FRANCO CONTALDO
Buon compleanno,
Charles Darwin
Charles Darwin:
duecento anni dalla nascita,
centocinquanta anni dalla
pubblicazione della prima edizione di
L’origine delle specie
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via Raffaele Garofalo, 133 a/b
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ISBN
978–88–548–2756–1
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di riproduzione e di adattamento anche parziale,
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senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: ottobre 2009
Indice
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Prefazione
La lettera
Introduzione
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I contemporanei e gli immediati predecessori di
Darwin
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Il “preambolo” a L’origine delle specie e divagazioni
sul tema
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L’origine delle specie
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Dopo L’origine delle specie
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L’uomo e lo scienziato
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Darwin: oggi
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I “tempi” : quando è vissuto Darwin e oggi
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Come “leggere” Darwin oggi?
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Darwin e il Dalai Lama
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Darwin e la creazione
63
Postfazione
69
Bibliografia essenziale
7
Prefazione*
Tutte le forme sono simili, e nessuna è uguale, cosicché il loro coro
guida verso una legge nascosta.
Wolfang GOETHE
Un gentiluomo napoletano, dicesi, ebbe quattordici
duelli per sostenere la preminenza del Tasso sull’Ariosto.
Al quattordicesimo duello, ferito a morte, esclamò:
— E dire che non ho mai letto né l’Ariosto né il Tasso!
Questa è un po’ la storia degli Italiani rispetto a Darwin: molti che ne dicono male, e anche taluni che ne dicono bene, non lo hanno mai letto.
Ed è certo che ove lo leggessero, i suoi lodatori lo loderebbero più nobilmente, e i detrattori, a quello amore purissimo del vero che spira in ogni parola del sommo
filosofo, forse si darebbero da meditare in luogo dell’inveire, ciò che sarebbe gran bene.
In questa traduzione ho tutto sagrificato alla fedeltà, studiandone sovrattutto di dire chiaramente quello che l’autore ha detto. Darwin esprime limpidamente i suoi concetti:
ma questi sovente sono alti e nuovi, e bisogna meditare.
Io ringrazio qui l’autore del consenso suo per questa traduzione, e mi auguro pel bene della mia patria che essa sia
per avere molti e attenti lettori.
*
MICHELE LESSONA: prefazione del traduttore a L’origine dell’uomo e la
scelta in rapporto al sesso, di Charles Darwin, 1871 (titolo orginale: The Descent of Man, and Selection in Relation of Sex). Traduzione pubblicata da Casa
Editrice Sociale, Milano 1925.
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La Lettera
Introduzione
Chiarissimo Sig Darwin,
Ho letto qualche anno fa questa prefazione alla traduzione di un Suo libro, tra l’altro a cura di un autorevole ricercatore e accademico italiano del suo tempo; la stessa mi
ha molto colpito per la inossidabile attualità, anche perché
divertente. Proprio perché divertente mi ha aiutato a riflettere su me stesso, il mio lavoro, il mio modo di essere intellettuale (di chi usa — o crede di usare — anche l’intelletto
nella relazione umana, professionale).
In linea con queste riflessioni appartengo alla categoria
di italiani che di Lei “ne dicono bene” ma non hanno letto
tutto quello che Lei ha scritto: a parziale giustifica Lei ha
scritto moltissimo, scrive anche molto bene…
Ed è per questo motivo che, in questa ricorrenza molto
particolare, altri studiosi potranno dire, se lo vorranno, con
molta più ortodossia di me, della vita e dell’opera di Charles Darwin.
“Dico bene” di Darwin perché l’ho incontrato a Cambridge quando, per circa un anno, nel 1979 — 30 anni fa,
— ho svolto alcune ricerche presso questa famosa Università Inglese.
Ho visto la casa dove ha soggiornato: era una tipica casetta inglese a schiera, ancora oggi affittata agli studenti, in
una stretta stradina di fronte al Fitzwilliam Museum, alla
periferia sud–ovest della città.
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Buon compleanno, Charles Darwin
Mi ci recavo spesso, attratto dalla magia del posto; soprattutto perché davanti alla porta di casa, normalmente
abitata, stazionavano sempre le biciclette degli studenti: e
anche io ne avevo una.
