Roma, 12 ottobre 2015 Dott. Angelo Marcello CARDANI Presidente Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni Oggetto: Istanza relativa a pratica commerciale ingannevole Ill.mo Garante, l’Aidepi – Associazione delle industrie del dolce e della pasta italiana - ha recentemente promosso una pubblicità, divulgata anche su diversi quotidiani nazionali, contenente informazioni sull’olio di palma che, a parere dello scrivente, tramite notizie parziali e distorte, ingannano l’intendimento del consumatore in modo da manipolarne scorrettamente l’opinione sulle proprietà di questo determinato prodotto. In particolare, la pubblicità riporta, tra le altre, le seguenti asserzioni, avverso le quali verte il presente esposto: “L’olio del frutto di palma è un prodotto di origine naturale”; [L’olio di palma] “ha un profilo di grassi simile a quello del burro e come dimostrato da numerosi studi scientifici non presenta alcun rischio per la salute, ed è un ottimo alimento, che può essere integrato tranquillamente in una dieta bilanciata”; “Con una produttività per ettaro dalle 5 alle 11 volte superiore a qualsiasi altro olio vegetale, è già di per se un bene per l’ambiente”; Che per tali ragioni “le grandi associazioni ambientaliste internazionali non promuovono il boicottaggio dei prodotti lavorati con olio del frutto di palma, ma supportano un acquisto di olio rispettoso delle foreste e delle comunità locali"; Che per le ragioni sopra esposte l’olio di palma “rispetta l'ambiente e la salute” Tali asserzioni evidenziano la manifesta volontà dell’Aidepi di fornire informazioni non completamente rispondenti al vero sull’olio di palma, tese a confondere il consumatore nella scelta dell’acquisto di prodotti alimentari che contengono tale sostanza, utilizzando in maniera ingannevole informazioni palesemente omissive e parziali, tali da suggestionare intenzionalmente il parametro di giudizio del potenziale consumatore. A differenza di quanto presupposto dall'Aidepi, sono innumerevoli le fonti che dimostrano come le proprietà dell’olio di palma sono già da tempo oggetto di ampi dibattiti che impegnano tutt'ora il mondo scientifico e quello delle associazioni ambientaliste e di settore. Tali studi mostrano gli effetti per la salute umana e sull’ ambientale dell’olio di palma, come riassunto di seguito: In merito agli effetti dell’olio di palma sulla salute umana: I frutti della palma, in quanto deteriorabili, vengono sterilizzati tramite il vapore, poi snocciolati, cotti, pressati e filtrati. Successivamente, la fase di lavorazione prevede un processo di raffinazione (deodorazione, decolorazione e neutralizzazione che riduce l'acidità dell'olio), alla fine del quale il prodotto assume un colore bianco giallino ricco di grassi saturi, molto utilizzato nell’industria alimentare, specialmente in quella dolciaria. Il fatto di scrivere “origine naturale” non è un segno distintivo specifico dell'olio di palma, perché tutti gli altri prodotti similari (burro, margarina, strutto, burro di arachidi, olio di mais, di oliva, di colza, di cotone, di ricino, di lino, di cocco, di noci, di canapa, di Jojoba, di girasole, di riso, di sesamo, di soia, di avocado, di mandorla, di nocciola, di argan,ecc) sono della medesima "origine naturale. Nell’olio di palma si trova una concentrazione molto alta di olio palmitico, circa il 44%, a cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) attribuisce effetti aterogeni ed ipercolesterolemizzanti che aumentano il rischio cardiovascolare. Allo stesso modo, il Center for Science in the Public Interest (CSPI) ha confermato che l'olio di palma aumenta i fattori di rischio cardiovascolare, poiché l’acido palmitico è uno dei grassi saturi che più aumenta il rischio di coronaropatie. Anche l'associazione no-profit americana American Heart Association ha confermato le conclusioni degli studi succitati, affermando che l'olio di palma è tra i grassi saturi quello di cui si consiglia maggiormente di limitarne l'uso per le persone che devono ridurre il livello di colesterolo. Sul fronte italiano, uno studio condotto dal professore Francesco Giorgino e dal suo gruppo di ricerca dell'Università