La crisi europea: debito, democrazia e demografia

La crisi europea: debito,
democrazia e demografia
diPAOLO VALENTINO
el 1963, un professore australiano trapiantato in Inghilterra, docente di Scienze politiche alla London School of Economics, pubblicò una denuncia severa e coraggiosa del progressismo radicale. Scritto in
totale controtendenza allo Zei:-,
tgetst del tempo, la fede incon** '•
dizionata negli effetti benefici
della mano pubblica, The Liberal Mind (ora tradotto in
italiano da Liberilibri con il titolo La mente liberal) puntava l'indice contro «la nozione che la storia richieda il perfezionamento della società umana» e che i governi, nel
perseguimento di questo ideale, debbano «provvedere
per ogni uomo, donna, bambino e cane condizioni decenti di vita». Attenzione, ammoniva la giovane Cassandra,
«una popolazione che affidi il suo ordine morale ai governi, per quanto impeccabile sia la motivazione, diventerà
dipendente e servile».
È passato quasi mezzo secolo. Ma Kenneth Minogue,
oggi magnifico ottantenne e professore emerito dell'università londinese, non molla l'argomento. Anzi, con un
sentimento dove la soddisfazione si mescola a reale preoccupazione intellettuale, vede la sua tesi ampiamente
confermata. E in The Servile Mind. How Democracy Erodes the Moral Life («La mente servile. Come la democrazia erode la vita morale»), da poco uscito negli Stati Uniti,
riscopre la sua vena iconoclasta, documentando i modi in
cui la democrazia, una volta propulsore della libertà, richieda oggi cieca obbedienza allo Stato e all'ordine burocratico-morale che lo sostiene.
Kenneth Minogue mi riceve nella sua bella casa di
Fulham, a poche centinaia di metri da Stamford Bridge,
una tipica town-house londinese a tre piani, in legno e
mattoni. Da un anno, da quando è morta la moglie, vive
da solo e le centinaia di libri sparsi dappertutto ne sono
probabilmente il segnale. Ma il disordine non toglie nulla
al calore: l'appartamento è luminoso e accogliente, i divani sono comodi, il caffè preparato dal professore è forte e
profumato. Minogue è alto e sortile, gli anni ne hanno
scarnificato la mole, visibile nelle foto da giovane incorniciate e appoggiate su qualche mobile, i capelli folti e bian-
cheggianti hanno ancora qualche ombra grigiastra, le sopracciglia cespugliose coprono in parte gli occhi di un azzurro intenso. Il suo eloquio inglese è chiaro ed elegante,
pieno di autoironia,riccodi citazioni che cadono naturalmente e senza ostentazione.
«Perché l'idealismo politico minaccia la nostra civiltà?» è il tema della conferenza che Minogue, sicuramente
uno dei maggiori filosofi politici di orientamento conservatore, tiene domani a Milano, ospite dell'Istituto Bruno
Leoni. È un quesito inquietante e scomodo, che affronta
partendo da un dato molto concreto, la crisi dell'Europa,
da lui riassunta nelle cosiddette tre D: debito, demografia, democrazia.
«Un debito pubblico altissimo, poiché gli Stati europei
devono mantenere un modello sociale ormai insostenibile, col risultato che siamo costretti a prendere a prestito
somme sempre maggiori, per esempio dalla Cina, per finanziare ciò che consumiamo oggi. Questo significa ipotecare il futuro dei nostri figli e nipoti, che dovranno ripagare la tendenza a vivere oltre i nostri mezzi. Il problema
demografico viene invece dall'invecchiamento delle nostre società, che fa sì che ci saranno sempre meno persone in grado di sostenere questa specie di fraudolenta catena di Sant'Antonio. Né può l'invecchiamento essere compensato dan'immigrazione, primo perché c'è un limite alla capacità d'integrazione e secondo perché gli immigrati
invecchiano e diventano parte del problema».
Infine la democrazia, che nella profezia di Platone e
Aristotele «avrebbe depredato i ricchi». Il che «non è successo con l'avvento della democrazia di massa, ma è successo con lo sviluppo dello Stato sociale». P. J. CRourke,
ricorda Minogue, ha detto che «la democrazia è un modo
d'impossessarsi dei soldi degli altri». Ora, se sul piano ideale può essere giusto che lo Stato redistribuisca la ricchezza in base ai bisogni, «nei fatti, superato un certo punto,
quando si tassa più del 50 per cento del reddito, cessa l'incentivo a produrre ricchezza e tutti ne soffrono».
