SPECIALE ARANCE DELLA SALUTE
Mediterraneo
benefico
La salute a tavola
In collaborazione con:
Arance rosse
È ormai noto a tutti che le arance racchiudono un grande patrimonio di antiossidanti. Sono ricche,
innanzitutto, di vitamina C, che sembra avere un ruolo anche nel rafforzare le difese immunitarie.
Questa preziosa vitamina, inoltre, protegge il sistema cardiovascolare e ha proprietà antinfiammatorie. L’arancia rossa di Sicilia, in particolare, contiene circa il 40 per cento in più di
vitamina C rispetto agli altri agrumi e contiene gli antociani, pigmenti naturali dagli
straordinari poteri antiossidanti. È quindi la più adatta nella prevenzione oncologica.
L’arancia fresca è ricca anche di vitamine A, B e PP e di flavonone, l’elemento maggiormente protettivo soprattutto nei confronti del tumore allo stomaco.
Ma qual è il segreto delle “rosse” di Sicilia? La terra, il sole e la passione. Frutto dell’incontro tra uno straordinario microclima e la fertile terra vulcanica, questo frutto è
caratterizzato anche dall’IGP - Indicazione geografica protetta, che coinvolge un
territorio di 32 comuni, distribuiti tra le province di Catania, Siracusa ed Enna.
La caratteristica colorazione brillante della polpa, del succo e della buccia la rende facilmente
riconoscibile e ben dimostra le sue qualità protettive per la salute.
Le varietà Moro, Tarocco e Sanguinello sono coltivate in aziende agricole che applicano sistemi
colturali a basso impatto ambientale in cui l’uso di concimi, antiparassitari ed erbicidi è ridotto al
minimo, mentre sono impiegate preferibilmente sostanze di origine naturale per la nutrizione delle
piante e la difesa dai parassiti.
I frutti appena colti e privi di residui chimici sono semplicemente lavati con acqua potabile,
spazzolati e asciugati. Non sono impiegati né conservanti né prodotti cosmetici. E soprattutto il loro
viaggio verso le piazze di tutta Italia inizia subito.
È come se i soci AIRC cogliessero direttamente le arance dalla pianta!
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Lo chef
I consigli della scienza e la fantasia dell’alta cucina si incontrano in questa pubblicazione, per salvaguardare la nostra salute: le indicazioni degli scienziati e la
maestria degli chef ci guidano, lungo le pagine di questa guida, nella
prevenzione delle malattie dell’invecchiamento, e in primo luogo del cancro,
grazie a un’alimentazione sana ma gustosa. Leggerete infatti tutto ciò che gli
studi epidemiologici hanno permesso di capire circa l’effetto degli alimenti
sulla genesi del cancro. Si tratta di un legame tutt’altro che labile, visto
che circa tre tumori su dieci sono prevenibili tramite il controllo di
ciò che mettiamo nel piatto. Moreno Cedroni, uno degli chef più noti
d’Italia, ha sviluppato per AIRC alcune ricette che rispecchiano le
indicazioni più condivise sulla relazione tra cancro e alimenti. Il
suo ristorante in provincia di Ancona è un tempio della
cucina basata sulle caratteristiche del territorio. La
sua tavola prevede prevalentemente piatti a
base di pesce e vegetali, due dei fondamenti
della dieta anticancro che ritroviamo nelle ricette,
realizzate in collaborazione con La Cucina Italiana, e
proposte alla fine di questa guida. Guarda la video intervista su www.arancedellasalute.it/cucinaresano.
In queste pagine c’è anche una seconda protagonista: la dieta mediterranea. Un patrimonio antico di cui dovremmo andare fieri, le cui
proprietà preventive sono dimostrate in numerosi studi scientifici. Attenzione, però: oggigiorno la nostra tavola sta perdendo molte
delle caratteristiche che ne facevano un baluardo del gusto e della
salute. Le materie prime che utilizziamo sono sempre più
lavorate e raffinate, e quindi meno genuine, e il consumo di
verdura e frutta si va riducendo. Ricordiamocelo mentre apriamo
la reticella delle arance di Sicilia che, come ogni anno, è utile a combattere il cancro su due fronti: portando sulle nostre tavole un alimento
sano e contribuendo all’avanzamento della ricerca oncologica.
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I cibi
Può sembrare strano, ma la tanto pubblicizzata dieta mediterranea, quella che tutti noi dovremmo
seguire per stare meglio e prevenire le malattie, sta scomparendo proprio dai paesi mediterranei, dal
nostro Meridione, dalla Grecia, dalla Spagna, e anche dal Medio Oriente e dal Nord Africa.
È a un americano, il medico militare Ancel Keys, che dobbiamo la definizione di “dieta mediterranea” e l’ipotesi del suo ruolo protettivo nei confronti delle malattie. Nel 1945 Keys, giunto a Salerno
con l’armata americana, era stato colpito dalla rarità degli infarti cardiaci, che invece avevano già
un’incidenza molto alta negli Stati Uniti. Visitò poi altri Paesi, fra cui Creta, in Grecia, dove gli anziani
avevano un tasso di malattie cardiovascolari decisamente inferiore a quello dei coetanei statunitensi.
