Costruzione dell’equazione di Schrödinger [Tratto da: M.Karapetyants and S.Drakin, The structure of matter, MIR publisher, 1974] In meccanica classica lo studio del moto di un corpo puntiforme di massa m e vettore posizione G r (t ) richiede la scrittura e la risoluzione, date le opportune condizioni al contorno, dell’equazione differenziale G d2 G F =m 2r. dt Questa è conosciuta come l’equazione di Newton per il problema dato. La conseguente descrizione è di tipo deterministico, nel senso che la risoluzione dell’equazione fornisce la traiettoria in funzione del tempo. Questa a sua volta permette di ricavare punto per punto con accuratezza illimitata tutte le variabili cinematiche della particella (posizione, velocità ed accelerazione). Se si volessero misurare le variabili cinematiche con opportuni esperimenti, l’accuratezza dei valori ricavati dalla misura sarebbe limitata solo dalla accuratezza degli strumenti di misura. Nei problemi microscopici (atomi, molecole, comportamento degli elettroni nei solidi, ecc.) la descrizione deterministica cade in difetto. Per descrivere correttamente i fenomeni fisici microscopici occorre introdurre una rappresentazione ondulatoria (o meglio probabilistico). È un fatto accertato che particelle microscopiche come elettroni subiscono effetti di diffrazione, fenomeni di tipo prettamente ondulatorio. La diffrazione degli elettroni è oggigiorno un metodo ben consolidato per lo studio della struttura cristallina dei solidi. Fu il fisico francese De Broglie che nel 1924 nella sua tesi di laurea avanzò l’idea che le particelle possedessero proprietà ondulatorie. In accordo con la teoria dei fotoni (per descrivere il dualismo di comportamento ondulatorio-corpuscolare della radiazione elettromagnetica) che si stava affermando nello stesso periodo, De Broglie ipotizzò che alle particelle potesse essere associata una lunghezza d’onda caratteristica, data dalla relazione λ= h p dove p è la quantità di moto, λ è la lunghezza d’onda associata ed h ≈ 6.63 x 10-34 J s è una costante universale nota come costante di Planck . De Broglie riuscì a mostrare che le orbite degli elettroni in un atomo di Idrogeno secondo il modello di Bohr potevano essere spiegate interpretando gli elettroni come onde, dotate di λ = h / p , e imponendo tra tutte le orbite possibili solo quelle contenenti un numero intero di lunghezze d’onda (orbite stazionarie). -e R λ +e La condizione di quantizzazione delle orbite elettroniche introdotta da Bohr è dunque ridotta ad una condizione al contorno per le onde associate agli elettroni. Si può facilmente mostrare come si giunga a tali condizioni di quantizzazione utilizzando la relazione di De Broglie. In un modello atomico secondo il quale le orbite elettroniche sono rappresentate da circonferenze si ha che la forza di interazione è centrale (centripeta) F = ma = m v2 R D’altra parte, essendo la forza di interazione tra nucleo ed elettrone (di carica in modulo pari ad e) di tipo elettrostatico, e2 4πε 0 R 2 1 F= si ha, tenendo anche conto dell’espressione dell’energia cinetica Ek = Ek = 1 2 mv , 2 1 1 e2 . 2 4πε 0 R p2 h2 = e utilizzando la condizione di stazionarietà per le orbite permesse, 2m 2mλ 2 2π R = nλ , si ottiene Sostituendo a Ek = R= hε 0 2 n . me 2π Tale relazione rappresenta la condizione di quantizzazione delle orbite elettroniche introdotta da Bohr nel suo modello atomico. Come conseguenza del comportamento ondulatorio delle particelle microscopiche, si osservi che l’onda caratteristica di ogni singola particella interessa una regione di spazio molto maggiore delle dimensioni della particella stessa. Si noti inoltre che ad ogni particella può essere associata una lunghezza d’onda caratteristica. A parità di quantità di moto però, la lunghezza d’onda sarà tanto maggiore quanto minore la massa della particella. Per tali motivi i comportamenti ondulatori sono ben osservabili su particelle di piccola massa (come elettroni) e divengono