Matematica insieme Apparenza e realtà Sezione 1: prospettiva Sezione 2: specchi Sezione 3: ombre •Vetro del Dürer •Prospettiva di un traliccio cubico •Prospettografo dell’abate di Lerino •Il problema della restituzione prospettica •Anamorfosi ottica •Camera di Ames •Anamorfosi catottriche: cono •Anamorfosi catottriche: cono(punto di vista proprio non appartenente all’asse) •Anamorfosi catottriche: specchio cilindrico •Anamorfosi catottriche: piramide •Ombra di un traliccio cubico •Proiezione di una circonferenza in ellisse •Proiezione figure poligonali •Ombre di figure piane • Ombre solari PREMESSA Nell’ambito della percezione visiva, alcuni aspetti dell’opposizione tra apparenza e realtà (in particolare: tra oggetti tridimensionali e i disegni che li rappresentano, tra reale e virtuale) possono essere indagati con l’aiuto di semplici strumenti fisici, i quali permettono di eseguire esperienze che sono state storicamente rilevanti per lo sviluppo del pensiero matematico e delle tecniche di costruzione e manipolazione delle immagini. Il percorso è articolato in tre sezioni, intimamente connesse: la prima dedicata alla prospettiva, la seconda agli specchi, la terza alle ombre. 2 Sezione 1: prospettiva Immaginiamo di collocare un oggetto (tridimensionale) dietro una lastra trasparente piana; guardiamolo attraverso la lastra con un occhio solo, immobile in posizione prestabilita (può essere d’aiuto un foro, praticato in un supporto fissato a terra) e disegniamo sulla lastra il contorno apparente dell’oggetto. Otteniamo così una immagine bidimensionale: la prospettiva dell’oggetto utilizzato. Chiunque (lasciando invariata la collocazione dell’oggetto e della lastra) guardi tale immagine ponendo il proprio occhio nel medesimo luogo in cui lo ha tenuto chi l’ha eseguita, vedrà che essa si sovrappone esattamente alla realtà (cfr: Vetro del Dürer, Prospettiva di un traliccio cubico). Esperienze di questo tipo, che si possono “meccanizzare” in molti modi (cfr. per esempio Prospettografo dell’abate di Lerino) sono state fondamentali per la scoperta delle regole geometriche cui deve attenersi la costruzione, entro la superficie piana di un quadro, di rappresentazioni prospettiche del mondo esterno (paesaggi, architetture, persone, animali ecc.). In tali esperienze, chi osserva ha contemporaneamente di fronte ciò che è rappresentato (la realtà) e la sua immagine (il disegno, la figura). Ma quando ci troviamo davanti a un quadro che contiene prospettive, quasi sempre le cose rappresentate sono altrove (spesso soltanto nella mente del pittore): nemmeno è possibile ricostruirle come presenze concrete, perché oggetti diversi possono avere la medesima prospettiva (cfr: Il problema della restituzione prospettica). Scopo originario della prospettiva è riprodurre il mondo esterno introducendo nel piano l’illusione della profondità: è stata quindi di solito molto curata la somiglianza tra il rappresentato (reale o fantastico) e il rappresentante (l’immagine). Tuttavia, le regole della prospettiva permettono anche di distruggere questa somiglianza: ciò si verifica ad esempio quando il punto di vista scelto dal pittore ha una posizione anomala (fortemente laterale rispetto al quadro), mentre chi osserva l’immagine si colloca invece in posizione frontale. (cfr: Anamorfosi ottica). Può anche accadere che oggetti tridimensionali opportunamente deformati o distorti riacquistino, se osservati da un particolare punto di vista (e con un solo occhio) il loro aspetto normale. (cfr: Camera di Ames). 