Il valore dei soldi Educare i giovani alla finanza e alle scelte di risparmio consapevoli Percorso formativo sperimentale di educazione economico-finanziaria Novembre 2010 2 Il valore dei soldi Durata: 1 ora. Obiettivo formativo. Il modulo formativo ha come obiettivo la comprensione di: come funzionano i soldi; i sistemi di registrazione del valore di soldi. Contenuti di massima. I concetti di: moneta, prezzo nominale, prezzo relativo, prezzo reale. Che cosa sono i prezzi? Il valore delle cose che ci circondano dipende da molte variabili: dal costo di produzione del dato oggetto e dal contesto economico (brand, luogo di produzione, ecc.). I prezzi permettono di misurare oggetti diversi, sono cioè un metro di misura delle cose, la variabile che permette di misurare oggetti differenti fra loro. Sono una tra le caratteristiche più importanti di un oggetto e, nel comportamento economico, un indicatore del valore di un oggetto o di un servizio. Prezzo: è il valore economico di un bene o servizio espresso in moneta corrente in un dato tempo. Varia in base a modificazioni della domanda e offerta. Compriamo un IPhone: è di un certo colore, peso, qualità, ha una certa memoria (mb gb), ed anche di un certo prezzo, e cioè la quantità di soldi spesi per acquistarlo. Insomma, l’IPhone è un insieme di promesse, di caratteristiche, che corrispondono alle nostre attese ed esigenze a fronte di una certa spesa. Anche il prezzo diventa una delle caratteristiche “stabili” dell’IPhone, come le sue funzioni, gli Up a disposizione, i colori, ecc. Soprattutto se lo desideriamo da tanto e sono mesi che cerchiamo di risparmiare per potercelo compare, mentre tutti i nostri amici ne hanno uno, e impariamo a memoria il costo di quel prodotto. Prezzo nominale: sono i prezzi che tutti noi usiamo di solito, con il loro nome, cioè quelli contenuti nell’etichetta numerica esposta sugli oggetti nei negozi o altrove e sulla base dei quali possiamo acquistare un bene. Sono prezzi che non tengono conto né dell’inflazione né del variare di valore di un bene rispetto ad un altro. Sono prezzi locali, in quanto non permettono il confronto fra valori in tempi e spazi diversi. Messe così le cose, tutti noi per misurare il valore delle cose che ci circondano usiamo spontaneamente i prezzi nominali, cioè i soldi che effettivamente spendiamo per comprare un oggetto, un auto, un cellulare, il biglietto del cinema. Organizzare il mondo in oggetti e azioni facilmente individuabili e denominabili, grazie a delle caratteristiche che si ripetono e che sono riconoscibili, è un grande vantaggio. Permette di dare senso e struttura a un flusso di esperienze altrimenti caotico. Rende Educare i giovani alla finanza e alle scelte di risparmio consapevoli. Percorso formativo sperimentale di educazione economico-finanziaria 3 Il valore dei soldi agevole, inoltre, la comprensione e la trasmissione d’informazioni circa il valore delle cose. Usare i soldi tramite i prezzi nominali presenta un grande vantaggio cognitivo perché non implica calcoli complessi. Non usiamo mai e ci appare particolarmente difficoltoso, infatti, usare i prezzi relativi, cioè quanto vale qualcosa nei termini di quel che vale qualcos’altro, ovvero quanto vale un IPhone rispetto alla nostra paghetta settimanale, al viaggio che abbiamo fatto la scorsa estate, ad un aperitivo con gli amici, allo stipendi dei nostri genitori? Prezzo relativo: sono i prezzi di un bene in confronto al prezzo di un altro bene, come in un’economia di baratto senza soldi. Potreste, per esempio, misurare il valore di tutti i beni rispetto a quello di un taglio di capelli, di un chilo di pane, di un’auto. Ovviamente il sistema di riferimento incide sui valori perché alcune cose diventano più economiche o care di altre nel tempo (le