matteorenzi - Gruppo PDL – Berlusconi Presidente

Il Mattinale
Roma, martedì 6 gennaio 2015
06/01
a cura del Gruppo Forza Italia alla Camera
www.ilmattinale.it
GRANDE
SUCCESSO!
ABISSO ECONOMICO
CRISI EUROPA
Lo scivolamento di questa Europa, e
dell'Italia con essa, in un abisso economico
e nel disfacimento della sua sicurezza
Un abisso economico i cui segnali si avvertono
nel crollo della borsa, e oggi hanno il nome di
Grecia e petrolio, ma che in realtà sono solo il
documento del disastro provocato dall'egemonia
tedesca sul continente
DEMOCRAZIA E ECONOMIA
LIBERTÀ
Non c'è alcun trattato che sia valido se
oltraggia la libera determinazione di chi
ha aderito in buona fede
ELEZIONI
Le elezioni fanno bene. Bisogna avere il
coraggio di dirlo e farlo diventare azione
politica. Non sono mai valutabili come
rischio, come oggi si ripete da parte di fior
di presunti liberali
Democrazia ed economia stanno insieme.
Se l'economia crolla e viene meno la fiducia su cui
si regge il progresso, è perché c'è il sentimento
dell'inutilità della propria volontà, essendo tutto
nelle mani di una dittatura tecnocratica
SCONTRO DEMOCRATICO
BERLUSCONI
É il tempo di scontrarci in Italia e in Europa sulla
base di programmi politici nazionali e
internazionali. Questo fa bene al corpo sociale,
mobilita energie, non annoia, non genera
antipolitica, perché la fa coincidere con
democrazia, libertà e benessere
Manca la sua capacità di sintesi, di coesione in
Italia e fuori dai nostri confini, la sua visione di
una libertà globale capace di trovare alleanze
e di costruire ponti tra avversari, come a
Pratica di Mare. Finiamola di fare la politica
dell'ombelico di se stessi
DOSSIER per capire l’Italia e l’Europa oggi
www.gruppopdl-berlusconipresidente.it
Il Mattinale – 06/01/2015
EDITORIALE DEI MAGI
L'Epifania ricorda a tutti che il mondo è grande.
E il problema dell'Italia è che la politica guarda il
proprio ombelico. Mentre l'Europa piomba nel
buco nero della Grecia e del petrolio sotto il
tallone tedesco. Unica soluzione positiva è la
scelta dei popoli tramite elezioni contro la
tecnocrazia dittatoriale. L'Italia a guida Renzi
è precipitata nella totale impotenza.
La necessità democratica e la necessità
internazionale del ritorno di Berlusconi.
O coesione nazionale o salta tutto.
ROMANI: “Domani al Senato riprenderemo il
cammino sull'Italicum. E a inizio seduta ribadirò
che siamo contrari al premio di maggioranza alla
lista e che occorrerà una norma di salvaguardia
sull'entrata in vigore della riforma. Senza
tentennamenti: il premier Renzi ci deve dire a
inizio lavori che intenzioni abbia al riguardo”
Il Mattinale – 06/01/2015
2
L
e leggi elettorali sono importanti,
come no? E così la riforma del
bicameralismo paritario. Anche la
scelta del Capo dello Stato, l'individuazione
della manina e della manona, le intenzioni
del premier sulla delega fiscale, sono roba
grossa. Lo diciamo senza ironia. Ma mentre
discutiamo di questioni ritenute essenziali, e
del modo di uscire da un'agenda infernale
che ingorga il Parlamento, oibò, c'è un'altra agenda arci-diabolica
davanti a cui il nostro governo si è estraniato lasciando l'Italia in
balìa di una debolezza infinita, nel ruolo di comparsa senza voce. Ed
è la tragedia dello scivolamento di questa
Europa, e dell'Italia con essa, in un abisso
economico e nel disfacimento della sua
sicurezza. È qualcosa di infinitamente più
infernale che si imporrebbe come questione
vitale all'Italia se avessimo un premier un
po' meno provinciale e capace di saltar fuori
dalla maschera di se stesso, vestito da Fonzie e attento solo ai suoi vezzi
linguistici e all'effetto che fanno 80 euro regalati qua e là.
L'Europa è finita in un gorgo da cui rischia di non sollevarsi più.
Un abisso economico i cui segnali si avvertono nel crollo della borsa, e
oggi hanno il nome di Grecia e petrolio, ma che in realtà sono solo il
documento del disastro provocato
dall'egemonia tedesca sul Continente. La
Germania ha trasformato il diritto in una
questione pura e semplice di potenza
economica su partner trasformati in sudditi.
La questione è gravissima, è di democrazia,
è di identità dei popoli e del loro diritto a
scegliere il proprio futuro.
Denunciando la rottura della regola delle
regole, senza cui non c'è trattato che tenga: ed è la libertà dei popoli.
Non c'è alcun trattato che sia valido se oltraggia la libera determinazione
di chi ha aderito in buona fede. Siamo qui a dire che democrazia ed
economia stanno insieme.
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Se l'economia crolla e viene meno la fiducia su cui si regge il progresso,
è perché c'è il sentimento dell'inutilità della propria volontà, essendo
tutto nelle mani di una dittatura
tecnocratica.
Dinanzi alla violazione patente del
sostrato della democrazia il rimedio
che hanno in mano ancora i popoli
(fino a quando?) è di votare.
Esprimersi.
Eleggere
i
propri
rappresentanti con un mandato preciso. La libertà dei popoli è
incomprimibile. Bisognerebbe recuperare un po' di sano
mazzinianesimo, che è la versione laica della Provvidenza cattolica là
dove scrive “vox populi, vox Dei”.
Le elezioni fanno bene. Bisogna avere il coraggio di dirlo e farlo
diventare azione politica. Non sono mai valutabili come rischio, come
oggi si ripete da parte di fior di presunti liberali. Il rischio è quando il
popolo deve sopportare decisioni contro cui è in disaccordo e non ha
strumenti per cambiarle. Si chiama dittatura tecnocratica, ed il fatto
che sventoli sotto il naso dei popoli trattati presuntamente irriformabili è
una prova di tirannide.
La speranza di ribellione democratica viene dal fatto che quest'anno
voteranno 8 Paesi dell'Unione Europea: Danimarca, Estonia, Finlandia,
Grecia, Polonia, Portogallo, Spagna, Regno Unito. Come al solito si fa
credere che la questione centrale sia la lotta tra egoismi nazionalistici
contro disegni di largo respiro europeo. Ma oggi i disegni di respiro
europeo sono esattamente quelli che si oppongono allo strangolamento
della democrazia, all'imposizione del tallone merkeliano sul collo dei
popoli. Oltretutto non solo saremmo schiavi, ma pure schiavi senza
neanche le cipolle e le rape d'Egitto.
Oggi essere sottomessi coincide con una prospettiva di
impoverimento di tutto: economico, democratico, di sicurezza.
Un'Europa forte è un'Europa che vincola i popoli sulla base di
un'adesione libera, paritaria e solidale. Se no siamo all'impero del
Kaiser, che non a caso finì malissimo.
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Meditata gente, meditate – come chiedeva il saggio Arbore – che infatti
è una figura che regge tutte le epoche.
In questo momento non possiamo
ridurci a guardarci l'ombelico. É il
tempo di scontrarci in Italia e in
Europa sulla base di programmi
politici nazionali e internazionali.