3 sezione1:prospettiva VETRO (FINESTRA) DI A. DÜRER Dopo una serie minuziosa di istruzioni per fabbricarsi in proprio lo strumento, Dürer conclude: “Tenendo un occhio saldamento appoggiato all’oculare, ricalca sul vetro, mediante un pennello, ciò che vedi all’interno della cornice. Poi, potrai riportare il disegno sulla superficie che avrai scelto per il tuo quadro”. La distanza massima tra oculare e quadro è pari alla lunghezza del braccio di chi disegna. Nel modello, abbiamo ricalcato sul vetro una scacchiera e un cubo: guardando attraverso l'oculare, il disegno si sovrappone alla realtà. Fonte: Underweysung der Messung…, 1525; cfr. edizione a cura di J Peiffer, Seuil 1995 4 sezione1:prospettiva PROSPETTIVA DI UN TRALICCIO CUBICO In questo modello si verifica che la figura disegnata sulla lastra è una prospettiva del traliccio cubico. Guardando attraverso il foro V con uno dei due occhi (il foro serve a mantenere l'occhio immobile nella posizione corretta) si vedrà che la figura tracciata sulla lastra si sovrappone esattamente all’oggetto reale. Tale figura è (secondo la definizione classica di prospettiva) l'intersezione tra la piramide visuale (costituita dai raggi che provengono dall'oggetto e convergono all'occhio) e il vetro attraverso cui l'oggetto viene osservato. V W Spostando l'occhio nel foro W non si ha più sovrapposizione: la prospettiva è cambiata. È importante osservare che la faccia del cubo parallela al quadro e più lontana dall'occhio dell'osservatore ha come immagine, nello “scorcio”, il quadrato interno; la faccia del cubo parallela al quadro e più vicina all'occhio dell'osservatore ha invece come immagine il quadrato esterno L’immagine prospettica qui presentata si può ottenere anche come ombra (cfr. il modello “Ombra di un traliccio cubico”). 5 sezione1:prospettiva PROSPETTOGRAFO DI D. GIROLAMO DA PERUGIA (Abate di Lerino) Questo strumento consente ad un operatore di realizzare l’ immagine prospettica di un oggetto senza osservarlo direttamente dal punto di vista prefissato. I raggi visuali sono materializzati con un filo teso fra un punto dell’oggetto e un gancio immobile in una posizione scelta arbitrariamente. Due aste rigide ruotano mantenendosi in un piano e vengono posizionate in modo da individuare il punto di intersezione fra il filo teso e il piano stesso (che rappresenta il quadro). Ciò fatto, si toglie il filo; si dispone un foglio sul piano individuato dalle aste rigide; si ricopia su tale foglio il punto di intersezione fra le aste. Ripetendo l’operazione per diversi punti dell’oggetto è possibile costruirne l’ immagine prospettica. La sovrapposizione tra il foglio su cui si disegna e il quadro è ottenuta con un dispositivo meccanico. E’ chiaro che l’operatore non usa il suo occhio per guardare l’oggetto ma soltanto per controllare la correttezza delle sue operazioni: quindi egli non vede l’immagine prospettica che sarà disegnata. Lo strumento non riproduce ciò che viene osservato, ma ciò che si dovrebbe vedere dal punto di vista prescelto. Fonte: Le due regole della Prospettiva Pratica di M° Jacomo Barozzi da Vignola, ed. Zannetti, 1583 6 sezione1:prospettiva IL PROBLEMA DELLA RESTITUZIONE PROSPETTICA Prima parte. Si osserva dall'oculare la prospettiva di un traliccio avente forma quadrata, disposto su un piano parallelo al quadro. Nella parete di fondo si vede l'ombra che sarebbe generata da una lampada puntiforme situata al posto dell'occhio. Seconda parte. La medesima immagine prospettica e la medesima ombra si ricavano da un traliccio sghembo: ciò dimostra che oggetti diversi possono dare origine a piramidi visuali identiche. E’ quindi impossibile ricostruire un oggetto tridimensionale conoscendone soltanto la prospettiva o l’ombra: occorrono ulteriori informazioni. 