La dimostrazione scientifica della superiorità della dieta mediterranea si deve al suo grande studio
osservazionale, il Seven Countries Study, iniziato nel 1958 e terminato nel 1964, che osservò
abitudini e malattie di quasi 13.000 uomini tra i 40 e i 60 anni provenienti da Paesi con tradizioni
alimentari molto diverse.
Nei primi anni Novanta un medico della scuola di salute pubblica dell’Università di Harvard, negli
Stati Uniti, Walter Willett, insieme a esperti italiani e greci, ha cercato di codificare le caratteristiche
dell’alimentazione seguita da tempo immemorabile dai popoli del Mediterraneo nella cosiddetta
piramide alimentare mediterranea, una rappresentazione grafica
degli alimenti che compongono la dieta stessa, con cereali
integrali, pasta, legumi, semi oleaginosi, verdure, olio
di oliva, un moderato consumo di vino, e
frutta come dessert, occasionalmente
pesce e latticini, raramente carni.
Willett ha poi dimostrato
che adottando una die-
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ta di tipo mediterraneo, non fumando, e praticando quotidianamente
attività fisica si potrebbero prevenire l’80% degli infarti, il 70% degli
ictus cerebrali, e il 90% dei casi di diabete. Studi successivi hanno aggiunto a
questa lista anche il 30% dei casi di cancro.
Se inizialmente i benefici riscontrati dagli abitanti del Sud Europa sono stati attribuiti anche a fattori
genetici, studi successivi hanno dimostrato che i geni contano poco: col passare degli anni, infatti,
anche gli abitanti di Creta hanno modificato in peggio le proprie abitudini alimentari, e il tasso di
malattie cardiovascolari e di tumori è salito di conseguenza.
Che cosa rende la dieta mediterranea così speciale? La discussione è ancora aperta, ma la maggior
parte degli esperti concorda su alcuni punti: è ricca di vegetali, ricca di acidi grassi monoinsaturi
(per via dell’olio d’oliva), relativamente povera di proteine animali (e tra queste privilegia comunque quelle provenienti dal pesce), ricca di cereali e legumi. Inoltre il consumo di vino rosso apporta
una quota di flavonoidi, antiossidanti e antinfiammatori naturali che aiutano soprattutto nella
prevenzione delle malattie cardiovascolari. Ci sono sempre più prove che la dieta mediterranea sia
protettiva anche nei confronti dei tumori, in particolare di quelli dell’apparato digerente e della
mammella. Negli ultimi 10 anni gli studi epidemiologici su dieta e cancro, piuttosto che considerare
isolatamente il ruolo di singoli alimenti o nutrienti, hanno cominciato a considerare lo stile alimentare nel suo complesso. In Italia un potente effetto protettivo nei confronti dei tumori dell’intestino
è stato riscontrato anche nel grande studio EPIC, finanziato da AIRC, che segue nel tempo ben
50.000 persone.
I protagonisti
L’olio d’oliva
È il cuore della dieta mediterranea, e ne determina il sapore. È il
grasso più utilizzato e ciò è un bene: è ricco di acidi grassi monoinsaturi, che non fanno aumentare il colesterolo, e di polifenoli,
sostanze che oltre ad avere caratteristiche antiossidanti, stimolano
l’espressione di geni che ci proteggono dal cancro. L’olio di oliva non
è importante solo per le sue proprietà intrinseche,
ma anche perché sostituisce altri grassi molto usati
nelle cucine non mediterranee, come quelli di origine animale (strutto o burro) o provenienti da olii
vegetali di qualità inferiore. Non dimentichiamoci,
però, che resta pur sempre un grasso e che tutti i grassi,
indipendentemente da altre caratteristiche nutrizionali, hanno
lo stesso apporto calorico. Meno olio si usa in cucina, più leggero sarà
il risultato.
I cereali integrali
I cereali e le farine integrali hanno lo stesso contenuto in calorie di quelli
raffinati. Perché dovremmo quindi privilegiarli? Le ragioni sono due.
Innanzitutto sono più ricchi di fibre, che hanno un effetto protettivo
sullo sviluppo del cancro del colon e limitano l’assorbimento dei
grassi a livello del tratto digestivo. Inoltre hanno un più basso indice
glicemico rispetto ai loro corrispettivi raffinati: ciò significa che, a
parità di quantità consumata, provocano un minor rilascio di insulina,
l’ormone che consente il consumo e lo stoccaggio del glucosio. E poiché
l’insulina è coinvolta, come vedremo più avanti, nella creazione di un
microambiente cellulare favorevole allo sviluppo dei tumori, è meglio
privilegiare il cibo con basso indice glicemico. I cereali integrali, inoltre, contengono numerose sostanze protettive,
fra cui in particolare polifenoli ad azione antinfiammatoria, che si perdono nella raffinazione.