Questo fa bene al corpo sociale,
mobilita energie, non annoia, non
genera antipolitica, perché la fa
coincidere con democrazia, libertà e
benessere.
Dunque è giusto occuparci di legge
elettorale e di riforme costituzionali e di elezione del Quirinale dentro
questo slancio di cambiamento
del nostro ruolo nel mondo.
Oggi il premier si dimostra
completamente inadatto. Ha
sprecato malamente l'occasione del
semestre europeo, senza avere
alcuna incidenza sulle quattro
riforme della governance europea,
abbandona
questo
incarico
lasciando
la
tecnocrazia
filotedesca persino più arrogante
perché ha dimostrato di non essere
scalfibile neppure da Mister 40 per cento,
che passava per un Capitan Rompicollo,
ma l'unica cura che ha avuto è stata di non
spezzare il proprio di collo e neppure di
sporcarsi il colletto dell'immacolata
camicia.
Quest'anno renziano, in perfetta e
pessima continuità con il servilismo di
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Monti e Letta, ha visto rattrappire con progressione geometrica
negativa il nostro ruolo nel mondo.
Su questioni energetiche, Russia, Medio Oriente, fino al disastro marò,
abbiamo dimostrato la nostra inesistenza.
Esistiamo solo per i pirati del mare, per gli schiavisti dell'immigrazione
clandestina ed esportatori di
terrorismo islamico. Non è un
bel primato per il premier.
In questo senso manca
Berlusconi all'Italia. Manca la
sua capacità di sintesi, di
coesione in Italia e fuori dai
nostri confini, la sua visione di
una libertà globale capace di
trovare alleanze e di costruire
ponti tra avversari, come a
Pratica di Mare.
Finiamola di fare la politica
dell'ombelico di se stessi.
RIDATECI BERLUSCONI.
Non con i codicilli, che servono
a ingrassare i
ricattatori
professionisti e i mediatori oscuri, ma con la via maestra della giustizia e
della necessità inderogabile di una democrazia compiuta.
P.S. Ovvio che servono leggi elettorali
e riforme costituzionali e opzioni
quirinalizie che aiutino la democrazia
delle scelte e non quella del proprio
ombelico.
Sono funzionali allo scopo delle
regole senza trucchi e limpide, che
non prevedano un percorso che aiuti
una parte a discapito dell'altra.
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Per questo segnaliamo: l'imbuto clamoroso che intricherà la vita del
Parlamento, rendendo le scelte convulse e soggette a prove di forza che
contrastano o con l'idea di percorso condiviso.
Alla Camera e al Senato avremo legge
elettorale, bicameralismo riformato, Jobs Act
in Commissione, consuntivo semestre europeo,
dimissioni Capo dello Stato, e ora la questione
delle deleghe fiscali...
Troppo. Tanto più che diremo di no a ciò che è
inaccettabile, ad esempio lo spostamento alla
fine della fiera della clausola di salvaguardia e
il premio alla lista invece che alla coalizione
vincente.
O c'è un soprassalto della leadership
istituzionale di Renzi, una spinta netta alla
coesione nazionale, o salta tutto.
Meditate, gente, meditate.
Aggiunta postuma. E Mario Monti? In un'intervista autocelebrativa
per rimettersi in corsa per il Quirinale, rivendica il proprio ruolo
storico di anti-Berlusconi. In questo modo dà un giudizio sullo spirito
democratico e imparziale del novennato di Napolitano. E ci dà un
nuovo motivo per chiedere la Commissione d'inchiesta sull'attacco
speculativo sul debito sovrano dell'Italia e sulle dimissioni di
Berlusconi, il fatale e oscuro 2011 di Merkel-Sarkozy-NapolitanoMonti.
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RIFORME
Romani: “Domani al Senato riprenderemo il
cammino sull’Italicum. E a inizio seduta ribadirò
che siamo contrari al premio di maggioranza alla
lista e che occorrerà una norma di salvaguardia
sull’entrata in vigore della riforma. Senza
tentennamenti: il premier Renzi ci deve dire a
inizio lavori che intenzioni abbia al riguardo”
Intervista a PAOLO ROMANI su la Repubblica
P
aolo Romani è appena uscito da Villa San Martino ad Arcore,
Berlusconi ha fatto il punto con i capigruppo e Toti alla vigilia di
questa ripresa ad alta tensione, tra riforme e Quirinale, col pasticcio
sulla norma "salva-Silvio" sullo sfondo.
Che idea vi siete fatti della norma fiscale che avrebbe avvantaggiato Berlusconi,
capogruppo Romani?
«È una disciplina di per sé condivisibile, la percentuale che era stata fissata al 3 per
cento del reddito imponibile avrebbe potuto essere addirittura superiore. I grandi
evasori di sicuro evadono per una percentuale largamente superiore, altrimenti non
avrebbe senso il rischio dell`evasione stessa. Per farla breve, quella è una norma di
civiltà. Sorprende che le organizzazioni imprenditoriali non ne abbiano chiesto la
conferma».
Norma di civiltà che avrebbe salvato anche Berlusconi.
«Tutto da dimostrare. Come sempre, in Italia si pensa che una qualsiasi legge che
possa favorire il leader di Forza Italia diventi per ciò stesso una norma del diavolo e
perciò da depennare. Facendo scontare il tutto ai cittadini che avrebbero potuto
beneficiare degli effetti positivi».
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Insomma, Renzi avrebbe dovuto confermare il decreto?
«Avrebbe dovuto mantenere quella norma, certo. Spiegandone i legittimi motivi. Ora
tutto è in mano al governo».
Intende dire che confidate ancora nel suo mantenimento?
«Intendo dire solo che la norma è destinata a tutti gli italiani che non possono
rischiare la galera per una percentuale minima di tasse non pagate, magari per errore.
Purtroppo il Parlamento lì non è sovrano, sarà il Consiglio dei ministri a decidere che
fare, dopo l`elezione del Quirinale. Speriamo ancora che si possa agire nell`interesse
di tutti».
Pensate davvero sia stata una "trappola" per il patto del Nazareno e in vista del
Quirinale?
«Il patto regge, come ha retto l`8 agosto e il 20 dicembre, quando è stato tenuto in vita
in Parlamento solo perché ci siamo impegnati a garantire gli accordi. Domani al
Senato riprenderemo il cammino sull`Italicum. E a inizio seduta ribadirò che siamo
contrari al premio di maggioranza alla lista e che occorrerà una norma di salvaguardia
sull`entrata in vigore della riforma. Senza tentennamenti: il premier Renzi ci deve dire
a inizio lavori che intenzioni abbia al riguardo».
È quel patto che vi fa sperare in un capo dello Stato «non ostile»?
«Nel momento in cui partecipiamo da protagonisti alle riforme, riteniamo ci sia
bisogno a maggior ragione di una figura di garanzia, non etichettabile come uomo di
parte. E che al più presto si arrivi a una complessiva pacificazione».
Pacificazione è sinonimo di agibilità politica per Berlusconi?
«L`ingiustizia che ha subito il nostro leader, colpito da una parte minoritaria e
militante della magistratura, esige che il vulnus venga sanato. Berlusconi è leader di
un`area che rappresenta il 50 per cento del Paese e sta contribuendo, nonostante tutto,
al processo di riforme più delicato degli ultimi decenni. Chi salirà al Colle non potrà
che porsi il problema».
Meglio un politico o un tecnico?