7 sezione1:prospettiva ANAMORFOSI OTTICA Le anamorfosi ottiche sono tracciate su superfici bidimensionali (piane nei casi più semplici) e osservabili direttamente a occhio nudo (”per radium directum”). Nella costruzione si seguono le leggi geometriche della prospettiva normale, ma si trasgredisce alle norme del codice prospettico dominante tra Quattrocento e Cinquecento, nel quale: l’occhio e l’osservatore sono in posizione frontale; il punto di distanza consente un angolo visivo inferiore a 90°; l’altezza dell’orizzonte corrisponde a una statura normale. Invece nelle anamorfosi ottiche: la posizione del punto di vista è fortemente laterale, in modo che tutti i raggi visuali colpiscano l'oggetto molto obliquamente; il punto di distanza è vicino al punto di fuga; l'altezza dell'orizzonte può essere scelta arbitrariamente Per riconoscere l’oggetto rappresentato è necessario collocarsi esattamente nel punto di vista scelto dal disegnatore Fonte: J. F. Niceron, La perspective curieuse, ou magie artificielle …, Parigi 1638; G. Scott, Magia universalis naturae et artis, Wurtzburg 1657, Parte I, Libro III 8 sezione1:prospettiva Camera di Ames E’ una camera la cui forma irregolare si discosta in misura maggiore o minore da quella di un parallelepipedo (la più frequente nelle case in cui viviamo) ma che tuttavia, se osservata con un occhio solo da uno spioncino (punto di vista) aperto su una delle pareti, ci appare normale, perfettamente squadrata. Fu lo psicologo e oftalmologo statunitense Adelbert Ames Jr. (famoso per le sue illusioni sperimentali riguardanti la valutazione di misure e distanze) a realizzare (1946) i primi esemplari di camere distorte, legando così ad esse il proprio nome: egli utilizzò idee elaborate, nella seconda metà del XIX secolo, da Hermann Helmoltz, studioso di fisiologia della percezione. Esistono molti tipi diversi di camere di Ames, sia abitabili, sia in scala ridotta. In quella che presentiamo qui tre delle quattro pareti si incontrano formando angoli di 90°; la quarta parete (quella di fondo, in cui sono aperte due finestre) è invece inclinata rispetto alle pareti laterali; anche soffitto e pavimento sono inclinati, e come la parete di fondo hanno forma trapezoidale. Per la costruzione occorre considerare la piramide visiva individuata dai raggi che proiettano i vertici di un parallelepipedo (modello della stanza percepita) dal punto di vista scelto su una delle facce. La camera di Ames sarà poi progettata in modo che i vertici delle sue pareti appartengano ai raggi di tale piramide visiva: così ogni faccia rettangolare del parallelepipedo si può considerare immagine prospettica di una delle pareti della camera di Ames. 9 sezione1:prospettiva Camera di Ames La figura illustra la fase iniziale del procedimento; mostra infatti come si determina: la pianta di una stanza distorta (linee continue) partendo da quella (quadrata, linee tratteggiate) della stanza percepita; la larghezza (sulla parete obliqua di fondo) di due finestre che appariranno uguali. Il punto P rappresenta il piede dell’osservatore. Si noti che vi sono infinite possibilità di scelta per l’inclinazione (la lunghezza) della parete di fondo. Ames ha sostenuto che è la nostra assuefazione alla forma usuale delle stanze a farci vedere dallo spioncino (punto di vista) una immagine virtuale priva di distorsioni e a farcela assumere come sistema di riferimento: sicché due figure identiche, inserite vicino alla parete di fondo, vengono percepite come se fossero alla stessa distanza, ma di dimensioni diverse (una più piccola, mentre in realtà è più lontana, l’altra più grande, mentre in realtà è più vicina). 10 sezione1:prospettiva Camera di Ames 11 Sezione 2: specchi Sappiamo dall’esperienza quotidiana che uno specchio ci rinvia immagini solo se gli si trovano davanti o in prossimità oggetti o persone. Invece le cose raffigurate in un quadro sono di solito distanti, irraggiungibili nella realtà. Ma c’è una profonda differenza tra gli specchi piani e quelli incurvati: mentre i primi producono immagini virtuali che a prima vista sembrano copie esatte di ciò che vi viene riflesso, gli altri creano immagini profondamente deformate, talvolta irriconoscibili. Soprattutto nel XVII secolo, questo fatto ha suscitato curiosità ed interesse tra i filosofi, i pittori, gli scenografi, gli studiosi della natura. Dato