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Frutta e verdura
Considerate per anni il caposaldo della dieta anticancro, la frutta
e la verdura sono apparse ridimensionate, nel loro ruolo
protettivo, dagli studi più recenti. Ciò è dovuto al fatto che
contribuiscono a ridurre il rischio di ammalarsi specialmente
in determinati tumori ma non in altri. Se si considera quindi
il tasso di tumori in generale, si nota un effetto modesto
della dieta ricca di vegetali. Nello scegliere i vegetali, però,
bisogna tenere d’occhio anche altri fattori: innanzitutto saziano con poche calorie, quindi contribuiscono alla riduzione
del rischio anche attraverso il meccanismo della limitazione
calorica; sono ricchi di fibre e protettivi per il sistema gastroenterico; sono protettivi anche nei confronti di altre patologie,
come quelle cardiovascolari. Si consiglia di mangiare tutte le verdure, rispettandone la stagionalità. Di alcune è nota una particolare
attività anticancro, per esempio la famiglia dei cavolfiori, broccoli e rape
per via del contenuto elevato in glucosinolati, molecole efficaci contro la
replicazione delle cellule cancerose, o i pomodori, che diminuirebbero il rischio di
cancro della prostata (ma solo se sono cotti: ecco perché la tipica salsa al pomodoro, presente in
tutta la cucina mediterranea, è considerata una preziosa alleata per la salute).
Agrumi
Niente rappresenta il Mediterraneo meglio degli agrumi: arance, limoni e mandarini sono ricchi
di sostanze antiossidanti e antinfiammatorie. Un’altra proprietà importante degli agrumi in
chiave anticancro è la capacità di innalzare il livello del citocromo 450, un enzima che contribuisce
all’eliminazione delle sostanze nocive assorbite attraverso il sistema digerente. Questa è la ragione
per cui si sconsiglia di assumere agrumi insieme a farmaci, perché potrebbero contrastarne l’azione.
Seguiamo quindi le buone vecchie abitudini: un succo d’arancia la mattina e un frutto dopo pranzo
potenziano le proprietà protettive degli altri cibi. Ma come tutte le cose che fanno bene, non
bisogna esagerare. La varietà è più importante della quantità.
Le proteine
I Paesi che si affacciano sul mare non potevano che fare del pesce la loro fonte primaria di proteine
di origine animale. È probabilmente uno dei motivi per cui la dieta mediterranea è tanto salutare.
I pesci contengono infatti grandi quantità di acidi grassi omega-3, dalle note proprietà antinfiammatorie, verosimilmente protettive nei confronti del cancro e delle malattie cardiovascolari. Nella
dieta mediterranea le proteine però provengono da fonte vegetale: sono contenute soprattutto nei
legumi, vere star della cucina contadina, oggi nobilitati anche dalle ricette di grandi chef.
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La dieta mediterranea
Le abitudini alimentari degli italiani di oggi non sono
più quelle dei loro nonni. Gli studi sui benefici della dieta mediterranea sono stati condotti su popolazioni che
seguivano regole diverse da quelle odierne. Vediamo
nel dettaglio cosa è cambiato, cosa è peggiorato e cosa
è migliorato.
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calorie
i nostri nonni mangiavano meno di noi, in propor- mangiamo decisamente troppo in relazione a
zione. Chi faceva pasti molto calorici era anche chi quanto consumiamo. La nostra vita lavorativa è,
svolgeva attività lavorative fisicamente impegna- il più delle volte, sedentaria. È aumentato molto
tive. La maggior parte delle calorie proveniva da l’apporto calorico di origine proteica. Abbondano
carboidrati. anche i grassi, specie di origine animale.
fibre
frutta e verdura venivano un tempo consumate la maggior parte dei cibi che consumiamo è
con la buccia. I cereali erano spesso integrali e lo povera di fibre. Sbucciamo la frutta per via dell’uso
zucchero era poco consumato. Il pane, alla base di pesticidi. Usiamo pochi cereali e quelli che
dell’alimentazione quotidiana, veniva prodotto con consumiamo sono raffinati, così come lo zucchero,
farina integrale. il cui consumo è molto aumentato. Raramente
consumiamo pasta e pane integrali.
frutta e verdura
la disponibilità di frutta e verdura era molto varia- abbiamo a disposizione frutta e verdura tutto
bile in base al luogo di residenza e alla stagione. Gli l’anno e non mancano le varietà. Malgrado ciò, saabitanti del Nord Italia hanno sofferto per secoli di rebbe opportuno imparare a privilegiare i prodotti
sindromi da carenze vitaminiche legate alla scar- di stagione, perché più ricchi di nutrienti, e quelli
sità di prodotti vegetali freschi. Le popolazioni del coltivati senza pesticidi.
Centro e del Sud hanno potuto contare per secoli su
un’agricoltura molto ricca.
proteine
la carne e il pesce erano un lusso riservato ai giorni consumiamo carne e prodotti di origine animale
di festa. I formaggi e lo yogurt erano disponibili, quasi ogni giorno. Le porzioni di carne sono
ma in quantità modesta. La maggior parte delle spesso abbondanti. Il latte è presente in gran
proteine proveniva dai legumi. quantità anche nell’alimentazione adulta. Spesso
combiniamo carne e formaggi nello stesso pasto,
raddoppiando l’apporto di proteine.
conservazione
le carni, i formaggi e persino i cereali venivano la conservazione corretta dei cibi è garantita lungo
conservati in modo sommario. Il latte non veniva tutta la catena di produzione e distribuzione
pastorizzato. Ciò favoriva la diffusione di infezioni e degli alimenti. Ciò ha consentito di limitare le
la formazione di sostanze tossiche e cancerogene. tossinfezioni alimentari. La legislazione e le nuove
La salagione (conservazione delle carni e del pesce tecniche di conservazione hanno consentito di
sotto sale contenente nitriti) era una pratica molto ridurre la quantità di nitriti nei salumi.
diffusa e certamente nociva, verosimilmente la
causa principale del cancro dello stomaco, un
tempo molto più frequente di oggi.