man mano meno rilevanti per particelle più pesanti, per le quali il comportamento di tipo corpuscolare è dominante. Per descrivere correttamente i fenomeni microscopici occorre dunque introdurre una descrizione ondulatoria. La variabile associata alla particella da cui sono calcolabili tutte le sue proprietà non è più la sua traiettoria, come per le particelle classiche, ma la cosiddetta funzione d’onda, Ψ ( x, y , z , t ) . La funzione d’onda è in generale una funzione complessa delle variabili spaziali e temporali. Il suo significato non è quello deterministico fornito dalla traiettoria della particella classica. Essa fornisce la probabilità, data dall’espressione 2 dP = Ψ ( x, y , z.t ) dxdydzdt , di trovare la particella in un istante compreso tra t e t+dt nel volume dxdydz attorno al punto di coordinate xyz. La meccanica che descrive il moto della particella prende il nome di meccanica quantistica o meccanica ondulatoria, a differenza di quella classica basata sull’equazione di Newton. La questione è ora stabilire l’equazione dinamica che la funzione d’onda deve soddisfare, risolvendo la quale è possibile conoscere l’evoluzione del sistema microscopico nel tempo e nello spazio. Tale equazione prende il nome di equazione di Schrödinger e sostituisce l’equazione di Newton. È possibile mostrare come l’equazione di Schrödinger può essere ottenuta partendo dell’equazione delle onde in cui si è introdotta, tramite la relazione di De Broglie, la lunghezza d’onda associata ad una particella di quantità di moto p. Si supponga di avere un’onda stazionaria del tipo G G α ( x, y, z , t ) = a cos ωt sin k ⋅ r = Ψ ( x, y, z ) cos ωt . Essa è soluzione dell’equazione delle onde. Una volta sostituita nell’equazione alle onde si ha δ2 δ2 δ2 1 ∂2 Ψ ( x , y , z ) cos ω t + Ψ ( x , y , z ) cos ω t + Ψ ( x , y , z ) cos ω t − Ψ ( x, y, z ) cos ωt = 0 . δx 2 δy 2 δz 2 v 2 ∂t 2 Eseguendo le derivazioni rispetto al tempo si ottiene δ2 δ2 δ2 2π Ψ ( x, y , z ) + 2 Ψ ( x , y , z ) + 2 Ψ ( x , y , z ) + ( ) 2 Ψ ( x , y , z ) = 0 . 2 λ δx δy δz Utilizzando ora la condizione di De Broglie alla lunghezza d’onda si può assegnare la quantità di moto della particella ottenendo δ2 δ2 δ2 4π 2 2 Ψ ( x , y , z ) + Ψ ( x , y , z ) + Ψ ( x , y , z ) + p Ψ ( x, y , z ) = 0 . δx 2 δy 2 δz 2 h2 Poiché l’energia cinetica della particella è data da: Ek = p2 2m sostituendo si ottiene 8π 2 mE k δ2 δ2 δ2 Ψ ( x , y , z ) + Ψ ( x , y , z ) + Ψ ( x , y , z ) + Ψ ( x, y , z ) = 0 δx 2 δy 2 δz 2 h2 che rapresenta l’equazione di Schrödinger per una particella libera. Nel caso di una particella che si muove in un campo di forze di energia potenziale U(x,y,z) la sua energia totale è data da: E= p2 + U ( x, y , z ) 2m e quindi p 2 = 2m[ E − U ( x, y, z )] che sostituita nell’equazione di Schrödinger fornisce: δ2 δ2 δ2 8π 2 m Ψ ( x , y , z ) + Ψ ( x , y , z ) + Ψ ( x , y , z ) + [ E − U ( x, y, z )]Ψ ( x, y, z ) = 0 δx 2 δy 2 δz 2 h2 o l’equivalente − δ2 δ2 δ2 Ψ ( x , y , z ) + Ψ ( x , y , z ) + Ψ ( x, y, z )] + U ( x, y, z )Ψ ( x, y, z ) = EΨ ( x, y, z ) 8π 2 m δx 2 δy 2 δz 2 h2 [ che è l’equazione di Schrödinger non dipendente dal tempo per una particella che si muove in un campo di forze di energia potenziale U(x,y,z). Tale relazione può essere anche espressa in forma compatta come − =2 2 ∇ Ψ ( x, y, z ) + U ( x, y, z )Ψ ( x, y, z ) = EΨ ( x, y, z ) . 2m Introducendo poi l’operatore Hamiltoniano H, che rappresenta l’operatore energia totale della particella, la precedente relazione si scrive anche H Ψ ( x, y , z ) = E Ψ ( x, y , z ) dove l’operatore H è dato da − =2 2 ∇ + U ( x, y , z ) . 2m Il primo termine è l’operatore energia cinetica ed il secondo l’operatore energia potenziale. L’equazione precedente prende anche il nome di equazione agli autovalori, dove E rappresenta l’autovalore energia della particella di funzione d’onda Ψ(x,y,z). La conoscenza di queste due grandezze equivale alla risoluzione del problema di meccanica ondulatoria.