«Ho sempre diffidato dai tecnici prestati alla politica. Il Paese ha bisogno di bravi
politici che abbiano competenze tecniche tali da poter ricoprire incarichi importanti».
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POLITICA ESTERA
Berlusconi vs Monti-Letta-Renzi.
Dal prestigio internazionale all’inconsistenza
GOVERNI
BERLUSCONI
GOVERNI
MONTI-LETTA-RENZI
Berlusconi è stato il Presidente del
Consiglio italiano negli anni più
turbolenti della politica mondiale. Il
suo più grande merito: essere riuscito a
fare sintesi tra le linee di fondo che
avevano caratterizzato la politica estera
italiana dalla Seconda Guerra Mondiale
alla Caduta del Muro di Berlino.
Dalla crisi ucraina al conflitto siriano,
dal processo di pace in Medio Oriente,
alla stabilizzazione della Libia,
passando per la Turchia e il conflitto
ucraino.
Sono stati 20 anni di politica estera
caratterizzati da: un europeismo
esigente e protagonista; un rapporto
stretto con gli Usa in condivisione di
valori e interessi comuni; un’ostpolitik
in netta rottura con quanto accaduto
durante la Guerra Fredda (storiche
aperture verso Russia e mondo arabo);
fortissimi legami con Israele.
Anni di politica estera distratta,
debole, ininfluente.
Il mondo alle porte di casa nostra è
in subbuglio, e l’Italia negli ultimi
tre anni non è mai intervenuta.
Tre governi che hanno condotto
l’Italia da una posizione di prestigio
internazionale ad una condizione di
sudditanza nei confronti di Europa
e Stati Uniti.
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GOVERNI
BERLUSCONI
GOVERNI
MONTI-LETTA-RENZI
I FATTI
Berlusconi unico leader politico ad aver
presieduto per TRE VOLTE IL G8:
Napoli nel 1994; Genova nel 2001;
L’Aquila nel 2009.
MARÒ. Da quasi 3 anni due nostri
militari, Massimiliano Latorre e
Salvatore Girone, sono detenuti in
India. Il governo italiano non è stato in
grado di riportarli a casa.
INCONTRO DI CAMP DAVID, 13
settembre 2002:
Iraq, Afghanistan, Medio Oriente e la
difficile congiuntura economica
mondiale i temi affrontati a Camp
David tra George Bush e Silvio
Berlusconi.
STATI UNITI. Le relazioni
diplomatiche con gli Stati Uniti di
Obama sono a dir poco ininfluenti visto
che non si tratta di un dialogo tra pari,
ma di un rapporto subordinato.
ACCORDO PER LA
REALIZZAZIONE DEL
GASDOTTO SOUTH STREAM, 23
giugno 2007:
Eni e Gazprom firmano un
memorandum d’intesa per la
realizzazione del gasdotto South
Stream.
CRISI ENERGETICA. Crollo
dell’estrazione degli idrocarburi nel
Mediterraneo;
dipendenza energetica dalla Russia
che fa si che la crisi Ucraina si trasformi
in arma di ricatto per l’Europa;
sottovalutata e trascurata la strategica
importanza delle forniture di gas e di
greggio dalla Libia.
INTESA NATO-RUSSIA, PRATICA
DI MARE, 28 maggio 2002:
Accordo storico che ha rafforzato la
costruzione della difesa comune
europea, sancendo la nascita del
“Consiglio a 20” con l’ingresso della
Russia nel vertice NATO attraverso la
CRISI UCRAINA. Gestita malissimo.
Più volte abbiamo suggerito di
ostacolare un possibile isolamento del
Cremlino, di trovare canali di
mediazione per riportare il conflitto sui
binari del dialogo.
Invece l’Italia è stata emarginata dai
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firma della Dichiarazione di Roma
sugli interventi comuni tra i quali il
contrasto al terrorismo e la non
proliferazione delle armi di distruzione
di massa.
tavoli decisionali, sotto scacco di Stati
Uniti e Germania.
ACCORDI CON LA LIBIA E LA
TUNISIA per il controllo del traffico
di migranti.
Incontrollate partenze di massa dalle
coste africane di profughi diretti in Italia.
Fallimento di “MARE NOSTRUM”.
CRISI RUSSIA-GEORGIA, Agosto
2008:
Berlusconi facendo leva sui suoi ottimi
rapporti con Putin, si adoperò per fare
in modo di giungere a una soluzione
equilibrata della questione. Il
Consiglio Europeo straordinario
tenutosi il 1 settembre 2008 a
Bruxelles, fece propria la linea del
“buon senso” fortemente auspicata
dall’Italia.
CASO SHALABAYEVA. Figuraccia di
portata internazionale per l’Italia, per
l’allora governo Letta, per il ministro
Alfano.
CONFLITTO ISRAELOPALESTINESE, 2009:
Amico sia di Simos Peres che
di Benjamin Netanyahu,
rispettivamente presidente e primo
ministro di Israele, da gennaio del
2009, appena termina l'offensiva
israeliana a Gaza, il governo italiano
sostenne con forza un’iniziativa per la
pace in tutta la regione.
13 luglio 2013: Usa, Gran Bretagna,
Francia e Germania si incontrano per
raggiungere una tregua nel
CONFLITTO ISRAELOPALESTINESE.
L’Italia, presidente di turno dell’Unione
Europea, esclusa dal tavolo delle
consultazioni.
ARIDATECE BERLUSCONI!
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Berlusconi in campo,
20 anni di protagonismo internazionale
B
erlusconi è stato il Presidente del Consiglio italiano negli anni
più turbolenti della politica mondiale. Il suo più grande merito:
essere riuscito a fare sintesi tra le linee di fondo che avevano
caratterizzato la politica estera italiana dalla Seconda Guerra Mondiale
alla Caduta del Muro di Berlino.
Sono stati 20 anni di politica estera caratterizzati da: un europeismo
esigente e protagonista; un rapporto stretto con gli Usa in condivisione
di valori e interessi comuni; un’ostpolitik in netta rottura con quanto
accaduto durante la Guerra Fredda (storiche aperture verso Russia e
mondo arabo); fortissimi legami con Israele.
I fatti? Eccoli:
BERLUSCONI UNICO LEADER POLITICO AD AVER PRESIEDUTO
PER TRE VOLTE IL G8:
 Napoli nel 1994
 Genova nel 2001
 L’Aquila nel 2009
INCONTRO DI CAMP DAVID, 13 settembre 2002:
 Iraq, Afghanistan, Medio Oriente e la difficile congiuntura
economica mondiale: questi i temi affrontati a Camp David tra
George Bush e Silvio Berlusconi. Il presidente del Consiglio è
stato il primo capo di governo italiano, dopo Alcide De Gasperi, a
varcare la soglia della residenza presidenziale tra le montagne del
Maryland. Quello fu il settimo incontro tra i due presidenti in
poco meno di un anno.
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ACCORDO PER LA REALIZZAZIONE DEL GASDOTTO SOUTH
STREAM, 23 giugno 2007:
 Eni e Gazprom firmano un memorandum d’intesa per la
realizzazione del gasdotto South Stream. Progetto volto alla
costruzione di un nuovo gasdotto in grado di connettere
direttamente Russia ed Unione Europea, eliminando ogni Paese
extra-comunitario dal transito. È un progetto sviluppato
congiuntamente da Eni, Gazprom, EDF e Wintershall.