Di fronte al laboratorio dove lavoravo (il Dunn Nutritional Laboratory, uno dei primi Istituti che aveva indagato
sulle cause del ventre gonfio dei bambini malnutriti ecc.) vi
era l’Istituto dove aveva fatto ricerche per tutta la vita Crick
che, insieme a Watson, aveva scoperta agli inizi degli anni
Cinquanta la struttura del DNA.
Insomma a Cambridge mi trovavo in mezzo ad una specie di cittadina tipo Galleria degli Uffizi, almeno questa era
a volte la mia sensazione, e Darwin era tra “i pezzi” più
preziosi.
Presso la altrettanto famosa libreria Heffers, nel centro
della cittadina, ho comprato dei libri, alcuni dei quali riguardavano l’evoluzione; erano stati scritti da “post”–darwiniani (poi parleremo dei “neo”–darwiniani) e mi hanno
accompagnato sino ad oggi. Li ho letti più volte in questi
anni, e mi sono stati sempre di utilità, in modo diverso.
Questi libri rappresentano la mia maggiore fonte di conoscenza di Darwin, soprattutto del periodo storico in
cui è vissuto, e di come la sua opera e la sua persona
vanno inseriti nella storia dell’umanità. Mi sono quindi
sempre, e ancora oggi mi sento, idealmente e con un pizzico di orgoglio, un ricercatore educato al pensiero di
Charles Darwin.
Credo che Charles Darwin sia un simbolo positivo della
storia dell’umanità come, ad esempio, Alessandro Magno,
Dante, Leonardo, Newton, Einstein. Come per gli altri
grandi dell’umanità si tende a considerarlo una figura isolata, una specie di gigante in un mondo di contemporanei
La lettera (Introduzione)
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nani. Questo probabilmente accade perché, inconsciamente,
tendiamo a confrontarci direttamente con questi simboli
umani, quasi per una specie di gratificazione personale.
In realtà tutti questi grandi geni hanno attinto, per un
meccanismo di osmosi, dalla realtà e dagli uomini del loro
tempo. Hanno saputo interpretare, come dei grandi solisti
o fuoriclasse, le istanze migliori, e valorizzato quelle dei
contemporanei producendo una serie di benefici di grande
qualità e quantità in un breve tempo: insomma sono dei
veri e propri catalizzatori dell’umanità.
Credo che riconoscere questa realtà rafforzi il senso —
scientifico e non solo, come in questo caso — del lavoro di
questi geni, svuoti quell’inevitabile parte di sterile criticismo
che sempre accompagna queste persone, e ci aiuta a comprendere il metodo da loro utilizzato per interpretare e contribuire, nel loro tempo storico, al progresso dell’umanità.
Darwin è uno scienziato e un uomo che opera nel cuore
del 1800: la sua attività di ricercatore inizia intorno al 1820
per terminare con la sua morte, intorno al 1880.
Non si può non tenere presente il periodo storico nel
quale egli è vissuto per rendersi conto della forza e dell’originalità del suo pensiero, e per comprendere al meglio i
messaggi universali che invia.
Basti pensare che i suoi studi di Biologia, che hanno
tanto a che vedere con la trasmissione delle caratteristiche
biologiche, avvengono prima delle scoperte di Gregorio
Mendel, fondatore della Genetica, oppure che i riflessi
delle sue intuizioni sull’identità biopsichica dell’Homo Sapiens, e riportate nell’ultimo suo libro del 1872 The Expression of the Emotions in Man and Animals, vedano la luce
ben prima della comparsa sistematica delle scienze psicologiche, e altro ancora.
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Buon compleanno, Charles Darwin
Da qui la grande prudenza nell’affermare e proporre la
Sua teoria, che era anche la teoria portata avanti dai ricercatori che oggi definiremmo più illuminati del suo tempo,
e da qui le inevitabili polemiche di fronte alla rottura di
equilibri e consuetudini anche culturali, ormai palesemente
non più sostenibili.
Quest’anno accade quello che il titolo di questo manoscritto dice: “coincidono” le celebrazioni della nascita del
grande naturalista Charles Darwin (1809–1882) e della
pubblicazione (1859) della prima edizione (ne seguiranno
altre, fino alla sesta, sempre da lui rivedute) della sua opera
più popolare L’origine delle specie.