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I metodi
Non basta tenere d’occhio gli ingredienti: conta molto anche come vengono cucinati.
Più alta è la temperatura raggiunta in cottura, maggiore è la quantità di sostanze nocive che si formano all’interno dei cibi, soprattutto nella cottura delle carni (meglio non mangiare abitualmente
hamburger), ma anche in quella degli amidi (meglio evitare le patatine). La cottura alla piastra o in
padella è quindi la peggiore, perché facilmente supera i 250 °C.
La preparazione di un arrosto, invece, raggiunge i 200-230 °C, mentre la bollitura o la cottura
al vapore si fermano a 100 °C. Una cottura al forno si
aggira in genere intorno ai 180-200 °C. Nella frittura
la temperatura varia tra 160 e 180 °C, ma in questo
caso quello che conta è anche la tipologia di olio
utilizzata, perché alcuni olii vegetali producono
facilmente sostanze tossiche. L’olio d’oliva
è noto per reggere bene la frittura, anche
se il suo sapore intenso lo rende poco indicato in alcune preparazioni. L’olio di sesamo e,
in seconda battuta, quello di arachide sono i più
adatti a friggere. La frittura dovrebbe comunque
essere limitata alle occasioni speciali.
Ciò non significa che si debba mangiare tutto bollito
o al vapore: l’importante è alternare le cotture, sapendo però che certi alimenti è meglio cuocerli poco. Ne
guadagna anche il sapore, che non viene alterato dal
calore, specie per quanto riguarda le preparazioni a base
di vegetali.
In Italia si tende a consumare la verdura troppo cotta:
una buona abitudine da importare dalle cucine asiatiche è
quella di consumare le verdure al dente, appena sbollentate o
passate al vapore, ed eventualmente ripassate rapidamente nel
condimento desiderato.
Infine oltre alla temperatura raggiunta conta anche il tempo totale di
cottura: i brodi e i concentrati, i brasati e, in generale, le cotture molto
lunghe andrebbero limitate a favore di quelle più rapide.
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I 10 comandamenti
Nel 2007 il World Cancer Research Fund ha radunato i massimi esperti mondiali sul tema alimentazione e cancro e ha chiesto loro di verificare quello
che la ricerca scientifica può affermare con certezza circa i comportamenti
virtuosi da mantenere per evitare di ammalarsi.
Ne è nato il decalogo che segue, che viene regolarmente aggiornato (ulteriori
informazioni sono disponibili sul sito www.dietandcancerreport.org)
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Mantenersi snelli per tutta la vita. Per sapere se il proprio peso è in un
intervallo accettabile è utile calcolare l’indice di massa corporea (IMC = peso
in kg diviso per l’altezza in metri elevata al quadrato; una persona che pesa
70 kg ed è alta 1,74 m ha un IMC = 70 / (1,74 x 1,74) = 23,1), che corrisponde alla fascia bassa della norma (fra 18,5 e 24,9 secondo l’Organizzazione
mondiale della sanità).
Mantenersi fisicamente attivi tutti i giorni. In pratica è sufficiente un
impegno fisico pari a una camminata veloce per almeno mezz’ora al giorno;
man mano che ci si sentirà più in forma, però, sarà utile prolungare l’esercizio
fisico fino a un’ora o praticare uno sport più impegnativo. L’uso dell’auto per
gli spostamenti e il tempo passato a guardare la televisione sono i principali
fattori che favoriscono la sedentarietà nelle popolazioni urbane.
Limitare il consumo di alimenti molto calorici ed evitare il consumo
di bevande zuccherate. Sono generalmente molto calorici i cibi industriali
e raffinati, precotti e preconfezionati, che contengono elevate quantità di
zucchero e grassi. Si noti la differenza fra “limitare” ed “evitare”. Occasionalmente si può mangiare un cibo molto grasso o zuccherato, ma mai quotidianamente; l’uso di bevande gassate e zuccherate è invece da evitare, anche
perché forniscono troppe calorie senza aumentare il senso di sazietà.
Basare la propria alimentazione prevalentemente su cibi di provenienza vegetale, con cereali non raffinati e legumi in ogni pasto e un’ampia varietà di verdure e di frutta. Sono raccomandate almeno cinque porzioni
(pari a circa 600 g) al giorno di frutta e verdura (le patate non contano).
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Limitare il consumo di carni rosse ed evitare il consumo di carni
conservate. Chi è abituato a mangiarne non deve superare i 500 g alla settimana. Se le carni rosse vanno limitate, quelle conservate (carni in scatola,
salumi, prosciutti, wurstel) andrebbero evitate del tutto.
Limitare il consumo di bevande alcoliche. Non sono raccomandate,
ma per chi ne consuma si raccomanda di limitarsi a una quantità pari a un
bicchiere di vino (da 120 ml) al giorno per le donne e due per gli uomini,
solamente durante i pasti. La quantità di alcol contenuta in un bicchiere di
vino è circa pari a quella contenuta in una lattina di birra e in un bicchierino
di un distillato o di un liquore.
Limitare il consumo di sale (non più di 5 g al giorno) e di cibi conservati
sotto sale. Evitare cibi contaminati da muffe (in particolare cereali e legumi).