Ci sono molte cause per spiegare la crisi europea. Ma
Kenneth Minogue concentra l'attenzione sull'idealismo politico, definito come «la convinzione di avere il potere di
cambiare la società e il dovere politico-morale di farlo per
renderla più egualitaria in termini di reddito disponibile
per gli individui, quindi socialmente più giusta». Più semplicemente, l'idealismo politico è stato l'argomento centra-
le per lo sviluppo del Welfare State, dove a differenza del
Nightwatchman State (lo Stato «guardiano notturno»),
che doveva solo occuparsi della difesa e della sicurezza, il
governo ha la responsabilità crescente di redistribuire la
ricchezza.
Ma sarebbe un errore affibbiare all'idealismo politico
un'etichetta di sinistra: «Ne esiste anche una versione di
destra, che suggerisce di concedere più benefits, mentre
quella di sinistra punta alla soddisfazione di bisogni essenziali. In ambedue i casi, più lo Stato concede, più aumenta
il suo controllo: l'esempio classico è quello delle università,
ben felici negli anni Sessanta di ricevere fondi per espandersi, assumere professori, creare insegnamenti. Oggi lo
Stato le controlla, dice loro cosa e come insegnare. Oppure
prenda la salute: Io Stato ci impone di non fumare, ci dice
Politologo
* « % . _s^
• Nato nel 1930,
Kenneth Minogue
(nella foto} è
professore emerito di
Scienze politiche afe
London Schooi of
di bere poco alcol, mangiare cibo sano, fare esercizio».
Minogue non teme gli accostamenti eretici. Se il comunismo voleva costruire l'uomo nuovo, un po' di quella tentazione è implicita anche nel Welfare State. La differenza è
che «il comunismo usava il terrore, mentre sotto l'idealismo politico il controllo dello Stato sulla società allo scopo
di renderla migliore può essere fatto senza violenza, usando la persuasione».
Uno degli assunti fondamentali dell'idealismo politico è
il concetto di «vulnerabilità». Minogue nota come gruppi
sempre più vasti siano considerati vulnerabili' e «debbano» essere protetti: «I bambini hanno bisogno di essere
protetti contro vari abusi, gli omosessuali protetti dai pregiudizi, poi ancora i tossicodipendenti, le minoranze sessuali di ogni tipo. Ma la creazione di questa categoria di
Economics
• Studioso di idee
liberali e feriste, è
presidente della
MortPeterin Society,
fondate nel 1947 su
iniziativa di Friedrich
von Hayek ••'-.
• Lo scòrso anno
Minogue ria
pubblicato il libro «La
mente servile. Come
la democrazia erode
la vita morale», che
resuscitato
accese discussioni
nei Paesi
anglosassoni
59
William
Beveridge,
padre nobile
del Welfare
lì moderno Welfare Sfate è alimentato
dalla vana illusione éì avere il potere di
cambiare la società e il dovere politico e
morale di farlo per renderla pia egualitaria
in termini dì reddito disponibile per gli
indivìdui, quindi socialmente piò giusta
vulnerabili, destinataria di grandi benefici, porta alla sua
moltiplicazione fino al punto che di fatto la maggioranza
della società sia considerata tale. Ora, in tutte le società
nella storia ci sono stati gruppi che non venivano considerati in grado di decidere per sé e di gestirsi. Nella società
democratica occidentale moderna ogni cittadino dovrebbe essere maturo e in grado di fare le sue scelte: questo
naturalmente non è possibile. Ma altrettanto impossibile è
l'opposto, teorizzato dall'idealismo politico: che cioè ogni
cittadino abbia bisogno di aiuto da parte dello Stato».
Altruismo e benevolenza sono ormai gli ideali dominanti: «Otteniamo rispetto e stima partecipando a iniziative di
beneficenza, come cene, aste, eventi sportivi per raccogliere denaro per buone cause. Oppure andando a concerti
rock per combattere la povertà in Africa: ma la maggior
parte di quelli che ci vanno non sono neppure buoni a impegnarsi in un matrimonio, a creare una famiglia. Voglio
dire che esiste una tendenza a spostarsi dai doveri e dalle
responsabilità di una vita morale tradizionale, verso obiettivi politico-morali grandiosi quanto astratti».