INTESA NATO-RUSSIA, PRATICA DI MARE, 28 maggio 2002:
 Accordo storico fortemente voluto dal Presidente Berlusconi, che
ha rafforzato la costruzione della difesa comune europea,
sancendo la nascita del “Consiglio a 20” con l’ingresso della
Russia nel vertice NATO attraverso la firma della Dichiarazione
di Roma sugli interventi comuni tra i quali il contrasto al
terrorismo e la non proliferazione delle armi di distruzione di
massa.
DISCORSO DI FRONTE AL CONGRESSO DEGLI STATI UNITI
RIUNITO IN SESSIONE CONGIUNTA, 1 marzo 2006:
 Sono 94 i leader stranieri ad avere parlato di fronte a Camera e
Senato degli Stati Uniti: tra di essi ci sono Winston Churchill,
Yitzhak Rabin e Nelson Mandela. 11 monarchi e 3 regine. Fra i
leader italiani: Alcide de Gasperi (24 settembre 1951), Bettino
Craxi (6 marzo 1985) e Giulio Andreotti (7 marzo 1990); Giovanni
Gronchi (29 febbraio 1956) e Antonio Segni (15 gennaio 1964).
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CRISI RUSSIA-GEORGIA, Agosto 2008:
 Berlusconi facendo leva sui suoi ottimi rapporti con Putin tentò di
fermare gli scontri e impedire una battaglia in campo aperto tra i
due eserciti, si adoperò per fare in modo di giungere a una
soluzione equilibrata della questione. Il Consiglio Europeo
straordinario tenutosi il 1 settembre 2008 a Bruxelles, fece propria
la linea del “buon senso” fortemente auspicata dall’Italia.
CONFLITTO ISRAELO-PALESTINESE, 2009:
 Amico
sia di Simos Peres che di Benjamin Netanyahu,
rispettivamente presidente e primo ministro di Israele, da gennaio
del 2009, appena termina l'offensiva israeliana a Gaza, il governo
italiano sostiene con forza un’iniziativa per la pace in tutta la
regione.
NOMINA DELLA DANIMARCA ALLA NATO, 2009:
 Amico del premier turco Recep Tayyip Erdogan, Berlusconi è
riuscito a mediare per far togliere il veto della Turchia alla
nomina dell’ex premier della Danimarca, Anders Fogh
Rasmussen, a capo della Nato. In Danimarca erano appena state
pubblicate delle vignette anti-islamiche.
Per approfondire BERLUSCONI: 20 ANNI DI POLITICA
ESTERA leggi le Slide 573
www.gruppopdl-berlusconipresidente.it
Il Mattinale – 06/01/2015
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IL MEGLIO DEGLI
EDITORIALI ‘VACANZE’…(II parte)
30 dicembre 2014
Il Mattinale – 06/01/2015
16
P
recipitevolissimevolmente. La più lunga parola della lingua
italiana è anche quella che
invoca la assoluta brevità. É
un azzardo morale concentrato in
una parola.
Così è Renzi. La sua conferenza
stampa di ieri è stata come il suo
governo:
la
perfetta
esemplificazione
di
questa
proclamazione
di
velocità
lunghissimamente inefficace.
É una bugia nel momento stesso in
cui la pronuncia contraddicendosi.
Schiantevolissima contro il muro della realtà e del tempo, che non è un
dato mentale della testa di Fonzie e di Al Pacino, ma qualcosa scandito
da qualcun altro, che si chiama Dio e non Matteo.
Gennaio, maledetto gennaio. Il
ritmo di Renzi urterà contro
un'agenda
parlamentare
infernale e uno scadenzario
internazionale terrificante.
A meno che come il colonnello
Tejero, che non crediamo sia un
suo eroe, entri a Montecitorio e a
Strasburgo con la pistola, anche
armandosi di canguri non potrà
riuscire a far coincidere la sua
furia frettolosa di potere con il
rispetto
della
democrazia.
Opinioni nostre? Vediamo.
Dal giorno 7 al Senato si discute e vota in Aula sulla legge elettorale,
che ci rifiutiamo di chiamare Italicum perché quello era tutta un'altra
Il Mattinale – 06/01/2015
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cosa. Turbolenze in tutti gli schieramenti dinanzi alle 17 zampate
leonine del premier. Alla Camera dal 7-8 gennaio si comincia a
lavorare in assemblea sul bicameralismo e la riforma costituzionale,
dopo che in Commissione Affari Costituzionali non un costituzionalista
ha parlato bene del pastrocchio all'esame dei deputati. Nel contempo
nelle Commissioni Lavoro di Camera e Senato ci si cimenta sui decreti
legislativi del Jobs Act.
Il parere è obbligatorio ma non vincolante per il governo? Vero. Ma ci si
scannerà lo stesso tra diavolo ed acqua santa compresenti in
maggioranza e governo. Arriverà un colonnello Matteo Tejero a mettere
fine alla discussione facendo sdraiare tutti sotto il tavolo a colpi di
revolver? Quello è un altro film, somiglia piuttosto al “Quel pomeriggio
di un giorno da cani”.
Un salto a Strasburgo. Il 13 Renzi è impegnato davanti al
Parlamento europeo nel discorso di commiato dalla sua presidenza.
Toccherà fare un bilancio. Se proprio una figura apparirà congrua
nell'epica greca, dopo Telemaco, gli toccherà impersonare la parte di
Tersite. Un semestre brutto e senz'anima.
Il 14 ecco le dimissioni di Napolitano. Il Quirinale si staglierà lì, vuoto,
con le incognite di sempre. Mentre sarà da risolversi il nodo al Senato
della clausola di salvaguardia, che dovrebbe collocare le elezioni con
lo pseudo-Italicum dopo l'estate del 2016. Prima la clausola e poi il
resto. O viceversa? Nessuno
si fida di nessuno.
Nel frattempo l'euro starà lì
appeso nell'attesa dei risultati
delle elezioni greche del 25
gennaio. Con un'Italia in
questa incertezza esistenziale
e istituzionale, con Al Pacino
che carica i suoi prodi per
andare dove? A far che cosa?
A fare riforme vere e serie?
Ma dove. Ma quando.
Il Mattinale – 06/01/2015
18
La pretesa di ritmo è un azzardo morale precipitevolissimevolmente
disastroso per l'Italia. E se si metterà, per fare in fretta, ad usare il
canguro con il consenso di Grasso (chiamasi canguro l'espediente
para-regolamentare di annullare la grandissima parte degli emendamenti
senza farli votare), sarà uno sbrego della democrazia gravissimo,
aggravato dall'effetto Grecia.
(A proposito, il Presidente Pietro Grasso eviti di accedere a questi
sistemi, sarebbe la tomba di qualsiasi sua più alta aspirazione: sarebbe la
garanzia della iniquità).
C'è una soluzione? Se Renzi vuole c'è. Umiltà. Che non è diserzione
dalle responsabilità, ma consente di gettare ponti, creando uno
spirito di coesione nazionale che la sua arroganza annulla.
A proposito. Si sentono, anche nelle file di Forza Italia, molti elogi per
la frase di Renzi: “Non esiste Forza Italia senza Berlusconi”. É la
perfetta verità. Ma da quando in qua i cattolici hanno bisogno di
sentirsi dire da Scalfari che il Papa è Francesco per riconoscerlo come
capo della Chiesa? É molto provinciale, segno di debolezza interiore,
compiacersi di questa legittimazione opportunistica. “Timeo danaos et
dona ferentes”, temo i greci anche quando portano doni. La saggezza di
Virgilio dovrebbe valere anche per noi. Rispediamo al mittente questa
dichiarazione di fede, a chi a suo tempo gli ha gridato “Game Over”.