Assicurarsi quindi del buono stato di conservazione dei cereali e dei legumi
che si acquistano, ed evitare di conservarli in ambienti caldi ed umidi.
Assicurarsi un apporto sufficiente di tutti i nutrienti essenziali
attraverso il cibo: di qui l’importanza della varietà. L’assunzione di
supplementi alimentari (vitamine o minerali) per la prevenzione del cancro
è invece sconsigliata.
Quando è possibile si consiglia di allattare i bambini al seno per almeno
sei mesi.
Nei limiti dei pochi studi disponibili sulla prevenzione delle recidive, le
raccomandazioni per la prevenzione alimentare del cancro valgono
anche per chi si è già ammalato.
Meno calorie
Fin dall’inizio del secolo scorso diversi studi hanno dimostrato che riducendo l’apporto
calorico in modelli sperimentali si ottiene una minore incidenza di tumori e
un allungamento della durata di vita.
Studi condotti anche con fondi AIRC (per esempio nel laboratorio di Pier Giuseppe Pelicci presso il Campus IFOM-IEO) hanno
dimostrato in che modo una riduzione di calorie influisce sull’espressione dei geni e favorisce la riparazione del DNA danneggiato
e potenzialmente causa di tumori.
Poco cibo (circa il 30 per cento meno di quelle che sono considerate
attualmente le calorie consigliate per ciascuna categoria di persona)
riduce la produzione dei fattori di crescita cellulare e delle citochine, sostanze che favoriscono l’infiammazione, come ha dimostrato in alcuni suoi
studi il gruppo di ricercatori diretto da Alberto Mantovani della Fondazione
Humanitas di Rozzano e finanziato anche da AIRC.
Si tratta di un meccanismo che ha una ragione evolutiva: consente, nei periodi
di carestia, di utilizzare le poche energie disponibili per la sopravvivenza piuttosto
che per la crescita. Lo stesso sovrappeso, che è un segnale di una dieta ipercalorica,
è associato a una maggiore incidenza di tumori della mammella (dopo la menopausa), dell’endometrio, dell’intestino, del rene, della colecisti, mentre l’attività fisica è protettiva sia per i tumori
dell’intestino sia per quelli della mammella (sono sufficienti 30-40 minuti al giorno di un’attività
pari a una camminata a passo veloce per ridurre significativamente l’incidenza).
È probabile che una maggiore disponibilità di energia (dovuta a troppo cibo e vita sedentaria)
favorisca anche la progressione di tumori già presenti. L’obesità, infatti, è associata a una prognosi
peggiore, e studi recenti hanno dimostrato una netta riduzione delle recidive dei tumori dell’intestino e della mammella nei pazienti che praticano regolarmente una moderata attività fisica.
Ciò non significa che si debba morire di fame: siamo abituati a consumare troppe calorie, e
seguendo i consigli per una dieta sana, accrescendo l’apporto di cereali non raffinati, legumi
e verdure, è possibile ridurre le calorie senza sentire i morsi della fame. Si tratta quindi di uno
sforzo nella direzione di un cambiamento di abitudini più che di un vero e proprio sacrificio, come
dimostrano anche le ricette contenute in questo volume. Si può mangiare sano e bene, con un
occhio alle quantità nel piatto.
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Buono
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Qual è la relazione tra cibo e cancro e perché dobbiamo controllare
la nostra alimentazione?
Ogni giorno nel nostro corpo alcune cellule subiscono danni al DNA tali da renderle potenzialmente cancerogene. Nella maggior parte dei casi, però, il nostro
organismo è in grado di eliminarle. Grazie a numerosi studi condotti negli ultimi
decenni sappiamo che uno dei fattori più importanti per promuovere la moltiplicazione delle cellule tumorali è il cosiddetto microambiente, cioè l’ambiente nel quale
le nostre cellule nascono, crescono e muoiono. Alcune sostanze, come gli ormoni
sessuali, l’insulina e altri fattori di crescita, hanno dimostrato di avere un
ruolo simile ai fertilizzanti nei confronti di cellule potenzialmente tumorali.
E questi fattori possono essere influenzati in modo sostanziale da ciò che mangiamo.
Come si è arrivati a scoprire quali sono i cibi più nocivi e quelli più salubri?
Non è stato facile, perché esiste un’estrema variabilità nelle abitudini delle diverse
popolazioni e anche tra individui della stessa popolazione. Per questo non è possibile
indicare uno specifico alimento come sicuramente nocivo o protettivo, ma si
possono indicare gli errori più comuni nello stile alimentare complessivo. La ricerca
epidemiologica su alimentazione e cancro si è sviluppata negli ultimi 40 anni: si è partiti, negli
anni Sessanta, da studi di correlazione geografica fra il consumo pro capite di vari alimenti e
la mortalità per tumore, seguiti, all’inizio degli anni Settanta, dagli studi basati sulla raccolta di
informazioni sulle abitudini individuali. Negli anni Ottanta si sono sviluppati gli studi prospettici
combinati con la possibilità di analizzare gli effetti della dieta sui campioni biologici, grazie
anche allo sviluppo della biologia molecolare. Infine dagli anni Novanta a oggi si lavora sulla
prevenzione, cioè si interviene concretamente sulle abitudini alimentari di soggetti selezionati.