di Bari, con la collaborazione delle Università di Pisa e di Padova e pubblicato recentemente sulla famosa rivista medica Diabetologia, ha valutato gli effetti dell’acido palmitico sulla proteina «p66shc» che è all’origine del diabete alimentare. In pratica, il metabolismo dell’olio in questione attiva la proteina p66Shc (la cui espressione è stimolata proprio dall’acido palmitico) che va a distruggere le cellule beta degli isolotti del Langherans nel pancreas dove viene sintetizzata l’insulina, l’importantissimo ormone che tiene sotto controllo la glicemia. Con la loro distruzione insorge la forma di diabete mellito insulino-dipendente. Il danno è irreversibile. Lo stesso Prof. Giorgino ha dichiarato che l’acido palmitico “[…] agisce promuovendo la formazione di specie reattive dell’ossigeno che sono in grado di danneggiare e uccidere le cellule, promuove l’iperglicemia nel diabete e un aumento della produzione dei fattori coinvolti nell’infiammazione”. Sul fronte europeo, è degno di nota il fatto che, a causa dell' invasione dell'olio di palma nei prodotti alimentari, l’Agenzia francese per la sicurezza alimentare ha pubblicato un dossier sul problema dei grassi saturi, ripreso nel 2013 dal Consiglio superiore della salute del Belgio, nel cui testo c'è scritto “il consumo eccessivo può avere effetti negativi sulla salute e aumentare il rischio cardiovascolari” e invita i consumatori a preferire i prodotti che contengano pochi acidi grassi saturi aterogeni (ossia quelli contenuti nell’olio di palma in percentuali elevate). CONCLUSIONI: Tali studi, anche se non esauriscono la vasta letteratura scientifica su questa tematica, rivelano un’elevata, quanto probabile, percentuale di rischio sulla salute umana causata dalla regolare assunzione di alimenti che contengono olio di palma, che non possono consentire all’AIDEPI di affermare nella pubblicità da loro promossa, che l’olio di palma “non presenta rischi per la salute”. Si tratta, quindi, di un comportamento ingannatorio da parte dell’AIDEPI e delle aziende ad essa associate che, anteponendo l’interesse commerciale, tentano volontariamente di trarre in inganno l’ignaro consumatore, mettendone a rischio la salute. In merito alla certificazione sostenibile dell’olio di palma La certificazione di “olio di palma sostenibile” è conferita dal RSPO, Roundtable on Sustainable Palm Oil, un organismo fondato nel 2004 che dovrebbe garantire che i produttori di olio di palma rispettino dei “criteri minimi” nella coltivazione delle piantagioni. Questo proprio per tamponare le aspre critiche provenienti dalle associazioni ambientaliste di tutto il mondo e dall’opinione pubblica per ciò che concerne il problema delle deforestazione delle foreste della Malesia e dell’Indonesia. Tuttavia, il fatto che il processo decisionale per il rilascio della certificazione di sostenibilità sia controllato dalle stesse multinazionali che producono e rivendono l’olio di palma, non permette di considerare questo Ente come organo garante e indipendente nelle decisioni che è chiamato a prendere. Per questo le più rilevanti Associazioni nazionali e internazionali, nonché diversi studi scientifici, negli ultimi anni hanno messo in discussione il parametro della “sostenibilità dell’olio di palma” che, allo stato attuale, non può essere considerato attendibile. Va citato al riguardo un rapporto di Greenpeace del 2013 secondo cui la certificazione RSPO è una “farsa” poiché, si legge nel report, “la RSPO si vanta di annoverare tra i propri membri i leader della sostenibilità nel settore dell'olio di palma ma gli standard della propria certificazione lasciano gli stessi membri liberi di distruggere le foreste, drenare le torbiere e appiccare incendi dolosi”. CONCLUSIONI: Anche in questo caso l’AIDEPI, dichiarando al consumatore che le aziende che rappresenta sono impegnate ad acquistare olio di palma sostenibile, lascia intendere all’ignaro consumatore che la certificazione di sostenibilità ambientale significhi che la coltura di questa pianta possa avvenire in modo sostenibile e non abbia un impatto né sulla deforestazione di quelle zone del mondo, né sulla scomparsa di