Faccia mea culpa sul consenso dato alla sua decadenza, e ci basta. Di
meno, serve solo alla lusinga da quattro soldi.
C'è un'altra affermazione del premier che potrebbe somigliare a lusinga
ma è un trucco acrobatico.
Accade quando Renzi fa il Brunetta sui fannulloni annidati e
impuniti nella pubblica amministrazione. Qui bisogna riconoscere in
Renzi una sorta di genialità da baro da saloon western.
Tutto il mondo capisce che è fuori da ogni logica stabilire una riforma
del mercato del lavoro che estirpa privilegi inveterati che danneggiano i
giovani, e poi lasciare intatto il santuario dei privilegi più smaccati,
quello degli statali. Sia chiaro non parliamo di chi lavora bene e sono
Il Mattinale – 06/01/2015
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tanti, ma di chi parassitariamente si accomoda nell'indolenza sapendo
che è intoccabile.
La riforma Brunetta-Berlusconi, rimasta inattuata a causa dello stop
del governo Monti, premiava il merito, lasciava a casa i lazzaroni.
Ora il Jobs Act, come stabilito con i relatori, penetrava nel regno
incantato dei fannulloni statali per estirparli. Invece niente. Renzi
rivendica di aver eliminato questo allargamento giusto e ovvio.
Perché? Perché si farà dopo, in una legge apposita - dice. Più in là.
Astuzia malsana.
Tutta questa invocazione del ritmo, e poi nel caso più interessante, per
ragioni opportunistiche, sposta in fondo all'agenda questo shampoo
salutare per ripulire la pubblica amministrazione. E lo fa senza
competenza, prendendo della riforma Brunetta solo le caricature
giornalistiche. Come sempre. Come se la vita fosse un cartone animato.
E la politica è ridotta a comunicazione furbetta, tutta tattica, niente
cuore.
Non sfugge a questo proposito il modo come Renzi si è posto dinanzi al
naufragio del traghetto. Non dubitiamo minimamente dei suoi
sentimenti profondi (chi siamo noi per giudicare?). Ma analizziamo gli
atti. Il Tg1 il giorno 28 ha mostrato un'auto che entrava precipitosamente
in Roma nel buio sotto la pioggia. Naturalmente a Roma non pioveva,
ma questo è un problema di servilismo altrui.
Ma che ha fatto Renzi: ha inondato di tweet nella nottata per
mostrare che veglia, che la luce è sempre accesa. Poi ha enfatizzato
eroismo e successo dell'operazione.
Ci associamo all'elogio dei nostri militari. Ma poi ha lasciato la
conferenza stampa su cui pesava l'incertezza dei dispersi, lasciandoli
esporre alla contraddizione, ai ministri Lupi e Pinotti.
Renzi non fa mai l'annunciatore dei lutti, ne sta sempre lontano, la
contabilità della morte la lascia ai comprimari. Lui è già da un'altra
parte, in fuga. Come a Genova, come sempre.
Il Mattinale – 06/01/2015
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Qui forniamo la controcronaca, sia pure in differita, della conferenza
stampa di Renzi con il commento dei tweet di Renato Brunetta.
@matteorenzi in conferenza stampa: superficiale,
retorico...che barba che noia, che noia che barba
generico
e
@matteorenzi noioso e ripetitivo in conferenza stampa: "ritmo"; "ce la
possiamo fare"; "rivoluzione copernicana"...ghost writer in ferie?
@matteorenzi su partecipate: se sapeva che difficile tagliarle perché ha
fatto annunci pomposi? E quando non sa rispondere rinvia a ddl Madia
Conferenza stampa @matteorenzi: il vuoto cosmico. Ce la poteva
anche risparmiare #ghostwriterinferie
@matteorenzi non risponde a domanda diretta su vuoto cosmico sua
conferenza stampa. Che ridere!
Aria fritta. Più che una conferenza
stampa, quello di @matteorenzi è
monologo davanti allo specchio, quasi
per convincersi di quanto sia bravo
@matteorenzi minaccia canguri al
Senato. Grasso non ha nulla da dire?
Che tristezza!
Su #spendingreview @matteorenzi spudorato: caccia Cottarelli e
conferma obiettivi...machiglicrede??!!!
Il Mattinale – 06/01/2015
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Su privatizzazioni Lapalisse Catalano non avrebbe detto meglio! Forza
@matteorenzi sei imbattibile nel luogocomune!
@matteorenzi: quelli su #jobsact non sono decreti attuativi, ma decreti
delegati. Studia, ce la puoi fare
Sui Marò @matteorenzi imbarazzante: si aggrappa sugli specchi. Senza
vergogna!
Imbattibile @matteorenzi: vuoto cosmico dura da due ore. E suo
#factchecking ridicolo
Conferenza stampa @matteorenzi: batte in durata discorsi Fidel Castro.
#forzarenzicelapuoifare
Conferenza stampa @matteorenzi finita: aiutoooooooooooooo!
***
Segnaliamo come ci sia stata una domanda molto puntuale su quanto
detto e non fatto durante i dieci mesi e mezzo di Renzi (Wall Street
Journal).
Al che Matteo ha risposto con la solita fumisteria d'oppio colorato di
date e provvedimenti depositati ma non funzionanti (nessuno
escluso).
Tanto per fare un paragone al niente, dopo il fact-checking pubblicato
ieri, mettiamo qui in fila le 40 (quaranta) riforme fatte dai governi
Berlusconi. Tanto per fornire un termine di paragone...
Il Mattinale – 06/01/2015
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31 dicembre 2014
EDITORIALE
DI SAN SILVESTRO
E di Re Giorgio. Che per fortuna se ne va.
Bilancio di un novennato nefasto. La stabilità
dei poteri forti ha sterilizzato la democrazia
e ci ha fatti prigionieri della Germania.
Ma quest'epoca per fortuna è finita.
Con tanti auguri a Napolitano di una serena
vecchiaia di espiazione. E agli italiani
di saper approfittare di questa liberazione
S
iamo certi che Napolitano
sarà commosso stasera,
quando saluterà gli italiani.
E non dubitiamo della sincerità
dei suoi sentimenti di rimpianto.
Noi no.
Nessun rimpianto.
Gli auguriamo cent'anni di vita
serena. Ma siccome li auguriamo
soprattutto agli italiani, non ci
esimiamo
da
un
bilancio
amarissimo perché non ci sia
nessuno che raccolga l'eredità
quirinalizia di questo elegante
signore delle nostre sventure.
Il Mattinale – 06/01/2015
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Così no, così mai più: è stato un
novennato
fuori
dalla
Costituzione.
Le grandi qualità intellettuali
dell'uomo sono state spese per
consacrare un'idea di Stato il cui
riferimento morale e materiale non è
stata la democrazia occidentale e
liberale, dove si vota ed a scegliere è
il popolo, ma un manipolo aristocratico di ottimati intrisi di
comunismo o ad esso proni, il cui scopo supremo è il perpetrare se
stessi.
Questo è stato il valore supremo,
la stella polare di Giorgio
Napolitano: la stabilità. Ma non la
stabilità
nel
segno
della
democrazia. Ma la stabilità del
cimitero dove a essere seppellita
è stata la sovranità popolare. Per
parafrasare Tacito: hanno fatto il
deserto e l'hanno chiamato
democrazia. E quel deserto di
anime morte e potenti ha avuto per corona la stabilità.