Lo scrittore
satirico
americano P.
J. O'Rourke
Secondo io scrittore P. J, O'Rourke «la
democrazia è un modo d'impossessarsi dei
soldi altrui». In astratto prò essere giusto
che lo Stato redistribuisca la ricchezza in
base ai bisogni Ma se si eccede, cessa
l'incentivo a produrre e tutti ne soffrono
Minogue mette in guardia dai rischi dell'idealismo politico: «La nazionalizzazione della vita morale è il primo passo verso il totalitarismo». Le buone intenzioni, in altre parole, possono condurre a una tirannia: «L'idealismo politico non prende sul serio le persone in quanto agenti morali, ma le considera vittime delle circostanze sociali, che devono essere aiutate da una classe superiore di funzionari
pubblici. Prenda gli assistenti sociali, che intervengono in
presenza di famiglie considerate problematiche (disoccupazione, alcolismo, etc.) e spesso tolgono i bambini ai genitori per darli in affidamento. Di fatto controllano la vita
di gente considerata incompetente. Ma una delle conseguenze, nella mia visione realista, è che nel momento in
cui si cerca di risolvere problemi sociali, non si fa altro che
trasferirli altrove, spesso rendendoli più gravi. Un esempio
che faccio spesso è quello delle ragazze che restano incinte
senza essere sposate: una volta le possibilità, tutte dolorose, erano un matrimonio coatto, un aborto, l'adozione del
bimbo. Oggi la maggior parte degli Stati alleviano la sofferenza di queste ragazze madri, dando loro un appartamen-
to e un sussidio. Ma quando i bimbi crescono, i maschi
spesso sono fuori controllo, antisociali, arrivano a scuola
senza aver mai visto un libro o senza conoscere il loro cognome, le ragazze spesso rimangono anche loro incinte
giovanissime. La conseguenza è il collasso della famiglia,
come unità morale e pratica dell'educazione».
L'idealismo politico nasce dalla crescente possibilità della civiltà occidentale di controllare il mondo attraverso la
tecnologia. «Alla metà del secolo scorso —ricordaMinogue — si diceva spesso: se possiamo controllare l'atomo,
perché non possiamo anche imparare a controllare gli esseri umani nei loro gruppi sociali? Certo, c'è un'interessante e
sinistra ironia vedendo quanto accade in Giappone. Ovviamente era un'ambizione illusoria. Abbiamo visto versioni
disastrose dell'idealismo politico, come il nazismo e il comunismo, n Welfare ha avuto un approccio più graduale:
prima il miglioramento dello Stato, poi si è fatta strada la
convinzione di poter riformare la società umana».
E se in passato le persone formulavano i loro giudizi morali e prendevano le giuste precauzioni, ora è lo Stato a dirci cosa fare: «Lo Stato cioè spiazza i nostri giudizi morali.
Generazione dopo generazione, viene svilito il senso di responsabilità. E questo porta a un alto grado di regolazione
della vita: non solo in termini di principi generali, ma anche di istruzioni molto specifiche, dall'igiene alle pratiche
sessuali. Il problema è che queste decisioni, quelle su come
viviamo, sono l'essenza della libertà. Dunque, a mio avviso
la libertà è incompatibile con uno Stato moralizzatore».
La mente servile è per Minogue il diretto corollario di
questa bulimia regolatrice dello Stato: «Il modo in cui la
gente si comporta è una contìnua sequela di problemi per
i governi, che impongono sempre nuovi divieti o regole.
L'ironia triste e spaventosa è che più permettiamo allo Stato di determinare il nostro ordine morale e le nostre intime convinzioni, maggiore diventa il bisogno di sentirci dire come comportarci e cosa pensare. In questo modo pren-
diamo i nostri standard morali dallo Stato, perdendo la capacità di giudizio morale. Ecco perché l'idealismo politico
è una minaccia alla nostra civiltà, cherischiadi distruggere proprio gli elementi che hanno fatto unico il mondo occidentale, la capacità innovativa, l'individualismo creativo,
che lo hanno reso irresistibilmente attraente per i popoli
di altre partì della Terra. Milioni di persone sono ben felici
di integrarsi nel mondo degli europei».
