Una proteina la causa della sindrome di down? Una ricerca statunitense avrebbe individuato nella assenza o carenza di una particolare proteina la responsabile dei disturbi caratteristici della Trisomia 21 Ad appena una decina di giorni dalla Giornata Mondiale sulla Sindrome di Down, dagli Stati Uniti arriva una notizia che potrebbe cambiare completamente le conoscenze quanto alla Trisomia 21. Un team di ricercatori del Sanford-Burnham Medical Research Institute sarebbe giunto a una scoperta in grado di dirci come il cromosoma 21 incida nell’alterazione dello sviluppo cerebrale dei soggetto affetti da Sindrome di Down. Stando a i risultati della ricerca Usa, pubblicata nella rivista scientifica Nature Medicine, responsabile dei ritardi cognitivi e dei difetti comportamentali sarebbe la proteina chiamata “nexin 27”, o SNX27. O meglio, la sua scarsa presenza, riscontrata nelle persone con la Sindrome di Down. Il cromosoma 21 fungerebbe quindi da inibitore alla produzione di questa proteina, causando in questo modo un danno alle funzionalità dell’apparato cerebrale. I risultati delle sperimentazioni, realizzate sugli animali, hanno dimostrato che ripristinando nei topi con Trisomia 21 (difetto della Sindrome di Down) la produzione della proteina SNX27, si registrava un miglioramento non solo sul piano cognitivo che in quello comportamentale. Risultato che ha dunque indotto i medici statunitensi a ritenere che, almeno in parte, la scarsa presenza di questa proteina possa costituire causa dei difetti di sviluppo. E’ ovviamente prematuro parlare di scoperta della causa della Sindrome di Down, ma forse una strada importante,dal punto di vista scientifico, si è tracciata. E se su questo versante i passi sono importanti ma lenti, vale la pena di sottolineare come su quello della percezione sociale delle persone affette da Sindrome di Down a qualche bel segnale arrivi. In particolare fa piacere registrare il successo della campagna DammiPiùVoce promossa da Coordown, alla quale molti vip, interpellati da 50 giovani, hanno risposto con un video, come richiesto. fonte: disabili.com – 2 aprile 2013 Autismo, studio Usa: "I vaccini non aumentano il rischio" Sebbene ci siano prove scientifiche che dimostrano che i vaccini non causano autismo, quasi un terzo dei genitori è convinto del contrario, e quasi un genitore su 10 rifiuta o ritarda le vaccinazioni perché convinto che sia più sicuro che seguire le indicazioni delle autorità sanitarie. Una delle principali preoccupazioni è il numero di vaccinazioni somministrate in un solo giorno e, cumulativamente, nei primi due anni di vita. In un nuovo studio, sviluppato in America, prossimo alla pubblicazione sul "The Journal of Pediatrics", edito da Elsevier, i ricercatori dimostrano che non c'è associazione tra ricevere "troppi vaccini troppo presto" e l'autismo. Il dottor Frank DeStefano e i colleghi della CDC and Abt Associati hanno analizzato i dati, raccolti da 3 Organizzazioni di Gestione Assistenziale Sanitaria, di 256 bambini con disturbi dello spettro autistico e 752 bambini non affetti da tali disturbi. Hanno osservato l'esposizione cumulativa di ogni bambino agli antigeni, ovvero le sostanze nei vaccini che causano la reazione del sistema immunitario del corpo per produrre anticorpi e combattere le malattie, e il numero massimo di antigeni che ogni bambino riceve in un singolo giorno di vaccinazione. I ricercatori hanno stabilito il numero totale di antigeni sommando il numero dei differenti antigeni in ogni vaccinazione che ogni bambino riceve in un giorno, come pure in tutti i vaccini che ogni bambino riceve fino ai due anni di età. Gli autori hanno quindi scoperto che il totale degli antigeni ricevuti dai vaccini nei primi due anni, o il numero massimo ricevuto in un solo giorno, era lo stesso sia nei bambini affetti da disturbi dello spettro autistico che in quelli non affetti da tali disturbi. Inoltre, comparando i numeri di antigeni, nessuna relazione è stata trovata nel valutare le sottocatogorie di disordine autistico e da disturbi dello spettro autistico con una regressione. Sebbene l'attuale calendarizzazione dei vaccini in età infantile contenga più vaccini di quella della fine degli anni Novanta, il numero massimo di antigeni cui un bambino può essere esposto nei primi due anni di età è 315, contro le diverse centinaia della fine degli anni Novanta. Siccome differenti tipi di vaccini contengono differenti quantità di antigeni, questa ricerca dimostra che contando semplicemente il numero di vaccini ricevuti non