Da che cosa è stata caratterizzata
questa stabilità? Sin dall'inizio c'è
stata una parola d'ordine implicita,
sottaciuta: eliminare Berlusconi.
Stabilità contro Berlusconi. Ci
ricordiamo bene il 2006.
Ci ricordiamo Piero Fassino annunciare
in diretta televisiva, prima che fosse
Il Mattinale – 06/01/2015
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ultimato lo spoglio, la vittoria dell'Ulivo. In realtà sappiamo bene che
il risultato vero non fu quello, lo dice la tradizione del partito
comunista nelle sezioni elettorali. Di certo un risultato tanto esiguo
avrebbe richiesto una condivisione di responsabilità, almeno di quelle
istituzionali. Non fu così. Napolitano fu Capo dello Stato grazie a
quel furto di democrazia. Stabilità contro Berlusconi.
Consacrò un governo Prodi senza maggioranza reale, pur di
affermare il principio anzidetto. Berlusconi no, Berlusconi fuori.
La nettissima vittoria elettorale di Berlusconi fu da lui ostacolata in
ogni modo.
Bisognava opporre, dal punto di vista di Napolitano, al voto del
popolo quello della nomenklatura dei poteri forti e conservatori.
Ostacolò in ogni modo l'approvazione di decreti, non combattè le
forze oscure che reggevano il corso della finanza internazionale e
avevano nel loro dominio i media italiani.
Provocò scissioni, lusingò le ambizioni di Fini e Tremonti. Infine in
nome della stabilità degli assetti di poteri imperniati su se stesso,
impose il tecnocrate Monti.
Le
dimissioni
coattive
del
Cavaliere nel novembre 2011, su
spinta telefonica della Merkel e di
Sarkozy, dopo aver mandato
Berlusconi a mani nude al G20,
erano previste sin dal giugno
precedente.
Il proprio potere discrezionale
(espresso con la nomina di Monti
senatore a vita poi trasferito a
Palazzo Chigi) come unica fonte di
stabilità, in sostituzione al voto democratico, è stata la garanzia di
Il Mattinale – 06/01/2015
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fedeltà fornita all'Europa germanica. Monti, trasformatosi da arbitro in
giocatore con l'unico dichiarato scopo di far perdere Berlusconi, è
stata la conseguenza plastica di quella decisione da signorotto del
Colle.
Questo ha determinato l'estrema debolezza dinanzi alla crisi e alla
egemonia tedesca in Europa dei tre governi di Napolitano.
Governi non legittimati dal voto dei sessanta milioni di italiani ma
dal voto unico e concentrato di essenze forti e stabili.
Forma
contemporanea
di
comunismo
identificato
con
l'accaparramento delle leve del potere per il nucleo di ottimati della
scuola di Stalin e Togliatti.
Per conseguire questa
stabilità cimiteriale era
necessario
liquefare
l'ostacolo democratico su
questa strada: Berlusconi,
che non è il vertice di un
coagulo di interessi, ma
espressione del popolo
che liberamente lo vota.
Da qui, dopo essere stato
scelto grazie a un
premio di maggioranza
divenuto abnorme e incostituzionale, l'avallo tragico e ancora una
volta incostituzionale alla sua decadenza.
Ora Napolitano se ne va lasciandoci un governo che, come i due
precedenti, ha una fragilità intrinseca, e lo ha dimostrato durante
il semestre di guida Ue.
Il Mattinale – 06/01/2015
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Non ha condotto a termine nessuna riforma, non ha chiuso nulla, e
l'Italia è in una crisi economica profondissima.
Ma è una crisi che ha origine nell'annichilimento della democrazia
in nome della stabilità.
Finora le strategie per modificare il dominante rigore cieco della
Merkel, imposto a viva forza, ha cercato di far leva sui ragionamenti e
i risultati di altri Paesi, specie l'America. Angela se n'è fatta beffe. Poi
con i discorsi forti, i pugni sbattuti sul tavolo. Idem. Quindi con
ricerca di alleanze tra Paesi mediterranei contro quelli a sovranità
nibelungica. Fiasco.
L'unica cosa che fa ragionare la Germania è la forza. E la forza è avere
alle spalle un popolo che ti ha eletto in tempo di crisi con lo specifico
compito di rinnegare la logica dell'austerità stremante.
In questo senso ha ragione Tsipras.
La Grecia non è commissariabile se il suo popolo dice no. Che fai?
Mandi le cannoniere? Ne provochi la disperazione tagliando viveri?
Bisogna stare attenti alla disperazione dei popoli. Può essere
commissariato un Paese spaccato, è invece impotente un premier
che ha un 40 per cento di voti raccolti con una mancia, con
l'avversario messo fuori gioco da una squalifica incostituzionale.
Questo ci lascia Napolitano. Giorgio volle farsi Re, e ci lascia dopo
aver estenuato la democrazia.
Questo è un bilancio. Ma quell'età è finita. Ne viene una nuova.
Difficile, impervia. Ma il futuro si è liberato di un bel peso. A cui
facciamo tanti auguri di una serena e silente vecchiaia.
Il Mattinale – 06/01/2015
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1 gennaio 2015
AUGURI DI CUORE, DI LIBERTÀ,
DI PROSPERITÀ E DI SPERANZA
PER IL NUOVO ANNO!
"Dopo tanta nebbia
a una a una
si svelano le stelle.
Respiro il fresco
che mi lascia
il colore del cielo.
Mi riconosco
immagine passeggera,
presa in un giro immortale"
(Giuseppe Ungaretti)
Il Mattinale – 06/01/2015
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L'anno vecchio se n'è andato
con il suo Re. Senza rimpianti
Q
uasi nove anni senza alcuna autocritica. Quasi nove anni da
una parte sola, dalla parte della sinistra. Quasi nove anni ad
affermare il suo ruolo di protagonista, il ruolo del Presidente
della Repubblica, non previsto dalla Costituzione. Questo, in sintesi,
il bilancio di Napolitano. Questo ultimo messaggio conferma
attraverso le sue stesse parole, con retorica e con coerenza, il suo
fallimento.
Nella memoria degli italiani, dopo le dimissioni forzate di
Berlusconi in quel novembre 2011, Napolitano è visto come colui
che ha voluto pervicacemente tre governi non legittimati dal
popolo: Monti, Letta, Renzi.
Era stato chiamato, nell'aprile del 2013, eccezionalmente dal
Parlamento per un secondo mandato, per realizzare la pacificazione,
per favorire le riforme costituzionali, e contribuire a far uscire
l'Italia dalla crisi economica. Nessuno di questi tre obiettivi, a
partire dal primo, è stato raggiunto. E i risultati sono sotto gli occhi
di tutti.
Ma di tutti questi fallimenti non una sola traccia, non una sola
autocritica, nel suo messaggio agli italiani. Nove anni, dunque,
da dimenticare. Ora, finalmente, si volta pagina.
Il Mattinale – 06/01/2015
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3 gennaio 2015
EDITORIALE
Sfida pubblica a Renzi sui fannulloni
e le leggi per combatterne il vizio. Come e perché
c'è già tutto nella riforma Brunetta-Berlusconi
e le ragioni di puro potere per cui oggi il premier
racconta balle. Come si fa a fidarsi di uno così?