un oggetto reale, come prevedere quale ne sarà l’immagine virtuale rinviata all’osservatore da uno specchio ricurvo? Ci si è concentrati in modo particolare sul problema inverso (la cui soluzione permette di costruire immagini crittografate) : data la forma dello specchio (geometricamente semplice, ad esempio piramide, cono, sfera, cilindro), progettare un oggetto (o disegno) deforme che, osservato da un particolare punto di vista entro lo specchio scelto, dia origine per riflessione a una immagine virtuale predeterminata (ben proporzionata e riconoscibile). Si possono osservare qui: • figure piane distorte che, decodificate per riflessione mediante specchi conici o cilindrici, riacquistano forme normali (cfr: Anamorfosi catottriche, specchi conici, specchio cilindrico). • quattro immagini reali separate che uno specchio piramidale (a base quadrata) riproporziona e ricompone (entro la base della piramide stessa) in un’unica immagine virtuale (cfr: Anamorfosi catottriche, specchio piramidale). 12 sezione2: specchi ANAMORFOSI CATOTTRICHE: piramide e cono Uno specchio piano, inclinato su un piano orizzontale π, fa corrispondere ad ogni figura reale R di π, costituita dai punti Q, una figura virtuale F, giacente sul piano σ (simmetrico di π rispetto al piano dello specchio) e formata dai punti I. Supponiamo che un osservatore guardi lo specchio con un occhio solo, collocato (rispetto a π) ad una distanza sufficiente per poter considerare paralleli i raggi visuali convergenti all’occhio, e infine che tali raggi abbiano direzione perpendicolare a π. In queste ipotesi, egli vede i punti I proiettati ortogonalmente in P su π (e quindi la proiezione ortogonale di F su π). Fonte: J. F. Niceron, La perspective curieuse, ou magie artificielle …, Parigi 1638; Thamaturgus Opticus, seu admiranda Optices per radium directum…, Parigi 1646, Langlois; 1669, Du Puis 13 sezione2: specchi ANAMORFOSI CATOTTRICHE: piramide In una piramide, le facce laterali sono specchi triangolari. Nella illustrazione a fianco si mostrano (con riferimento ad una piramide retta a base quadrata) sia le quattro regioni triangolari (esterne alla piramide) che contengono le quattro parti, opportunamente deformate, in cui è smembrata una figura reale R , sia le quattro regioni triangolari corrispondenti: queste formano il quadrato di base della piramide, entro la quale l’occhio dell’osservatore (situato a grande distanza dall’asse) vede ricomporsi (ben proporzionata) l’ immagine virtuale di R. Gli oculari individuano la posizione corretta e la distanza (minima) da cui guardare 14 sezione2: specchi ANAMORFOSI CATOTTRICHE: cono Se si aumenta il numero n dei lati del poligono regolare di base lasciando invariato il diametro della circonferenza circoscritta, le regioni triangolari (reali e virtuali) si assottigliano. Per n tendente ad infinito il poligono di base tenderà a coincidere con la circonferenza circoscritta e la piramide con un cono retto. Gli oculari individuano la posizione corretta e la distanza (minima) da cui guardare. 15 sezione2: specchi ANAMORFOSI CATOTTRICHE: cono da un punto di vista proprio non appartenente all’asse La superficie riflettente del cono di vertice V genera una corrispondenza tra i punti P interni al triangolo per l’asse e i punti Q del piano di base. Studiando questa corrispondenza è possibile determinare quale figura F’ deve essere disegnata sul piano di base (nella regione esterna al cono) affinché un osservatore posto in O ne raccolga, all’interno del triangolo per l’asse, una immagine virtuale F prefissata. Osservazione: solo se si guarda attraverso l’oculare (situato in O) l’immagine virtuale F coincide con quella utilizzata per eseguire i calcoli. 