Grazie a questo immenso lavoro sappiamo che oltre un terzo delle neoplasie è teoricamente
prevenibile cambiando il nostro modo di mangiare.
È possibile
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È possibile fare un elenco delle proprietà dei singoli cibi in relazione ai diversi tipi di
tumore?
Non è semplice, e forse neanche utile. Gli studi hanno dimostrato una forte relazione di alcuni tumori frequenti nel mondo occidentale (in particolare quelli dell’intestino, ma ci sono sospetti anche
per stomaco, mammella, endometrio, polmone, prostata) con il consumo di carni rosse e di carni
conservate, così come appare chiaro il ruolo delle bevande alcoliche nella formazione dei tumori
delle prime vie aeree e digestive, dell’esofago, del fegato e della mammella, e la protezione della
frutta e delle verdure per i tumori dell’ apparato respiratorio e digerente. La protezione da frutta e
verdure è stata riscontrata frequentemente, ma generalmente non per i tumori della mammella,
dell’ovaio e della prostata, che dipendono maggiormente dai livelli ormonali. Malgrado ciò, il
progetto EPIC (European Prospective Investigation into Cancer and nutrition) ha confermato un
chiaro effetto preventivo nei confronti di tutti i tumori del consumo di alimenti ricchi di
fibre vegetali, sia cereali sia verdura e frutta.
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Perché ci sono continuamente notizie contraddittorie sull’utilità o la nocività di questo
o quell’alimento? Come si può dare indicazioni precise a chi desidera alimentarsi
correttamente?
Perché gli studi scientifici sono talvolta contradditori e spesso difficili da interpretare. Con poche
eccezioni, è molto difficile misurare gli effetti di un singolo cibo indipendentemente
dallo stile di vita complessivo. È più corretto dire che è l’insieme delle buone abitudini ad
agire davvero sulla prevenzione della malattia. Malgrado ciò, alcuni studi hanno sottolineato
l’effetto particolarmente protettivo degli agrumi nei confronti del cancro gastrico, delle crucifere
nei confronti dello sviluppo tumorale in generale, dei vegetali ricchi di betacarotene nei confronti
del cancro del polmone. Il potenziale ruolo protettivo del pomodoro per il cancro della prostata è
invece probabile ma non definitivamente dimostrato. Una delle conoscenze più consolidate su
dieta e cancro è la relazione fra consumo di carni rosse, in particolare carni conservate
(salumi, wurstel), e l’incidenza di cancro dell’intestino. Le carni bianche non hanno effetto e
in alcuni studi il pesce risulta protettivo. Il ruolo del latte e dei formaggi è invece molto controverso.
Per la sua ricchezza di calcio protegge l’intestino, ma c’è un sospetto che il latte sia associato ai
tumori dell’ovaio e che una dieta molto ricca di calcio favorisca i tumori della prostata.
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C’è chi è tentato dalle scorciatoie, come l’assunzione di integratori alimentari. È una
strategia utile?
Purtroppo no. Gli studi con integratori, in particolare antiossidanti, hanno dato risultati pessimi: non si
sa esattamente perché, ma è possibile che le stesse sostanze che sono protettive a basse dosi
e assunte nel tempo, come accade col cibo, diventino pericolose ad alte dosi (per esempio
il betacarotene e la vitamina E). Lo stesso è accaduto con gli integratori di fibre: in alcuni studi hanno
aumentato il numero di polipi intestinali e accresciuto il rischio di cancro del colon invece di diminuirlo
come accade con un regolare consumo di frutta, verdura e cibi integrali. È difficile districarsi in questa
enorme mole di informazioni. Per questo il World Cancer Research Fund ha stilato un semplice decalogo che fornisce utili indicazioni pratiche.
Parliamo di ormoni. Perché sono così importanti per il controllo dei tumori,
in particolare per quello della mammella?
Gli studi epidemiologici hanno dimostrato che alti livelli di ormoni androgeni nel sangue e, dopo la
menopausa, di estrogeni, favoriscono lo sviluppo del cancro del seno. Molti di questi studi hanno
inoltre mostrato un rischio associato ad alti livelli di insulina e di altri fattori nel sangue: sono sostanze
che cooperano con gli estrogeni nello stimolare la proliferazione delle cellule. I cambiamenti nel metabolismo dell’insulina e degli ormoni possono avere origini alimentari. I livelli di ormoni sessuali
sono influenzati dalla quantità di tessuto adiposo (dove sono sintetizzati sia androgeni
sia estrogeni), dall’attività fisica (che migliora la sensibilità all’insulina) e dalla dieta. Una
riduzione del consumo di zuccheri raffinati, di proteine e di grassi saturi è in grado di ridurre il livello
di insulina e, di conseguenza, la biodisponibilità di ormoni sessuali e di fattori di crescita. Inoltre le
abitudini alimentari associate al cancro della mammella sono le stesse che favoriscono la sindrome
metabolica associata al diabete e alle malattie cardiovascolari. Alterazioni del sistema dell’insulina
sono state associate anche ai tumori dell’intestino, dell’ovaio e della prostata.
In che direzione va oggi la ricerca sulla relazione tra malattie, e cancro in particolare, e la
nostra alimentazione?