Definisco quest’opera “popolare e non famosa” proprio
per restare nello spirito di Lessona: è famosa un’opera letta
e studiata; è popolare un titolo entrato nel linguaggio comune, almeno delle scienze se non della cultura in generale.
Quindi Darwin ha pubblicato L’origine delle specie a
cinquanta anni di età, ventotto anni dopo l’inizio del suo
viaggio intorno al mondo sul brigantino Beagle, della Reale
Marina Inglese.
Questo viaggio inizia il 27 dicembre del 1831, due giorni
dopo il Natale, per sfruttare i venti Alisei favorevoli alla
traversata dell’Atlantico per le Americhe. Darwin aveva 22
anni: il viaggio terminerà cinque anni dopo, il due ottobre
del 1836.
Dopo di allora Darwin praticamente non lascerà più
l’Inghilterra, farà addirittura pochissimi viaggi all’interno
del suo Paese, si sposerà con una donna riservata e religiosa, e si ritirerà ben presto in una casa di campagna dedicando la sua vita a studiare ed elaborare tutto il materiale
raccolto in quei cinque anni di viaggio, discutendolo con i
più autorevoli naturalisti del suo tempo.
La lettera (Introduzione)
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Una storia veramente singolare, soprattutto se osservata
con un’ottica di cronista interessato agli eventi straordinari
o a trasformare gli eventi da ordinari in straordinari.
Nella prefazione Lessona ringrazia anche l’autore per
avere autorizzato la traduzione; questa ultima frase alla fine
della Prefazione, insieme al linguaggio della traduzione, lascia intendere che la stessa sia di molto antecedente all’anno della pubblicazione in mio possesso (del 1925). Ed
in effetti Michele Lessona, contemporaneo di Darwin, fu
professore di Zoologia all’Università di Torino e tra i curatori delle traduzioni delle opere di Darwin in Italiano.
Credo che traduzioni più recenti di questo che è tra gli ultimi libri di Darwin non ve ne siano in Italia. Eppure è questo il libro nel quale Darwin afferma la discendenza
dell’Homo Sapiens da una specie di scimmia, ormai estinta,
dopo avere sottolineato le somiglianze tra scimmie e uomo
che non sono solo somatiche ma anche fisiologiche, di suscettibilità alle malattie, psicologiche (istinti, emozioni, socializzazione). In questo libro Darwin ipotizza anche che le
origini dell’uomo siano in Africa, grazie alla semplice —
ma geniale — intuizione che una specie estinta non poteva
che essere vissuta in territori dove ancora vivevano specie
affini, come i gorilla o gli scimpanzé: e anche questa è una
geniale intuizione!
Oggi il rapporto in numeri tra i primati, cioè le grandi
scimmie, e gli umani è terribilmente cambiato: circa
300.000 “grandi” scimmie verso i circa 7.000.000.000 di
umani!
Questa enorme differenza numerica è un indice di come
il mondo sia stato colonizzato, e in tempi esponenziali,
dalla nostra specie e come di fatto non esiste più la natura
di per sé ma una natura trasformata dagli umani, la specie
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Buon compleanno, Charles Darwin
animale squilibratamente prevalente: come si direbbe in
lingua anglosassone, non più “Nature” ma “Nurture”. Da
qui l’impegno alla conservazione delle risorse naturali del
pianeta, spinta che è alla base di ogni reale coscienza ecologica.
Darwin era figlio di un medico, Robert Waring, uomo di
buona famiglia molto religioso e abbastanza autorevole,
anche fisicamente. Era alto 185 centimetri e pesava centosessanta chili!
Viene inviato dal padre a studiare medicina ad Edimburgo, vi rimane due anni, senza alcun risultato se non
quello di vivere la vita dell’universitario “fuori sede” — serate e bevute —, e di iniziare a frequentare geologi e botanici. Il padre lo manda a Cambridge, a studiare Teologia
(quasi un’ironia della sorte se si pensa alle future opposizioni dei religiosi, ma piuttosto normale se si pensa alla religiosità del padre e al ruolo sociale del clero anglicano).
Vi resta tre anni circa ma anche qui senza alcun successo
specifico tranne quello — non di poco conto — di seguire
le lezioni universitarie di un famoso naturalista del tempo,
John Stevens Henslow — uomo chiave nel destino di Darwin, suo futuro mentore e amico —, di un geologo Adam
Sedgwick, che invece criticherà le sue teorie, e di altri naturalisti.
