
IFN sono noti per il loro effetto inibitorio nei confronti dell’osteoclastogenesi. Da
notare che i livelli nei sieri di queste due citochine sono diversi nei pazienti celiaci a
20
dieta e non a dieta e di conseguenza diverso sarà il contributo di ciascuna citochina
all’osteoclastogenesi complessiva.
Uno studio di tali molecole negli osteoblasti, anche a livello proteico, potrebbe
sicuramente fornire ulteriori indicazioni ed aumentare le già ben documentate
conoscenze circa la loro regolazione nel sistema immunitario ed il loro ruolo nella
funzione delle cellule ossee. Studi ulteriori e comparazioni con fenomeni riscontrati in
pazienti affetti da altre malattie gastrointestinali, come il morbo di Crohn (Siffledeen et
al., 2004) potrebbero chiarire la correlazione tra osteopenia, citochine infiammatorie e,
dove fosse riscontrato, malassorbimento.
In conclusione, nonostante sia ancora necessario chiarire numerosi aspetti, il
nostro studio ha permesso di evidenziare che il siero dei pazienti celiaci stimola
direttamente l’attività degli osteoblasti e degli osteoclasti in vitro. Noi ipotizziamo che
la maggiore stimolazione della formazione degli osteoclasti rispetto alla funzione degli
osteoblasti possa avere un ruolo importante nell’accelerazione della perdita d'osso nei
pazienti celiaci e che il maggior contributo potrebbe essere dovuto all’aumento del
rapporto RANKL/OPG e alla diminuzione dei livelli di IL-12 e IL-18. Inoltre i risultati
ottenuti suggeriscono che il semplice studio dei “markers” del turnover osseo nei
pazienti potrebbe aiutare a comprendere gli effetti diretti di fattori del siero sull’attività
degli osteoclasti e degli osteoblasti.
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ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI
ALP
BMD
BSA
DMEM
GAPDH
GM-CSF
IFN-x
IL-x
M-CSF
NTx
OPG
PBS
PFA
PTH
PTHrP
RANK
RANKL
SD
SDS
SEM
TCA
TNF-x
TRAP
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Alkaline Phosphatase
Bone Mineral Density
Bovine Serum Albumin
Dulbecco’s Modified Eagle’s Medium
Glyceraldehyde 3 Phosphate Dehydrogenase
Granulocyte Macrophage Colony Stimulating Factor
Interferon
Interleukin
Macrophage Colony Stimulating Factor
N-terminal Telopeptide
Osteoprotegerin
Phosphate Buffer Saline
Paraformaldehyde
Parathyroid Hormone
Parathyroid Hormone related Protein
Receptor Activator of NFkB
Receptor Activator of NFkB Ligand
Standard Deviation
Sodium Dodecil Sulfate
Standard Error Mean
Tri Chloroacetic Acid
Tumor Necrosis Factor
Tartrate Resistant Acid Phosphatase
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