si tiene adeguatamente in conto come differenti vaccini e combinazioni di vaccini stimolano il sistema immunitario. Per esempio, il vecchio vaccino a cellula intera contro la pertosse causava la produzione di circa 3mila differenti anticorpi, mentre i nuovi vaccini acellulari causano la produzione di 6 o meno differenti anticorpi. Il sistema immunitario di un bambino è in grado di rispondere a molti stimoli immunologici e, dalla data di nascita, i neonati sono esposti a centinaia di virus e un numero incommensurabile di antigeni al di fuori della vaccinazione. Secondo gli autori, "la possibilità che la stimolazione immunologica derivante dai vaccini durante i primi uno o due anni di vita possa essere collegata allo sviluppo di disturbi dello spettro autistico non è supportata da quanto sappiamo dalla neurobiologia di questi disturbi". Nel 2004, una revisione complessiva dell'Istituto di Medicina concludeva che non c'è relazione causale tra certi tipi di vaccino e l'autismo, e questo studio supporta quella conclusione. fonte: superabile.it – 3 aprile 2013 I bambini con autismo imitano i comportamenti utili Se serviva un’ulteriore dimostrazione che le persone con disabilità non sono meno capaci degli altri, hanno solo capacità differenti, ecco uno studio britannico che dimostra come i bambini con autismo siano più selettivi, quasi più «furbi» nel copiare le azioni compiute degli adulti. Mentre i bambini privi di questa sindrome ripetono ciò che vedono fare agli adulti «per essere accettati nella società», i secondi, i bimbi con autismo, tendono a selezionare solo ciò che serve. Lo studio, pubblicato su Current biology, non ha numeri altissimi – 60 bambini, 30 con l’autismo e 30 senza – ma sufficienti per formulare un’ipotesi da verificare con ulteriori ricerche. L’esperimento consisteva nel prelevare da una scatola un giocattolo copiando di fatto l’azione dell’adulto che dimostrava come fare. I pazienti con autismo sono andati subito al nocciolo saltando i vari passaggi, gli altri bambini hanno invece ripetuto pedissequamente l’esercizio. fonte: ok-salute.it – 10 aprile 2013 Sclerosi multipla: serviranno nuovi farmaci antivirali? Sembrerebbe proprio di sì, a giudicare dalle indicazioni arrivate da uno studio tutto italiano – finanziato anche dalla FISM (Fondazione Italiana Sclerosi Multipla) – che ha dimostrato come il virus di Epstein-Barr (quello della mononucleosi infettiva) – “accenda” il sistema immunitario durante le riacutizzazioni della sclerosi multipla. E ciò apre nuove prospettive per la terapia e la prevenzione di quest’ultima malattia È detta anche “malattia del bacio”, la mononucleosi infettiva, provocata dal virus di Epstein-Barr e i legami di quest’ultimo con la sclerosi multipla sono stati ulteriormente dimostrati Per curare la sclerosi multipla servono nuovi farmaci antivirali? Sembrerebbe proprio suggerirlo uno studio condotto dall’Unità di Neuroimmunologia della Fondazione Santa Lucia di Roma e dal Dipartimento di Biologia Cellulare e Neuroscienze dell’Istituto Superiore di Sanità, in collaborazione con i Centri per la Sclerosi Multipla dell’Università di Roma Tor Vergata e degli Ospedali San Camillo-Forlanini e Sant’Andrea di Roma, pubblicato dalla rivista americana «PLoS Pathogens». Tale ricerca, infatti, dimostra che nelle persone con sclerosi multipla le cellule immunitarie che combattono il virus di Epstein-Barr (i cosiddetti linfociti T citotossici) aumentano durante le ricadute della malattia, raggiungendo livelli più alti rispetto alle persone sane, e diminuiscono nelle fasi di remissione. La dimostrazione, quindi, che il virus si riattiva nelle lesioni infiammatorie cerebrali tipiche di questa malattia costituisce un ulteriore indizio a favore dello stretto legame esistente tra l’infezione, l’eccessiva attivazione del sistema immunitario e i problemi neurologici che affliggono le persone con sclerosi multipla. «Si tratta di un importante risultato – dichiara Luca Battistini, coordinatore del Gruppo di Neuroimmunologia della Fondazione Santa Lucia, che ha effettuato lo studio sui pazienti -, grazie al quale abbiamo potuto per la prima volta osservare che la risposta immunitaria contro il virus di Epstein-Barr (ma non quella contro un altro virus della stessa famiglia) è più forte in concomitanza degli episodi di infiammazione acuta a livello cerebrale, rilevati con la risonanza magnetica, suggerendo quindi un ruolo diretto della risposta antivirale nel processo patologico». «I risultati ottenuti nei pazienti – aggiunge Francesca