tariffe telefoniche sono sempre più basse, le auto costano sempre di più). I prezzi relativi permettono il confronto tra tempi e spazi diversi. Ragionare in termini di prezzi relativi, ovvero confrontare, prima di fare una scelta, i prezzi delle cose permette di allocare le nostre risorse (e reddito) in maniera più efficiente. Permette, in particolar modo, di modificare le nostre scelte sulla base di un preciso bisogno a seconda del prezzo dell’oggetto, come decidere se fare un abbonamento a teatro o al cinema, a parità di passione verso le due forme d’arte, per occupare il proprio tempo libero. Negli anni Settanta, un professore universitario qualsiasi che insegnava fuori città poteva tranquillamente alloggiare un intero mese in albergo senza che questo pesasse troppo sul suo stipendio mensile. Ad oggi lo stipendio di un professore non è sufficiente neppure a coprire un soggiorno della durata di un mese. Indice dei prezzi al consumo: misura statistica formata dalla media dei prezzi, ponderati per mezzo di uno specifico paniere di beni e servizi. Tale paniere di beni e servizi viene scelto tenendo conto delle abitudini di acquisto di un consumatore medio. Nel 2010 comprendeva, ad esempio, alcune novità: le Colf, gli smartphone e i voli low-cost. Ciò è accaduto perché negli anni ‘70, il costo della vita ha cominciato a crescere, il costo degli alberghi è salito più rapidamente dell’indice medio dei prezzi al consumo calcolato dall’ISTAT, mentre lo stipendio di un professore pur essendo aumentato, è cresciuto meno. Lo stipendio di un professore universitario, dunque, in mezzo secolo, si è più che decimato, se si addotta come criterio il prezzo di una camera di un albergo. Educare i giovani alla finanza e alle scelte di risparmio consapevoli. Percorso formativo sperimentale di educazione economico-finanziaria 4 Il valore dei soldi E’ chiaro, dunque, che se confrontiamo i prezzi nominali notiamo che le camere di albergo aumentano di prezzo, ma aumenta di prezzo anche lo stipendio del professore. Eppure, ragionando in termini di prezzi nominali, non percepiamo che il crescere dei due beni è differente. che costa ricomprare un’altra bottiglia uguale, così da sostituire quella appena bevuta. I commensali cioè, hanno speso 60 euro, quel che costa oggi, nel 2010, comprare una bottiglia uguale. Lo champagne è, infatti, diventato negli ultimi vent’anni più costoso rispetto all’indice dei prezzi al Consideriamo il costo di un chilo di pasta in due località e in due epoche diverse. A Milano, nel 1950, un chilo di pasta valeva in media 177 lire. A Palermo, il costo della vita è sempre stato più basso. La pasta allora valeva 127 lire al chilo. Nel 1978, il costo di un chilo di pasta a Milano era diventato di 655 lire e a Palermo di 515. Il rapporto tra Milano e Palermo, che nel 1950 era di 1,40 a sfavore di Milano, dove tutto era più caro, si era ridotto a 1,27. Di conseguenza, nel 1978, sarebbe stato sempre più conveniente comprare la pasta a Palermo, rispetto a Milano, ma la differenza tra le due città si era ridotta rispetto al 1950. Consideriamo il costo di un servizio quello del barbiere in due località e in due epoche diverse. Il barbiere “medio” costava nel 1950 a Milano 164 lire e a Palermo 95 lire, per passare, nel 1978, rispettivamente a 3.038 lire e a 1.400 lire. In questo caso le cose non funzionano come con la pasta. La differenza Nord-Sud, invece di diminuire, è aumentata: nel 1950 era di 1,72, nel 1978 era diventata di 2,17. Riassumendo, tra il 1950 e il 1978, la forbice dei prezzi si allarga per il taglio dei capelli e si restringe per la pasta. Per comprendere meglio quanto detto, poniamo che vostra sorella e suo marito, in occasione del loro matrimonio, avvenuto dieci prima, abbiano comprato per 300 euro una cassa di 