Scelga lui luogo e armi (dialettiche) per il duello
Q
uesto testo Renzi è pregato di
considerarlo una sfida a
duello. Un guanto sulle sue
belle gote rosee. Su parole,
contenuti, intenzioni è stato ed è, al
solito, tutta chiacchiera mediatica e
niente sostanza etica.
Stendhal e Dumas non avrebbero
dubbi a considerare la sfida seria.
La scelta dell'arma è sua.
Dibattito pubblico, sfida con la
clessidra, due minuti a testa? Faccia
lei, presidente.
Il tema? Facile. Si legga da qui in
poi.
Dopo lo scandalo dei vigili urbani
di Roma datisi in massa malati per
lasciare la Capitale senza sicurezza la
notte di Capodanno, ora Renzi
e Madia dicono che faranno,
agiranno, proporranno leggi, eccetera, anzi le hanno già pronte,
maledetto Parlamento che non lavora, altrimenti ci sarebbero già.
Hanno al fianco Repubblica, la Stampa e il Corriere, tutti i tg del mondo a
plaudirne la determinazione. Il sindaco Ignazio Marino incapace di tutto è
Il Mattinale – 06/01/2015
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capacissimo, con una faccia tosta incredibile, di sostenere che
l'assenteismo è nato contro di lui. Il vizio dell'ozio ad personam.
Poveretto, è pure megalomane.
Qui siamo davanti a un caso di disonestà intellettuale pura e consapevole.
C'era e c'è tutto per combattere l'assenteismo nella legge n.133 del 2008. Si
noti la data: 2008. Appena il governo Berlusconi si insediò, d'intesa con il
suo presidente, il ministro della Funzione pubblica, invece di vellicare
clientele o far chiasso senza costrutto, si mise dalla parte dei cittadini.
Si chiamano “norme Brunetta sull'assenteismo nella Pubblica
amministrazione”.
Con l'impulso del premier l'esecutivo si
schierò da una parte sola: l'interesse della
gente, l'idea che la burocrazia fosse per
servire e non per succhiare risorse e tradire
la buona fede di chi paga con le tasse. Dalla
parte anche degli statali onesti e capaci,
da incentivare e premiare per merito e non
per aderenza sindacale.
Lo ammette Pietro Ichino su “Repubblica”
(nel titolo questa frase decisiva ovviamente
non compare): “...ha ragione Brunetta: le
regole per impedire questi abusi evidenti e
gravissimi già ci sarebbero. Il problema
sono i dirigenti pubblici che non le
applicano”.
E che cosa fa, anzi twitta, Renzi mollando un attimo gli sci? "Ecco perché
nel 2015 cambiamo le regole sul pubblico impiego”.
Come al solito, simpaticamente spudorato. Prima rifiuta di inserire gli statali
nel Jobs Act, facendoli orwellianamente più uguali degli altri.
E ora ne cavalca l'impopolarità evitando di dire la pura e semplice verità: c'è
la riforma Brunetta-Berlusconi, applichiamola. Le norme ci sono già,
caro Matteo. Falle applicare.
Figuriamoci. Renzi e Madia pretendono di essere in procinto di inventare
la scopa per spazzare via i “fannulloni”, come se fosse la macchina del
tempo. Usano proprio questa espressione “fannulloni”, rubano anche le
parole, da giovanilmente spudorati quali essi sono.
Il Mattinale – 06/01/2015
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Fannulloni... La definizione era stata data da Brunetta agli sfaccendati
della Pubblica amministrazione il cui ozio retribuito grava sul morale della
gente comune e sull'erario. Non furono solo parole. Ci furono più leggi! Ci
furono riforme organiche (penalizzazioni economiche per le assenze, norme
anti assenteismo, trasparenza, meritocrazia, premi e punizioni, incentivi alla
produttività, digitalizzazione della Pubblica amministrazione, certificati di
malattia online, ricette online, sanzioni per i medici conniventi, e tanto altro
ancora).
I governi Monti, Letta e ora quello
Renzi non hanno trasformato questa
riforma promossa a pieni voti da tutti
gli organismi internazionali, come
l'Ocse (vero Pier Carlo Padoan?),
sempre severissimi con l'Italia. Il trio
dei premier non votati da nessuno
l'ha messa in freezer. Basterebbe un
atto di onestà. Zero. Duello.
Siccome però la realtà non è cancellabile del tutto, si osservi la sintassi di
legno - piena di “non” e di “in” negativi – con cui aggiusta la pratica “Il
Corriere della Sera”. Scrive Antonella Baccaro: “Sarebbe ingeneroso non
ammettere che le norme Brunetta sulla malattia che nel 2008 hanno previsto
la decurtazione del trattamento accessorio della retribuzione nei primi dieci
giorni di malattia, non abbiano segnato una svolta nell`assenteismo della Pa”.
Traduzione. Caro Renzi, cari colleghi, non posso proprio fare a meno di
ammettere che la legge a firma Brunetta non solo c'è, ma ha anche funzionato
contro l'assenteismo. Ma come avete visto sono riuscita a non farlo capire.
Ora la guerra ai fannulloni è salutata con i
fuochi d'artificio, perché la voce che
fintamente la dichiara è gradita ai padroni
del vapore.
Quando fu lanciata dal governo Berlusconi
ci fu un'ostilità assoluta da parte dei maître à
penser della sinistra cigiellina e di quella
radical-chic,
custodi
delle
intenzioni
profonde dei poteri forti, che sempre coincidono con quelli editoriali.
Brunetta fu messo simbolicamente al rogo. Francesco Merlo, in una serie
di articoli poi confluiti in un libro, invece di far sua la battaglia contro i
Il Mattinale – 06/01/2015
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fannulloni italiani (lui del resto sta a Parigi) se la prese con il “fantuttone”
Brunetta. Si chiama girare il cannone come fa comodo al committente.
Allora occorreva sollevare tutti contro il governo di centrodestra, esibire
folle, contumelie, ironie, satire dalla parte dei privilegiati. Un mestiere
sempre caro alla sinistra.
Brunetta altro che “fantuttone”:
aveva fatto il suo lavoro, fare
riforme,
renderle
applicabili,
occuparsi del bene comune invece
che delle botteghe elettorali. Gli
sguinzagliarono contro, a favore di
telecamera, provocatori d'ogni genere,
per ridurre la popolarità istintiva che il
ministro insieme al governo aveva
conquistato per la sua azione decisa e
tecnicamente competente.
In un ricevimento nei giardini del Quirinale, il medesimo Eugenio Scalfari
che ora sostiene Renzi e la guerra ai fannulloni, al saluto cortese del ministro
Brunetta rispose con l'anatema della borghesia dei rentier conservatori: “Non
mi piace per niente quello che fa; non mi piace per nulla la sua politica”. Con
la divertita condiscendenza mediatica della sinistra, fu organizzata anche la
contestazione delle nozze di Brunetta, grazie a manipoli di teppisti.
Che bella civiltà, che bella stampa.
A quel tempo ci fu un'eccezione tra gli amministratori locali di sinistra.
Matteo Renzi a Firenze applicò le norme Brunetta. Riuscendo però con
la sua doppiezza scientifica a dar corso ai provvedimenti intitolati al
ministro e a parlarne contemporaneamente malissimo. Un genio del
contrabbando politico, del furto ideologico con destrezza.
Già allora iniziò a rivelarsi come il signore delle promesse fasulle. Quando
era presidente della Provincia di Firenze, Brunetta gli propose una
scommessa: “Se con la mia riforma tra i tuoi dipendenti l'assenteismo si
riduce più del 40% mi regali una Montblanc; se meno del 40% te la regalo
io". Brunetta vinse la scommessa, ma la Montblanc Renzi non gliel`ha mai
regalata. Un bel duello, pacifico, leale, pubblico. Sarebbe – vero Rai? – un
bel servizio pubblico!