A quei tempi, e per molto tempo ancora, direi fino a
qualche decennio dopo la seconda guerra mondiale, la lezione universitaria e il regolare “contatto” con il docente
sono stati la principale fonte di conoscenza e formazione
per un giovane.
Henslow sembra apprezzare il giovane Charles e gli propone di aggregarsi alla ciurma di una goletta della marina
inglese che sta per partire per un lungo viaggio intorno al
La lettera (Introduzione)
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mondo. Praticamente tutta la ciurma del Beagle aveva
meno di 40 anni, tutti giovani per i nostri tempi, ma una età
matura se si considera la vita media di allora, inferiore a
cinquanta anni.
A quel tempo la Marina Inglese cercava vie di mare per
i traffici commerciali con le colonie, non disdegnava di favorire contatti politici con i nuovi e tumultuosi — anche allora — Governi dei Paesi dell’America del Sud, che
incominciavano a mostrare insofferenze verso Spagna e
Portogallo.
Il brigantino Beagle, è proprio il nome di quella robusta e simpatica razza di cani utilizzata per la caccia alla
volpe, era un robusto veliero di circa venticinque metri,
adatto anche alle traversate nelle fredde e tempestose
acque dei mari del Sud: partiva proprio con questi compiti.
Il giovane ed esperto capitano della nave, Robert Fitzroy, era un appassionato naturalista e quindi si era reso
disponibile ad ospitare sulla sua nave, addirittura nella sua
cuccetta, un giovane aspirante naturalista poco più che
ventenne. Il capitano Fitzroy era anche seguace delle
scienze umane del tempo che identificavano, attraverso le
caratteristiche somatiche, in particolare del volto, le potenzialità e le tendenze individuali. Fu questo il primo ostacolo alla partenza del giovane Darwin. Non aveva un naso
adunco! E questo non prometteva niente di buono per
qualcuno che doveva fare l’esploratore per anni.
Il capitano Fitzroy non mancò di manifestare queste
perplessità, forse anche giustificate come vedremo tra
poco. Infine anche il padre che si vedeva sfuggire dalle
mani il destino del figlio, né medico nè pastore religioso,
fece anche le sue opposizioni. Ma alla fine e grazie ai buoni
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Buon compleanno, Charles Darwin
uffici dello zio, Josiah Wedgwood, Charles si imbarca per
un viaggio che diventerà tra i più famosi dell’umanità, che
oggi considereremmo interminabile, ma per quei tempi era
poco più duraturo di un lungo viaggio commerciale.
Alla fine parte da Plimouth un giovane senza alcuna specifica qualifica, ma entusiasta (è prevedibile), curioso e meticoloso (è certo): e fino ad ora niente di strano, niente che
lasciasse presagire grandi eventi!
Secondo il nostro attuale modo di vedere parte un dilettante, di buona famiglia, senza particolari problemi economici, ma per un viaggio non certo comodo e di lunga
durata.
Secondo il modo di pensare di allora qualcuno (il capitano) e qualcosa (la flotta reale inglese) scommettono, quasi
a scatola chiusa, su di un giovane che forse promette bene:
la scommessa risulterà vincente.
Il viaggio di Darwin è comunque lungo; gli consente di
attraversare la storia, la politica, la natura, tante diverse civiltà, usi e costumi: questi ultimi argomenti non lo interessano molto. Si soffermerà sulla natura e i suoi abitanti:
viventi e non, remoti e presenti.
Il viaggio viene bene descritto in un vero e proprio diario, come era consuetudine di allora, tradotto in italiano insieme all’autobiografia e a parte del suo epistolario, e
commentato a cura di Pietro Omodeo per la Feltrinelli
(1967).
Il momento “storicamente cruciale” del viaggio, dal
punto di vista non solo leggendario, è rappresentato dalle
quattro settimane alle isole Galapagos, nell’oceano Pacifico, al largo dell’Ecuador: in sintesi Darwin scopre che i
fringuelli di quell’arcipelago, estremamente isolato, hanno
un becco diverso in base all’isola di appartenenza; addirit-
La lettera (Introduzione)
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tura esistono varietà diverse nella stessa isola a secondo
della nicchia ecologica di residenza.