16 sezione2: specchi ANAMORFOSI CATOTTRICHE: cilindro La superficie riflettente del cilindro genera una corrispondenza tra i punti P del piano γ (parallelo all’asse del cilindro e secante il cilindro C lungo le rette di contatto TT', ZZ' dei piani tangenti a C uscenti da O) e i punti Q del piano di base. Studiando questa corrispondenza è possibile determinare quale figura F’ deve essere disegnata sul piano di base (nella regione esterna al cilindro) affinché un osservatore posto in O ne raccolga sul piano γ una immagine virtuale F prefissata. Osservazione: Solo se si guarda attraverso l’oculare l’immagine virtuale F coincide con quella utilizzata per eseguire i calcoli. Fonte: J. F. Niceron, La perspective curieuse, ou magie artificielle …, Parigi 1638; Thamaturgus Opticus, seu admiranda Optices per radium directum…, Parigi 1646, Langlois; 1669, Du Puis 17 Sezione 3: 0mbre Confrontando le ombre prodotte da alcuni oggetti su superfici piane, per opera di sorgenti luminose puntiformi, con le loro immagini prospettiche rilevate su quadri piani si nota subito che c’è “qualcosa” in comune: per esempio, il disegno in prospettiva di un traliccio cubico può essere ottenuto identico come ombra (cfr: Ombra di un traliccio cubico). I matematici, attraverso studi protrattisi fino al XIX secolo, sono giunti alla conclusione che ombre e prospettive si costruiscono con le stesse regole geometriche: nella teoria delle proiezioni la formazione di ombre e quella delle immagini prospettiche vengono trattate unitariamente. Poiché i raggi luminosi si propagano in linea retta, è talvolta opportuno rappresentarli con fili tesi. Se questi fili convergono ad un unico punto, si può immaginare che individuino raggi uscenti da quel punto (dove si troverà allora la sorgente di luce), oppure raggi provenienti da un corpo osservato e concorrenti verso l’occhio fisso di chi guarda (cfr. Prospettografo dell’abate di Lerino). Cosi ad esempio nel modello Proiezione di una circonferenza in ellisse, è possibile considerare l’ellisse come ombra (proiezione) del cerchio, e il cerchio come prospettiva (proiezione) dell’ellisse. Anche il modello Proiezione figure poligonali suggerisce di interpretare le figure poligonali giacenti su uno qualsiasi dei due piani come proiezioni di quelle giacenti sull’altro. Già sappiamo che corpi diversi possono avere immagini prospettiche uguali (cfr: Il problema della restituzione prospettica): potranno dunque originare anche ombre uguali. Infatti nel modello citato è facile aggiungere con la fantasia fili convergenti sull’oculare che raccordino, sfiorando il contorno dell’oggetto, i punti della prospettiva a quelli dell’ombra rappresentata sulla parete di fondo. I modelli Proiezione di una circonferenza in ellisse e Ombre di figure piane mostrano, nel caso particolare di oggetti bidimensionali, che è possibile muovere contemporaneamente il quadro (l’oggetto illuminato) e l’occhio (la sorgente luminosa) in modo da lasciare invariata la prospettiva (l’ombra). Si noti infine: se la sorgente luminosa è a distanza molto grande, i raggi luminosi diventano quasi paralleli. Quindi il modello Ombre solari illustra (sempre nel caso particolare di un oggetto bidimensionale) il processo di formazione delle ombre solari. 18 Sezione 3: ombre OMBRA DI UN TRALICCIO CUBICO Una sorgente luminosa proietta sulla parete di fondo l’ombra di un traliccio cubico posto all’interno della scatola. Si osserva che: • Quando la sorgente luminosa si trova nella posizione centrale S, l’ombra prodotta coincide con l’immagine realizzata nel modello “Prospettiva di un traliccio cubico”. Però in questo caso la faccia del cubo parallela alla parete di fondo e più lontana dalla sorgente ha come ombra il quadrato interno; quella parallela alla parete di fondo e più vicina alla sorgente ha invece come ombra il quadrato esterno. • Confrontando i due modelli fisici si conclude quindi che la medesima immagine può essere interpretata sia come ombra sia come prospettiva. Per mettere in evidenza questo fatto occorre però che nella proiezione dell'ombra non vengano nascoste, dalla opacità dell'oggetto, parti che risultano essenziali per poterlo riconoscere. La sorgente luminosa può essere spostata a destra o a sinistra della posizione S, generando per moto continuo diverse ombre (o prospettive) del cubo. Per osservare le ombre non occorre disporsi in un luogo preciso (come invece è opportuno, a volte necessario, nel caso delle prospettive). 