Aloisi, coordinatrice del gruppo di ricerca dell’Istituto Superiore di Sanità che ha effettuato gli studi su campioni di tessuto cerebrale donati da persone con sclerosi multipla – si spiegherebbero con il tentativo di eliminare il virus dal sistema nervoso centrale. A sostegno di ciò, abbiamo dimostrato che nelle lesioni cerebrali è presente la stessa proteina virale verso la quale il sistema immunitario risponde vigorosamente durante le riacutizzazioni della malattia. Il virus sarebbe quindi trasportato nel sistema nervoso centrale dai linfociti B, le cellule responsabili della produzione di anticorpi, costituendo un focolaio nascosto, ma sempre attivo, di infezione». Lo studio – finanziato dal Sesto Programma Quadro dell’Unione Europea, dal Ministero della Salute e dalla FISM, la Fondazione Italiana Sclerosi Multipla che opera a fianco dell’AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) -, avvalora per altro una tesi sostenuta da tempo. Il virus di Epstein-Barr, infatti, è la causa della mononucleosi infettiva e di alcuni tumori. Quasi tutta la popolazione è esposta ad esso, il quale permane nell’organismo, sotto lo stretto controllo del sistema immunitario, generalmente senza creare problemi. E tuttavia solo una minoranza di persone sviluppa la sclerosi multipla e ciò significa che – a causa di una complessa interazione tra geni e ambiente – in alcuni individui predisposti, l’equilibrio tra virus e sistema immunitario si altera, causando problemi neurologici. Ora, questa ulteriore dimostrazione che il virus di Epstein-Barr accende il sistema immunitario durante le riacutizzazioni della sclerosi multipla apre nuove prospettive per la terapia e la prevenzione di questa grave malattia del sistema nervoso centrale. (Fondazione Santa Lucia) fonte: superando.it – 15 aprile 2013 Contro la sclerosi le cellule della pelle si trasformano in cellule cerebrali Produrre cellule cerebrali specifiche a partire da quelle della pelle. A creare un nuovo metodo sono stati i ricercatori del Case Western Reserve School of Medicine, che sono riusciti ad ottenere le cellule del cervello danneggiate nei pazienti affetti da malattie legate alla mielina, tra cui la sclerosi multipla, a partire da quelle della pelle. Gli oligodendrociti sono le cellule che svolgono la funzione di mielinizzazione dei neuroni del sistema nervoso centrale, ossia la maturazione del sistema nervoso centrale per una più veloce ed efficiente veicolazione dell'informazione. Nelle patologie legate alla mielina, come la sclerosi multipla e la paralisi cerebrale, gli oligodendrociti vengono distrutti causando gravi disabilità nei pazienti. I ricercatori da tempo sono al lavoro per sviluppare terapie di trapianto cellulare. Tuttavia gli sforzi sono stati in gran parte ostacolati da un accesso limitato agli oligodendrociti. Ma il Tesar Lab ha aperto la strada alla produzione dei progenitori degli oligodendrociti attraverso una tecnica innovativa che consiste nella conversione diretta dei fibroblasti in cellule progenitrici degli oligodendrociti. In questo modo, sarà possibile prendere un tipo di cellula di cui l'uomo è ricco, i fibroblasti, dalla pelle e produrre oligodendrociti specifici per ciascun individuo. I ricercatori potrebbero quindi studiare gli oligodendrociti del paziente e generare progenitori adatti al trapianto (terapia cellulare). Questa innovazione permetterebbe la produzione di cellule "on demand", capaci di fornire una guaina vitale di isolamento per proteggere i neuroni ma al tempo stesso per garantire gli impulsi cerebrali al resto del corpo. Nei pazienti con sclerosi multipla (SM), paralisi cerebrale (CP) e malattie genetiche rare chiamati leucodistrofie, le cellule mielinizzanti sono distrutte e non possono essere sostituiti. In questo modo, il rivestimento isolante che viene perso a causa di tali patologie potrebbe essere rigenerato dalla sostituzione degli oligodendrociti: “È 'alchimia cellulare'. Stiamo prendendo una cellula facilmente accessibile e abbondante e svuotando del tutto la sua identità per farla diventare una cellula di grande valore per la terapia”, ha spiegato Paul Tesar, assistente professore di genetica e scienze del genoma della Case Western Reserve School of Medicine e autore senior dello studio. fonte: nextme.it – 16 aprile 2013 La ricerca va in “rete”. Il World Wide Rome – Open Science. In diretta su Quotidiano Sanità Promosso da Asset Camera in collaborazione con il Brain Forum. Scienziati da tutto il mondo via web in omaggio di Rita Levi Montalcini. Interventi