È un momento importante per questo tipo di indagine. Da un lato abbiamo abbastanza conoscenze
da poter programmare studi di prevenzione, come gli studi Diana promossi dall’Istituto nazionale
dei Tumori di Milano anche con fondi AIRC. Ciò significa che prescriviamo una dieta per verificare la
sua efficacia nell’evitare la malattia o le ricadute in chi si è già ammalato. Parallelamente a ciò, lo
sviluppo delle conoscenze genetiche e dell’oncologia molecolare ci permette di scoprire
in che modo un certo cibo agisce a livello molecolare o con quale gene interferisce. Siamo
sempre più in grado di spiegare come ciò che mangiamo entra in relazione con il nostro corpo dal
livello macroscopico a quello microscopico e molecolare, e lo sviluppo delle ricerche ci permetterà di
dare indicazioni sempre più specifiche e personalizzate.
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Moreno Cedroni, chef con due stelle Michelin, deve la propria fama al pesce. È sua infatti
l’idea del susci, variante mediterranea del sushi giapponese: pesce crudo lavorato però con
gli ingredienti che fanno la fortuna della dieta mediterranea, come olio d’oliva, agrumi e
vegetali. Nelle ricette che seguono troverete tutti gli ingredienti più salubri: le verdure, i
legumi, il pesce, i cereali, la frutta, combinati in modo elegante e innovativo. Non mancheranno le abbinate curiose, come quella che vede nello stesso piatto pesce e formaggio. E ora
ai fornelli!
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Zuppa di cavolfiore
con broccoli e vongole
per 4 persone
tempo 40 minuti
200 g di vongole
150 g di broccoli
125 g di cavolfiore
45 g d’olio extravergine d’oliva
aglio
prezzemolo
sale
Cuocete in acqua salata il cavolfiore a pezzetti per 12 minuti,
a parte scaldate in padella 25 g
di olio con uno spicchio d’aglio
con la buccia a fuoco basso, poi
eliminate l’aglio, aggiungete il cavolfiore, 100 g di acqua della sua
cottura e portate a bollore. Regolate di sale, scolate il cavolfiore
e frullatelo. Tagliate i broccoli a
pezzetti e cuoceteli nella stessa
acqua del cavolfiore, per 5 minuti.
Fate aprire in padella le vongole
con l’olio rimasto, coperte. Quando si saranno aperte aggiungete
del prezzemolo tritato, sgusciatele e aggiungetele ai broccoli.
Nel piatto versate la zuppa di
cavolfiore, poi sopra le vongole, i
broccoli e un cucchiaio di liquido
di cottura.
19
Spaghetti al pomodoro, mozzarella, salmone e basilico
per 4 persone
tempo 50 minuti
400 g di pomodori
300 g di spaghetti integrali
100 g di salmone
100 g di mozzarella
55 g di sale
40 g d’olio extravergine d’oliva
25 g di basilico
12 g di cipolla
13 g di zucchero
sale
pepe bianco in grani
20
Fate marinare il salmone con 50
g di sale, 10 g di zucchero e un
pizzico di pepe bianco macinato,
per 30 minuti. Sbollentate
per pochi secondi i pomodori,
raffreddateli in acqua e ghiaccio
poi pelateli e tagliateli a dadini.
Scaldate in padella 25 g di olio
unite la cipolla tritata poi i dadini
di pomodoro e cuocete coperto
per circa 10 minuti, aggiungete
3 g di sale e 3 g di zucchero poi
frullate metà del composto. Lavate il salmone e tagliatelo a dadi di
0,5 cm di lato. Fate lo stesso con la
mozzarella e unitela al salmone.
Condite con sale, 5 g di olio e
5 g di basilico tagliato a filetti.
Preparate una salsa sbollentando
20 g di basilico, raffreddatelo
e frullatelo con 50 g di acqua,
10 g di olio e un pizzico di sale.
Cuocere gli spaghetti, scolateli e
saltateli brevemente in padella
con il pomodoro frullato e quello
a pezzetti. Mettete nei piatti
qualche goccia di salsa di basilico,
gli spaghetti e sopra il salmone
con la mozzarella e servite.
Brodo di pesce con orzo
perlato
per 4 persone
tempo 1 ora e 30 minuti
600 g di ghiozzi e tracine eviscerati
300 g di filetti di gallinella
200 g di orzo perlato
50 g di sedano
50 g di cipolla
50 g di olio extravergine di oliva
un pomodoro ramato
prezzemolo
aglio
sale
Portate a bollore 1,5 l d’acqua
con il sedano e la cipolla tagliati a
dadi, alcuni gambi di prezzemolo,
immergete due terzi dei ghiozzi
e delle tracine e fate sobbollire;
se vengono a galla delle impurità
schiumatele (brodo di pesce). A
parte in una padella rosolate 30
g di olio con uno spicchio d’aglio
con la buccia, il pomodoro tagliato
in quattro e dei gambi di prezzemolo, poi aggiungete i ghiozzi e
le tracine rimaste. Cuocete a fuoco
basso aggiungendo un mestolino
di brodo di pesce e unite il tutto al
resto del brodo. Riportate a bollore
e filtrate al setaccio fine pigiando
per estrarre tutti i succhi dei pesci.