una vasta gamma di biodiversità presenti solo in quei territori. In merito alla dichiarazione secondo cui l’olio di palma è rispettoso delle foreste e delle comunità locali Da quanto si apprende dai risultati del Global Forest Watch del 2015, invece, l’80% della deforestazione nel mondo è attribuita all’impatto del sistema agricolo e, in questo senso, si stima che in Malesia e Indonesia il 90% delle coltivazioni siano riservate all’olio di palma. Nel 2007 lo United Nations Environment Programme (UNEP) ha decretato, infatti, la coltivazione dell’olio di palma come la causa principale di distruzione delle foreste pluviali. Le piantagioni in questione, infatti, vengono sfruttate per 4/5 anni sino a quando il suolo, rimasto povero di sostanze organiche e minerali, non è più in grado di sostenere la coltura e viene abbandonato. Si stima che entro il 2020, le foreste indonesiane saranno definitivamente distrutte e con loro andranno perduti anche tutti quei servizi eco-sistemici cruciali per la sopravvivenza delle popolazioni locali e della stessa biodiversità. Le ripercussioni anche a livello di cambiamenti climatici sono notevoli, con un incremento globale di emissioni di CO2 rilasciate nell’atmosfera. Le stime indicano che le emissioni causate dalla deforestazione in Indonesia siano attorno ai 200 milioni di tonnellate di carbonio ogni anno, ma secondo altre fonti potrebbero raggiungere i 400 milioni di tonnellate. Negli ultimi anni molti Enti e Associazioni hanno denunciato la scomparsa di centinaia di specie. Oranghi, tigri, rinoceronti, elefanti, oltre 1.500 specie di uccelli e migliaia di specie vegetali sono a rischio estinzione, poiché per impiantare le piantagioni di olio di palma il loro habitat naturale viene distrutto. Allo stesso modo, è risaputo che alle comunità indigene impiegate nelle piantagioni di olio di palma non sono garantiti i diritti umani e le garanzie lavorative riconosciute nei Paesi Occidentali. Diverse sono state le denunce internazionali riguardo all’impiego di lavoro minorile, di manovalanza a basso costo, dell’assenza di misure di sicurezza per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. L’industria malese dell’olio di palma è stata denunciata dal Dipartimento del lavoro degli Stati Uniti per l’utilizzo di lavoro minorile e lavoro forzato. Si stima l’impiego di circa 168 milioni di bambini e di 21 milioni di lavoratori forzati (la cifra si intende comprensiva anche per altri settori commerciali) che portano sul mercato globale prodotti di consumo quotidiano. Le piantagioni di olio di palma di Malesia ed Indonesia sono la prima causa della inesorabile deforestazione di questi territori. Negli ultimi anni le associazioni ambientaliste e animaliste, e il mondo scientifico, anche con il supporto dei media, stanno facendo conoscere al mondo la tragedia patita dai grandi mammiferi che vivono in quelle zone, (soprattutto oranghi, tigri ed elefanti), che a causa delle piantagioni di olio di palma sono diventate specie a rischio di estinzione. Si tratta di un processo senza ritorno che sta trasformando uno dei luoghi più affascinanti e ricchi di vita di questo Pianeta in un territorio desolato dove non crescerà più nulla per molti decenni, con ripercussioni sui cambiamenti climatici di cui nei prossimi anni tutti saremo testimoni. L’AIDEPI non può, pertanto, in alcun modo dichiarare che le piantagioni di olio di palma siano un bene per l’ambiente, quando i danni causati da queste sono inconfutabili. Il fatto che ci siano coltivazioni di altri oli che impattano in maniera negativa sull’ambiente naturale, non può diventare un vanto e una discolpa Tutto ciò premesso Chiedo all’Ill.ma Autorità Garante: - di accogliere la presente istanza, inibire la continuazione della pubblicità ingannevole da parte dell’Aidepi e diffidarla ad interrompere le iniziative pubblicitarie similari già in essere; - di disporre la pubblicazione della pronuncia e di apposita dichiarazione rettificativa a - carico dell’operatore pubblicitario; di irrogare, tenuto conto della gravità e della durata della violazione, le sanzioni pecuniarie prevista ai sensi dell’art. 27 del d.lgs. n. 206/2005.