del ministro Profumo, del Nobel Ciechanover e del Premio “Lasker” Ferrara. Su Quotidiano Sanità diretta video dalle 11 alle 19 di lunedì 22 aprile Non a caso si svolge nell’anniversario della nascita di Rita Levi Montalcini: l’evento “World Wide Rome – Open Science – Io sono la mente” online lunedì 22 aprile dalle ore 11, indagherà infatti sul rapporto tra web e ricerca scientifica, sul futuro delle neuroscienze e sul ruolo chiave del fattore di crescita delle cellule nervose, l’NGF scoperto dalla professoressa Montalcini. “Io sono la mente” è proprio una delle frasi simbolo pronunciate dal Premio Nobel, e durante la giornata tutta la rete ricorderà il compianto Premio Nobel e celebrerà la sua scienza aperta, pubblica e collettiva, quella che attraverso il web sta cambiando il mondo mettendo a disposizione di tutta la comunità scientifica i risultati della ricerca accelerandone i progressi. L’evento – sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana e con il Patrocinio del Ministero della Salute – fa capo al ciclo di conferenze “WWR – WORLD WIDE ROME” promosso da Asset-Camera, Azienda Speciale della camera di Commercio di Roma e Tecnopolo, al fine di favorire la cultura dell’innovazione attraverso il web. Open Science – dedicato alla memoria del Premio Nobel Rita Levi Montalcini, è realizzato in collaborazione con il Brain Forum e curato da Riccardo Luna e Viviana Kasam, in media partnership con Altratv.tv. Dal Tempio di Adriano di Roma (piazza di Pietra) lunedì 22 aprile interverranno tra gli altri: il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Francesco Profumo, il Premio Nobel Aaron Ciechanover, il Premio Lasker Napoleone Ferrara, Pietro Calissano e Antonino Cattaneo (Ebri), Ilaria Capua (Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie), Maurizio Napolitano (Open Knowledge Foundation), Patrizia Caraveo (Istituto di Astrofisica Spaziale e Fisica Cosmica di Milano), Moses Chao (American Society of Neuroscience), William Mobley (San Diego University, California), Ahuia Pan (Bioway, Cina), Francesca Levi Schaefer (Università Ebraica di Gerusalemme), Alessandro Delfanti (Università di Milano) e decine di altri ospiti. L’evento sarà condotto da Riccardo Luna (Che Futuro. Nel corso della giornata sono previste numerose finestre di dialogo con la rete: insieme a Giampaolo Colletti (Altratv.tv) ascolteremo le testimonianze di esponenti delle istituzioni, scienziate e ricercatrici nel loro personale #GrazieRita. Via Twitter, Facebook e YouTube verranno presentati i messaggi delle ricercatrici e dei ricercatori che operano in Italia e nel mondo. La sessione pomeridiana sarà realizzata in collaborazione con il Brain Forum. L’evento sarà trasmesso in diretta “a rete unificata” su numerose web tv e media digitali e il live streaming avrà spazio anche sui grandi network editoriali, compreso Quotidiano Sanità. La trasmissione sarà tradotta in LIS, lingua dei segni, per permetterne la visione anche ai non udenti. #OpenScience e #GrazieRita gli hashtag per twittare in diretta. fonte: sordionline.com – 22 aprile 2013 Nelle donne disabili rischio maggiore di disturbi mestruali Nesso evidenziato da ricerca britannica Nelle adolescenti affette da disabilità fisica e mentale si evidenzia un maggior rischio di problemi mestruali rispetto alla popolazione sana. Lo rivela uno studio condotto dalla dott.ssa Anne Garden della Lancaster Medical School che ha analizzato le alterazioni del comportamento legate all'arrivo delle mestruazioni in adolescenti affette da patologie dell'apprendimento e disabilità varie. Lo studio, pubblicato su The Obstetrician & Gynaecologist, ha segnalato la presenza di sintomi comuni quali aggressività, iperattività, agitazione e tendenza all'auto-mutilazione in questo campione di soggetti. Le ragazze hanno mostrato, infatti, una vulnerabilità più accentuata nei confronti dell'abuso sessuale e di eventuali gravidanze indesiderate, oltre a una maggior propensione a soffrire di sindrome premestruale, con una percentuale del 18 per cento rispetto al 5 per cento della popolazione generale. Le donne affette da epilessia hanno mostrato un'incidenza maggiore della sindrome da ovaio policistico, mentre nelle ragazze Down sono molto più comuni rispetto alla media l'iperprolattinemia e il sanguinamento irregolare. Lo studio incoraggia peraltro i ricercatori ad effettuare analisi più approfondite e ampie sull'argomento, in modo tale da poter suggerire ai medici le terapie più adatte alla situazione. fonte: italiasalute.it – 23 aprile 2013