Il Mattinale – 06/01/2015
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4 gennaio 2015
EDITORIALE
Rinnoviamo la sfida a Renzi su fannulloni e
statali. Applichi la riforma Berlusconi-Brunetta.
O spieghi perché no. Finora tace. Preferisce
rispondere alle accuse dei grillini di aver
scroccato voli di Stato. Noi non c'immischiamo,
siamo persone serie: per questo non ci risponde?
Su, forza Matteo, un colpo d'ala. Intanto Psycho
Travaglio manifesta terrore per il ritorno in
campo del Cavaliere. Buon segno
L
a riforma della pubblica amministrazione e le leggi contro
l'assenteismo degli statali firmate da
Berlusconi e Brunetta nel 2008 e
approvate nel corso del governo del Cavaliere
sono un patrimonio italiano. Una volta
approvate sono di tutti, non hanno colore,
valgono per il popolo italiano in quanto tale.
Basta poco. Basta volerle applicare.
Nel frattempo basterebbe un soprassalto di
onesta e di decenza. Sarebbe sufficiente dire
(e per una volta anche fare, almeno una volta
agire!): ehi, ragazzi, abbiamo qui il tesoretto
di queste leggi, non perdiamo tempo a
sfornare
nuove
inutili
scartoffie
e
funambolismi legislativi, per poi trovare
compromessi con l'ala cigiellina del Partito
democratico e l'ostruzionismo che le
renderebbe carta straccia.
Il Mattinale – 06/01/2015
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C'è un problema ostativo a quanto pare. Ha il nome di Berlusconi, porta
l'impronta del suo governo. Allora nulla. Neanche una risposta nel merito. Si
ignora. Abbiamo sfidato a tenzone dialettica Renzi sul tema di assenteismo e
“guerra ai fannulloni” (ci ha rubato persino gli slogan, a tal punto il
rottamatore ha rottamato la memoria).
In replica ha avuto un nuovo attacco di annuncite: faremo, agiremo, in
fretta, in frettissima, come no? Ha bensì risposto ai grillini che lo
accusavano di aver fatto lo
scroccone dei voli di Stato.
Noi siamo persone serie, non ci
associamo certo a questa polemica
di basso populismo. Ma vogliamo
stare sulla sostanza del benessere
degli italiani. Se invece di
intraprendere un cammino di
riforma sgarrupata, come quella
ancora da discutere, a firma
Madia-Renzi, si procedesse subito a far valere efficacemente le norme
esistenti, intraprendendo anche la strada dei nuovi contratti per gli statali,
così da poter premiare il merito e punire il demerito, allora quella coesione
nazionale delle cose e dei fatti sarebbe realtà.
Una cosa che agli occhi dei mercati e dell'Europa mostrerebbe un Paese più
efficiente e liberale. E consentirebbe di procedere più serenamente alla scelta
del Capo dello Stato con caratteristiche condivise di garanzia e di
equanimità.
C'è un problema ideologico grande come una casa, che ad oggi impedisce
tutto questo. Ed è la decisione cosciente, protratta, meticolosa di ciò che si
chiama “damnatio memoriae” di Berlusconi e dell'eccellente lavoro
effettuato dalla sua squadra di governo.
Guai a ricordare qualcosa, a riconoscere un qualsiasi merito a
Berlusconi. Sarebbe un precedente rischioso per i cultori della sua
negazione morale e morte politica, e che sono disposti al massimo a usarlo
come oggetto di sì ricattatori. Dire anche un solo grazie, equivarrebbe alla
negazione del dogma sulla negatività passata presente e futura di ciò che si
riferisce a Berlusconi. Per questo non contrastano nel merito le nostre
affermazioni.
Contano sul fatto che l'Italia abbia subito e interiorizzato l'ossessivo lavaggio
del cervello. Parliamo della sinistra e in particolare dei due Partiti
Il Mattinale – 06/01/2015
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democratici, divisi su tutto, ma uniti nel combattimento per loro di vita o
morte contro Berlusconi e le sue opere (ma su questo aspettiamo una
smentita sostanziale nei fatti da Renzi, nella scelta per il Quirinale, e sarebbe
un bel ricominciare davvero un cammino di pacificazione).
Così negano la Commissione di inchiesta parlamentare sui fatti del 2011,
che portarono al complotto contro Berlusconi e l'Italia da parte di Merkel e
Sarkozy denunciato dal ministro del Tesoro di Obama, Tim Geithner.
Non si vuol cercare la verità per svicolare vilmente di dover ammettere che fu
la speculazione internazionale avallata da una condotta politica irresponsabile
di Napolitano e della sinistra a scrivere una delle pagine più buie della storia
della nostra Repubblica.
A noi viene in mente un motto di Gandhi, che di persecuzioni e di lotta per
la pacificazione si intendeva. “Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti
combattono. Poi vinci”. In questo momento, a seconda dei personaggi, è in
vigore una o l'altra delle fasi di questa guerriglia della sinistra. Di certo
l'ultima e positiva si avvicina.
Campione assoluto dell'antiberlusconismo, come unica ragione di vita e di
auto affermazione, è Marco “Psycho” Travaglio (impressionante la
somiglianza con l'Anthony Perkins-Norman Bates specialmente quando ride).
Non esiste materia, ma la si inventa, pur di innalzare lo slogan
esistenziale: uccidiamo Berlusconi.
Si devono sempre inventare nuovi argomenti per coalizzare le truppe della
resistenza antiberlusconiana.
Noi abbiamo fiducia nell'Europa, nella Corte europea dei diritti umani
di Strasburgo che saprà valutare come contro Silvio Berlusconi non si sia
celebrato un giusto processo, con la negazione dei diritti di difesa,
tranciando brutalmente e illegittimamente la possibilità stessa di presentare
testimoni decisivi per documentare l'innocenza di Berlusconi. Questa è la via
maestra, la via diritta. Che consentirà a Berlusconi di guidare il centrodestra
unito a contendere vittoriosamente il governo del Paese a una sinistra che
annuncia il sol dell'avvenire e prepara il disastro.
Berlusconi in campo, e ne vedremo delle belle. Siamo in viaggio come i
Magi. Presto arriviamo al traguardo. Ci guida la stella dei nostri ideali e
dei nostri affetti.
Il Mattinale – 06/01/2015
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Per saperne di più
Twitter ufficiale del Mattinale: @IlMattinale
Sito: www.ilmattinale.it
La grande speculazione
La guerra dei vent’anni
Per approfondire vedi il link
Per approfondire vedi il link
www.gruppopdlberlusconipresidente.it/?p=12567
www.gruppopdlberlusconipresidente.it/?p=12797
L’Osservatorio Renzi
Renzi-pensiero
Per approfondire vedi il link
Per approfondire
leggi le Slide 603
www.gruppopdlberlusconipresidente.it/?p=12659
Grillo-pensiero
www.gruppopdl-berlusconipresidente.it
Gli euroscetticismi
Per approfondire
leggi le Slide 122-190-351-358-359
-361-362-363
Per approfondire
vedi il link
http://www.gruppopdlberlusconipresidente.it/?p=18339
www.gruppopdlberlusconipresidente.it
Il Mattinale – 06/01/2015
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