Rimettete in una casseruola e al
bollore cuocetevi l’orzo per circa 40
minuti a fuoco basso, poi regolate
di sale. Tagliate i filetti di gallinella
a fette sottili, metteteli sul fondo
dei piatti, condite con il sale e l’olio
rimasti e con prezzemolo tagliato
grossolanamente, poi versatevi sopra il brodo con l’orzo: il suo calore
cuocerà in modo delicatissimo la
gallinella.
21
Zuppa di lenticchie con
polpette di riso e seppie
per 4 persone
tempo 1 ora e 20 minuti
250 g di seppia pulita
150 g di pomodori pelati
100 g di lenticchie
120 g di riso lessato al dente
30 g di cipolla tritata
8 g di grana grattugiato
5 g di pangrattato
un uovo
salvia
scorza di arancia e di limone
prezzemolo
aglio
noce moscata
olio extravergine di oliva
sale
22
Cuocete le lenticchie in abbondante
acqua bollente salata per 30-40
minuti. Per le polpettine mettete
in un frullatore la seppia tagliata a
dadini, 1,5 g di scorza di limone,
1,5 g di scorza d’arancia, il grana,
2 g di prezzemolo, 1 g di aglio, 30 g
di olio extravergine, una grattugiata di noce moscata, 2 g di sale,
l’uovo e il pangrattato. Frullate
a intermittenza, aggiungete al
trito 100 g di riso lessato al dente
e fate delle polpettine. Scaldate
100 g di olio extravergine con la
cipolla tritata e delle foglioline di
salvia, rosolate e aggiungete le
lenticchie ormai cotte, i pomodori
pelati e 700 g di acqua di cottura
delle lenticchie, cuocete per 10
minuti a fuoco medio e frullate.
Passate le polpettine in padella
antiaderente leggermente unta
facendole colorire. Versate nei piatti
un mestolo di zuppa di lenticchie e
disponete sopra cinque polpettine
di riso e seppie, completate con un
pizzico di riso tenuto da parte e un
filo di olio. Chi non ama il pesce può
sostituire la seppia con uguale peso
di petto di pollo, tagliato a dadini e
saltato in padella con un filo di olio.
Millefoglie di coda di rospo
e pomodoro candito
per 4 persone
tempo 1 ora
600 g di filetto di coda di rospo
50 g di olive verdi snocciolate
10 g di aceto balsamico
3 pomodori ramati
un filetto di alice dissalata
arancia
erba cipollina
rosmarino
timo
aglio
olio extravergine di oliva
sale
Tagliate la coda di rospo in 12 fette,
battetele leggermente e conditele
con un filo d’olio e un pizzico di
rosmarino tritato. Sbollentate per
pochi secondi i pomodori, pelateli,
svuotateli e ricavatene 12 spicchi.
Appoggiateli in una piccola teglia,
copriteli con 100 g di olio e conditeli
con una spolverata di sale, uno
spicchio d’aglio con la buccia e del
timo. Cuoceteli in forno a 100 ° C
per 40 minuti, poi raffreddateli e
scolateli tenendo l’olio di cottura.
Frullate grossolanamente le olive, il
filetto di alice, un cucchiaio di succo
d’arancia e un pizzico della sua
scorza, aggiungete infine 10 g di
olio (quello di cottura dei pomodori) e regolate di sale (paté di olive).
Emulsionate delicatamente con
una frusta 2 g di sale, 10 g di aceto
balsamico poi aggiungete, a filo,
80 g di olio di cottura dei pomodori
(vinaigrette). All’ultimo momento
cuocete, per pochi secondi da entrambi i lati, le fette di coda di rospo
in padella antiaderente appena
unta di olio e ben calda. Alternate 3
strati di pesce intervallati da tre di
pomodoro (millefoglie).Versate nei
piatti un cucchiaino di paté, appoggiatevi sopra i millefoglie, messi
prima in forno a 180 °C per 3 minuti, la vinaigrette e ultimate con una
spolverata di erba cipollina.
23
Insalata di arance con
crema al pepe rosa
per 4 persone
tempo 1 ora
125 g di latte
118 g di zucchero
20 g di finocchio
20 g di friggitelli (peperoncini verdi dolci)
2 tuorli
2 arance
pepe rosa (schinus)
olio extravergine di oliva
24
Preparate uno sciroppo con 100 g di
zucchero e 100 g di acqua, portate
a bollore poi fatelo raffreddare.
Tagliate a dadini il finocchio, a
filetti i friggitelli che avrete sbollentato per 1 minuto e pelate a vivo
gli spicchi delle arance. Mettete
i tre ingredienti nello sciroppo e
lasciateli marinare per 30 minuti.
Bollite il latte con 1 g di pepe rosa
e 18 g di zucchero, frullate e tenete
in infusione 30 minuti. Passare
al setaccio il latte e riportatelo a
bollore. Battete i tuorli, versatevi
sopra il latte bollente e riportate
la miscela sul fuoco, fino a che la
crema napperà il cucchiaio, non
deve bollire. Versate nei piatti un
cucchiaio di crema, le verdure, gli
spicchi d’arancia e completate con
un pizzico di pepe rosa pestato e un
filo di olio crudo.
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Stampa: Roto 2000 (MI) dicembre 2011
Si ringraziano Moreno Cedroni e, per La Cucina Italiana,
Paolo Cavaglione (direttore), Cristina Poretti, Giovanna Resta
Pallavicino.
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