La domanda viene spontanea: dove finisce l'individualismo e comincia l'egoismo antisociale? 0, meglio, lo Stato
ha un obbligo di limitarne gli eccessi? Minogue mi guarda
incuriosito. «Mi faccia un esempio» dice. Beh, bisognava o
no mettere un limite a quello che stava succedendo a Wall
Street prima del 2008? «Ah capisco! Forse ci voleva qualche limite alla decisione americana, sotto Clinton, di non
distinguere più tra banche d'affari e banche tradizionali.
Ma una soluzione è stato il crash, chi ha sbagliato è fallito.
Sì, certo, il governo ha impedito il crollo di molte banche.
E in quel campo sono piuttosto libertario: forse bisognava
farne fallire di più. Il comportamento di molti banchieri è
stato criminale. Ma anche la gente è responsabile dei soldi
che affida a una banca. Prenda il caso Madoff: con quei
tassi di rendimento qualcuno dei suoi clienti deve aver sospettato che qualcosa non fosse legale. Eppure gareggiavano per dargli i loro denari».
Il futuro trova Minogue molto pessimista. La democrazia può sopravvivere? «Non so». Anche perché, «gli idealisti politici sono in gran parte convinti di poter pensare il
bene collettivo meglio degli altri. Li anima un senso di superioritàrispettoa chi vive del profitto, una mentalità basata sull'attesa che la forma di vita ideale sia all'insegna della
redistribuzione dellerisorsemondiali attraverso istituzioni come l'Unione Europea e l'Onu, insomma del governo
globale. Ma un governo globale è inconcepibile, nei termini della democrazia occidentale, poiché non contempla la
presenza di un demos».
Buone intenzioni, pessimi risultati
della minaccia
interna posta
da quei
Esiste ancora la tendenza a
benintenzionati che
ritenere che qualsiasi intervento
vogliono riformare
pubblico sia auspicabile (...).
noi e la nostra
Oggigiorno la conservazione e
società. Inso^erenri
l'ampliamento della libertà sono
minacciati su due fronti. Una delle della lentezza della persuasione e
dell'esempio per realizzare i
minacce è chiara ed evidente: si
grandiosi mutamenti sociali che
tratta della minaccia estrema
proveniente dai sinistri uomini del immaginano, costoro sono ansiosi
di avvalersi del potere dello Stato
Cremlino che promettono di
per raggiungere i propri fini e sono
seppellirci. L'altra minaccia è di
convinti della propria capacità di
gran lunga più sottile: si tratta
di MILTON FRIEDMAN
ottenere lo scopo. Ciò nonostante,
se essi riuscissero ad ottenere il
potere al quale ambiscono, non
solo nonriuscirebberoa realizzare
i loro obiettivi immediati, ma
creerebbero uno Stato collettivista
dal quale siritrarrebberocon
orrore e del quale sarebbero le
prime vittime. La concentrazione
del potere non diventa innocua in
virtù delle buone intenzioni di chi
la realizza.
(da «Capitalismo e libertà», 1962,
ora riedito da Ibi Libri)
Lezione a Milano:
civiltà a rìschio
• «Perché l'idealismo politico
minaccia la nostra civiltà» è il titolo
della lezione che Kenneth
Minogue tiene domani a Milano,
alle ore 18, presso la Sala
Parlamentino di Palazzo
Giureconsulti (p.zza Mercanti 2)
• In occasione dell'incontro,
organizzato dall'Istituto Bruno
Leoni, verrà presentato il saggio
di Minogue «La mente liberal»
(traduzione di Rebecca
O'Doherty, pagine 286, € 18),
pubblicato dalla casa editrice
Liberilibri di Macerata, diretta da
Aldo Canovari e Serena Sileoni
(www.liberilibri.it)
• Pubblicato per la prima volta in
Gran Bretagna nel 1963, quando
l'autore era poco più che
trentenne, «La mente liberal» è
una critica degli sviluppi che
hanno man mano portato il
pensiero liberale verso posizioni
più stataliste ed egualitarie
• L'Istituto Bruno Leoni è un
centro studi che propone
politiche indirizzate a valorizzare
l'iniziativa economica privata. È
intitolato al nome di un insigne
filosofo del diritto italiano, più noto
all'estero che in patria. Tra i suoi
animatori: Alberto Mingardi, Carlo
Stagnaro, Oscar Giannino