19 Sezione 3: ombre PROIEZIONE DI UNA CIRCONFERENZA IN ELLISSE A partire dai primi decenni del Seicento, dopo gli studi fondamentali di G. Del Monte, B. Pascal e G. Desargues, la trattazione delle coniche viene completamente inserita entro la teoria delle proiezioni. Le coniche infatti si possono considerare come ombre (o prospettive, o anamorfosi) delle circonferenze. In questo modello fisico i fili tesi possono essere interpretati sia come raggi visuali convergenti all’occhio di un osservatore, sia come raggi luminosi uscenti da una sorgente puntiforme. Essi stabiliscono una corrispondenza tra i piani incidenti σ e τ: sono corrispondenti punti collegati dal medesimo filo. Possiamo anche dire: ogni filo proietta un punto di σ in un punto di τ; centro di proiezione è il punto di convergenza dei fili. 20 Sezione 3: ombre PROIEZIONE DI FIGURE POLIGONALI Si osservano due piani incidenti π e π‘ uno dei quali (π) viene proiettato sull’altro (π‘) da un punto esterno ad entrambi. Alcuni fili tesi collegano coppie di punti corrispondenti al centro di proiezione O. La formazione dell’immagine prospettica e dell’ombra di una figura piana sono casi particolari della corrispondenza più generale illustrata da questo modello fisico. Il modello mostra inoltre : • che è possibile muovere il centro di proiezione O assieme al piano π in modo che le coppie di punti corrispondenti restino invariate e allineate con O durante il movimento (Teorema di Stevin). • che i punti di π giacenti da parti opposte rispetto alla retta intersezione tra il piano π e il piano parallelo a π’ passante per O (retta limite di π) vengono proiettati su π ‘ in semipiani opposti aventi come origine comune la retta di intersezione tra π e π‘ (retta luogo di punti uniti). A rette su π corrispondono rette su π’, ma il parallelismo non è conservato 21 Sezione 3: ombre OMBRE DI FIGURE PIANE Prima parte. parte. Il parallelepipedo articolato permette di muovere contemporaneamente punto di vista e quadro mantenendo invariata l'immagine prospettica della figura giacente sul piano di π O terra. (Il quadro π ruota attorno alla linea di terra; il punto di vista O descrive una circonferenza avente come centro l‘ intersezione tra il piano di terra π’ e la retta per O parallela a π' π). Seconda parte. parte. Il meccanismo è identico (controllare aprendo lo sportello), sportello), ma ora sposta una lampada puntiforme insieme a un quadro in cui sono praticate due aperture: i contorni delle ombre proiettate rimangono immutati . (Teorema (Teorema di Stevin, Stevin, 1605). 22 Sezione 3: ombre OMBRE SOLARI I due piani π e σ sono posti in corrispondenza mediante fili tesi paralleli (i punti corrispondenti sono congiunti da un medesimo filo). Le figure del piano σ si possono considerare ombre solari di quelle disegnate su π : infatti possiamo ritenere che i raggi solari (materializzati con fili tesi) siano paralleli essendo la sorgente luminosa a grande distanza. Il modello fisico illustra il caso in cui due punti corrispondenti qualsiasi sono equidistanti dalla retta t (retta di intersezione fra i piani, luogo di punti uniti). Se, con una rotazione attorno alla retta t, i piani π e σ sono sovrapposti in modo che le coppie di punti che si corrispondono appartengano al medesimo semipiano (avente t come origine), i raggi che congiungono punti corrispondenti risultano paralleli alla retta t: si può dimostrare che le aree di due figure corrispondenti risultano uguali 23 Apparenza e realtà FINE 24