10 bottiglie di champagne di marca, ripromettendosi di festeggiare gli anniversari del matrimonio insieme alla propria famiglia. Giunti al 10° anniversario vi invitano a cena con la vostra fidanzata e vi offrono una bottiglia. Se l’avevano pagata 30 euro, quanti sono soldi avete speso bevendo la bottiglia? La risposta corretta è il prezzo di sostituzione della bottiglia, cioè quel consumo, ovvero rispetto alla media dei prezzi dei beni e servizi che compongono il famoso paniere dell’ISTAT. Ciò ci porta a ragionare sulle relazioni esistenti tra prezzi nominali, reali (depurati dall’inflazione) e relativi. L’intreccio diventa un po’ perverso su lunghi intervalli temporali perché siamo costretti ad abbandonare il porto sicuro dei prezzi nominali e questo ci confonde le idee. Tanto per cominciare, i beni e i servizi acquistati, nel corso della vita quotidiana di una persona normale, sono una miriade. Per calcolare e ricordare i prezzi relativi degli uni rispetto agli altri, dovremmo avere una Educare i giovani alla finanza e alle scelte di risparmio consapevoli. Percorso formativo sperimentale di educazione economico-finanziaria 5 Il valore dei soldi sovra-umana capacità di calcolo e un’enorme memoria (per un computer è facilissimo). In realtà, il modo più ovvio di indicare il valore, una volta adottata una moneta, è servirsi dei prezzi nominali. D’altronde lo stesso avviene con le dimensioni, il peso, e tutte le altre variabili che ci permettono di classificare e misurare il mondo. Abbiamo inventato per questo e condividiamo dei sistemi di misura: i metri, i chili, i litri, e così via. Il baratto in se non permetteva, infatti, di dare un valore condiviso per tutti ai beni, mentre i prezzi nominali svolgono bene questa funzione di “creazione di valore” socialmente condivisa. La comodità dei prezzi nominali è rafforzata dal fatto che ad essi è facilmente associabile la scala dei prezzi: se un parrucchiere chiede per un taglio 20 euro e un altro barbiere 15, il primo costa 5 euro in più del secondo. Applicare le semplici operazioni aritmetiche, confrontando i prezzi nominali, ci permette tutti i giorni di fare bilanci delle entrate e delle uscite, di comparare i costi, di abbassare il costo della nostra vita, che non è altro che il prezzo medio di un dato paniere di beni e servizi che acquistiamo in un dato periodo di tempo. Ad esempio, nei saldi post-natalizi, si può andare a vedere se si tratta di Costo della vita: il prezzo medio di un dato paniere di beni e servizi acquistato, di solito, dal consumatore medio, in un dato periodo di tempo. promozioni vere e proprie. O se, al contrario, lo sconto del 30% viene applicato a degli oggetti che erano stati in precedenza aumentati del 30% rispetto ai prezzi normali. Spesso i negozianti scelgono una via di mezzo. Dicono che lo sconto è del 30% ma, confrontando i prezzi prima e dopo i saldi, spesso vi accorgete che mediamente lo sconto vero si aggira intorno al 10%, perché hanno aumentato i prezzi del 20% prima dei saldi. La maggioranza delle persone non si accorge del trucco dei negozianti anche se basterebbe comparare il prezzo nominale precedente ai saldi del bene e quello indicato durante i saldi. Le persone spontaneamente ritengono che un bene continui a valere quel che è stato pagato, ovvero 30 euro per la bottiglia e, in certo qual modo, che il prezzo gli resti “appiccicato addosso”. Questo modo di fare ovvio e intuitivo nasconde, quando si ha a che fare con i soldi, e non con il peso o la grandezza degli oggetti, dei problemi, delle insidie di cui è bene essere consapevoli, come abbiamo visto per il prezzo della bottiglia dopo 10 anni. Educare i giovani alla finanza e alle scelte di risparmio consapevoli. Percorso formativo sperimentale di educazione economico-finanziaria