Questo è vero e se ne è molto — e giustamente — parlato; ma i naturalisti del tempo erano anche ispirati da cose
ben più pratiche e “prosaiche”.
Gli allevatori, da sempre uomini pratici, con grande impegno “selezionavano” specie animali in cattività da adottare alle varie esigenze di una società Europea che si
avviava ad essere industriale e coloniale. Si selezionavano
ad esempio mucche da latte o da carne; cavalli da trasporto,
leggero e pesante, da guerra ecc.; le piante da frutto e i cereali ricevevano la stessa attenzione.
Era ben difficile per un naturalista dire che queste
nuove selezioni di animali e piante, che avvenivano sotto i
loro occhi, fossero il prodotto della creazione. Sarebbe
come affermare, oggi, che il mandarancio è frutto della
creazione!
I contemporanei e gli immediati predecessori di Darwin
E poi, da tempo la comunità scientifica si interrogava
sulla origine delle varie specie e razze e di come fattori intercorrenti le avessero prodotte. Lo stesso nonno di Darwin, Erasmus, medico, filosofo e poeta, ma anche
autorevole naturalista, si era posto alcuni quesiti fondamentali circa la teoria dell’evoluzione, e questo tra il 1784
e il 1802.
I quesiti di nonno Erasmus erano: tutti gli esseri viventi
discendono da un unico progenitore? In che modo le specie si trasformano? Erasmo Darwin rispondeva suggerendo
che la competizione e la selezione potevano essere i possibili fattori responsabili di queste modificazioni, la sovrappopolazione ne era un fattore facilitante. Anche le piante
erano soggette ad evoluzione; la competizione tra maschi
per fecondare le femmine era altro fattore importante di
selezione, come la resistenza alle malattie e la fecondità di
per sé erano altri elementi fondamentali per la selezione
delle specie.
Il grande botanico svedese Linneo (1707–1778), classificatore di tutte le piante e animali in famiglie, aveva poi
classificato l’Homo sapiens come stretto parente delle
scimmie, non senza le proteste di molti scienziati e teologi
che volevano escludere da questa classificazione l’uomo.
Inoltre il naturalista francese Jean Baptiste de Lamarck
aveva pubblicato nel 1809 il libro Philosophie zoologique
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Buon compleanno, Charles Darwin
nel quale ipotizzava la variabilità delle specie biologiche.
Ma chi aveva parlato dell’evoluzione poco prima o in tempi
contemporanei a quelli di Darwin erano almeno una ventina, come non manca di segnalare lo stesso Darwin e come
Richard E. Leakey riprenderà successivamente.
Un altro autore, suo contemporaneo, che ha influenzato
notevolmente Darwin (e come vedremo anche Wallace) fu
Thomas Malthus (1766–1834), pastore religioso ed esperto
di politica economica (quindi un vero e proprio pioniere
per i suoi tempi).
Malthus, ad integrazione della sua ben nota teoria per la
quale tutte le popolazioni tendono ad accrescersi geometricamente a meno di ostacoli, suggeriva ai naturalisti una
semplice e geniale osservazione: gli organismi viventi —
vegetali e animali — producono in genere una prole molte
più numerosa di quella che sopravviverà fino all’età matura; vi sarà poi una selezione naturale per cui solo alcuni
sopravviveranno e altri periranno. Poiché gli individui di
una specie sono leggermente diversi tra di loro sarebbero
sopravvissuti solo i più forti e più adatti all’ambiente circostante, e quindi vi sarebbe stata una selezione naturale.
Quale differenze con i nostri tempi dove, per le specie
vegetali esiste il problema degli organismi geneticamente
modificati — cioè semi tutti uguali — e per le specie animali esiste quello della clonazione — cioè individui tutti
uguali —, pur non essendo gemelli monocoriali.
Anche questo è un cambiamento tra i tempi di Darwin
e i nostri: la perdita della individualità e quindi della diversità — in tutti i sensi — e di conseguenza la perdita di una
delle energie principali delle specie viventi, ma anche dell’armonia, come suggerisce la citazione di Goethe all’inizio del manoscritto! E non tralasciamo anche la
I contemporanei e gli immediati predecessori di Darwin
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predominante ingerenza di una singola specie (la nostra),
rispetto a tutte le altre, sugli adattamenti ed equilibri ambientali.