Diario di viaggio Immaginate Venezia. Avete mai visto una luce più limpida di quella? Beh! Siracusa ne ha una simile. Partendo da Piazza Duomo e scendendo per via Picherali improvvisamente si apre all’occhio l’immenso porto dall’acqua verde smeraldo e lì esplode la luce nella sua massima intensità rispetto agli altri quartieri. E la cifra della luce accompagna la città anche nei secoli successivi quando si diffonde la religione cristiana. Patrona della città e testimone della sua particolare luminosità non poteva essere che Santa Lucia, da luko in greco e lux in latino, che vuol dire “luce” splendente, sottolineata anche dalla pietra rosata e quindi brillante anch’essa, dei monumenti cittadini. Ma… non c’è luce senza ombra a marcare i contorni delle cose e ben lo sapeva il Caravaggio quando di passaggio a Siracusa, dopo essere fuggito da un carcere di Malta, nel 1608-9 realizzò uno dei suoi capolavori: “Il seppellimento di Santa Lucia”. La luce del Caravaggio nella luce di Lucia, dunque. La misticità della luce del maestro fusa e confusa con la misticità della Santa. Quello di Siracusa è il momento della piena maturità artistica di Michelangelo Merisi, quando il luminismo pittorico assume una connotazione di carattere morale e spirituale, trasferendosi dal piano umano a quello della trascendenza. La luce! Miei cari lettori, vi siete chiesti cos’è la luce? Quale metafora rivela? Tutti direte che è principio di vita e quindi metaforicamente principio di conoscenza. Perfetto! Essa ha la stessa connotazione sia in Oriente sia in Occidente ma… troppo bello se ci fermassimo qui. In realtà essa permette di conoscere, è vero, ma non può essere conosciuta. Infatti, illumina gli oggetti ma non può essere vista, pena l’accecamento. Se due più due fa quattro, essa contiene in se stessa qualcosa di tenebroso, di oscuro, da qui il dualismo luce/tenebra. Quante volte abbiamo sentito parlare di “tenebra luminosa” o di “luce tenebrosa”! Tante, vero? Allora facciamo un passo avanti e chiediamoci: “Cosa vuol dire questo dualismo?”. Che ci sono delle realtà che non possiamo conoscere né con i sensi né con la ragione, ma solamente con l’intuito, col famoso terzo occhio, quel terzo occhio con cui è rappresentato anche Shiva! Annibale Vanetti, Trittico della luce - Verso il buio (part.), propr. dell’autore. E ancora luce è lux in latino, ma anche lumen che non è altro, in questa seconda accezione, che l’estensione della luce. Ricordate il mito di Prometeo che rubò una scintilla agli dei e diede il fuoco agli uomini e quindi il lumen? Ma, non abbiamo finito, il dualismo lux-lumen contempla ancora un altro elemento: l’ombra, attraverso cui le cose hanno spessore, attraverso cui ne definiamo i contorni. L’ombra, infatti, esiste perché c’è la superficie illuminata, ma accanto c’è anche uno spazio in cui la luce non c’è. Se c’è un dualismo, ognuno dei due elementi può vivere separatamente. Pensiamo alle “ombre cinesi” che, naturalmente, non hanno… ombra e coincidono con se stesse. Allora, se l’ombra coincide con se stessa non è altro che la metafora della morte o anche del potere assoluto! Fatte queste premesse tra luce e ombra o luce e buio, cosa può accadere in una città che sente fortemente queste problematiche? Un bel po’ di manifestazioni culturali legate a diverse associazioni tra cui segnalo: “Il centro culturale 6]W^MLQZMbQWVQn. 3 maggio-giugno 2011 124